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Storia: i totalitarismi;
Italiano: Giuseppe Ungaretti, Luigi Pirandello, Gabriele D'Annunzio, Eugenio Montale;
Tedesco: der nazismus;
Spagnolo: el Franquismo;
St. dell'arte: l'arte totalitaria.
1984: Trama del libro
Il romanzo illustra l'ingranaggio di un governo totalitario. L'azione si svolge in un futuro prossimo
del mondo (l'anno 1984) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati perennemente in
guerra fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. Londra è la città principale di Oceania, la cui società è
amministrata secondo i principi del Socing e governata da un onnipotente partito unico con a capo il
Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona (la cui figura è un incrocio
fra Stalin e Hitler). Sotto di lui c'è il Partito interno, quello esterno e la gran massa dei sudditi.
Ovunque sono visibili grandi manifesti con il volto del Grande Fratello. Gli slogan politici ricorrenti
solo: "La pace è guerra", "La libertà è schiavitù", "L'ignoranza è forza".
Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Winston Smith, ha il compito di
censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le
possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith
comincia a condurre un'esistenza ispirata a principi opposti a quelli proclamati dal regime: tiene un
diario segreto, ricostruisce il passato, si innamora di una collega di lavoro, Julia, e dà sempre più
spazio a sentimenti individuali.
Insieme con un compagno di lavoro, O'Brien, Smith e Julia iniziano a collaborare con
un'organizzazione clandestina, detta Lega della Fratellanza. Non sanno tuttavia che O'Brien è un
membro della psicopolizia, governata dal Ministero dell’Amore (la cui funzione è di torturare i
dissidenti), che riesce ad intrappolarli. Smith viene arrestato, sottoposto a torture e a un indicibile
processo di degradazione. Alla fine di questo trattamento è costretto a denunciare Julia, rinunciando
così all’amore e di conseguenza all’ultimo segno di umanità rimastogli.
Infine O'Brien rivela a Smith che non è sufficiente confessare e sottomettersi: il Grande Fratello
vuole avere per sé l'anima e il cuore di ogni suddito prima di metterlo a morte.
Commento
In 1984, George Orwell interpreta la dittatura come l'assenza di libertà per
tutti gli individui. Nessuno escluso. Nemmeno i funzionari più alti del "partito"
al potere, infatti, godono di alcun privilegio; anzi, sono i primi e i più convinti fautori
dell'autolimitazione della libertà personale. Esemplare è l'interrogatorio finale condotto dal
funzionario ai danni del protagonista, in cui il primo dimostra tutto il proprio fervore ideologico
difendendo la pratica del bipensiero (artificio che limita, mediante la sottrazione di termini atti a
esprimerli, i concetti a disposizione dei cittadini) e praticandola egli stesso con assoluta
convinzione.
Forse, il motivo per cui 1984 è uno dei romanzi più inquietanti della storia della letteratura è proprio
questo: la dittatura ipotizzata da Orwell è disumana: non abbiamo nemmeno il conforto (inconscio)
che ci potrebbe derivare dal constatare l'umana "corruzione del privilegio" che, sotto sotto, ci
aspetteremmo dalla classe al potere, quale che essa sia. La dittatura immaginata da Orwell è una
dittatura mentale, non fisica; viene imposta con il lavaggio del cervello, con le sparizioni
improvvise, senza alcun clamore, senza alcuna violenza apparente.
Nel libro quel funzionario lascia intravedere una realtà ancora più inquietante: la disumanizzazione
del potere è rappresentata proprio dalla scelta di rendere immortale il Grande Fratello. In realtà
Orwell estremizza una tendenza comunissima di tutte le dittature, la deificazione del capo, con un
risultato altrettanto terrificante. L'uomo di Orwell sceglie il potere come fine supremo e non come
mezzo per acquisire la "libertà" di dominare, diventando egli stesso schiavo del meccanismo che ha
creato. Gli impiegati del partito interno, ad esempio, pur godendo di piccoli privilegi, quale
l'ereditarietà della loro condizione e razioni di cibo più abbondanti, sono ugualmente schiavi
dell'idolo che hanno creato.
Quello che spaventa, in Orwell, è la Folla: questa massa di persone omologate, istigate a comando a
scatenare gli istinti violenti nel corso delle sessioni appositamente inscenate in aziende enormi e
spersonalizzate, che si comportano tutte allo stesso modo, che accettano tutte con passiva
convinzione l'ideologia imposta dal Grande Fratello. E non c'è ribellione, non c'è resistenza: a
ribellarsi è un singolo, smarrito nella marea degli omologati, e per questo è condannato sin
dall'inizio.
L'elemento più inquietante del libro è proprio il "salto di qualità" che il Grande Fratello aveva fatto
compiere alla dittatura. Egli non solo pretende obbedienza assoluta, ma anche la spontanea
condivisione del sogno. E' significativo che i dissidenti vengano giustiziati soltanto dopo la loro
"spontanea" adesione al regime, quando sono convinti dell' "equità" della loro pena.
L'ultimo passo del Grande Fratello è la prevenzione dell'opposizione e dello psicoreato, mediante la
limitazione della capacità di pensiero ottenuta tramite una “neolingua” in cui non è possibile più
esprimere il proprio pensiero (la prima ribellione del protagonista è consistita proprio nello scrivere
su di un quaderno: "Odio il Grande Fratello"). Se l'uomo non ha la capacità di identificare in
maniera razionale il motivo della sua sofferenza, poiché non ha parole per esprimerlo e per
rifletterci, allora non può neanche definire la causa della propria sofferenza e l'oggetto del proprio
odio.
Tutto quel che rimane è soltanto un rancore indefinito, che può essere spazzato via attraverso le
sedute di "odio collettivo".
