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Sintesi
LATINO E GRECO
IL TEATRO: forma letteraria di maggior impatto empatico
- MENANDRO: la vita privata sul palcoscenico
- SENECA: la produzione tragica, un messaggio al potere

FILOSOFIA
SCHOPENHAUER: l’empatia alla base del comportamento morale

LETTERATURA ITALIANA
UMBERTO SABA : Il borgo-Immedesimarsi nell’altro per comprendere se stessi

STORIA
[“LA CIVILTA’ DELL’EMPATIA : corsa verso la coscienza globale nel mondo in crisi”(Jeremy Rifkin)]

- LA GLOBALIZZAZIONE: il mondo a portata di mano

FISICA
LA RISONANZA MAGNETICA
-IL CAMPO MAGNETICO: fenomeni magnetici fondamentali

GEOGRAFIA ASTRONOMICA
IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE

INGLESE
WUTHERING HEIGHTS BY EMILY BRONTË
-THE MYSTIC LOVE AND THE EMPATHY WITH LANDSCAPE
Estratto del documento

Ci sono voluti molti anni prima che i ricercatori italiani comprendessero il significato di ciò

che avevano scoperto.

Nel 1996 il gruppo di ricerca di Rizzolatti pubblicò i risultati delle prime ricerche,

provocando un vero e proprio terremoto nel mondo accademico. I ricercatori battezzarono la

specchio”.

loro scoperta “neuroni Da allora, scienziati di tutto il mondo hanno ampliato le

ricerche di Rizzolatti , individuando neuroni specchio anche in altri primati. I neuroni

specchio consentono all’uomo e anche ad alti animali di “mettersi nei panni degli altri” e

sperimentare pensieri e comportamenti altrui “come se” fossero propri. Le pubblicazioni

scientifiche a carattere divulgativo hanno iniziato a riferirsi ai neuroni specchio come ai

“i neuroni

“neuroni dell’empatia”. Secondo Rizzolatti, ciò che è più sorprendente è che

specchio ci permettono di entrare nella mente degli altri non per un ragionamento

concettuale, ma attraverso una simulazione diretta: attraverso la sensazione con il

pensiero”.

La scoperta dei neuroni specchio ha costretto biologi, filosofi, linguisti, psicologi e molti altri

a rimettere in discussione la dicotomia cartesiana mente-corpo, che isolava la ragione dalle

sensazioni corporee, dai sentimenti, dalle emozioni, rendendola una forza autonoma,

incorporea.

Uno dei massimi ricercatori nel campo dei neuroni specchio, Marco Iacobini, neuroscienziato

della University of California di Los Angeles, ne spiega l’importanza per l’immedesimazione

e la lettura della mente altrui:

“Se mi vedi soffrire, in disagio emotivo per aver sbagliato un rigore, i neuroni specchio

del tuo cervello simulano lo stesso disagio. Automaticamente, provi empatia per me: sai

come mi sento perché avverti letteralmente ciò che sto provando io.”

noi siamo programmati per

La conclusione a cui Iacobini e altri scienziati sono giunti è che

l’empatia: fa parte della nostra natura e ci rende esseri profondamente sociali.

La crescente quantità di studi empirici sul ruolo che i neuroni specchio giocano nello

sviluppo empatico è impressionante e sta contribuendo a riscrivere la storia dello sviluppo

umano.

Tali scoperte stanno riprendendo l’annosa questione del rapporto tra biologia e cultura e

innescando un acceso dibattito nel campo delle scienze naturali e sociali. Per lungo tempo si

è dato per scontato che biologia e cultura agiscano su binari differenti. La scoperta dei

neuroni specchio, oltre ad abbattere il caposaldo del dualismo cartesiano, ci permette di

ipotizzare che la frattura fra biologia e cultura sia parimenti erronea. I neuroni specchio

offrono un solido fondamento biologico all’evoluzione della cultura. Ora sappiamo che i

neuroni specchio assorbono direttamente la cultura, attraverso l’insegnamento che ogni

generazione impartisce a quella successiva attraverso la condivisione sociale, l’imitazione e

l’osservazione. - 5 -

IL TEATRO: FORMA LETTERARIA DI MAGGIOR

IMPATTO EMPATICO

tempo fa Peter Brook ha dichiarato in un’intervista che con la scoperta dei neuroni

“Qualche

specchio le neuroscienze avevano cominciato a capire quello che il teatro sapeva da sempre. Per il

grande drammaturgo e regista britannico il lavoro dell’attore sarebbe vano se egli non potesse

condividere, al di là di ogni barriera linguistica o culturale, i suoni e i movimenti del proprio corpo

con gli spettatori, rendendoli parte di un evento che loro stessi debbono contribuire a creare. Su

questa immediata condivisione il teatro avrebbe costruito la propria realtà e la propria

giustificazione, ed è a essa che i neuroni specchio, con la loro capacità di attivarsi sia quando si

compie un’azione in prima persona sia quando la si osserva compiere da altri, verrebbero a dare base

biologica.”

