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- Un'ideologia ufficiale imposta quasi come una fede religiosa
- Un partito unico che tende a identificarsi con lo Stato Il dittatore, “capo” supremo del regime, unico depositario e interprete dell'ideologia e guida infallibile, dalla cui volontà assoluta dipende l'intero movimento dell'azione politica totalitaria
- Il terrore come tecnica sistematica di esercizio del potere che impedisce ogni opposizione e si propone, insieme alla propaganda, di suscitare il consenso delle masse
La soggezione totale dei singoli individui al partito è l'obiettivo primo del totalitarismo ed è ottenuto mediante un'estesa burocrazia, il monopolio dei mezzi di comunicazione, un'efficiente polizia segreta, il controllo politico delle forze armate e una forte centralizzazione dell'economia. Il monopolio dei mezzi di comunicazione è ottenuto facendo si che questi, attraverso i quali la popolazione riceve informazioni, siano di proprietà del partito centrale e le forme di informazione che non si uniformano al pensiero del partito, vengono considerate eversive e sottoposte a censura. La popolazione è continuamente sottoposta a una pesante pressione fisica e psicologica, dovuta alla presenza della polizia segreta, che contribuisce all'aumento di un clima di diffidenza e insicurezza del cittadino; inoltre la presenza, molte volte, di campi di concentramento faceva aumentare il terrore di Stato. Il controllo delle forze armate era usato per impedire cambiamenti politici che potevano avvenire tramite colpi di stato o comunque ribellioni della società. Il controllo centralizzato dell'economia permetteva allo Stato totalitario di indirizzare la produzione su costosi progetti militari o propagandistici. Inoltre l'apparato burocratico del potere poteva controllare i lavoratori, togliere loro arbitrariamente il permesso di lavoro o renderli completamente dipendenti dal potere politico. Nei regimi totalitari regnava un clima di paura e diffidenza in quanto i diritti umani, il cui rispetto è alla base di ogni società moderna, venivano calpestati.
Il fascismo al potere in Italia
Le origini del fascismo sono strettamente connesse con le trasformazioni e le crisi che si verificarono in Italia in seguito alla Grande Guerra. Il 23 marzo 1919 a Milano Benito Mussolini fondò un movimento politico denominato fascismo creando il primo fascio di combattimento. Attraverso le squadracce fasciste Mussolini effettuò delle spedizioni punitive per fermare qualunque tipo di proteste e rivolte dei lavoratori che esercitavano robuste pressioni sui proprietari fondiari. Le camicie nere(com’erano chiamati i fascisti dal colore della loro divisa paramilitare) erano ormai diventate padrone del campo e sia il re che i governanti cercarono di trovare un accordo con Mussolini allo scopo di portarlo al potere. Fallite le trattative del re per inserire Mussolini in una nuova coalizione di governo i fascisti il 27 ottobre 1922 fecero la marcia su Roma, occupando la capitale senza incontrare alcuna resistenza. Il 30 ottobre Vittorio Emanuele III incaricò Mussolini di formare il nuovo governo. Il 16 novembre 1922 Mussolini presentò alla Camera la lista dei suoi ministri che comprendeva fascisti,liberali,popolari,militari. Nel dicembre fu creato il Gran consiglio del fascismo che assunse lentamente le funzioni di governo. Furono poi legalizzate le squadracce, trasformate in Milizia per la protezione della “rivoluzione fascista” i fascisti riuscirono inoltre a conquistarsi il favore della Chiesa perché presero iniziative a favore di essa, mentre lo stato liberale fino ad ora era stato laico. Il governo fascista diede retribuzioni più alte al clero, fece risanare gli edifici sacri danneggiati durante la guerra e si introdusse anche l’insegnamento obbligatorio della religione a scuola. Mussolini approvò la legge elettorale, detta “legge Acerbo” in vista delle elezione del 1924. Con questa andava al potere il partito che avrebbe ricevuto il maggior numero di voti. La coalizione dei fascisti ottenne la vittoria con il 65% dei voti anche grazie ai brogli elettorali. Il deputato Giacomo Matteotti denunciò in parlamento questo fatto e chiese di invalidare le elezioni. Qualche tempo dopo egli venne rapito e ucciso. Dopo questo avvenimento i deputati antifascisti abbandonarono il parlamento e aprirono una campagna giornalistica basata sull’opposizione morale definita “Aventino”. Mussolini per conquistare l’appoggio del popolo italiano si fece carico di tutta la colpa del delitto Matteotti e si dichiarò responsabile morale. Intanto il fascismo accentuava la repressione delle opposizioni. Nel 1926, dopo un paio di attentati falliti contro Mussolini, egli emanò le “leggi fascistissime” che eliminavano qualsiasi traccia della democrazia parlamentare. Con queste leggi il capo dello Stato poteva essere revocato solo dal re e non più dal parlamento. Si ebbe poi la costruzione del regime fascista: il potere si concentrò nelle mani del capo di governo, le opposizioni furono costrette a scappare e nacque la polizia segreta Ovra. Venne poi approvato anche un nuovo codice penale detto “ codice Rocco” che conteneva pesanti norme repressive contro ogni forma di dissidenza. Molti leader dei partiti antifascisti sono costretti quindi a fuggire, anche intellettuali e socialisti emigrano e formano a Parigi con i repubblicani una Concentrazione antifascista. La maggior parte dei liberali collaborò e confluì nel partito fascista. Per quanto riguarda i cattolici alcuni di loro emigrarono all’estero ed altri si allearono con Mussolini. Egli infatti fece i “Patti Lateranensi” con i quali mise fine al conflitto con la Chiesa. Il fascismo cercò di assumere progressivamente il completo controllo della società. Per quanto riguarda l’istruzione le giovani generazioni non avrebbero dovuto conoscere altre ideologie e il partito organizzava il loro tempo libero con colonie estive, esercizi ginnici e giochi collettivi. Negli uffici pubblici era importante partecipare alle parate delle camicie nere e avere la tessera del partito. I mass-media quali la radio, il teatro, i giornali venivano continuamente controllati. Il regime abolì inoltre il diritto di sciopero dei salariati, ed esautorò le organizzazioni sindacali non fasciste. Nacque l’ordinamento corporativo che prevedeva la collaborazione coatta tra datori di lavoro e loro dipendenti: nel 1939 la Camera dei fasci e delle corporazioni sostituì la Camera dei deputati. Il mondo del lavoro venne suddiviso in 22 corporazioni in cui erano inseriti sia lavoratori che imprenditori. Il primo grosso problema che la dittatura dovette affrontare fu la pesante svalutazione della lira. La ripresa produttiva successiva alla fine della prima guerra mondiale portò effetti negativi quali la carenza di materie prime dovuta alla forte richiesta e ad un'eccessiva produttività rapportata ai bisogni reali della popolazione. Nell'immediato, i primi segni della crisi furono un generale aumento dei prezzi, l'aumento della disoccupazione, una diminuzione dei salari e la mancanza di investimenti in Italia e nei prestiti allo stato. Per risolvere il problema, come in Germania, venne deciso di stampare ulteriore moneta per riuscire a ripagare i debiti di guerra contratti con Stati Uniti e Gran Bretagna. Ovviamente questo non