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Estratto del documento

Cos’è la Vita? L

La vita è opportunità, coglila A

T

Seneca: protinus vive, ars vivendi I

 N

O

I

La vita è bellezza, ammirala N

G

Oscar Wilde: il ritratto di Dorian Gray L

 E

S

E

S

La vita è sfida, affrontala T

O

Resistenza italiana durante la II guerra R

 I

mondiale A

I

La vita è un mistero, scoprilo T

A

Montale: Meriggiare pallido e assorto L

 I

A

(Ossi di seppia) N

O

F

La vita è tristezza, superala I

L

Schopenhauer: vie di liberazione dal O

 S

O

dolore F

I

A

A

La vita è gioia, gustala R

T

E

Matisse: La gioia di vivere

 G

La vita è un’avventura, rischiala E

O

Viaggi nello spazio, altre forme di vita? A

 S

T

R

O

La vita è la vita, difendila

Aborto: Lettera a un bambino mai nato

 (Oriana Fallaci)

Conclusioni personali

Seneca: protinus vive

protinus vive

Il di Seneca può essere considerato il corrispondente del

carpe diem oraziano. Entrambe le affermazioni sono collegabili al

"tempo", inteso come momento da vivere nella sua pienezza, considerato

che per Seneca "dopo la morte non vi è nulla, e la stessa morte è nulla,

ultima meta di un rapido percorso il tempo avido e il caos ci divorano".

De brevitate vitae

Nel " ", da cui la frase è tratta, Seneca parla della

brevità della vita, inizialmente distinguendo tra diu vivere e non diu esse,

ossia vivere a lungo e non stare al mondo a lungo: è la qualità e non la

quantità della vita quello che realmente conta.

Seneca in ciò è stoico e come gli stoici sa bene che non c'è differenza

tra un giorno e un secolo.

vita, si uti scias, longas est

― ‖ la vita, a saperla usare, è lunga (De

brevitatae vitae)

Sapientes/occupati : “solo coloro che si dedicano alla conquista della

occupati

saggezza sono nella quiete, solo essi vivono‖ mentre gli stanno

nella vita ma non la vivono, non hanno consapevolezza del proprio esistere.

ars vivendi

In quest‘ottica la filosofia diventa un‘ , cioè teoria e pratica

del vivere e serve a migliorare la vita dei singoli e della società.

Osar Wilde: il ritratto di Dorian Gray

Il ritratto di Dorian Gray si configura come un eccellente capolavoro della letteratura inglese e come una vera

e propria celebrazione del culto della bellezza. Una ‗professione di fede‘ che Wilde tende a fare propria e a

perseguire nell‘arco della sua intera esistenza, sia attraverso la sua produzione artistica che per mezzo della

sua condotta decisamente anti-Vittoriana e anti-conformista, sprezzante del buonsenso e dei canoni della

morale borghese.

La vita per Wilde, si configura infatti come un’opera d’arte ben riuscita. Wilde opta quindi per il

rovesciamento del principio secondo cui è l‘arte che imita la vita, trasformandolo nel presupposto per il quale è

la vita ad imitare l’arte. La vita è pertanto prodotto e risultato dell’arte. Di qui l’importanza attribuita

all‘apparenza e al dominio dei sensi, che perviene quindi all‘estetismo (dal greco ‘percezione con i sensi’),

atteggiamento tipicamente wildiano (ma anche dannunziano) e caratterizzato dalla concezione di un'arte

art for art‘s sake

fondamentalmente fine a sé stessa ( ).

Un‘esperienza, quella estetica, che non sempre si rivela giusta e retta. La visione della vita come arte implica,

infatti, da un lato la ricerca del piacere, ossia l‘edonismo, dall‘altro uno stile di vita disinibito e dissoluto che

porta allo sfacelo morale e, nel caso di Dorian Gray, al crimine.

