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“Naturales
L.Pirandello poesia
o Quaestiones” bucolica
VIAGGIO ATTRAVERSO
LA NATURA
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VIAGGIO ATTRAVERSO LA NATURA "...non ci è
dato di sapere, al mondo... nulla di nulla...
Dove afferrarti, o Natura infinita?"
(Goethe, "Faust")
“Tristezza, noia, felicità attraversano in ogni istante la nostra anima…..ecco che
intorno a noi nulla più sa di oggettività…i prati sono aridi o fioriti, il cielo è
plumbeo o terso per accompagnare i nostri giorni di sentimento”.
ITALIANO
Nell’arte e nella letteratura, la natura si presenta in tanti modi suggestivi; ogni
volta con un volto diverso, diversi colori, diverse sfumature. Nell’opera del
Leopardi la natura ha un’importanza di tipo filosofico: nella prima fase, che va
sotto il nome di PESSIMISMO STORICO, la natura è positiva perché dà all’uomo
la facoltà dell’immaginazione che crea le illusioni. Nell’”INFINITO” vi sono
alcune immagini naturali che consentono al poeta di intuire infiniti spazi,
sovraumani silenzi e profondissima quiete. Quindi il Leopardi utilizza oltre alla
poetica della ricordanza, dell’indefinito e del fonosimbolismo, anche immagini
della natura che lo proiettano nella dimensione dell’INFINITO. Il colle, inoltre,
trova anche un’interpretazione psicoanalitica nel critico Amoretti. Quest’ultimo
afferma che il Leopardi trova sicurezza nell’immagine del colle così come si può
trovare sicurezza nel seno di una madre. Sono immagini di grande suggestione
lirica: il dolce naufragio nel mare dell’infinito è emblematico di ciò. Le
OPERETTE MORALI E I GRANDI IDILLI rientrano invece nell’ambito del
pessimismo cosmico: la natura(meccanicistica) è matrigna; la ragione è
positiva perché disvelatrice della misera condizione umana. Esplicativa di
quanto detto è l’operetta morale”il dialogo della natura e di un islandese”: la
natura è nemica, crudele, e indifferente, il dolore,la distruzione, la morte, lungi
dall’essere errori accidentali nel piano della natura, sono elementi essenziali
del suo stesso ordine. Il mondo è un ciclo eterno di produzione e distruzione la
quale è indispensabile alla conservazione del mondo. Il dialogo con la natura si
conclude con la domanda: a che serve questa vita infelicissima dell’universo?
E’ la domanda che il pastore del canto notturno rivolgerà alla luna ed è una
domanda che non ha risposta. Ma la natura in senso filosofico è crudele perché
non restituisce nella maturità ciò che promette in gioventù e quando il tempo
della speranza finisce e SILVIA perisce combattuta e vinta “da chiuso morbo, il
verno inaridisce l’erba”, la natura risponde alla morte con la morte di se stessa.
“già tutta l’aria imbruna, torna azzurro il sereno e tornan l’ombre giù da colli e
dai tetti, al biancheggiar della recente luna e calano le tenebre e con essa
giunge l’ansiosa attesa della festa”. Nel” Canto notturno di un pastore errante
dell’Asia” protagonista in assoluto è la luna silenziosa,intatta, solinga, eterna,
peregrina, candida; la luna nella sua personificazione, appare maestosa,
indifferente ai travagli interiori del pastore, ma allo stesso tempo immagine
consolatoria, squisitamente femminile e materno. La luna, ed in genere la
natura, si presentano diversi dai restanti grandi idilli, il canto non è più
vaneggiamento del “ caro immaginario”, ma lucida riflessione filosofica fondata
sul vero. Ne “La ginestra”, l’ideologia leopardiana giunge a completa
maturazione approdando al pessimismo eroico: appello alla solidarietà fra gli
uomini per ergersi contro la Natura su di una base di impegno etico civile e di
aperto confronto con le ideologie dominanti. La Ginestra indica proprio la
resistenza all’avversità della natura, nonostante i campi siano cosparsi di
sotto i passi al peregrin
cenere infeconde e ricoperti dell’impietrita lava, che
risono, la ginestra profumata continua a sporgere intorno i suoi cespi solitari . La
Natura che riempie i versi dell’ultimo Leopardi è dunque espressione concreta
della sua ideologia. La colpa del male di vivere è quindi unicamente della
natura, ma l’uomo non può e non deve rifugiarsi nelle illusioni: deve affrontare
il “vero” a testa alta, con coraggio ed eroismo ed è per questo che il poeta si
pone di fronte all’umanità come maestro di questa verità e come negatore
delle illusioni del “secol superbo e sciocco”. E’ questa la poetica della Ginestra