fece altro che aumentare il tasso di inflazione e far perdere credibilità alla lira, che si svalutò pesantemente nei confronti di dollaro e sterlina. Le mosse per contrastare la crisi non si fecero attendere: venne messo in commercio un tipo di pane con meno farina, venne aggiunto alcool alla benzina, vennero aumentate le ore di lavoro da 8 a 9 senza variazioni di salario, venne istituita la tassa sul celibato, vennero aumentati tutti i possibili prelievi fiscali, venne vietata la costruzione di case di lusso, vennero aumentati i controlli tributari, vennero ridotti i prezzi dei giornali, bloccati gli affitti e ridotti i prezzi dei biglietti ferroviari e dei francobolli. Rivalutando la lira nei confronti della sterlina, Mussolini riuscì sì a far quadrare i conti dello Stato, ma mise il paese fuori dai mercati d'esportazione poiché con tale mossa raddoppiò il prezzo delle merci italiane all'estero. Quando poi il 29 ottobre 1929 Wall Street crollò, la parola d'ordine di Mussolini fu quella di ignorare totalmente l'evento pensando che la cosa non avrebbe toccato minimamente l'Italia. L'economia nazionale entrò invece in una profonda crisi che portò alla nascita dell'IRI e dell’IMI che avevano il compito di risanare le aziende e di finanziare le industrie. Per quanto riguarda la politica estera Mussolini adottò una politica aggressiva infatti l’Italia estese la propria influenza nell’Europa centro-orientale, balcanica e occupò inoltre l’Etiopia. Per conservare il suo potere Mussolini sviluppò l'uso della propaganda sfruttando i nuovi mezzi che la tecnologia offriva: il cinema e la radio. Fra i temi trattati dalla propaganda, molto rilievo veniva dato all'esaltazione vuota della "Nazione italiana", presunta erede della grandezza e potenza dell’impero romano. Ai cittadini si diceva che la guerra era il mezzo per far tornare l'Italia grande e potente come lo era stata duemila anni prima a partire dai bambini, tutto il popolo veniva coinvolto nell'addestramento militare e nella propaganda bellica. Dall'esaltazione della "Nazione italiana" (nazionalismo) derivò anche l'italianizzazione forzata di quanti, pur essendo italiani, non lo erano per origine (gli altoatesini), cittadini a cui fu impedito di usare la propria lingua e che si videro persino cambiare i nomi dei luoghi in cui vivevano. Dal 1935 gli italiani vennero inviati a combattere e a morire contro popoli più deboli economicamente e militarmente, quelli dell'Etiopia e dell'Albania, e a sostenere il colpo di Stato attuato in Spagna dal generale Franco. Inoltre il legame che si strinse tra la dittatura nazista in Germania e il governo fascista finì per trascinare l'Italia nella Seconda guerra mondiale (1940), guerra da cui lo stesso regime fascista finì per essere travolto.
Il regime staliniano
È il regime politico che si affermò in Urss alla fine degli anni venti e terminò con la morte del dittatore Stalin nel 1953. Fu in questo periodo che si costituirono i tratti fondamentali del sistema sovietico, segnato dall'ispirazione dello stato-partito ad assumere il controllo totale su tutti gli aspetti della vita del paese (politica, economica, sociale e culturale). In questo periodo l’Unione Sovietica attraversava un forte periodo di crisi economica e forte tensione sociale a causa delle rivoluzioni interne allo Stato. Nel 1929, Stalin assunse il pieno controllo dello Stato e diede avvio alla "grande svolta" che avrebbe dovuto portare alla rapida edificazione dell'economia socialista, regolata dalla pianificazione statale: ebbe inizio la collettivizzazione dell'agricoltura, accompagnata dall'industrializzazione forzata. Stalin succedette a Lenin e si passò da una dittatura autoritaria che si proponeva, attraverso adeguate politiche economiche e di educazione, di conquistare il consenso di larghi strati sociali al nuovo regime, diminuendo il divario esistente tra lo stato e la società ad una dittatura autocratica. Prima di tutto Stalin produsse una sistematica eliminazione di tutto ciò che potesse in qualche modo mettere in discussione il suo ruolo, o semplicemente - anche solo potenzialmente - fargli ombra. Inoltre, per assicurarsi sicuri appoggi, eliminò progressivamente ogni rappresentante di quella che di volta in volta poteva essere considerata una "vecchia guardia", sia politica sia professionale, allo scopo di sostituirla con elementi nuovi, da lui promossi, e pertanto a lui grati e fedeli. Tra il 1936 e 1938 l’Urss visse l’epoca delle grandi purghe: dirigenti politici, quadri intermedi, funzionari, ufficiali dell’esercito, semplici cittadini, vennero giustiziati, indotti al suicidio o deportati nei campi di detenzione e di lavoro che costituivano il gulag. Un clima di sospetto e di paura si diffuse in tutto il Paese: i tribunali emettevano condanne sulla base di semplici sospetti e di confessioni che venivano estorte con la forza dalla polizia segreta. Infatti Stalin attraverso la polizia segreta CEKA limitava ogni tipo di protesta e rivoluzione e aveva il compito di mantenere la sicurezza all’interno del Paese. La politica interna di Stalin si incentrò soprattutto sull’economia e sulla pianificazione o statalizzazione della società. Il primo obiettivo fu la collettivizzazione forzata delle campagne; nella società russa infatti si erano affermati dei piccoli proprietari terrieri, i Kulaki, che vennero praticamente travolti dalla rivoluzione russa prima e dalla politica di Stalin dopo. Tutti i beni dei Kulaki vennero confiscati e divisi tra la popolazione contadina. Moltissimi vennero trasferiti in Siberia dove per fame o per freddo morivano mentre lavoravano, in condizione di schiavitù, alla costruzione di opere pubbliche come ferrovie, dighe, centrali elettriche e canali; molti altri invece i più diffidenti vennero uccisi direttamente con fucilazioni di massa sommarie. Il programma di collettivizzazione prevedeva che il contadino doveva dare allo Stato dei quantitativi minimi di raccolti, chi li avesse superati aveva diritto a premi; tuttavia si verificò un atteggiamento restio da parte dei contadini che furono oggetto di campagne di punizione da parte di funzionari statali ed operai. Secondo punto del programma di sviluppo economico interno di Stalin fu l’industrializzazione forzata dell’URSS che fu anche uno dei motivi per cui l’Unione Sovietica non venne coinvolta nella crisi del ’29. Per giustificare questa politica Stalin si rifece anche all’ideologia marxista, in quanto lo stesso Marx affermava che per raggiungere la completa rivoluzione del proletariato bisognava aver raggiunto un livello industriale alto. La scelta economica fu pianificata dal partito e divisa in “piani quinquennali” in base ai quali ogni 5 anni bisognava aver raggiunto un obiettivo prefissato di sviluppo industriale. Il regime stalinista alla pari degli altri regimi totalitari attuò una strategia di oppressione verso i dissidenti del regime e costruì una grande struttura propagandistica. I sovietici alla pari dei nazisti, possedevano dei campi di concentramento che prendevano il nome di Gulag i quali rappresentavano in sé un strumento di terrore per reprimere sul nascere ogni attività avversa al regime. Stalin morì nel 1953 e in molta parte della sinistra si diffuse un senso di costernazione per la scomparsa di colui che avevano considerato il padre del comunismo.