La storia di Dorian è la storia di un ragazzo particolarmente bello, il quale, proprio in virtù del suo straordinario

fascino, viene dipinto in un quadro dal pittore Basil. Dorian viene però anche plagiato e iniziato al culto della

bellezza dall‘esteta Lord Henry, il quale gli spalanca contemporaneamente le porte del Male, ribadendogli più

volte: «La vita ha in serbo tutto per voi. Non c‘è nulla che voi non possiate ottenere, con la vostra straordinaria

bellezza.» Mentre Dorian contempla la sua bellezza fedelmente raffigurata nel quadro esprime, quasi

innocentemente il desiderio che il dipinto possa portare al suo posto i segni del passare del tempo, in modo che

la sua bellezza originaria si possa mantenere per sempre intatta e inalterata. Il ‗patto col diavolo‘ però si

realizza e, mentre il quadro porta i segni dell‘età che avanza, l‘anima di Dorian porta quelli della progressiva

decadenza morale, alla quale l‘eccessiva dedizione al culto del bello lo ha condotto. Scrive Wilde nel romanzo:

«Niente ti rende così vanitoso come sentirti dare del peccatore»; e ancora: «Il peccato è una cosa che si legge

nel volto di un uomo. Il peccato non si può nascondere.»

Wilde descrive in queste righe la decisione di Dorian di coprire una volta per tutte il quadro, orrenda

testimonianza della dissolutezza e della bruttezza morale del suo soggetto.

«[...] uno splendido tessuto del tardi settecento veneziano [...] poteva servire ad avvolgere quell‘orrore [il

quadro]. Ora avrebbe coperto una cosa che aveva una putredine propria, più decomposta di un cadavere – che

avrebbe nutrito orrori, e non sarebbe mai morta. Quello che i vermi sono per il cadavere, i suoi peccati

sarebbero stati per l‘immagine dipinta sulla tela. Avrebbero invaso la sua bellezza, e ne avrebbero divorato la

grazia. L‘avrebbero deturpata, e resa ripugnante. Tuttavia la materia avrebbe continuato a vivere. Sarebbe

vissuta in eterno.»

Dorian è completamente dedito ad un culto estetico che si traduce in uno stile di vita vizioso e depravato, e

che lo porta a compiere nequizie d‘ogni genere, culminanti nell‘omicidio di quello che Dorian ritiene essere il

colpevole della sua depravazione, ovvero l‘artefice del dipinto, Basil. Non sopportando più di scorgere nel

quadro, da anni segretamente riposto in soffitta, il ghigno maligno della sua dissoluzione decide di disfarsi

anche di esso ma, quando pugnala la tela, cade a terra morto. Distruggendo il quadro Dorian pone fine all‘altra

parte inseparabile di sé, e quindi anche alla sua stessa vita, ricongiungendosi infine con la sua anima abietta e

maligna. Basil è ciò che penso di essere.

Riguardo al romanzo Wilde avrà occasione di dire, in una lettera del 1894: ―

Henry è ciò che il mondo pensa di me. Dorian è ciò che io vorrei essere ‖. Ed è proprio in queste poche righe che

si cela il quanto mai misterioso messaggio di Wilde, secondo cui, in definitiva, il solo personaggio del romanzo

non è altro che lui stesso.

Resistenza italiana durante la II Guerra Mondiale

Durante la seconda guerra mondiale, in Italia si levò il grido di quella parte di popolo che non accettava il

regime fascista. Nasce così la sfida della resistenza.

Il movimento resistenziale - inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza

all'occupazione nazista - fu caratterizzato in Italia dall'impegno unitario di molteplici e talora opposti

orientamenti ideologici e politici (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici).

I partiti animatori della Resistenza, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale, avrebbero più tardi

costituito insieme i primi governi del dopoguerra.

La Resistenza costituisce il fenomeno storico nel quale vanno individuate le origini stesse della Repubblica

italiana. Infatti, l'Assemblea costituente fu in massima parte composta di esponenti dei partiti che

avevano dato vita al CLN, i quali scrissero la Costituzione, fondandola sulla sintesi tra le rispettive

tradizioni politiche e ispirandola ai principi della Democrazia e dell'Antifascismo.

Nel 1944 le brigate partigiane furono ufficialmente riconosciute da Vittorio Emanuele III e dagli alleati.