dove il poeta si apre agli altri in nome di una solidarietà umana che allevia
almeno in parte il male della vita. In questa lirica il Leopardi si propone di
smontare le illusioni sulla umana “possanza” e perfettibilità, ponendo gli
uomini di fronte alla cruda verità su una Natura crudele, matrigna a causa di
tutto il male del mondo. In nome di questa oggettività del male il poeta
propone un consorzio umano, fondato sulla coscienza del vero e per questo
sulla solidarietà che aiuti ad attraversare il dolore della vita. L’uomo si deve
quindi porre con coraggio di fronte alla natura senza piegare vilmente il capo,
ma affrontando con coraggio la verità, pur sapendo di essere soggetto ai
capricci della Natura, che può distruggerlo da un momento all’altro. Come la
ginestra, insomma, l’uomo deve sfidare la natura con il proprio eroico coraggio,
in modo da superare il male della vita.In genere in Leopardi la natura trova
sempre una giustificazione che va al di là dei dati oggettivi.
In Pirandello la natura rappresenta, per certi versi, l’evasione dall’assurdità del
vivere, dall’oppressione delle istituzioni. Ne ”Il treno ha fischiato” Belluca dice
di essere arrivato in Siberia e nelle foreste del Congo; la sua pazzia è
testimonianza del bisogno di liberazione della maschera che indossa. Belluca
realmente vorrebbe rifugiarsi negli spazi della natura per sfuggire la pena di
vivere così. In “Ciaula scopre la luna” il protagonista si apre alla natura e al suo
contatto si sente rigenerare, prova un senso di refrigerio ed intravede in essa la
dolcezza di un conforto, di un riscatto dalla condizione di vita bestiale, a cui è
costretto dalla sorte. Qui inoltre si intravede l’angoscia alienante dell’uomo,
che, a volte, spezzato l’involucro della “forma” intravede una realtà più
profonda, fuori e dentro di lui: l’assoluto, il tutto, a cui segretamente e
incessantemente anela. Infine in questa novella si evidenzia la concezione lirica
della natura e del paesaggio che ebbe Pirandello. Per lui la natura è l’unico
punto fermo nell’universo, mutabilità della vita e degli esseri. Passano gli
uomini, si trasformano le cose, ma la natura è alterna con i suoi meravigliosi
spettacoli di bellezza, di potenza o di armonia. Nel suo grembo l’uomo prova
dolcezza e conforto come se essa fosse partecipe della sua pena.
LATINO
Quando si accinge a scrivere le Naturales Quaestiones, Lucio Anneo Seneca, è
l’universo
ormai vecchio e vicino alla morte. Egli dichiara di osservare con
stupore(obstupefactus).
ammirazione e Davanti alle bellezze naturali e ai
profondi misteri della natura egli prova un’estatica e commossa ammirazione
filosofo stoico,
e non perde occasione, da di riconoscere, in ogni cosa che
colpisce l’animo e la mente dell’uomo, la grandezza di Dio. La necessità di
comprendere i fenomeni naturali è, per Seneca , un mezzo per giungere alla
salvezza,alla perfezione che avvicina l’uomo all’onnipotente. La scientificità di
Seneca non può essere certo intesa in termini moderni, ma alcuni suoi
scienze naturali
atteggiamenti verso lo studio delle sono sicuramente ispirati
da una curiosità ed un interesse che possono definirsi, sotto certi aspetti,
scientifici. Per lui la scienza non è un capriccio senile. Da giovane aveva scritto
un volume sui terremoti, e sicuramente altri di cui sono pervenuti solo i titoli:
de situ Indiae; de situ et sacris Aegyptiorum; de lapidum natura de piscium
natura; de forma mundi. Nell’Epistola 90 a Lucilio, il filosofo romano esalta la
prontezza e l’ingegnosità della mente che permette all’uomo di penetrare i
misteri della natura. Egli, infatti, in contrasto con l’insegnamento dello stoico
sapientes
Posidonio (135-51 a.C.) che attribuiva ai la costruzione di strumenti
la vera sapienza guida le anime, non le mani: sapientia
di lavoro, sostiene che
altius sedet nec manus edocet: animorum
magistra est.. La filosofia e la scienza, per Seneca, coincidono poiché entrambe
hanno, come loro compito principale, quello di guidare l’uomo verso il suo
perfezionamento morale. Nelle Naturales Quaestiones è presente anche un
sperimentalismo,
certo ma si tratta però di un approccio deduttivo, non
induttivo. Esso, infatti, non ha lo scopo di individuare nuove leggi di natura, nel
senso che sarà poi di Galileo, ma piuttosto quello di confermare osservazioni
già fatte, verificare ipotesi già ampiamente formulate da altri.
