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Inglese - il romanzo di Joseph Conrad “Heart of Darkness”
Latino - Seneca nell’opera “Epistolae ad Lucilium” epistole 28-104
Storia dell’Arte - Gustav Klimt dipinto “Il fregio di Beethoven”
Filosofia - Nietzsche nell’opera “Umano troppo umano” aforisma 228
FILOSOFIA LATINO
Nietzsche Seneca
“Umano “Epistolae ad
Troppo Lucilium”
Umano” IL
VIAGGIO Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
INGLESE STORIA
Felicità
DELL’ARTE
Joseph Ho ripassato
Conrad Gustav Klimt
Le epoche
“Heart of “Il fregio di
Della mia vita
Darkness” Beethoven”
Questi sono
I miei fiumi
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
ITALIANO Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
I FIUMI E mio padre e mia madre.
Cotici il 16 agosto 1916 Questo è il Nilo
Mi tengo a quest’albero mutilato Che mi ha visto
Abbandonato in questa dolina Nascere e crescere
Che ha il languore E ardere d’inconsapevolezza
Di un circo Nelle distese pianure
Prima o dopo lo spettacolo Questa è la Senna
E guardo E in quel suo torbido
Il passaggio quieto Mi sono rimescolato
Delle nuvole sulla luna E mi sono conosciuto
Stamani mi sono disteso Questi sono i miei fiumi
In un’urna d’acqua Contati nell’Isonzo
E come una reliquia
Ho riposato Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
L’Isonzo scorrendo Mi traspare
Mi levigava Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
3 Una corolla
Di tenebre
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia
In questa poesia il poeta Giuseppe Ungaretti compie un viaggio tra i suoi ricordi.
Ungaretti si trova nel Carso, vicino a Gorizia, dove è accampato sul fronte da soldato e
nelle poche ore di riposo si bagna nelle acque dell’Isonzo. Qui, immerso nell’acqua, il
poeta ha la sensazione di essere in piena sintonia con l’universo e attraverso l’acqua
dell’Isonzo, fiume del presente e della guerra, egli coglie l’occasione per compiere un
lungo flashback ricordando i fiumi ai quale è legata la sua vita. La prima tappa del viaggio
è l’alveo materno, il Serchio, fiume toscano, è il fiume degli avi e dei suoi genitori, della
patria negata e perduta; la seconda tappa è il Nilo, il fiume legato alla sua nascita in Egitto,
quello dei sogni e delle speranze adolescenziali; poi vi è la Senna che è il fiume parigino
della formazione culturale e della maturazione umana, dove egli ha preso coscienza della
propria identità. Questi fiumi sono la sintesi del suo viaggiare, i simboli del suo
nomadismo, da cui il poeta percepisce un dominante sentimento di nostalgia e si immerge
nei ricordi e nella memoria.
FILOSOFIA
Interessante è la riflessione di Nietzsche in “Umano Troppo Umano” in cui nell’Aforisma
228, egli stila i 5 modi in cui un uomo può affrontare il viaggio della vita:
“Viaggiatori e loro gradi. — Si distinguano tra i viaggiatori cinque gradi: quelli del primo, il
più basso, sono coloro che viaggiano e vengono visti — essi vengono propriamente
viaggiati e sono per così dire ciechi; i secondi guardano realmente essi stessi al mondo; i
terzi vivono qualche esperienza come conseguenza del vedere; i quarti rivivono dentro di
sé quanto hanno sperimentato e lo portano con sé; infine ci sono uomini di grandissima
forza i quali, non appena tornati, debbono anche necessariamente rivivere al di fuori di sé,
in azioni e opere, tutto quello che hanno visto, dopo averlo sperimentato e vissuto dentro
di sé. In modo simile a questi cinque tipi di viaggiatori tutti gli uomini in genere compiono il
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pellegrinaggio della vita, i più bassi come esseri puramente passivi, i più alti come coloro
che agiscono e muoiono senza lasciare traccia alcuna dei loro procedimenti interiori.”
Ogni uomo vive in relazione alla capacità, come dice Nietzsche, di comprendere e dar
senso a ciò che si attraversa e all’impegno di condividere con altri ciò che si è vissuto,
offrendo, anche ad essi l’opportunità di scoperta e di cambiamento. La possibilità di farsi
cambiare dal viaggio e di portarlo a lungo con sé si eleva fino a rendere ‘testimonianza’ ad
altri della propria esperienza vissuta. Prontezza nel guardare il mondo, riflessività e
possibilità di cambiamento, interiorizzazione e permanenza intima della trasformazione,
possibilità di raccontare e comunicare ad altri l’esperienza di viaggio e, attraverso la
traccia viva di un sé rinnovato, sollecitare nuove partenze: sono queste le dimensioni che
si pongono come trama di un cammino autentico per sé e per gli altri.
Ciò che determina lo scarto tra un modo di essere in cammino e l’altro è proprio il valore
dato al vissuto esperienziale, anche quello poco legittimato e approvato, il pensiero
riflessivo e il cambiamento che ne consegue.
Sapendo che non tutti gli avanzamenti possono dirsi ‘cammino’, occorrerà interrogarsi su
quali siano gli “equipaggiamenti essenziali” che occorrono per esercitare un camminare
consapevole: non esistono, infatti, luoghi particolari, né mete e itinerari prefissati che
possono ‘promettere’ l’autenticità dell’essere in movimento. Ciò che conta è l’intenzione,
che attribuisce senso al camminare, permettendo di superare anche i limiti e le fragilità di
quegli spazi attraversati che non contribuiscono alla crescita e al compimento della dignità
della persona.