“Se questo è un uomo” di Primo Levi
“Se questo è un uomo”, narra l’esperienze vissute da Primo Levi nel lager nazista di Buna-Monowitz nei pressi di Auschwitz. L’autore viene arrestato nella notte del 13 dicembre 1943, quando venne sorpreso in montagna insieme ai suoi compagni da una reparto della milizia fascista. Viene deportato nel campo di concentramento di Fossoli, qui a breve apprende la notizia del suo trasferimento, insieme ad altri italiani, nel campo di sterminio di Auschwitz, e precisamente di Buna-Monwitz, questa notizia però gli viene data parzialmente, infatti gli viene detto che devono partire per la Polonia. Il viaggio è preceduto da vari “rituali d’addio”, c’è chi prepara il pranzo per i propri figli, chi prega, chi cerca di passare le sue ultime ore da deportato felice. I prigionieri vengono ammassati su un treno composto da dodici carri chiusi dall’esterno, in cui, uomini, donne e bambini vengono pressati come sardine, e per giunta senza acqua da bere. Giunti a destinazione, il meccanismo dell’annientamento si mette subito in moto: è il primo episodio di una lunga serie di eventi analoghi il cui unico scopo è quello di giungere, per gradi, alla totale eliminazione dei deportati. Coloro che sono in grado di essere utilizzati come mano d’opera fino allo sfruttamento completo di ogni risorsa umana, vengono condotti ai campi di lavoro; tutti gli altri, vecchi, inabili, bambini, avviati invece alle camere a gas. Gli “abili”, caricati su un autocarro, vengono trasportati nel campo di lavoro che è stato loro assegnato. Una insegna vivamente illuminata dove spiccano le parole: ARBEIT MACHT FREI ( il lavoro rende liberi), sovrasta la porta del campo. Sotto questo vessillo beffardo e grottesco che getta una luce ancora più tragica sul destino già segnato dei prigionieri, ha inizio il lungo apprendistato dei nuovi arrivati alla disumanizzazione, all’avvilimento e alla morte. Spogliati, e non solo in senso metaforico, di ogni dignità umana, rivestiti con casacche a righe, calzati di zoccoli, tatuati sul braccio sinistro con il numero di matricola che d’ora in avanti sostituirà il loro nome e quindi anche servirà a cancellare la loro identità personale sotto l’anonimato di una cifra, si trasformano da uomini in Häftlinge, vale a dire in prigionieri, dove però questo nome si carica, all’interno del lager e per quanto riguarda gli ebrei, di un significato particolarmente spregiativo. Da questo momento il nome dell’autore non è più Primo Levi bensì: 174517. La narrazione prosegue addentrandosi nella descrizione di quell’inferno, difficilmente immaginabile per chi non ne abbia fatta esperienza, che è la vita in un lager. Il campo in cui viene rinchiuso l’autore è costituito da una sessantina di baracche, dette blocks, destinate agli ebrei, e da altri alloggiamenti in cui risiedono i comandanti del campo e i prigionieri tedeschi di razza ariana, sia politici che criminali. Le tre categorie di prigionieri si distinguono tra loro per il diverso contrassegno che portano cucito sulla giacca: gli ebrei una stella rossa e gialla, i politici un triangolo rosso, i criminali un triangolo verde. Tutti gli internati vengono trasferiti durante il giorno presso una fabbrica di gomma, chiamata la Buna (da cui prende il nome appunto il lager), e sotto la sorveglianza di un capo, svolgono un lavoro massacrante. I più deboli soccombono ben presto alla fatica, alle privazioni, alle malattie, al freddo. All’interno del lager si riproducono, come in un modello in scala ridotta ma non per questo meno drammatico, anzi esasperato dalle condizioni di estremo avvilimento in cui vivono i prigionieri, le medesime strutture che governano qualsiasi tipo di società dove il privilegio, l’ingiustizia, il sopruso, l’abilità personale, l’astuzia, l’intrigo svolgono un ruolo determinante dando luogo a una gerarchia di oppressori e oppressi. Le privazioni, anziché fiaccarli, inferociscono gli animi, e la degradazione non più tenuta a freno dalle leggi e dalle formalità del consorzio civile, travalica ogni limite. Non è trascorso molto tempo dall’arrivo di Resnyk nel campo quando Levi, trasportando un carico pesante dalla ferrovia al magazzino della fabbrica di gomma, cade e si ferisce un piede. Quella stessa sera si presenta all’infermeria dove resterà per una ventina di giorni in attesa di riprendere il lavoro. Ed è proprio nell’ospedale del campo dove accanto ai malati curabili si affollano gli incurabili, che l’autore assiste alla sbrigativa procedura con cui le SS, irrompendo nella baracca, prescelgono coloro da inviare alle camere a gas. Viene quindi destinato ad un altro Block dove ha la fortuna di imbattersi in Alberto, il migliore amico che si è fatto nel campo, un uomo forte e mite ad un tempo, che gli resterà vicino fino al giorno in cui, avvicinandosi il fronte russo, il campo sarà evacuato, e condividerà con lui il privilegio di essere assegnato al comando chimico. La prova che dovette sostenere per essere ammesso al laboratorio ci viene descritta in chiave grottesca e l’episodio si inserisce tra quelli che conferiscono una pausa distensiva. La prova consiste in un esame di chimica davanti a un dirigente del reparto polimerizzazione: il dottor Pannwitz, tipico esemplare di “ariano puro di razza tedesca”. Il dottor Pannwitz, siede dall’altra parte del tavolo, di fronte a lui, in piedi. Miracolosamente l’autore