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24/09/22, 15:05 Luigi Pirandello
Luigi Pirandello
LA VITA DI PIRANDELLO
Luigi Pirandello nasce il 28 giugno 1867 a Girgenti (ribattezzata Agrigento dai fascisti) da una famiglia
di agiata condizione borghese (il padre dirigeva alcune miniere di zolfo). Dopo il liceo si iscrisse alle
Università di Palermo, Roma e Bonn, dove si laureò. L’esperienza tedesca fu importante per lui perché
lo mise in contatto con gli autori romantici, che lo influenzarono sulle sue opere e sulla sua teoria
dell’umorismo. Dal 1892, grazie ad un assegno del padre, si trasferì a Roma, dove si dedicò
interamente alla letteratura; in seguito sposò Maria Antonietta Portulano e divenne docente di ruolo.
Nel 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto, compresa la dote
della nuora, provocò il dissesto economico della famiglia. La notizia del disastro provocò nella
moglie, il cui equilibrio psichico era già fragile, una profonda crisi sfociata nella follia. La convivenza
con la moglie, ossessionata da una patologica gelosia, fu per Pirandello un tormento continuo, e può
essere visto come la nascita della sua concezione di "trappola" della famiglia. Il dissesto economico
portò quindi il poeta alla declassazione, da agiato borghese a piccolo borghese. Dal 1910 Pirandello
ebbe contatti con il teatro, a cui poi si dedicherà completamente, ottenendo grandi successi in Italia e
nelle tourneè in giro per il mondo con le sue compagnie. Erano gli anni della I guerra mondiale, a cui Pirandello aveva inizialmente
visto con occhi patriottici, ma dovette ben presto ricredersi perché il figlio fu subito catturato dagli Austriaci, ed ogni tentativo di
liberazione fu vano. Questo avvenimento distrusse la moglie del poeta, che fu ricoverata in una clinica, dove più avanti morì. Subito
dopo il delitto Matteotti, Pirandello si era iscritto al partito fascista, per ottenere appoggi dal regime, ma la sua adesione ebbe
caratteri ambigui, e quando si rese conto della sola apparenza di esso, se ne distaccò, anche se senza mai alcuna forma di rottura.
Nel 1934 gli venne conferito il Nobel per la letteratura, e due anni dopo morì.
CARATTERI FONDAMENTALI DEL PENSIERO DELL'AUTORE
Per quanto riguarda invece i concetti fondamentali del suo pensiero, c’è da dire che…. …che alla base della visione del mondo di
Pirandello vi è una concezione vitalistica della vita, ovvero la realtà viene vista come un continuo fluire, un continuo movimento,
simile ad un magma. Chi vi si stacca e assume "forma" si irrigidisce, fino quasi a morire. Noi non siamo altro che parte di questo
fluire, ma tendiamo a staccarcene per costruirci una personalità, che vorremmo coerente e continua…ma ciò è solo un’illusione,
perché anche gli altri ci fissano, a loro volta, in "forme" sempre diverse, e quindi noi crediamo di essere "uno", ma in realtà siamo
tanti individui diversi a seconda di chi ci guarda. Sotto queste "maschere" che ci impone il contesto sociale, c’è un fluire indefinito,in
continua trasformazione. Pirandello era convinto che nell’uomo coesistessero più persone, ignote a lui stesso, che possono
emergere all’improvviso: da qui nasce la frammentazione dell’ "io", dell’identità personale. Questa crisi è ricollegabile al capitalismo,
alla grande industria, che annulla l’iniziativa individuale e rilega l’uomo ad un ingranaggio della macchina. La presa di coscienza di
questa inconsistenza dell’io genera nei personaggi pirandelliani smarrimento e dolore; avvertire di non essere "nessuno" provoca
orrore e solitudine, e le "forme" in cui viviamo vengono sentite come trappole da cui l’individuo cerca invano di liberarsi. L’istituto
in cui per eccellenza si manifesta la trappola è la famiglia, che imprigiona l’uomo separandolo dalla vera vita; l’ambiente familiare è
,infatti, logorato da odi e rancori. L’altra trappola è quella economica, a livello piccolo borghese: gli eroi di Pirandello sono tutti
