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Estratto del documento

Là ci chiedevano parole di canto

Coloro che ci avevano deportato,

canzoni di gioia, i nostri oppressori:

“Cantateci i canti di Sion!”.

Come cantare i canti del Signore

In terra straniera?

Se ti dimentico, Gerusalemme,

si paralizzi la mia destra;

mi si attacchi la lingua al palato,

se lascio cadere il tuo ricordo,

se non metto Gerusalemme

al di sopra dio ogni mia gioia.

Ricordati, Signore, dei figli di Edom,

che nel giorno di Gerusalemme

Salmo 136 – Canto dell’esule. dicevano: “Distruggete, distruggete

anche le sue fondamenta”.

Sui fiumi di Babilonia, Figlia di Babilonia devastatrice,

là sedevano piangendo beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.

al ricordo di Sion. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli

Ai salici di quella terra E li sbatterà contro la pietra.

Appendemmo le nostre cetre.

Commento: La poesia, scritta da Quasimodo durante la Seconda Guerra Mondiale, è

stata pubblicata nel ’46 nella raccolta “Giorno dopo giorno”. L’autore non prese parte

direttamente al conflitto, come fece Ungaretti nella Prima Guerra Mondiale, ma dal suo

punto di osservazione si rese conto di come, ancora una volta, la violenza avesse vinto sui

valori dell’umanità e della poesia.

La poesia si apre con una lunga domanda, accorata e angosciosa, sul significato della

poesia in un mondo sconvolto e distrutto dalla guerra, oppresso e soffocato (v.2). La

risposta (peraltro già implicita nella prima parte, concitata e folta di immagini

raccapriccianti, che si distendono da un verso all'altro) suona negativamente negli ultimi

tre versi, in cui il silenzio del poeta traduce lo strazio dell'uomo e la protesta contro le

atrocità commesse. A differenza della fase precedente, in cui la poesia mirava a cogliere

l'essenza delle cose o si proponeva come esperienza puramente individuale, Quasimodo

utilizza qui la prima persona plurale ("noi", ripreso al v.9 dalle "nostre cetre"), a conferma di

una nuova direzione dell'esercizio poetico, che riscopre i valori della solidarietà

collettiva e si apre verso la storia.

Dell'ispirazione ermetica resta il gusto per l'analogia, che si fa tesa e vibrante. Ma il

discorso si sviluppa in forme più comunicative, insieme drammatiche e composte nel loro

misurato rigore, attraverso la chiara scansione degli endecasillabi. Un sentimento di

commozione religiosa pervade questi versi, che nascono non a caso da una memoria

biblica. Ma il dolore è impotente e la poesia non può offrire, "per voto", che il silenzio

nell'immagine delle cetre che oscillano alle fronde dei salici, un albero che rappresenta il

pianto e il dolore. Il poeta, infatti, conclude facendo riferimento ad un passo della Bibbia,

dove viene descritta la sofferenza degli Ebrei prigionieri di Babilonia.

Ed e' subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

La lirica originariamente costituiva la strofa finale di un testo più ampio dal titolo

"Solitudini", poi ridotto a questi tre versi, risultato della ricerca ermetica del poeta.

La lirica è una riflessione fulminea sulla condizione esistenziale dell'uomo. La solitudine, la

pena del vivere, la brevità dell'esistenza sono i temi espressi in tre versi incisivi, secondo

un modello di essenzialità e di ambiguità semantica, tipici della corrente ermetica. I nuclei

tematici sono: solitudine, pena del vivere, morte.

Solitudine. Nel primo verso acquista un particolare rilievo il sintagma "nel cuor della

terra", che contrappone alla grandezza della terra la limitatezza e lo smarrimento di uomo

che, pur vivendo al centro delle cose, si sente tragicamente solo, incapace di comunicare

con i suoi simili.

Pena del vivere. Nel secondo verso l'immagine del cuore di ogni individuo "trafitto da un

raggio di sole" evoca analogicamente la dimensione della vita umana oscillante tra l'attesa

della felicità (il raggio di sole) e il sentimento del dolore (trafitto): il raggio di sole non

illumina l'uomo ma lo trafigge, poiché la speranza di appagamento lascia presto il posto

alla delusione.