Il segretario del partito comunista Togliatti compì la "svolta di Salerno" permettendo la formazione di un

nuovo governo che raccogliesse tutte le forze antifasciste. Scoppia una lacerante guerra civile . Le azioni

partigiane si concentrarono sul sabotaggio, agguati contro le truppe tedesche, attentati contro i gerarchi

fascisti e scontri a fuoco contro le truppe di Salò. Ebbero però un ruolo importante nella liberazione

dell'Italia attirando le attenzioni tedesche e distogliendoli da altri fronti, alleggerendo l'impegno degli

alleati. Offrirono inoltre, un‘occasione di riscatto politico e morale. La resistenza fu condotta con

coraggio e costò il martirio d‘interi paesi. Tra gli episodi più tragici, ricordiamo gli eccidi delle Fosse

ardeatine, Sant'Anna di Strazzema e di Marzabotto

Celebrare il 25 aprile ricordando con la dovuta attenzione il contributo di tutte le componenti che

parteciparono alla lotta di liberazione nazionale "senza svalutare e diffamare, come purtroppo è accaduto

e ancora accade l'esperienza partigiana il cui contributo, piaccia o non piaccia, fu determinante per

restituire dignità, indipendenza e libertà all'Italia".

E' l'appello lanciato dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione della visita all'Ossario di Forno

di Coazze dove sono sepolti 100 dei 300 partigiani morti in Val Sangone. Tra loro anche cechi, slovacchi,

francesi, inglesi e americani.

La Resistenza, ha sottolineato Napolitano, fu un fenomeno che abbracciò tutta la nazione. Ci fu quella dei

partigiani, quella dei militari e quella del popolo. Quindi è "importante che quest'anno il 25 aprile sia

celebrato in qualsiasi modo e in qualsiasi luogo" ricordando "l'una o l'altra delle componenti della

Resistenza. L'importante è che ci unisca la consapevolezza e lo stesso impegno per conservare i valori

della Resistenza che si sono tradotti nella Costituzione repubblicana" e che fu ''una straordinaria prova

di riscatto civile e patriottico del popolo italiano e perciò non può appartenere a una sola parte della

nazione''.

"Fu decisiva in questa lotta l'eroismo delle formazioni partigiane - ha detto Napolitano - ma anche la

componente popolare rappresentata dalle sofferenze e dalle atrocità inflitte alle popolazioni civili" che

comunque si distinsero per la loro "solidarietà attiva" con il movimento partigiano. "Non fu di minore

importanza la componente militare" con i soldati che "non si piegarono" ma combatterono "eroicamente e

si unirono alle formazioni partigiane".

Montale : Meriggiare pallido e assorto (Ossi di seppia)

Montale ci parla della vita come di un mistero inconoscibile. Nella

Meriggiare pallido e assorto

poesia la vita è ―una muraglia che ha in

cima cocci aguzzi di bottiglia‖. Il testo ruota attorno al tema

dell‘impossibilità del poeta di raggiungere l‘oltre. Il ―muro d‘orto‖ (verso

2) ricorda la siepe dell’Infinito leopardiano (poetica del vago e

indefinito), ma per Montale l‘ostacolo impedisce anche il piacere

dell‘immaginazione, che preclude lo sguardo verso ogni possibilità di

salvezza, ogni speranza. Rispetto a Leopardi, egli rinuncia alla protesta,

alla ribellione e rimane in una condizione di perplessità, di

disorientamento e impotenza.

Schopenhauer: le vie di liberazione dal dolore

Per Schopenhauer la vita è sostanzialmente dolore. l'essere è la

manifestazione di una volontà infinita e quindi la vita è dolore per essenza,

infatti volere significa desiderare e desiderare significa trovarsi in uno

stato di tensione per la mancanza di qualcosa che si potrebbe avere. Egli

concepisce la vita come un pendolo che oscilla tra dolore e noia e il piacere è

solo una cessazione momentanea del dolore. La vera risposta al dolore del

mondo consiste nell' eliminazione della stessa volontà di vivere e questo

cammino di liberazione dell'individuo inizia con la presa di coscienza del

dolore e con il disinganno di fronte alle illusioni dell'esistere. l'iter salvifico

dell'uomo è articolato in tre momenti:

Arte: è conoscenza libera e disinteressata che si rivolge alle idee delle

cose. È catartica per essenza poiché permette all'uomo di contemplare la

vita elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo. In

particolare la musica si configura come l'arte più profonda e universale, una

"metafisica dei suoni" capace di metterci in contatto al di la dei limiti della

ragione, con le radici stesse della vita e dell'essere poiché non riproduce

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