imprigionati in lavori monotoni e frustranti; il poeta non vede la possibilità di società diverse e non cerca cause storiche: per lui
l’unica via d’uscita è la fuga nell’irrazionale. Il rifiuto della vita sociale dà luogo, nelle sue opere, alla figura del "forestiero della
vita", ovvero colui che ha capito il gioco e si isola, si esclude, guardando vivere gli altri e rifiutando di assumere la sua "parte",
osservando umoristicamente gli uomini "intrappolati". E’ questa la filosofia del lontano, che consiste nel contemplare la realtà da
un’infinita distanza, per riuscire a cogliere meglio l’assurdità e la mancanza di senso. Caratteristico della visione pirandelliana è
anche il relativismo conoscitivo, secondo il quale ognuno di noi ha la propria verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere
le cose. Ne nasce, quindi, una totale incomunicabilità tra gli uomini, che accresce il senso di solitudine dell’individuo. La
concezione dell’umorismo: secondo Pirandello nell’opera d’arte la riflessione resta invisibile, è forma del sentimento. Nell’opera
umoristica, invece, la riflessione non si nasconde, anzi si pone davanti al sentimento come giudice, lo analizza e lo scompone. Qui
nasce il “sentimento del contrario”, che caratterizza l’umorismo di Pirandello. Facendo un esempio:se vedo una vecchia signora
con i capelli tinti e tutta imbellettata, avverto che è il contrario di ciò che una signora dovrebbe essere. Questo “ avvertimento del
contrario” rappresenta il comico; ma se interviene la riflessione e ci suggerisce il motivo di quel comportamento, allora
percepiremmo il lato tragico, passando così al “sentimento del contrario”. La riflessione nell’arte umoristica ci permette, quindi, di
vedere la realtà nei suoi molteplici aspetti: tragico e comico vanno sempre insieme.
PIRANDELLO E LA POETICA
L’ideologia di Pirandello è caratterizzata dalla convinzione che l’uomo non percepisce la realtà così com’è ma solo come appare ai
nostri occhi. Secondo Pirandello non esisto non valori morali certi: l’idea del dovere, del bene ecc... Sono soltanto semplici
credenze che lo scrittore poi chiamerà “forme”. Uno dei temi fondamentali è costituito dal contrasto vita forma, una sorta di
maschera imposta all’individuo dalla società. L’identità umana è bloccata dal giudizio sociale fissata in un’etichetta. Pirandello si
convince che la personalità dell’uomo non è una ma molteplice, i suoi personaggi infatti si sdoppiano sono allo stesso tempo “uno,
nessuno, centomila”. L’autore si presenta come uno scrittore umorista, l’umorismo per Pirandello consiste nel “sentimento del
contrario” contrapponendolo al comico, che non è che il semplice avvertimento del contrario. Un punto fondamentale nella poetica
dell’umorismo sta nel ruolo della riflessione, da quest’ultima si attiva il sentimento del contrario. Egli stesso parla in uno scritto
intitolato “L’umorismo” dicendo che l’umorismo non solo ci fa vedere tutti i contrasti del mondo, ma ci fa vedere pure l’aspetto
tragico, non solo per ridere come fa il comico. Pirandello paragona il suo umorismo e sorriso amaro alla lumaca che gettata nel
fuoco produce un rumore che somiglia a una risata invece sta per morire. La letteratura umorista non ha paura del disordine, ma
rifiuta di seguire le regole perché ha bisogno del più libero e spensierato movimento della lingua; per tale motivo Pirandello
utilizzerà il dialetto.
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24/09/22, 15:05 Luigi Pirandello
LA CRISI DEL POSITIVISMO
La fiducia nel progresso guidata dalla ragione scientifica, entrò in crisi nella seconda metà dell’800. Le ragioni sono molteplici. La
grave crisi economica che colpì i paesi con l’economia industriale più avanzata incrinò la fiducia in un progresso storico, lineare e
inarrestabile, poiché dimostrava che lo sviluppo materiale poteva arrestarsi e in alcuni casi addirittura retrocedere.