riesce a superare l’esame; Levi rimarrà aggregato al comando chimico, ma passeranno diversi mesi, contrassegnati da sempre nuovi patimenti nonché da un’altra “selezione”, nel corso della quale i più vecchi e i più deboli verranno prescelti per le camere a gas, prima che l’autore, insieme ad altri due prigionieri, un belga e un rumeno che hanno ugualmente superato l’esame, entri a far parte del laboratorio e possa cominciare a nutrire la speranza, se non di sopravvivere, almeno di superare un altro durissimo inverno. Uno dei tanti episodi atroci narrati riguarda la selezione avvenuta nell’Ottobre del ’44, alle soglie dell’inverno, quando le SS devono affrontare il problema di ridurre il numero dei prigionieri, in continuo aumento, che affollano il campo e che non possono più essere alloggiati nelle tende erette durante l’estate. Il sistema più sbrigativo e più pratico per risolvere la questione è ancora una volta quello di sbarazzarsi dei prigionieri meno validi inviandoli alle camere a gas. Nel frattempo hanno inizio i bombardamenti alleati sull’alta Slesia, anche la fabbrica di gomma viene colpita, tutto fa presagire come prossima la catastrofe del terzo Reich, cominciano a filtrare dall’esterno le notizie riguardanti il decorso della guerra, ma non per questo il lavoro dei prigionieri subisce un rallentamento o le loro sofferenze si attenuano. Costretti a lavorare fra la polvere e le macerie, a ricostruire ciò che l’indomani sarà nuovamente distrutto, costantemente esposti ai pericoli delle incursioni aeree nonché fatti oggetto da parte dei loro oppressori e aguzzini di una raddoppiata ferocia a causa della tragedia che incombe sulla Germania, subiscono tutto il peso di una situazione che diventa ogni giorno più insostenibile. Verso la fine del ’44, dei 96 italiani internati nel campo solo 21 sono ancora in vita ma le loro condizioni sono tali da far presumere che nel corso dell’inverno pochi di essi riusciranno a sopravvivere, E tra questi sicuramente l’autore se, in maniere del tutto inaspettata e quando aveva ormai rinunciato a sperare, non venisse destinato a laboratorio dove trascorrerà gli ultimi mesi di prigionia, in un ambiente riscaldato, relativamente al sicuro delle selezioni e a contatto con materiali e strumenti che gli ricordano i suoi studi, la sua professione, in altre parole l’uomo che era un tempo. La narrazione di questo periodo, contrassegnato da alterne esperienze, si conclude con un episodio altamente drammatico: l’impiccagione di un uomo accusato di aver organizzato un complotto per l’ammutinamento simultaneo di tutti i prigionieri del campo. Dopo l’episodio dell’impiccagione il racconto assume un ritmo diverso. Siamo ormai alle ultime fasi del dramma, il fronte russo si sta avvicinando, i tedeschi acquistano consapevolezza della catastrofe imminente e secondo le istruzioni impartite da Hitler si apprestano a far evacuare i campi di sterminio e a distruggere gli impianti affinché non rimanga traccia del lager. E’ il gennaio 1945. Questi ultimi drammatici avvenimenti ci vengono narrati sotto forma di diario. L’autore che nel frattempo si è ammalato di scarlattina ed è stato ancora una volta ricoverato nelle baracche adibite ad ospedale, assiste alla partenza dei suoi compagni. Sono circa 20.000, tra i quali Alberto: moriranno tutti durante un’interminabile marcia attraverso la Germania, mentre i malati, circa 800, abbandonati a se stessi, rimarranno nel lager devastato, senza cure, né acqua, né cibo, ad una temperatura di 20 gradi sotto zero, decimati dal tifo, dalla difterite e dalla dissenteria. Levi è tra i pochissimi che riesce a sopravvivere e le pagine conclusive del libro ci danno la cronaca allucinante di quello che accadde negli ultimi giorni e precisamente dal 19 gennaio al 27 gennaio del ’45. Quando all’alba del 27 gennaio arrivano i russi, lo spettacolo che si offre ai loro occhi è quello terrificante dei cadaveri che si ammucchiano sulla neve e dei pochi superstiti che si aggirano come spettri fra le rovine del campo.
Animal Farm by George Orwell
Main characters:
Mr Jones: the farmer Mr Jones stands for the Russian Tsar Nicolai the second who was forced to abdicate after the successful February-revolution.
Old Major: an old pig that has a dream. He dreams a free word for the animals without humans. He stands for Marx.
Napoleon: is a pig stands for Josef Stalin, one of the most cruel dictators in worlds history.
Squealer: This pig is an excellent speaker. Squealer convinces all animals to follow the revolution. Squealer convinced the animals that Napoleon was a great leader that all of the animals should defend and be proud of him, but what truly was happing was that Napoleon wasn't actually doing anything unless breaking the animal farm rules. He is also the one who makes all the changes in the Seven Commandments. In human terms he is the propaganda apparatus that spreads the "big lie" and makes people believe in it.
Snowball: Snowball is a symbol for Leo Trotsky. He is very intelligent and he is a progressive politician he has the idea to buy the windmill.
Boxer & Clover: These two horses stand for the Russian working-class.
Dogs: The dogs were recruited by the pigs to protect their own power and might. The dogs represent the police.
Setting
Animal Farm is set on a farm and it stands for any human society, be it capitalist, socialist, fascist or communist.