LATINO
Nelle “Epistolae ad Lucilium” di Lucio Anneo Seneca fra i molti temi trattati vi è anche
quello del viaggio. Seneca spiega all’amico Lucilio come molti uomini intraprendano dei
viaggi lunghissimi con l’unico scopo di liberarsi dei propri affanni. Invece Seneca è
convinto che l’unico modo per trovare la pace interiore sia liberarsi di se stessi, ovvero
cambiare modo di vivere. Infatti, non è possibile trovare la pace cambiando città o
nazione, bensì è necessario dedicarsi alla filosofia, allo studio e alla riflessione, ma
soprattutto egli sostiene si debba ricercare la virtù.
Nell’epistole 28 e 104, Seneca indaga sul senso di inappagamento di chi, pur
“Questo tu ritieni che sia accaduto solo a te
sperimentando continui cambiamenti, non riesce a colmare il vuoto dentro di sé. Il viaggio
e ti meravigli, quasi fosse una cosa insolita,
inizialmente è un’evasione avventurosa dalla realtà e una fuga di fronte all’io e alle pene
il fatto che nonostante tu abbia viaggiato a
della vita, ma in realtà si sopporta il peso della fatica e del disagio poiché non si riuscirà
lungo e in tanti luoghi diversi, non ti sei
mai a sfuggire da se stessi definitivamente. scrollato di dosso la tua tristezza e il tuo
In realtà il senso di malinconia è uno status da cui non riusciamo a liberarci finché non lo
malessere dell’animo? Devi cambiare il tuo
affrontiamo direttamente: per vincere e sfuggire a questo malessere non dobbiamo
animo, non l’ambiente. Attraversa pure il
Hoc tibi soli putas accidisse et admiraris
pensare di cercare distrazioni intraprendendo un viaggio o cambiando luogo, poiché esso
mare, lascia, come dice il nostro Virgilio,
quasi rem novam quod peregrinatione tam
è in realtà dentro di noi e ci accompagnerebbe nel nostro percorso. Ciò che si deve fare è
che scompaiano terre e città, all'orizzonte, i
longa et tot locorum varietatibus non
prendere consapevolezza di ciò che ci fa stare male, solo così si potrà pervenire alla
tuoi vizi ti seguiranno dovunque andrai..
discussisti tristitiam gravitatemque mentis?
guarigione interiore. Dunque non servono viaggi perché se prima non riusciamo a vincere
Questa medesima cosa rispose Socrate ad
Animum debes mutare, non caelum. Licet
questo male, non possiamo stare bene in nessun luogo, viceversa quando avremo
un tale che si lamentava: “Perché ti
vastum traieceris mare, licet, ut ait Vergilius
raggiunto l’equilibrio interiore, qualsiasi luogo, anche il più desolato, sarà per noi ottimale.
meravigli che i tuoi viaggi non ti servano a
noster, terraeque urbesque recedant, nulla, mentre te ne vai in giro? Ti angoscia
sequentur te quocumque perveneris vitia. lo stesso motivo che ti ha spinto a partire” A
Hoc idem querenti cuidam Socrates ait,
Epistola 28 che cosa può giovare la novità delle terre?
'quid miraris nihil tibi peregrinationes A cosa la conoscenza di città o luoghi
prodesse, cum te circumferas? Premit te diversi? Questo continuo movimento si
eadem causa quae expulit'. Quid terrarum perde nel vuoto. Ti domandi per quale
iuvare novitas potest? Quid cognitio urbium motivo questa fuga non ti aiuti? Tu fuggi in
aut locorum? In irritum cedit ista iactatio. compagnia di te stesso. Deponi il peso
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Quaeris quare te fuga ista non adiuvet? dell'anima: prima di allora non ti andrà bene
Tecum fugis. Onus animi deponendum est: nessun luogo”
non ante tibi ullus placebit locus.
Epistola 104
Quid ergo? Animum tot locis fractum et Secondo te, cambiando paese, puoi guarire
extortum credis locorum mutatione posse un’anima che ha subito tante fratture e
sanari? Maius est istud malum quam ut distorsioni? Questo male è troppo grave per
gestazione curetur. Peregrinatio non facit curarlo con una passeggiata in vettura.
medicum, non oratorem; nulla ars loco Viaggiare non rende medici o oratori; non
discitur: quid ergo? Sapientia, ars omnium c’è scienza che si impari da un luogo. E
maxima, in itinere colligitur? Nullum est, dunque? La saggezza, la più importante di
mihi crede, iter quod te extra cupiditates, tutte le scienze, si può forse acquisire in
extra iras, extra metus sistat; aut si quod viaggio? Non c’è via, credimi, che ti porti
esset, agmine facto gens illuc humana fuori dalle passioni, dall’ira, dalla paura;
pergeret. Tamdiu ista urguebunt mala oppure, se ci fosse, l’umanità vi si
macerabuntque per terras ac maria dirigerebbe in massa. Questi mali ti
vagum quamdiu malorum gestaveris incalzeranno e ti tormenteranno nei tuoi
causas. Fugam tibi non prodesse miraris? vagabondaggi per terra e per mare finché
Tecum sunt quae fugis. Te igitur emenda, ne porterai con te le cause. Ti stupisci che
onera tibi detrae et desideria intra fuggire non ti serva? I mali che