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Lett.Latina

Lett.Italiana Lett.Greca

Seneca e le

o

G.Leopardi Teocrito e la

o o

“Naturales

L.Pirandello poesia

o Quaestiones” bucolica

VIAGGIO ATTRAVERSO

LA NATURA

Lett.Inglese

The romantic

o period

William

o Wordsworth Storia dell’arte

Filosofia

Kant

o Impressionis

o

Hegel

o mo

Schopenhaue

o Claude

o Manet

VIAGGIO ATTRAVERSO LA NATURA "...non ci è

dato di sapere, al mondo... nulla di nulla...

Dove afferrarti, o Natura infinita?"

(Goethe, "Faust")

“Tristezza, noia, felicità attraversano in ogni istante la nostra anima…..ecco che

intorno a noi nulla più sa di oggettività…i prati sono aridi o fioriti, il cielo è

plumbeo o terso per accompagnare i nostri giorni di sentimento”.

ITALIANO

Nell’arte e nella letteratura, la natura si presenta in tanti modi suggestivi; ogni

volta con un volto diverso, diversi colori, diverse sfumature. Nell’opera del

Leopardi la natura ha un’importanza di tipo filosofico: nella prima fase, che va

sotto il nome di PESSIMISMO STORICO, la natura è positiva perché dà all’uomo

la facoltà dell’immaginazione che crea le illusioni. Nell’”INFINITO” vi sono

alcune immagini naturali che consentono al poeta di intuire infiniti spazi,

sovraumani silenzi e profondissima quiete. Quindi il Leopardi utilizza oltre alla

poetica della ricordanza, dell’indefinito e del fonosimbolismo, anche immagini

della natura che lo proiettano nella dimensione dell’INFINITO. Il colle, inoltre,

trova anche un’interpretazione psicoanalitica nel critico Amoretti. Quest’ultimo

afferma che il Leopardi trova sicurezza nell’immagine del colle così come si può

trovare sicurezza nel seno di una madre. Sono immagini di grande suggestione

lirica: il dolce naufragio nel mare dell’infinito è emblematico di ciò. Le

OPERETTE MORALI E I GRANDI IDILLI rientrano invece nell’ambito del

pessimismo cosmico: la natura(meccanicistica) è matrigna; la ragione è

positiva perché disvelatrice della misera condizione umana. Esplicativa di

quanto detto è l’operetta morale”il dialogo della natura e di un islandese”: la

natura è nemica, crudele, e indifferente, il dolore,la distruzione, la morte, lungi

dall’essere errori accidentali nel piano della natura, sono elementi essenziali

del suo stesso ordine. Il mondo è un ciclo eterno di produzione e distruzione la

quale è indispensabile alla conservazione del mondo. Il dialogo con la natura si

conclude con la domanda: a che serve questa vita infelicissima dell’universo?

E’ la domanda che il pastore del canto notturno rivolgerà alla luna ed è una

domanda che non ha risposta. Ma la natura in senso filosofico è crudele perché

non restituisce nella maturità ciò che promette in gioventù e quando il tempo

della speranza finisce e SILVIA perisce combattuta e vinta “da chiuso morbo, il

verno inaridisce l’erba”, la natura risponde alla morte con la morte di se stessa.

“già tutta l’aria imbruna, torna azzurro il sereno e tornan l’ombre giù da colli e

dai tetti, al biancheggiar della recente luna e calano le tenebre e con essa

giunge l’ansiosa attesa della festa”. Nel” Canto notturno di un pastore errante

dell’Asia” protagonista in assoluto è la luna silenziosa,intatta, solinga, eterna,

peregrina, candida; la luna nella sua personificazione, appare maestosa,

indifferente ai travagli interiori del pastore, ma allo stesso tempo immagine

consolatoria, squisitamente femminile e materno. La luna, ed in genere la

natura, si presentano diversi dai restanti grandi idilli, il canto non è più

vaneggiamento del “ caro immaginario”, ma lucida riflessione filosofica fondata

sul vero. Ne “La ginestra”, l’ideologia leopardiana giunge a completa

maturazione approdando al pessimismo eroico: appello alla solidarietà fra gli

uomini per ergersi contro la Natura su di una base di impegno etico civile e di

aperto confronto con le ideologie dominanti. La Ginestra indica proprio la

resistenza all’avversità della natura, nonostante i campi siano cosparsi di

sotto i passi al peregrin

cenere infeconde e ricoperti dell’impietrita lava, che

risono, la ginestra profumata continua a sporgere intorno i suoi cespi solitari . La