Form and structure
Animal Farm is a fable (a story usually having a moral, in which beasts talk and act like men and women). It has two meanings:
- The real story of animals in a farm for the children
- The hide meaning of totalitarianism, the critic
Summary
The story takes place on a farm somewhere in England. The story is told by an all-knowing narrator in the third person. The action of this novel starts when the oldest pig, Old Major on the farm calls all animals to a secret meeting. He tells all the other animals about his dream of a revolution against the cruel Mr. Jones. Three days later Major dies, but the speech gave the more intelligent animals a new outlook on life. The pigs, who were considered the most intelligent animals, instructed the other ones. During the period of preparation two pigs could distinguish themselves, Napoleon and Snowball. Napoleon is big, and although he isn't a good speaker, he could assert himself. Napoleon is a better speaker, he has a lot of ideas and he is very vivid. Together with another pig called Squealer, who is a very good speaker, they work out the theory of "Animalism". The rebellion starts some months later, as one night Mr Jones comes home drunken, and forgets to feed the animals. They break out of the barns and run to the house, where the food is stored. As Mr. Jones recognizes this he takes out his shotgun, but it is to late for him, all the animals fall over him and drive him off the farm. The animals destroy all whips nose rings, reins, and all other instruments that were used to suppress them. The same day the animals celebrate their victory with an extra ration of food. The pigs have made up the seven commandments, and they have written then above the door of the big barn. They run thus:
1.: Whatever goes upon two legs is an enemy.
2.: Whatever goes upon four legs, or has wings is a friend.
3.: No animal shall wear clothes.
4.: No animal shall sleep in a bed.
5.: No animal shall drink alcohol.
6.: No animal shall kill another animal.
7.: All animals are equal.
The animals also agreed that no animal shall ever enter the farmhouse, and that no animal shall have contact with humans. This commandments are summarized in the simple phrase: "Four legs good, two legs bad". After sometime Jones came back with some other men from the village to recapture the farm. The animals fight brave, and they manage to defend the farm. Snowball and Boxer received medals of honor for defending the farm so bravely. Also Napoleon who had not fought at all takes a medal. This is the reason that the two pigs, Snowball and Napoleon are often arguing. As Snowball one day presented his idea to build a windmill, to produce electricity to the other animals, Napoleon calls nine strong dogs. The dogs drive off Snowball from the farm, and Napoleon explains that Snowball in fact was co-operating with Mr. Jones. He also explains that Snowball in reality never had a medal of honor, that in Snowball was always trying to cover up that he was fighting at the side of Mr. Jones. The animals then started with the building of the windmill, and as time went on the working-time went up, whereas the food ration went down. Although the "common" animals had not enough food, the pigs grow fatter and fatter. The pigs tell the animals that they need more food, for they are managing the whole farm. Again sometime later the pigs explain to the other animals that they have to trade with the neighbor farms. The common animals are very upset , because after the revolution, there has been a resolution that no animal shall make trade with a human. Short after this decision the pigs moved to the farm house. The other animals remembered that there was a commandment that forbids sleeping in beds, and so they go to the big barn to look at the commandments. As they arrive there they can't believe their eyes, the 4th commandment has been changed to: "No animal shall sleep in bed with sheets". And also the other commandments were changed: "No animal shall kill another animal without reason", or "No animal shall drink alcohol in excess". Some months there is a heavy storm that destroys the windmill, that is nearly ready. Napoleon accuses Snowball of destroying the mill, and he promises a reward to the animal who gets Snowball. The rebuilding of the mill takes two years. Again Jones attacks the farm, and although the animals defend the farm the windmill is once again destroyed. The pigs decide to build the mill again, and they cut down the food ration. And some day Boxer breaks down. He is sold to a butcher, whereas Napoleon tells the pigs that Boxer was brought to a hospital where he has died. Three years later the mill was finally ready. In this time Napoleon deepens the relations with the neighbor farm, and one day Napoleon even invites the owners of this farm for an inspection. They sit inside the farmhouse and celebrate the efficiency of his farm, where the animals work very hard with the minimum of food. During this celebration all the other animals have meet at the window of the farm, and as they look inside they can't distinguish between man and animal.
What the story want to tell us
The story starts with a good intention: The animals take action against men and fight against all bad things they had to suffer. But the animals aren't equal. There are more and less intelligent ones, and step by step, the pigs, that were the most intelligent animals, took over leadership, which leaded under Napoleon to a dictatorship. All animals just followed the leaders instead of taking any actions. Even when Snowball was expelled from the farm, they took no action. The author wants to teach us, that you should always think for yourself what is good and what is bad. It is also a critic again totalitarian regimes in which the liberty and laws are not assured. Orwell agrees with Marx’s ideas where all people are equal and there is not privilege classes. It is an utopia because there will be always men that look for more power.
Power corrupts is an inevitable conclusion of Animal Farm
Die Hitlerzeit ( Die Juden im Nationalsozialismus)
Im Jahr 1933 wurde Hitler zum Reichskanzler ernannt, die Nationalsozialisten wurden zur stärksten Partei im Parlament. Nach dem ersten Weltkrieg erlebte Deutschland eine große Wirtschaftkrise und Hitler wollte, dass Deutschland wieder mächtig und stark wird. Um dieses Ziel zu erreichen, musste man Marxismus und Judentum bekämpfen. Seine Partei wurde gewählt, weil Hitler den Leuten Arbeitsplätze versprechen hatte. Der Nationalsozialismus war eine rechtsradikale politische Bewegung. Die Nationalsozialisten bauten in Deutschland eine Diktatur auf. Hitler traf alle politischen Entscheidung allein und um sicher zu sein, dass ihn alle Bürger unterstütze, wurden sie von der Gestapo(Geheimpolizei) überwacht . Die Nationalsozialisten hielten sich an die Idee des Faschismus. Wer nicht mit Hitler’s Ideologie einverstanden war wurde verfolgt, eingesperrt und auch umgebracht. Alle abweichenden Meinungen wurden unterdrückt. Alle sollten so leben, wie der Diktator es vorschrieb. Die Mittel der Nationalsozialisten zur Machtsicherung waren Propaganda. Die Propaganda der Nationalsozialisten beeinflusste die Meinung der Deutschen. Hitler wollte Europa nicht nur erobern, sondern es „judenrein“ machen, denn er sah in Juden „Vampire“. Erst nahm er den Juden alle Rechte, dann das Leben. Die Verfolgung der Juden in Deutschland begann im Jahr 1933. Die Nationalsozialisten organisierten einen Boykott gegen die jüdischen Kaufleute. Viele Beamte mussten in Pension gehen und später mussten alle Berufsgruppen(Ärzte, Notare, Advokaten) den Ariernachweis haben. Im Jahr 1935 wurde der Verkauf jüdischer Zeitungen auf der Straße verboten und auch die Hochzeit zwischen Juden und Ariern wurde verboten. Im Jahr 1936 erreichte diese Entrechtung mit die „Nürnberger Gesetz“. Dies waren Gesetze zum Schutz des deutschen Blutes, der deutschen Rasse. Antisemitismus wurde durch Hitler eine staatliche Politik. Die deutsche Rasse ist überlegen, die Arier sollten keinen Kontakt mit den Juden haben. Die rigorose Verfolgung begann in der Kristallnacht. Vom 9. bis zum 10. November 1938 demolierten und plünderten die Nationalsozialisten 7500 jüdische Geschäfte, verbrannten fast 190 Synagogen und verhafteten über 25000 Juden. Die Juden durften keinen Führerschein besitzen und mussten den gelben Judenstern tragen. Mit dem Krieg verbreiteten sich die Maßnahmen gegen die Juden außerhalb Deutschlands:
Es wurden Gettos gebildet
Juden wurden erschossen
Die überlebenden Juden wurden nach Osten in Vernichtungslager abtransportiert
Man kam also auf die sogenannte „Endlösung“ der Judenfrage. Die „Endlösung“ war die systematische Vernichtung der jüdischen Bevölkerung Europas. Die Juden wurden in den Vernichtungslagern durch Gas getötet, die Leichen wurden dann in Massengräber geworfen oder in den Krematorien verbrannt. Ein Teil der Juden, die „Sonderkommandos“ mussten die Transportzüge öffnen, die Kleider und die Wertgegenstände einsammeln. Nach der Vergasung schnitten sie die Haare ab und nahmen das Zahngold heraus. Ein Teil der Juden arbeitete in den Industrien der Konzentrationslager. Nur wer eine Funktion für die Regierung hatte, konnte in den Vernichtungslagern überleben. Ungefähr sechs Millionen Juden sind ermordet worden. Der Grund: sie waren Juden.