[ Rizzolatti G. e Sinigaglia C., "So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio" (Raffaello Cortina

Tratto da:

Editore, 2006)] A teatro, Honorè Daumier

- 6 -

Il teatro così diventa forma letteraria di comunicazione immediata tra gli uomini. Attori e

pubblico entrano, durante l’azione teatrale, in una fase di immedesimazione ed

identificazione che permette all’attore l’imitazione del “carattere” e allo spettatore il

riconoscimento dello stesso e l’acquisizione di una più matura consapevolezza di sé.

Questo spiega anche le origini così antiche del teatro, che pur essendo una forma artistica

complessa e articolata, era già presente nelle culture di numerose popolazioni primitive ed

in forma organizzata e strutturata nell’ antica Grecia. E’ senza dubbio riferibile al mondo

ellenico l’origine del teatro occidentale; di derivazione greca oltre alla parola “dialogo” lo

sono anche le parole “dramma”, “coro” e “tragedia”. Quest’ultima, che poi fu anche il

genere più usato dai drammaturgi greci, sembra, alla luce di quanto detto finora, aver avuto

pathos.

la sua fortuna proprio nel carattere di trasmissibilità, comunicazione e Il tempo in cui

hinc et nunc,

aveva vita la tragedia era un cioè un presente assoluto, direttamente vivibile

dagli spettatori, che si sentivano interamente coinvolti, pur preservando la consapevolezza

che quella fosse una realtà altra da sé. Il pubblico, dunque, si vedeva rispecchiato nei suoi

attori e ne seguiva attentamente ogni singola azione, ma gli attori stessi eseguivano un’

imitazione della realtà, possiamo dire, dunque, che attori ed osservatori compivano

contemporaneamente una mimesi, che oggi pensiamo come disciplinata in modo veloce ed

efficace dai neuroni specchio. Ma non solo: lo sforzo di entrambe le parti di imitare viene

eseguito innanzitutto e principalmente per comprendere a fondo quello che si sta imitando.

ORIGINE DELLA TRAGEDIA E FORMAZIONE DEL CITTADINO

ATTRAVERSO L’AZIONE SCENICA NELL’ATENE DEL VI SECOLO

Sotto la tirannide di Pisistrato vengono istituite le prime rappresentazioni teatrali, durante

una festività dedicata a Dionisio. Autore di tale novità sarebbe stato Tespi, affiancando per

primo al coro un altro personaggio che dialoga con il corifeo, base dell’azione tragica. La

politica culturale dei Pisistratidi realizza in tal modo un controllo dei contenuti della

tradizione epica aristocratica adeguandoli a una realtà in trasformazione. : il racconto si fa

Le rappresentazioni teatrali si ispirano al repertorio epico tradizionale

grazie al dialogo dei personaggi in scena, che pone gli spettatori direttamente di fronte a

passione e sofferenza, con il supporto delle riflessioni del coro che interviene nelle

vicende

. In tal modo i vecchi contenuti interpretano nuovi fermenti sociali, conferendo al

mito una nuova funzione: favorire la riflessione su questioni centrali per la formazione del

cittadino. La rappresentazione scenica annulla la distanza tra le vicende epiche e i cittadini,

per i quali il teatro costituisce un’occasione di dibattito che li tiene al passo con una

situazione politica in trasformazione. La contiguità concettuale tra i fatti rappresentati e le

questioni dibattute, peraltro, è garantita proprio dalla distanza mitica delle vicende che

costituisce la mediazione tra lo spettatore e l’attualità; le modalità della rappresentazione,

inoltre, costituiscono la mediazione tra lo spettatore e la divinità che viene celebrata,

Dionisio. Il dramma satiresco, rappresentato a fine giornata in coda a tre tragedie, ribalta i

- 7 -

contenuti gravi e solenni della vicenda mitica, grazie ai personaggi del seguito di Dionisio,

pronti a sollecitare gli aspetti della fisicità e dell’istinto.