Morte. La brevità del terzo verso, rispetto ai due precedenti, accentua la drammaticità

della conclusione: le illusioni crollano in fretta al sopraggiungere della sera, metafora della

morte. Il Nazismo

Verso la fine della prima guerra mondiale,

in Germania si determinò una drammatica

situazione. La popolazione era stremata

dalle continue privazioni e dalla

prospettiva ormai certa di una sconfitta.

Il più forte partito tedesco, il Partito

Socialdemocratico (SPD) chiedeva la

pace e la fine dell’assolutismo

monarchico.

La situazione precipitò alla fine di ottobre

del 1918: la rivolta esplose in molte città

tedesche. L’imperatore fuggì in Olanda e il 9 Novembre 1918 venne proclamata la

repubblica. La proclamazione della Repubblica però non era sufficiente secondo i

comunisti della Lega di Spartaco. Essi volevano una rivoluzione come quella russa.

Nel gennaio 1919 tentarono effettivamente di guidare un’insurrezione, ma questo tentativo

fu represso dall’esercito.

La repubblica tedesca intanto trasferì la sua capitale a Weimar, una piccola cittadina più

tranquilla di Berlino. Nacque così la Repubblica di Weimar che si diede una nuova

Costituzione democratica. La Germania divenne una repubblica parlamentare e federale.

Infatti fu divisa in 17 Länder (regioni) parzialmente autonomi. I socialdemocratici vinsero le

elezioni del 1919 e un loro rappresentante, Friederich Ebert, venne eletto presidente della

nuova repubblica.

La Germania venne considerata nei trattati di pace come unica responsabile della guerra.

Fu sottoposta perciò a condizioni punitive e costretta a pagare ai vincitori un enorme

risarcimento. Le dure condizioni di pace unite ai debiti che la guerra aveva provocato,

gettarono la Germania nel baratro di una crisi economica gravissima e favorirono la

propaganda dei nazionalisti. L’inflazione fece salire alle stelle i prezzi dei beni più comuni. I

piccoli risparmiatore furono rovinati.

In questo clima di crisi molti, anche tra i moderati, aderirono ai partiti della destra

nazionalista. Questi partiti fecero crescere nei tedeschi la voglia di una rivincita, soprattutto

contro la Francia. Secondo i nazionalisti e i conservatori, la sconfitta non era dipesa dalla

forza militare delle potenze dell’Intesa. Era dipesa dal tradimento dei comunisti e dei

pacifisti che avevano sabotato la guerra all’interno della Germania. In particolare, i

comunisti venivano accusati di essersi venduti all’Unione Sovietica e di aver reso inutile

l’eroismo dei soldati al fronte, fiaccando la resistenza del popolo tedesco e provocando il

crollo dell’Impero.

Approfittando del clima di tensione, la destra nazionalista tentò ripetutamente di prendere

il potere (1920 e 1923). Ma in entrambi i casi la giovane repubblica riuscì a sopravvivere.

Il consenso ai partiti dell’estrema destra, però, continuava a crescere. Nel 1925, dopo la

morte di Ebert, fu eletto presidente della repubblica il vecchio maresciallo Hindenburg, che

era stato uno dei comandanti dell’esercito tedesco durante la guerra ed era notoriamente

un sostenitore della monarchia.

A partire dal 1924, la Germania ottenne consistenti prestiti dagli Stati Uniti. L’economia

tedesca si riprese piuttosto velocemente e in breve tempo la produzione superò il livello di

prima della guerra. Ciò favorì una distensione nelle relazioni internazionali e nel 1926 la

Germania entrò nella Società delle Nazioni. Ma il grande crollo del 1929 colpì a morte la

Repubblica di Weimar. I prestiti americani cessarono. La produzione diminuì del 50%. La

disoccupazione crebbe enormemente: dai 650.000 disoccupati del 1928 si passò ai 4

milioni e mezzo del 1931. Migliaia di piccole industrie fallirono. I piccoli proprietari furono

rovinati dall’inflazione che ricominciò a crescere.

Sia l’estrema sinistra che l’estrema destra si rafforzarono. Entrambe volevano la fine della

repubblica:

 la prima per realizzare la rivoluzione socialista;

 la seconda per imporre uno Stato dittatoriale che avrebbe dovuto garantire l’ordine e

risollevare la Germania.