Natura che riempie i versi dell’ultimo Leopardi è dunque espressione concreta

della sua ideologia. La colpa del male di vivere è quindi unicamente della

natura, ma l’uomo non può e non deve rifugiarsi nelle illusioni: deve affrontare

il “vero” a testa alta, con coraggio ed eroismo ed è per questo che il poeta si

pone di fronte all’umanità come maestro di questa verità e come negatore

delle illusioni del “secol superbo e sciocco”. E’ questa la poetica della Ginestra

dove il poeta si apre agli altri in nome di una solidarietà umana che allevia

almeno in parte il male della vita. In questa lirica il Leopardi si propone di

smontare le illusioni sulla umana “possanza” e perfettibilità, ponendo gli

uomini di fronte alla cruda verità su una Natura crudele, matrigna a causa di

tutto il male del mondo. In nome di questa oggettività del male il poeta

propone un consorzio umano, fondato sulla coscienza del vero e per questo

sulla solidarietà che aiuti ad attraversare il dolore della vita. L’uomo si deve

quindi porre con coraggio di fronte alla natura senza piegare vilmente il capo,

ma affrontando con coraggio la verità, pur sapendo di essere soggetto ai

capricci della Natura, che può distruggerlo da un momento all’altro. Come la

ginestra, insomma, l’uomo deve sfidare la natura con il proprio eroico coraggio,

in modo da superare il male della vita.In genere in Leopardi la natura trova

sempre una giustificazione che va al di là dei dati oggettivi.

In Pirandello la natura rappresenta, per certi versi, l’evasione dall’assurdità del

vivere, dall’oppressione delle istituzioni. Ne ”Il treno ha fischiato” Belluca dice

di essere arrivato in Siberia e nelle foreste del Congo; la sua pazzia è

testimonianza del bisogno di liberazione della maschera che indossa. Belluca

realmente vorrebbe rifugiarsi negli spazi della natura per sfuggire la pena di

vivere così. In “Ciaula scopre la luna” il protagonista si apre alla natura e al suo

contatto si sente rigenerare, prova un senso di refrigerio ed intravede in essa la

dolcezza di un conforto, di un riscatto dalla condizione di vita bestiale, a cui è

costretto dalla sorte. Qui inoltre si intravede l’angoscia alienante dell’uomo,

che, a volte, spezzato l’involucro della “forma” intravede una realtà più

profonda, fuori e dentro di lui: l’assoluto, il tutto, a cui segretamente e

incessantemente anela. Infine in questa novella si evidenzia la concezione lirica

della natura e del paesaggio che ebbe Pirandello. Per lui la natura è l’unico

punto fermo nell’universo, mutabilità della vita e degli esseri. Passano gli

uomini, si trasformano le cose, ma la natura è alterna con i suoi meravigliosi

spettacoli di bellezza, di potenza o di armonia. Nel suo grembo l’uomo prova

dolcezza e conforto come se essa fosse partecipe della sua pena.

LATINO

Quando si accinge a scrivere le Naturales Quaestiones, Lucio Anneo Seneca, è

l’universo

ormai vecchio e vicino alla morte. Egli dichiara di osservare con

stupore(obstupefactus).

ammirazione e Davanti alle bellezze naturali e ai

profondi misteri della natura egli prova un’estatica e commossa ammirazione

filosofo stoico,

e non perde occasione, da di riconoscere, in ogni cosa che

colpisce l’animo e la mente dell’uomo, la grandezza di Dio. La necessità di

comprendere i fenomeni naturali è, per Seneca , un mezzo per giungere alla

salvezza,alla perfezione che avvicina l’uomo all’onnipotente. La scientificità di