scientificità
Concludendo, la di Seneca si può riconoscere nei seguenti tratti:
• Ricorso ad un’attenta osservazione dei fenomeni che si vogliono studiare e ad
una profonda riflessione critica.
• Discussione delle teorie presentate da altri, anche da coloro che sono
considerati autorevoli maestri. Ad esempio egli si pone in contrasto con le
congetture di altri filosofi, compreso Aristotele, che si ostinano a considerare le
comete come masse di gas che si accendono e
spengono all’improvviso, all’interno dell’atmosfera terrestre.
• La consapevolezza che nello studio dei fenomeni della natura l’errore è
possibile, e
sempre quindi la continua necessità di rivedere le conclusioni cui si
è giunti.
• La fiducia nel progresso della conoscenza. Ciò che non si conosce, in un dato
(“Molte cose
momento storico, sarà sicuramente conosciuto da chi verrà dopo
sapranno gli uomini del domani che noi ignoriamo, molte cose sono riservate
alle generazioni future quando di noi si sarà spento anche il ricordo. Piccola
cosa sarebbe l’universo se ogni età non trovasse in esso qualcosa da indagare.
).
Libro VII 30-5,30-33
• L’esaltazione della scienza disinteressata.
La stessa fiducia nelle capacità dell’uomo di conoscere ancora ciò che al
(13,1).…“A queste
momento sfugge,traspare sempre nel Libro VII
argomentazioni Artemidoro* oppone quanto segue: non sono solo cinque i
pianeti che attraversano il cielo, (Mercurio, Venere, Marte, Giove e
ma questi sono gli unici che siano stati osservati; anzi, innumerevoli
Saturno),
altri si muovono in modo occulto, a noi sconosciuto o per debolezza della loro
luce o per la posizione delle orbite…” Le Naturales Quaestiones rappresentano,
dunque, il tentativo di organizzare gli argomenti scientifici, noti per conoscenza
diretta o indiretta, in un più ampio quadro filosofico da cui emerga che quanto
vediamo non vediamo, sappiamo ignoriamo,
e quanto quanto o ma un giorno
sapremo,fa parte di un’armonica creazione divina in cui disordine e arbitrio
sono apparenti e spesso causati dall’uomo che ha sovvertito, o comunque
forzato la natura . L’uomo deve liberarsi delle false paure,rimediare ai mali da
lui stesso prodotti. Questo progetto può realizzarsi solo se egli riesce ad
elevarsi al disopra della dimensione terrena, conoscendo la natura di cui egli è
privilegiata,
parte (marcato antropocentrismo).
Le osservazioni di Seneca dimostrano le scarse conoscenze scientifiche
dell’epoca quando,ad esempio, discute sulle cause della rotondità dei chicchi di
grandine:…Può darsi inoltre che,sebbene la grandine non sia in origine tonda,
lo diventi mentre vien giù e che rotolando più volte
attraverso lo spazio intermedio formato da aria densa, si consumi in modo
uniforme e acquisti la forma di una sfera…( all’analogia,
IVb-3,5). Il ricorso nello
studio di certi fenomeni, può considerarsi un primo passo verso la ricerca
scientifica. D’altronde, l’autore latino resta fedele alla dottrina stoica, per la