Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 18
Geologia e fantasia - Viaggio al centro della Terra Pag. 1 Geologia e fantasia - Viaggio al centro della Terra Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Geologia e fantasia - Viaggio al centro della Terra Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Geologia e fantasia - Viaggio al centro della Terra Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Geologia e fantasia - Viaggio al centro della Terra Pag. 16
1 su 18
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Risalgono le cavità terrestri attraverso un condotto del magma e si ritrovano alle pendici dello

Stromboli vulcano delle Eolie. Da qui torneranno ad Amburgo, per vie meno insolite.

Il romanzo si conclude con la scoperta, da parte del giovane Axel, che la bussola era impazzita

durante la navigazione sotterranea e che il mare Lidenbrock era stato attraversato completamente.

La gioia del professore è tuttavia sorpassata da quella del giovanotto, che sta per sposarsi con la

bella Grauben, la nipote del professore. (wikipedia)

“Discendi nel cratere delle Jökull di Sneffels

Che l’ombra dello Scartarsi viene a lambire

Prima delle calende di luglio,

viaggiatore audace, e perverrai al centro della Terra.

La qual cosa io feci. Arne Saknussemm”

In questo romanzo Verne probabilmente sapeva di fare molta più fantasia che scienza, era infatti già

ben noto che il centro della Terra doveva raggiungere temperature insopportabili per gli esseri

umani. Prevalse però nello scrittore l’esigenza di creare una trama spettacolare più che formulare

delle ipotesi sulla struttura interna della Terra come dimostreranno i seguenti confronti tra le ipotesi

esposte da Verne e le teorie oggi più accreditate e convalidate da prove scientifiche.

L'idea di fondo, mutuata da alcune teorie "para-scientifiche" del tempo che, malgrado la loro

eccentricità, ebbero largo seguito di pubblico, è che la terra possa avere al suo interno grandi cavità,

collegate da cunicoli e camminamenti e che possa ospitare, al suo interno, dei veri e propri

ecosistemi nei quali, in alcuni casi, persistono forme di vita primitive mai distrutte dalle quelle

grandi catastrofi naturali che hanno rappresentato dei "salti" nell'evoluzione della vita nell'ambiente

terrestre.

Teoria della Terra Cava

Fin dal passato si narrava che la terra fosse cava, lo stesso Platone affermava che: vi era un grande

sovrano "che siede al centro della terra, sull'ombelico della terra; egli è il mediatore della

religione per tutto il genere umano". Questa teoria fu formulata in termini scientifici a partire dal

XVII secolo, e nei secoli successivi fu resa popolare da romanzi fantastici che la sfruttavano come

artificio narrativo.

Sin dai tempi antichi diverse teorie hanno sostenuto l’esistenza di regni e territori sotterranei, sia

come teorie relative a ipotetici veri territori sia come metafore per condizioni dello spirito e alcune

di queste teorie col tempo sono andate a costituire le basi per luoghi concettuali, quali l’Ade della

mitologia greca o l’inferno cristiano.

Il primo autorevole scienziato che scrisse un’opera completa sulla

teoria della Terra Cava fu l’astronomo inglese Edmond Halley. I

suoi studi sull'elettromagnetismo terrestre lo portarono ad

ipotizzare che la terra fosse cava e che al suo interno, nel centro,

fosse situato un sole: nell’opera Philosophical Transactions of

Royal Society of London (1692) propose l’idea che la Terra fosse

formata da un guscio esterno spesso 800 km, con due altri gusci

interni concentrici e un nocciolo interno. Questi gusci avrebbero

avuto le dimensioni dei pianeti Venere, Marte e Mercurio, e

sarebbero separati da atmosfera. Ogni guscio avrebbe i propri poli

magnetici, e i vari gusci ruoterebbero a velocità differenti. Halley

propose questa teoria per cercare di spiegare alcuni risultati

anomali ottenuti dalla bussola, per poi spingersi a teorizzare che

l’atmosfera interna fosse luminescente, che i continenti interni fossero abitati e che i gas sfuggiti dai

passaggi ai poli fossero la causa dell’aurora boreale.