Die Juden waren die idealen Sündenböcke der Wirtschaftkrise:
• Sie betreiben Bankgeschäfte
• Es gab antisemitische Vorurteile
• Sie sind keine netten Menschen
• Sie haben Christus ermordet
Hanna Arendt “Le origini del totalitarismo”
Hanna Arendt nata da una famiglia ebraica nel 1906 è stata una filosofa e storica tedesca. Scrisse “ Le origini del totalitarismo” pubblicato nel 1951. Hanna cerca di spiegare che cosa produce il regime totalitario e gli elementi che appartengono al totalitarismo. “ Le origini del totalitarismo” si divide in tre parti:
- L’ANTISEMITISMO
- L’IMPERIALISMO
- IL TOTALITARISMO
Quest’opera individua i caratteri specifici del totalitarismo dopo averne riscontrato le premesse nell'antisemitismo e nell'imperialismo, temi ai quali sono dedicati i due terzi dell'opera. Dal confluire delle conseguenze dell'antisemitismo e dell'imperialismo in un preciso momento storico è nato il totalitarismo, con caratteri comuni sia nella Germania nazista sia nell'Unione sovietica stalinista. Il totalitarismo é un fatto nuovo del nostro secolo, non assimilabile o riducibile, secondo la Arendt, ai tradizionali regimi tirannici o dittatoriali. Esso nasce dal tramonto della società classista, nel senso che l'organizzazione delle singole classi lascia il posto ad un indifferenziato raggrupparsi nelle masse, verso le quali operano ristretti gruppi di élites, portatori delle tendenze totalitarie. Tali tendenze, dopo la vittoria politica sulle vecchie rappresentanze di classe, realizzano il regime totalitario, che ha i suoi pilastri e nell'apparato statale, nella polizia segreta e nei campi di concentramento nei quali si rinchiudono e si annientano gli oppositori trasformati in nemici. Attraverso l'imposizione di una ideologia e il terrore, il totalitarismo, identifica se stesso con la natura, con la storia, e tende ad affermarsi all'esterno con la guerra. Dovunque é giunto al potere, esso ha creato istituzioni assolutamente nuove e distrutto tutte le tradizioni sociali, giuridiche e politiche del paese. A prescindere dalla specifica matrice nazionale e dalla particolare fonte ideologica, ha trasformato le classi in masse, sostituito il sistema dei partiti non con la dittatura del partito unico ma con un movimento di massa, trasferito il centro del potere dall'esercito alla polizia e perseguito una politica estera apertamente diretta al dominio del mondo. Secondo la Arendt quindi il totalitarismo è composto da "elementi" che si sono sviluppati precedentemente e si sono "cristallizzati" in un nuovo fenomeno dopo la prima guerra mondiale. Questi elementi forniscono la struttura nascosta del totalitarismo. L'impulso all'espansione senza limiti era nelle sue origini un fenomeno economico, qualcosa di inerente all'avanzata del capitalismo. Il capitalismo era impegnato nella trasformazione della proprietà da stabile, fissa, in una ricchezza mobile; la conseguenza fondamentale di questo processo fu quella di generare sempre più ricchezza in un processo senza fine. Fino a che questo rimase un fenomeno puramente economico esso era sì distruttivo, ma non catastrofico. Il pericolo diventò la trasformazione di pratiche economiche in un nuovo tipo di politica della competizione assassina e dell'espansione senza limiti . Il significato dell'era imperialista per Arendt è che l'imperativo di espandersi uscì dalla logica economica e prese forza nelle istituzioni politiche. Lo stato-nazione fu fortemente messo in crisi dall'imperialismo. Dove l'imperialismo dà spazio alle forze incontrollabili dell'espansione e della conquista, lo stato-nazione è un'istituzione creata da individui, una struttura civilizzata che fornisce un ordine legale e garantisce diritti, tramite i quali l'individuo può essere legislatore e cittadino. L’ antisemitismo è la premessa dei regimi totalitari perché nei confronti del diverso si scatenano elementi di violenza che caratterizzano i regimi totalitari. Hanna spiega perché ci furono così pochi ostacoli al massacro degli ebrei, e dimostra la necessità di costruire un nuovo ordine politico che non possa abolire diritti civili e politici per un gruppo di persone. Quello che il destino delle persone senza patria ha dimostrato, così sostiene Arendt, è che i diritti umani universali che sembravano appartenere agli individui, potevano solo essere reclamati da cittadini di uno stato. Pertanto, per chi era fuori da questa categoria, i diritti inalienabili della persona erano senza significato. Ne sono un esempio gli ebrei che, non avendo uno stato in cui identificarsi come popolo, ed un territorio definito in cui poter vivere, sono stati privati del diritto di cittadinanza, e con esso di una tutela giuridica come soggetti di personalità. Il problema non era quello di godere di un'eguaglianza di fatto davanti alla legge come persone, ma la negazione del fondamentale diritto umano e cioè il "diritto di avere diritti", che significa il diritto di appartenere ad una comunità politica. Dietro ciascuno di questi elementi si nasconde un problema irreale e irrisolto: dietro l'antisemitismo, la questione ebraica; dietro il decadimento dello Stato nazionale, il problema irrisolto di una nuova organizzazione dei popoli; dietro il razzismo, il problema irrisolto di una nuova concezione del genere umano; dietro l'espansionismo fine a sé stesso, il problema irrisolto di riorganizzare un mondo che diventa sempre più piccolo, e che siamo costretti a dividere con popoli la cui storia e le cui tradizioni sono estranee al mondo occidentale. La grande attrazione esercitata dal totalitarismo si fondava sulla convinzione diffusa, e spesso consapevole, che esso fosse in grado di dare una risposta a tali problemi, e potesse quindi adempiere ai compiti della nostra epoca.