Dalla prima metà del V secolo a.C. si aggiunge alla tragedia uno spettacolo di contenuti e

toni decisamente diversi: la commedia, che trae personaggi e vicende dal mondo quotidiano

polis,

della trattandoli con gli strumenti della comicità e della satira. Laddove la tragedia

svolge il compito di formare il cittadino ai grandi temi della vita dell’uomo e al rapporto con

la divinità, la commedia svolge quello, altrettanto importante, di discutere atteggiamenti del

singolo e della comunità attraverso il riso, in una struttura mista di recitazione e canto.

σατυρικ ν

ò

Poco si sa sulle origini del teatro tragico, che risalirebbe a forme quali il e il ditirambo,

legate in vario modo al culto di Dionisio e sviluppatesi nel quadro di performance agonali. Neppure

gli antichi, in primo luogo Aristotele, nè avevano chiara consapevolezza nè tanto meno riuscivano a

ricostruire la relazione iniziale tra il ditirambo, la tragedia e il dramma satiresco. Lo stesso vale per la

commedia, che sarebbe nata da antichi riti propiziatori della fertilità tipici di tutte le società agricole, e

in particolare, in ambiente dorico, da rappresentazioni farsesche tratte dal mondo quotidiano nonché

dal costume di mettere in versi l’attacco personale, tipico della poesia giambica. Gli studiosi moderni

hanno sviluppato teorie diverse, con il ricorso ai metodi della filologia ma anche di altre discipline,

prime tra tutte l’antropologia.

Molto rimane in ombra dello spettacolo antico per la perdita dell’allestimento scenico, della

performance degli attori e per l’assenza di didascalie. La storia così ricostruibile si infittisce

di nomi e date solo in alcuni periodi (quello delle opere pervenute e quelli relativi alle

informazioni di provenienza epigrafica, dal 472 a.C. al 388 a.C.). Un’epigrafe – i Fasti –

documenta la ripresa di una tragedia antica nel 386 a.C. e, dunque, la nascita di un teatro

non più legato all’attualità politica ma ai gusti del pubblico. Da questo momento le opere

teatrali si svincolano dall’attualità della polis per acquisire lo statuto di opere letterarie.

- 8 -

LA PRODUZIONE TRAGICA DI SENECA: UN MESSAGGIO AL POTERE

Un posto particolare occupano nella produzione di Seneca le tragedie.

Non è agevole definire il nesso che le lega con le altre opere e trarre un quadro unitario della

figura dell’autore. Le nove tragedie di Seneca sono: Herculesoetaeus, Hercules furens,

Phoenissae, Troades, Oedipus, Medea, Phaedra, Agamemnon e Thyestes. La tradizione

praetexta,

manoscritta attribuisce a Seneca anche una tragedia l’Octavia, che ha per soggetto

l’infelice vicenda della prima moglie di Nerone ripudiata e poi uccisa dall’imperatore; fra i

personaggi figura lo stesso Seneca. Essa non può essere di Seneca, perché contiene delle

predizioni esatte sul modo della morte di Nerone, e deve essere opera di qualche esponente

dei circoli dell’opposizione stoica, che la scrisse poco dopo la morte del filosofo e

dell’imperatore.

Il problema della data di composizione delle tragedie è assai discusso, ma si può presumere

che esse siano state scritte a partire dagli anni dell’educazione di Nerone fino al momento

del ritiro a vita privata. Forse Seneca volle compiacere al gusto di Nerone per la poesia,

scrivendo per lui delle tragedie, genere letterario allora assai trattato: sappiamo di molti altri

personaggi dell’epoca, maestri di filosofia e rettori, oratori, eruditi e uomini politici, che

composero tragedie. Le tragedie di Seneca hanno pure un intendo pedagogico nei confronti

del giovane principe; uno dei temi che in esse più frequentemente ricorre è la

contrapposizione del tiranno al buon sovrano, di chi governa con l’arbitrio e col terrore a chi

De clementia

usa la clemenza e riesce a farsi amare dai sudditi: gli stessi concetti espressi nel

si trovano nelle tragedie più volte ripetuti.

Le tragedie di Seneca, come in genere avviene nell’età imperiale, non sono destinate alla

rappresentazione in pubblico teatro, ma alla lettura nelle sale di recitazione; di qui deriva il

loro tono costantemente declamatorio, e soprattutto la deficienza di azione scenica: non si

hanno veri sviluppi drammatici, e la tensione appare precostituita, si basa più sugli effetti

teatrali che sul dipanarsi degli effetti; anche i personaggi sono statici, mancano di una

convincente evoluzione psicologica. A ciò si aggiungano l’abbondanza di riflessioni e di

digressioni erudite, le tirate e i dibattiti retorici, la minuta insistenza della descrizioni, tutti

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