Una foto famosa che comproverebbe l'esistenza di questo passaggio è la seguente scattata dal satellite ESSA7

Successivamente un grande apporto alla teoria venne dato da John Cleves Symmes, uno studioso

autodidatta che si dichiarò pronto a raggiungere il Polo Nord da dove, attraverso l'Apertura Polare,

avrebbe raggiunto l'interno della Terra, sì da dimostrare empiricamente la correttezza della sua

teoria. Nel 1818 venne scoperto il “Buco di Symmes”, ossia il passaggio verso la terra cava, e nel

1870 Symmes chiese una sovvenzione al governo

degli Stati Uniti per proseguire le sue ricerche ma

gli fu negata distruggendo il suo sogno di

dimostrare l’esistenza del passaggio.

Le immagini scattate anche di recente dai satelliti

provano però l'esistenza del "Buco di Symmes".

Apertura Polare rassomigliante ad un “occhio del ciclone”

Il pianeta Terra, secondo questa teoria, dovrebbe essere cavo, vuoto, privo di un nucleo, ed al suo

interno vi sarebbero splendide città di cristallo ricche di luce, città costruite tutt'intorno al suo

centro, abitate da esseri viventi del tutto simile agli esseri umani, vi sarebbero città ma non laghi o

fiumi, tutto raggruppato in un unico continente. Il sole, al centro, illumina perennemente questo

luogo è chiamato Aurora, in questo luogo non vi è la notte.

Il 12 Maggio 1914, l'astronomo Marshall B. Gardner di Aurora, Illinois, USA, brevettò però la

scoperta della Terra Cava all'Ufficio Brevetti degli Stati Uniti e nel 1913 scrisse il suo libro

originale provando che la nostra Terra è una sfera vuota. Basò i suoi studi attraverso la

comparazione tra l'evoluzione della nebulosa che formava ai primordi la terra e l'osservazione

fotografica delle nebulose planetarie extraterrestri. Gardner ipotizzò che il guscio della Terra fosse

alto circa 800 miglia e che le Aperture Polari lo attraversassero per 1400 miglia, mentre il Sole

Centrale, di circa 600 miglia di diametro, sarebbe sospeso gravitazionalmente al centro esatto della

Terra. In questa foto scattata sempre dal satellite ESSA7 vi sarebbe la prova,

inconfutabile a favore dei sostenitori della teoria della terra cava, in cui

si intravede chiaramente un ingresso semicircolare tenuto nascosto

alle rotte aeree commerciali

Nel 1947 il Contrammiraglio Richard E. Byrd della marina

americana testimoniò di aver attraversato in una spedizione aerea

al polo nord un luogo, un lembo di terra di 3690 chilometri, in cui

la flora mutò e divenne tipicamente tropicale come la fauna, egli

intravide un mammuth un probabile punto di contatto tra la terra

cava e la superficie del pianeta. Byrd chiamò ciò che vide “terra

incantata, al di là del mistero”. Da quel momento in poi presero

forma teorie secondo le quali al polo nord vi fossero punti di

contatto con l'ingresso alla terra cava tramite i quali poter entrare

nella città abitata dagli altri esseri umani.

Altre prove di questa teoria sono soprattutto leggende, come quella delle popolazioni sudamericane

che narrerebbero della mitica Eldorado o delle popolazioni asiatiche che narrano invece di Agarthi:

Eldorado e Agarthi rappresenterebbero i due grandi continenti situati nella profondità della Terra

popolati da un gruppo di umani, detti gli Eletti, sopravvissuti alla distruzione di Atlantide. Eldorado

avrebbe l'ingresso al polo sud mentre Agarthi al polo nord.

Pur essendo ampiamente confutata dalla scienza moderna (geologia, geofisica e astrofisica) e quindi

relegata alla pseudoscienza e al mito, ancora oggi la teoria della Terra cava trova un certo numero di

sostenitori. In particolare la teoria della Terra cava non è compatibile con il modello della Tettonica

delle placche in quanto i fori di entrata alla cavità, posizionati ai poli, si sarebbero dovuti spostare

nel corso delle ere dalla Pangea alla posizione attuale.

Verne riprende solo in parte queste teorie ipotizzando più che un Terra cava, una Terra con delle

cavità, immaginando nel viaggio del professore Lidenbrock e del nipote Axel l’arrivo in una

gigantesca caverna illuminata da fenomeni elettrici e contenente un vasto bacino d’acqua, un

oceano sotterraneo.