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maturità 2009/2010 Classe: VD
Il fascismo al potere in Italia
Le origini del fascismo sono strettamente connesse con le trasformazioni e le
crisi che si verificarono in Italia in seguito alla Grande Guerra. Il 23 marzo 1919
a Milano Benito Mussolini fondò un movimento politico denominato fascismo
creando il primo fascio di combattimento. Attraverso le squadracce fasciste
Mussolini effettuò delle spedizioni punitive per fermare qualunque tipo di
proteste e rivolte dei lavoratori che esercitavano robuste pressioni sui
proprietari fondiari. Le camicie nere(com’erano chiamati i fascisti dal colore
della loro divisa paramilitare) erano ormai diventate padrone del campo e sia il
re che i governanti cercarono di trovare un accordo con Mussolini allo scopo di
portarlo al potere. Fallite le trattative del re per inserire Mussolini in una nuova
coalizione di governo i fascisti il 27 ottobre 1922 fecero la marcia su Roma,
occupando la capitale senza incontrare alcuna resistenza. Il 30 ottobre Vittorio
Emanuele III incaricò Mussolini di formare il nuovo governo. Il 16 novembre
1922 Mussolini presentò alla Camera la lista dei suoi ministri che comprendeva
fascisti,liberali,popolari,militari. Nel dicembre fu creato il Gran consiglio del
fascismo che assunse lentamente le funzioni di governo. Furono poi legalizzate
le squadracce, trasformate in Milizia per la protezione della “rivoluzione
fascista” i fascisti riuscirono inoltre a conquistarsi il favore della Chiesa perché
presero iniziative a favore di essa, mentre lo stato liberale fino ad ora era stato
laico. Il governo fascista diede retribuzioni più alte al clero, fece risanare gli
edifici sacri danneggiati durante la guerra e si introdusse anche l’insegnamento
obbligatorio della religione a scuola. Mussolini approvò la legge elettorale,
detta “legge Acerbo” in vista delle elezione del 1924. Con questa andava al
potere il partito che avrebbe ricevuto il maggior numero di voti. La coalizione
dei fascisti ottenne la vittoria con il 65% dei voti anche grazie ai brogli
elettorali. Il deputato Giacomo Matteotti denunciò in parlamento questo fatto e
chiese di invalidare le elezioni. Qualche tempo dopo egli venne rapito e ucciso.
Dopo questo avvenimento i deputati antifascisti abbandonarono il parlamento e
aprirono una campagna giornalistica basata sull’opposizione morale definita
“Aventino”. Mussolini per conquistare l’appoggio del popolo italiano si fece
carico di tutta la colpa del delitto Matteotti e si dichiarò responsabile morale.
Intanto il fascismo accentuava la repressione delle opposizioni. Nel 1926, dopo
un paio di attentati falliti contro Mussolini, egli emanò le “leggi fascistissime”
che eliminavano qualsiasi traccia della democrazia parlamentare. Con queste
leggi il capo dello Stato poteva essere revocato solo dal re e non più dal
parlamento. Si ebbe poi la costruzione del regime fascista: il potere si
concentrò nelle mani del capo di governo, le opposizioni furono costrette a
scappare e nacque la polizia segreta Ovra. Venne poi approvato anche un
nuovo codice penale detto “ codice Rocco” che conteneva pesanti norme
repressive contro ogni forma di dissidenza. Molti leader dei partiti antifascisti
sono costretti quindi a fuggire, anche intellettuali e socialisti emigrano e
formano a Parigi con i repubblicani una Concentrazione antifascista. La maggior
parte dei liberali collaborò e confluì nel partito fascista. Per quanto riguarda i
cattolici alcuni di loro emigrarono all’estero ed altri si allearono con Mussolini.
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Egli infatti fece i “Patti Lateranensi” con i quali mise fine al conflitto con la
Chiesa. Il fascismo cercò di assumere progressivamente il completo controllo
della società. Per quanto riguarda l’istruzione le giovani generazioni non
avrebbero dovuto conoscere altre ideologie e il partito organizzava il loro
tempo libero con colonie estive, esercizi ginnici e giochi collettivi. Negli uffici
pubblici era importante partecipare alle parate delle camicie nere e avere la
tessera del partito. I mass-media quali la radio, il teatro, i giornali venivano
continuamente controllati. Il regime abolì inoltre il diritto di sciopero dei
salariati, ed esautorò le organizzazioni sindacali non fasciste. Nacque
l’ordinamento corporativo che prevedeva la collaborazione coatta tra datori di
lavoro e loro dipendenti: nel 1939 la Camera dei fasci e delle corporazioni
sostituì la Camera dei deputati. Il mondo del lavoro venne suddiviso in 22
corporazioni in cui erano inseriti sia lavoratori che imprenditori. Il primo grosso
problema che la dittatura dovette affrontare fu la pesante svalutazione della
lira. La ripresa produttiva successiva alla fine della prima guerra mondiale
portò effetti negativi quali la carenza di materie prime dovuta alla forte
richiesta e ad un'eccessiva produttività rapportata ai bisogni reali della
popolazione. Nell'immediato, i primi segni della crisi furono un generale
aumento dei prezzi, l'aumento della disoccupazione, una diminuzione dei salari
e la mancanza di investimenti in Italia e nei prestiti allo stato. Per risolvere il
problema, come in Germania, venne deciso di stampare ulteriore moneta per
riuscire a ripagare i debiti di guerra contratti con Stati Uniti e Gran Bretagna.