TRA PESSIMISMO E OTTIMISMO
All’interno della concessione positivistica convivevano posizioni ottimistiche e posizioni pessimistiche. Il Positivismo fu attaccato
da nuove concezioni: la ragione umana appare limitata, incapace di dar conto delle complessità del reale e dell’interiorità
dell’individuo. Negli ultimi decenni del Novecento la società borghese europea conosce una profonda crisi in cui vengono meno gli
ideali , l’individuo più cosciente non si riconosceva più, cresceva in lui il senso di alienazione. Gli artisti e gli intellettuali
abbandonano il ruolo di guida della società e la rifiutano. Il termine decadente fu usato in Francia intorno al 1880 in senso
dispregiativo per designare gli atteggiamenti eccentrici e anticonformisti dei simbolisti. Il decadentismo rappresenta l’arte di un
periodo di trasformazione della società. L’elemento dominante della letteratura decadente consiste nel considerare l’uomo per ciò
che è realmente da ogni legame con la società nella quale non si riconosce e non si realizza. L’artista si sente diverso dal mondo
che lo circonda, affermando idee, gusti e valori opposti a quelli dominanti. E’ un atteggiamento di ricerca dell’evasione verso realtà
diverse e lontane. HOME
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24/09/22, 15:06 LA SECONDA GUERRA MONDIALE
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1939: continua l’aggressione
col trattato di Versailles le potenze vincitrici avevano commesso anche il grave errore di “spezzare” la Germania
mediante il corridoio polacco, che si incuneava nel suo territorio giungendo fino al mare. E il 1° settembre 1939 Hitler
fece invadere la Polonia, che, si era rifiutata di cedergli il famoso corridoio,due giorni dopo (3 settembre 1939) Gran
Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania. Questo fu l’atto che diede inizio alla II Guerra Mondiale, che
avrebbe sconvolto il mondo per 6 anni (1939-1945) coinvolgendo ben 61 nazioni. I Polacchi, innanzitutto, opposero
un’accanita resistenza all’aggressione tedesca, e la Francia e l’Inghilterra si schierarono subito al loro fianco.
Mussolini, d’accordo col dittatore nazista, dichiarò la non-belligeranza italiana: il nostro paese,cioè, per il momento
non entrava in guerra, ma neppure si dichiarava neutrale. La prima vittima fu la Polonia, aggredita ad ovest dai
Tedeschi e a est dai Sovietici, che rivaleggiarono in ferocia: mentre i panzer (= carri armati) di Hitler facevano
letteralmente a pezzi la cavalleria polacca; la Polonia venne divisa tra i due aggressori. L’Unione Sovietica, quindi,
occupò Estonia, Lettonia e Lituania che da allora hanno fatto parte dell’U.R.S.S.;
1940: la “pugnalata” alla Francia
Nel frattempo la Francia si era limitata a tenere d’occhio le truppe tedesche e a completare le fortificazioni che correvano lungo tutto il confine tra Francia e Germania. Il
10 maggio 1940 Hitler effettuò una mossa d'astuzia e così le truppe tedesche travolsero l’esercito francese. Di fronte alle fulminee vittorie tedesche, Mussolini decise
l’intervento, e così il 10 giugno 1940 l’Italia si schierò a fianco della Germania e le truppe italiane attaccarono la Francia, già messa in ginocchio dall’esercitò tedesco.
La”battaglia d’Inghilterra”
Con la sconfitta della Francia Hitler aveva portato a termine la prima parte del suo progetto: il “Grande Reich” era una realtà, il secolare nemico era umiliato e la scon-
fitta del 1918 vendicata. Restava da realizzare il secondo obiettivo: aggredire l’Unione Sovietica infrangendo il Patto Molotov-Von Ribbentrop. Per riuscire il Fuhrer
riteneva necessario trattare la pace con la Gran Bretagna, la sola potenza europea rimasta temibile e ostile, dopo la sconfitta della Francia. Il gruppo dirigente inglese