In realtà il mantello terrestre contiene una quantità di acqua equivalente a quella di parecchi oceani;

certo non si tratta di acqua liquida, come immaginava Jules Verne nel suo Viaggio al Centro della

Terra ma di molecole di acqua legate ai minerali che compongono il mantello; come del resto non

immaginava nemmeno l’esistenza nella regione di Sarawak, nel Borneo, di una “sala sotterranea”

lunga 800 metri, larga più di 300, alta 70 per un volume stimato di 12 milioni.

“Un’ampia distesa d’acque, il principio d’un lago o d’un oceano, si stendeva oltre i limiti della

vista. [...] Se i miei sguardi potevano spingersi lontano sopra quel mare è perché una luce speciale

ne rischiarava ogni particolare. Non era la luce del sole con i fasci abbaglianti e la splendida

irradiazione dei suoi raggi, né la luce pallida e vaga dell’astro delle notti che è un riflesso di luce

senza calore: no; l’intensità di quella luce, la sua tremula diffusione, il suo limpido e secco

candore, la sua temperatura poco elevata e il suo splendere più vivo di quello della luna ne

attestavano evidentemente l’origine elettrica. Era una specie di aurora boreale, un fenomeno

cosmico continuo che riempiva una caverna capace di contenere un oceano. [...] Mi ricordai allora

di quella teoria di un capitano inglese, il quale paragonava la Terra a una vasta sfera vuota,

nell’interno della quale l’aria si manteneva luminosa per la sua pressione, mentre due astri,

Plutone e Proserpina, vi percorrevano le loro orbite misteriose. [...] Io non sapevo con quale fatto

geologico potessi spiegare l’esistenza di una simile caverna. [...] A cinquecento passi, dietro a un

promontorio, apparve ai nostri occhi una foresta fitta di alberi. Questi erano di media grandezza, a

forma di ombrelli regolari, dai contorni netti e geometrici; sembrava che le correnti atmosferiche

non avessero avuto alcuna influenza sul loro fogliame, poiché in mezzo ai soffi rimanevano

immobili e come pietrificati. [...] «Ebbene, questo terreno è un terreno sedimentario.» «Il fatto può

essere spiegato geologicamente. A una certa epoca la Terra era formata soltanto da una crosta

elastica soggetta a movimenti alterni di innalzamento e di abbassamento, in virtù delle leggi

dell’attrazione; è probabile che si siano verificati cedimenti del suolo e che una parte di terreno

sedimentario sia stata trascinata in fondo agli abissi spalancatisi all’improvviso.»” (Capitolo XXX)

“Quella massa liquida doveva perdersi a poco a poco nelle viscere della Terra; la stessa proveniva

evidentemente dalle acque dell’oceano, che si aprirono un varco attraverso qualche spaccatura.

Peraltro bisognava ammettere che questo crepaccio fosse al momento otturato, poiché tutta quella

caverna, o meglio quell’immenso serbatoio, si sarebbe riempito in un tempo piuttosto breve. Può

darsi che quell’acqua, dovendo lottare contro fuochi sotterranei, fosse in parte evaporata. Da ciò

la spiegazione delle nuvole sospese sul capo, e lo sviluppo di quella elettricità che creava tempeste

all’interno della massa terrestre.” (Capitolo XXXVII)

“«L’influenza della luna e del sole si fa sentire fin qui?» «E perché no? Forse tutti i corpi non sono

soggetti all’attrazione universale? Questa massa d’acqua non può dunque sottrarsi alla legge

generale.»” (Capitolo XXXI)

Dallo studio dei sismogrammi degli eventi sismici naturali e artificiali (generati per esempio dallo

scoppio di bombe atomiche, soprattutto nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale come

dimostrano i diversi esperimenti effettuati in Nevada e negli atolli polinesiani) possiamo invece

avere un’idea della struttura interna della Terra, formata da strati rocciosi concentrici con diverse

caratteristiche chimico-fisiche (densità, composizione chimica, stato di aggregazione) separati da

degli involucri sferici detti superfici di discontinuità. (www.tecnicocavour.it )

Le superfici di discontinuità sono principalmente tre:

1) La discontinuità di Mohorovicic, scoperta dall’omonimo geofisico agli inizi del ‘900

mettendo in relazione i tempi di arrivo delle onde sismiche a diverse distanze dall’ipocentro,

separa lo strato superficiale, detto crosta terrestre, da uno strato più profondo, il mantello, in

cui le onde si propagano più velocemente.

Dettagli
Publisher
18 pagine
123 download