Ovviamente questo non fece altro che aumentare il tasso di inflazione e far
perdere credibilità alla lira, che si svalutò pesantemente nei confronti di dollaro
e sterlina. Le mosse per contrastare la crisi non si fecero attendere: venne
messo in commercio un tipo di pane con meno farina, venne aggiunto alcool
alla benzina, vennero aumentate le ore di lavoro da 8 a 9 senza variazioni di
salario, venne istituita la tassa sul celibato, vennero aumentati tutti i possibili
prelievi fiscali, venne vietata la costruzione di case di lusso, vennero aumentati
i controlli tributari, vennero ridotti i prezzi dei giornali, bloccati gli affitti e ridotti
i prezzi dei biglietti ferroviari e dei francobolli. Rivalutando la lira nei confronti
della sterlina, Mussolini riuscì sì a far quadrare i conti dello Stato, ma mise il
paese fuori dai mercati d'esportazione poiché con tale mossa raddoppiò il
prezzo delle merci italiane all'estero. Quando poi il 29 ottobre 1929 Wall Street
crollò, la parola d'ordine di Mussolini fu quella di ignorare totalmente l'evento
pensando che la cosa non avrebbe toccato minimamente l'Italia. L'economia
nazionale entrò invece in una profonda crisi che portò alla nascita dell'IRI e
dell’IMI che avevano il compito di risanare le aziende e di finanziare le
industrie. Per quanto riguarda la politica estera Mussolini adottò una politica
aggressiva infatti l’Italia estese la propria influenza nell’Europa centro-
orientale, balcanica e occupò inoltre l’Etiopia. Per conservare il suo potere
Mussolini sviluppò l'uso della propaganda sfruttando i nuovi mezzi che la
tecnologia offriva: il cinema e la radio. Fra i temi trattati dalla propaganda,
molto rilievo veniva dato all'esaltazione vuota della "Nazione italiana", presunta
erede della grandezza e potenza dell’impero romano. Ai cittadini si diceva che
la guerra era il mezzo per far tornare l'Italia grande e potente come lo era stata
duemila anni prima a partire dai bambini, tutto il popolo veniva coinvolto
nell'addestramento militare e nella propaganda bellica. Dall'esaltazione della
"Nazione italiana" (nazionalismo) derivò anche l'italianizzazione forzata di
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quanti, pur essendo italiani, non lo erano per origine (gli altoatesini), cittadini a
cui fu impedito di usare la propria lingua e che si videro persino cambiare i
nomi dei luoghi in cui vivevano. Dal 1935 gli italiani vennero inviati a
combattere e a morire contro popoli più deboli economicamente e
militarmente, quelli dell'Etiopia e dell'Albania, e a sostenere il colpo di Stato
attuato in Spagna dal generale Franco. Inoltre il legame che si strinse tra la
dittatura nazista in Germania e il governo fascista finì per trascinare l'Italia
nella Seconda guerra mondiale (1940), guerra da cui lo stesso regime fascista
finì per essere travolto.
Il regime staliniano
È il regime politico che si affermò in Urss alla fine degli anni venti e terminò con
la morte del dittatore Stalin nel 1953. Fu in questo periodo che si costituirono i
tratti fondamentali del sistema sovietico, segnato dall'ispirazione dello stato-
partito ad assumere il controllo totale su tutti gli aspetti della vita del paese
(politica, economica, sociale e culturale). In questo periodo l’Unione Sovietica
attraversava un forte periodo di crisi economica e forte tensione sociale a
causa delle rivoluzioni interne allo Stato. Nel 1929, Stalin assunse il pieno
controllo dello Stato e diede avvio alla "grande svolta" che avrebbe dovuto
portare alla rapida edificazione dell'economia socialista, regolata dalla
pianificazione statale: ebbe inizio la collettivizzazione dell'agricoltura,
accompagnata dall'industrializzazione forzata. Stalin succedette a Lenin e si
passò da una dittatura autoritaria che si proponeva, attraverso adeguate
politiche economiche e di educazione, di conquistare il consenso di larghi strati
sociali al nuovo regime, diminuendo il divario esistente tra lo stato e la società
ad una dittatura autocratica. Prima di tutto Stalin produsse una sistematica
eliminazione di tutto ciò che potesse in qualche modo mettere in discussione il
suo ruolo, o semplicemente - anche solo potenzialmente - fargli ombra. Inoltre,
per assicurarsi sicuri appoggi, eliminò progressivamente ogni rappresentante di
quella che di volta in volta poteva essere considerata una "vecchia guardia",
sia politica sia professionale, allo scopo di sostituirla con elementi nuovi, da lui
promossi, e pertanto a lui grati e fedeli. Tra il 1936 e 1938 l’Urss visse l’epoca
delle grandi purghe: dirigenti politici, quadri intermedi, funzionari, ufficiali
dell’esercito, semplici cittadini, vennero giustiziati, indotti al suicidio o deportati
nei campi di detenzione e di lavoro che costituivano il gulag. Un clima di
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sospetto e di paura si diffuse in tutto il Paese: i tribunali emettevano condanne
sulla base di semplici sospetti e di confessioni che venivano estorte con la forza
dalla polizia segreta. Infatti Stalin attraverso la polizia segreta CEKA limitava
ogni tipo di protesta e rivoluzione e aveva il compito di mantenere la sicurezza
all’interno del Paese. La politica interna di Stalin si incentrò soprattutto
sull’economia e sulla pianificazione o statalizzazione della società. Il primo
obiettivo fu la collettivizzazione forzata delle campagne; nella società russa
infatti si erano affermati dei piccoli proprietari terrieri, i Kulaki, che vennero
praticamente travolti dalla rivoluzione russa prima e dalla politica di Stalin
dopo. Tutti i beni dei Kulaki vennero confiscati e divisi tra la popolazione
contadina. Moltissimi vennero trasferiti in Siberia dove per fame o per freddo
morivano mentre lavoravano, in condizione di schiavitù, alla costruzione di
opere pubbliche come ferrovie, dighe, centrali elettriche e canali; molti altri
invece i più diffidenti vennero uccisi direttamente con fucilazioni di massa
sommarie. Il programma di collettivizzazione prevedeva che il contadino
doveva dare allo Stato dei quantitativi minimi di raccolti, chi li avesse superati
aveva diritto a premi; tuttavia si verificò un atteggiamento restio da parte dei
contadini che furono oggetto di campagne di punizione da parte di funzionari
statali ed operai. Secondo punto del programma di sviluppo economico interno
di Stalin fu l’industrializzazione forzata dell’URSS che fu anche uno dei motivi
per cui l’Unione Sovietica non venne coinvolta nella crisi del ’29. Per giustificare