Durante le elezioni del 1930, persero i partiti democratici. Si rafforzarono i comunisti e

soprattutto i nazisti di Hitler che passarono dal 2,5 al 18,3% dei voti, conquistando 107

seggi.

Il programma dei nazisti fu ispirato fin dall’inizio

da una ideologia nazionalista, antidemocratica

e razzista. Hitler pensava che nulla dovesse

rompere l’unità assoluta del popolo. Questa

unità si realizza nello Stato e nella persona del

Führer, che in tedesco significa “capo

supremo”. Per questo motivo Hitler

disprezzava la democrazia e il metodo

parlamentare: secondo lui, il rispetto delle

libertà individuali non è importante; ciò che

conta è l’interesse della nazione, che

comprende quello degli individui. Ancora più dura era la condanna del comunismo. La lotta

di classe corrompeva il popolo e spezzava l’unità della nazione. Ma il punto centrale

dell’ideologia nazista era l’idea che la razza ariana fosse superiore a tutte le altre.

Il compito della razza ariana, e dei Tedeschi in particolare, era quello di sottomettere le

razze “inferiori”, formate da “sottouomini”. In questo modo gli ariani avrebbero edificato

una comunità superiore, “purificata” da ogni elemento esterno. In particolare, gli Slavi

andavano ridotti in schiavitù, mentre gli Ebrei dovevano essere eliminati.

Erano gli Ebrei, infatti, i veri nemici della Germania:

 gli Ebrei avevano indebolito la resistenza del popolo tedesco durante la guerra; molti

dei capi comunisti e lo stesso Marx, infatti , erano Ebrei;

 gli Ebrei, strangolavano la Germania con le condizioni economiche imposte a

Versailles: la finanza internazionale non era infatti nelle mani degli Ebrei?

Il Trattato di Versailles,che aveva umiliato la Germania, era da

rivedere. Successivamente una politica di riarmo e di espansione

territoriale doveva portare la Germania a dominare sull’Europa.

Per realizzare questo programma doveva nascere un nuovo

Reich, cioè un nuovo impero: uno Stato guidato da un solo uomo,

che educasse le masse alla disciplina e alla lotta. Per diffondere il

vero spirito ariano venne costruito un grande apparato

propagandistico. Il cinema, la radio, la stampa, l’arte dovevano

essere usati per educare il popolo tedesco al suo compito. A

occuparsi della propaganda Josef Göbbels. Fu lui il regista delle

grandi adunate e delle grandi manifestazioni di massa che

caratterizzarono il nazismo.

La crisi della Repubblica di Weimar precipitò nel 1932. I disoccupati erano diventati 6

milioni. Il Paese era sull’orlo della guerra civile: le squadre d’azione dei nazisti si

scontravano in continuazione con i comunisti. Il Parlamento non riusciva a esprimere un

Governo in grado di guidare il Paese. Nell’arco di pochi mesi si svolsero ben tre

elezioni(marzo, luglio, novembre 1932). Durante questo terribile 1932 gli industriali, gli

agrari e l’esercito decise definitivamente di appoggiare i nazisti. Pensavano che Hitler

fosse l’unico in grado di salvare il Paese, imponendo un Governo forte e conservatore.

Nelle elezioni di novembre i nazisti ottennero il 37,4% dei voti. Divennero così il più forte

partito tedesco. Nulla ormai poteva fermare l’ascesa di Hitler.

Il 30 gennaio 1933 il presidente

Hindenburg affidò a Hitler il compito

di formare il nuovo Governo, gli

diede cioè la carica di Cancelliere

(primo ministro). Nel 1934,

Hindenburg morì e Hitler divenne

anche capo dello Stato. Egli ora era

il Führer, il padrone di un Paese su

cui poteva esercitare poteri illimitati.

La Repubblica di Weimar era finita.

Appena giunto al potere, Hitler

aggredì tutte le forze di opposizione.

Decine di giornali vennero chiusi

con l’accusa di causare disordini. Le squadre d’azione naziste ebbero mano libera e si

scatenarono contro i partiti di sinistra. Il 27 febbraio 1933 un incendio distrusse il

Parlamento di Berlino, il Reichstag.

Ancora oggi non si sa chi avesse appiccato il fuoco,

forse gli stessi nazisti. In ogni caso Hitler seppe

sfruttare abilmente l’occasione. Accusò dell’incendio i

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