La relazione tra linguaggio e capacità critica e' estremamente interessante. Come impostare un
ragionamento logico-deduttivo se nella propria lingua non esiste il periodo ipotetico?
Altro spunto di discussione: il ruolo della guerra, interna ed esterna, nell'economia di una dittatura.
La dittatura ipotizzata da Orwell usa e sviluppa la tecnologia e sembrerebbe che il fine sia quello di
vincere la guerra contro Estasia e/o Eurasia. In realtà questa è il solo modo per mantenere la
disciplina interna, in quanto le esigenze di produzione bellica non permettono l'aumento della
produzione per il consumo e quindi il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. La
maggior parte degli storici "materialisti" individua proprio nel miglioramento delle condizioni di
vita dei "sottoposti" uno dei fattori più forti di destabilizzazione del potere. I gruppi che non devono
preoccuparsi della propria sopravvivenza materiale, solitamente chiedono la partecipazione alla
gestione del potere. Ecco perché la guerra è una condizione permanente per la dittatura orwelliana,
la cui necessarietà viene compresa, soltanto alla fine, dal protagonista.
La dittatura in 1984 nasce grazie al continuo revisionismo storico, all'aggiornamento quotidiano
della "Verità". Infatti, quando si combatte un nuovo nemico, si eliminano o si correggono tutti i
precedenti articoli, libri, riferimenti al vecchio nemico. Alla fine, è lecito dubitare addirittura che la
guerra esista.
Questa, come è già stato detto da altri, è una prassi comune (seppur non in modo tanto palese e
sistematico come nel romanzo di Orwell) a tutte le dittature: i libri di testo, soprattutto, vengono
alterati a seconda di ciò che conviene alla classe dominante. Ma il revisionismo si estende anche a
altri campi.
Orwell porta questo procedimento all'estremo, ma quello che più colpisce non è tanto l'operazione di
revisione continua effettuata dalla classe dominante, quando altri due elementi: la passività con cui
la cittadinanza accetta come "verità" qualcosa che sa benissimo non essere vera; e la presenza di un
vero e proprio "ministero" dove gli impiegati, quotidianamente, hanno il compito di riscrivere i
giornali e i libri di storia per adeguarli alla situazione attuale. Ma, ancora più inquietante, forse, è il
fatto che i libri e i giornali "originali" vengano sistematicamente distrutti, contribuendo così alla
creazione di un mondo fasullo a cui anche gli stessi membri della classe al potere non possono fare a
meno di credere. George Orwell
The name George Orwell is just a pseudonym, which Eric Blair chose before publishing his books.
He chose “George” because it sounded very English, while “Orwell” was the name of a river he
liked.
George Orwell was born in India into a middle–class family in 1903, but he studied in England.
After having passed the exam to enter the Imperial Police, he went to Burma, however he didn’t
accept the institutions he worked for; what is more, as the British weren’t accepted by the local
population because they wanted to impose their ideas, Orwell went back to England where he
developed an anti–imperialistic attitude.
He felt he had to write about social problems and injustice, but he knew he had to experience a poor
life in order to do that; so, when he was in London and later in Paris, he lived with tramps and
outcasts, he begged food, he slept under bridges and did any kind of job in order to get money.
Later he was also commissioned by a left-wing publisher to investigate conditions among the miners
and the workers in the industrialized North of England, so once again he could understand how poor
people had to live.
Another very important experience was in the year 1936, when Orwell went to Spain, where, during
the civil war against Franco, Orwell joined the POUM, a left wing party. He thought that all the left
wing groups had to be united to defeat Franco, however the Communist party prevailed over the
POUM; there was even a fight in which Orwell was wounded, so he went back to England where he
changed his political ideas: he was against totalitarianism.
Orwell is a political committed intellectual, who considers his art an instrument of communication;
according to him, language must be clear and direct (he said that “good prose is like a window
pane”) in order to be an instrument of information and communication.
However there was a conflict he could never solve: Orwell, in fact, sided with the poor and the
workers, but he didn’t belong to the working class, and this conflict can be felt in all his works.
Anyway, he is a very important writer because he had the courage to write about injustice.
We can say that George Orwell is a socialist, but his socialism is very particular because he is
against any kind of injustice and exploitation, from the right but also from the left. He is against
totalitarianism since a totalitarian state denies the fundamental individual rights of freedom of
expression and of thought: if a state cannot guarantee these freedoms it is totalitarian and it is unfair.
Down and Out in Paris and London (1933)
Burmese Days (1934)
A Clergyman's Daughter (1935)
Keep the Aspidistra Flying (1936)
The Road to Wigan Pier (1937)
Homage to Catalonia (1938)
Coming up for Air (1939)
Inside the Whale, and Other Essays (1940)
Animal Farm (1945)
Nineteen Eighty-four (1949)
Shooting an Elephant and Other Essays (1950)
Such, Such Were the Joys (1953)
Definizione di Totalitarismo
Il termine “totalitarismo” pare sia stato introdotto nel 1923 dal liberale antifascista Giovanni
Amendola che, sul quotidiano “Il Mondo”, attaccava il metodo e il “sistema totalitario” usato dai
fascisti per costringere i cittadini italiani a votare nelle elezioni amministrative di quell’anno. La
parola fu poi adottata dallo stesso Mussolini, quando, in un discorso del 1925, definì in positivo il
fascismo come “una feroce volontà totalitaria”, intendendo evidenziarne, rispetto al liberalismo
dell’inizio del secolo, la capacità di gestire in modo onnicomprensivo gli aspetti sociali, economici e
culturali. Da questo momento il termine conobbe un’enorme fortuna e fu esteso, già negli anni
Trenta, prima al regime nazista, poi a quello staliniano.
Analizzando i vari tipi di totalitarismo (opposto alla democrazia) si può dire che i caratteri generali