Seneca non può essere certo intesa in termini moderni, ma alcuni suoi

scienze naturali

atteggiamenti verso lo studio delle sono sicuramente ispirati

da una curiosità ed un interesse che possono definirsi, sotto certi aspetti,

scientifici. Per lui la scienza non è un capriccio senile. Da giovane aveva scritto

un volume sui terremoti, e sicuramente altri di cui sono pervenuti solo i titoli:

de situ Indiae; de situ et sacris Aegyptiorum; de lapidum natura de piscium

natura; de forma mundi. Nell’Epistola 90 a Lucilio, il filosofo romano esalta la

prontezza e l’ingegnosità della mente che permette all’uomo di penetrare i

misteri della natura. Egli, infatti, in contrasto con l’insegnamento dello stoico

sapientes

Posidonio (135-51 a.C.) che attribuiva ai la costruzione di strumenti

la vera sapienza guida le anime, non le mani: sapientia

di lavoro, sostiene che

altius sedet nec manus edocet: animorum

magistra est.. La filosofia e la scienza, per Seneca, coincidono poiché entrambe

hanno, come loro compito principale, quello di guidare l’uomo verso il suo

perfezionamento morale. Nelle Naturales Quaestiones è presente anche un

sperimentalismo,

certo ma si tratta però di un approccio deduttivo, non

induttivo. Esso, infatti, non ha lo scopo di individuare nuove leggi di natura, nel

senso che sarà poi di Galileo, ma piuttosto quello di confermare osservazioni

già fatte, verificare ipotesi già ampiamente formulate da altri.

scientificità

Concludendo, la di Seneca si può riconoscere nei seguenti tratti:

• Ricorso ad un’attenta osservazione dei fenomeni che si vogliono studiare e ad

una profonda riflessione critica.

• Discussione delle teorie presentate da altri, anche da coloro che sono

considerati autorevoli maestri. Ad esempio egli si pone in contrasto con le

congetture di altri filosofi, compreso Aristotele, che si ostinano a considerare le

comete come masse di gas che si accendono e

spengono all’improvviso, all’interno dell’atmosfera terrestre.

• La consapevolezza che nello studio dei fenomeni della natura l’errore è

possibile, e

sempre quindi la continua necessità di rivedere le conclusioni cui si

è giunti.

• La fiducia nel progresso della conoscenza. Ciò che non si conosce, in un dato

(“Molte cose

momento storico, sarà sicuramente conosciuto da chi verrà dopo

sapranno gli uomini del domani che noi ignoriamo, molte cose sono riservate

alle generazioni future quando di noi si sarà spento anche il ricordo. Piccola

cosa sarebbe l’universo se ogni età non trovasse in esso qualcosa da indagare.

).

Libro VII 30-5,30-33

• L’esaltazione della scienza disinteressata.

La stessa fiducia nelle capacità dell’uomo di conoscere ancora ciò che al

(13,1).…“A queste

momento sfugge,traspare sempre nel Libro VII

argomentazioni Artemidoro* oppone quanto segue: non sono solo cinque i

pianeti che attraversano il cielo, (Mercurio, Venere, Marte, Giove e

ma questi sono gli unici che siano stati osservati; anzi, innumerevoli

Saturno),

altri si muovono in modo occulto, a noi sconosciuto o per debolezza della loro

luce o per la posizione delle orbite…” Le Naturales Quaestiones rappresentano,

dunque, il tentativo di organizzare gli argomenti scientifici, noti per conoscenza

diretta o indiretta, in un più ampio quadro filosofico da cui emerga che quanto

vediamo non vediamo, sappiamo ignoriamo,

e quanto quanto o ma un giorno

sapremo,fa parte di un’armonica creazione divina in cui disordine e arbitrio

sono apparenti e spesso causati dall’uomo che ha sovvertito, o comunque

forzato la natura . L’uomo deve liberarsi delle false paure,rimediare ai mali da

lui stesso prodotti. Questo progetto può realizzarsi solo se egli riesce ad

elevarsi al disopra della dimensione terrena, conoscendo la natura di cui egli è

privilegiata,

parte (marcato antropocentrismo).

Le osservazioni di Seneca dimostrano le scarse conoscenze scientifiche

dell’epoca quando,ad esempio, discute sulle cause della rotondità dei chicchi di

grandine:…Può darsi inoltre che,sebbene la grandine non sia in origine tonda,

lo diventi mentre vien giù e che rotolando più volte

attraverso lo spazio intermedio formato da aria densa, si consumi in modo

uniforme e acquisti la forma di una sfera…( all’analogia,

IVb-3,5). Il ricorso nello

studio di certi fenomeni, può considerarsi un primo passo verso la ricerca

scientifica. D’altronde, l’autore latino resta fedele alla dottrina stoica, per la

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