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Sintesi
Estratto del documento

L'insieme delle istituzioni politico-culturali viene definito da Marx "sovrastruttura"

(Uberbau - uber=sopra bau=costruzione). Il termine sta ad indicare che secondo il

materialismo storico le istituzioni non vanno intese come delle realtà a se stanti, ma

come espressione dei rapporti che definiscono la struttura di una società.

Secondo Marx la struttura economica determina le istituzioni, cioè la struttura

determina le sovrastrutture.

Oltre a rappresentare una chiave di lettura della staticità della società, le forze

produttive e i rapporti di produzione rappresentano

anche lo strumento per interpretarne la sua

dinamicità, ossia come legge stessa della storia.

A un determinato grado di sviluppo delle forze di

produzione, secondo Marx, tendono a corrispondere

determinati rapporti di produzione. Questi ultimi si

mantengono fino a quando favoriscono le forze di

produzione e vengono distrutti quando diventano

ostacoli. La rivoluzione coincide con uno stato di

scontro tra forze produttive e rapporti di produzione

e tra la classi che le rappresentano.

"Con il cambiamento della base economica si

sconvolge più o meno rapidamente tutta la

gigantesca sovrastruttura".

1.6Il “Manifesto del Partito Comunista”

Il "Manifesto del Partito Comunista" (1848) rappresenta una "summa" della concezione

marxista del mondo.

I punti salienti sono:

- analisi della funzione storica della borghesia;

- storia intesa come "lotta di classe" e rapporto proletari-comunisti;

- critica dei falsi socialismi (non scientifici).

La borghesia è una classe che non può esistere, secondo Marx, senza rivoluzionare

continuamente gli strumenti di produzione e tutto l'insieme dei rapporti sociali. Per

questo essa viene intesa come una classe dinamica. Il problema è che la borghesia,

con la sua carica rivoluzionaria, ha evocato forze così gigantesche che poi non ha

saputo domare. Infatti le moderne forze produttive si levano contro i vecchi rapporti di

proprietà, generando delle crisi terribili che mettono in forse l'esistenza stessa del

capitalismo. 8 | Pagina

Intendere la storia come lotta di classe è uno dei concetti più significativi del

Manifesto.

"La storia di ogni società esistita fino ad oggi è la storia delle lotte di classe. Liberi e

schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, maestri capi delle arti ed artigiani

addetti alla compagnia, in una parola, oppressi ed oppressori, furono continuamente in

contrasto e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni

volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria della società o con la comune

rovina di tutte le classi."

In conformità alle sue analisi del capitalismo come fenomeno mondiale, insiste

sull'internazionalismo della lotta proletaria. conclude infatti così il manifesto: "Proletari

di tutti i Paesi, unitevi!".

L'ultima sezione del Manifesto è quella riguardante la critica ai falsi socialismi. Marx

raggruppa la letteratura socialista entro tre tendenze di fondo: il socialismo

reazionario, il socialismo conservatore e il socialismo utopistico.

Il socialismo reazionario attacca la borghesia secondo parametri conservatori,

proponendosi di "far girare all'indietro la ruota della storia".

Il socialismo conservatore è incarnato da quelli che vorrebbero risolvere i problemi

connessi al capitalismo senza distruggere il capitalismo stesso.

Il socialismo utopistico è costituito dai socialismi (come Saint-Simon, Owen, ...) che

hanno preceduto Marx. Hanno avuto il merito di scorgere l'antagonismo tra le classi,

ma hanno lo svantaggio di aver soltanto cercato delle società ideali.

Ad essi Marx contrappone il proprio socialismo scientifico, fondato su un'analisi critico-

scientifica dei meccanismi del capitalismo e sull0individuazione del proletariato come

classe destinata ad abbattere il sistema borghese.

1.7 Il “Capitale”

Il "Capitale" si propone di mettere in luce i meccanismi della società borghese.

Rappresenta il capolavoro di Marx. Il sottotitolo "Critica dell'economia politica" sta ad

indicare che Marx si pone in discontinuità con l'economia classica.

Marx è convinto che non esistano leggi generali che regolano l'economia, ma che ogni

formazione sociale abbia caratteri e leggi specifiche. Pensa che la società borghese

abbia in se stessa le contraddizioni che ne minano la stabilità. E' persuaso che

l'economia debba far uso della dialettica, studiando il capitalismo come una serie di

elementi strettamente connessi fra loro. Inoltre studia il capitalismo "puro", senza cioè

gli elementi secondari, al fine di metterne in luce le caratteristiche strutturali per poi

formulare alcune "previsioni".

Il "Capitale" non è comunque un trattato di economia, ma è un'analisi complessiva

sulla società. 9 | Pagina

La caratteristica del capitalismo è la produzione di merci. Così Marx comincia la sua

analisi proprio con lo studio delle merci.

Per prima cosa chiarisce il fatto che una merce ha un valore d'uso e un valore di

scambio.

Il primo chiarisce l'utilità della merce, il secondo ne deve garantire la vendibilità.

Per stabilire il valore di scambio Marx si basa sulla definizione dell'economia classica, e

cioè lo fa corrispondere alla quantità di lavoro necessaria a produrre quella data

merce. Tuttavia, secondo Marx, il valore non si identifica col prezzo, in quanto su

quest'ultimo influiscono altri fattori, come per esempio l'abbondanza. Marx è convinto

comunque che in condizioni normali la somma dei prezzi delle merci corrisponda alla

somma del lavoro contenuto in esse.

La caratteristica del capitalismo è il fatto che in esso la produzione non p finalizzata al

consumo, ma all'accumulazione di denaro. Di conseguenza il ciclo capitalistico non è

quello semplice delle società pre-borghesi Merce-Denaro-Merce (MDM) ovvero la

merce viene trasformata in denaro e il denaro nuovamente in merce, ma è Denaro-

Merce-piùDenaro (D-M-D') in quanto in questo sistema c'è il capitalista che investe

denaro per ottenerne di più.

Marx si chiede dunque come sia possibile che una merce che vale X gli produca un

guadagno X+Y. Da dove viene Y? L'origine di questo Y che Marx chiama plus-valore e

deriva dal lavoro dell'operaio, in quanto ha la capacità di produrre più di quanto gli

viene corrisposto col salario. Il plus lavoro è quindi il lavoro in più che l'operaio offre

gratuitamente al capitalista. Dal plus-valore il capitalista ne ricava il profitto. Plus-

valore e profitto tuttavia non coincidono totalmente, in quanto il profitto viene a

diminuire perché tra le spese del capitalista, oltre al capitale variabile (i salari) incide

anche il capitali costante (impiegato per l'acquisto delle macchine).

Il saggio del plus-valore è il rapporto espresso in percentuale fra plus-valore e capitale

variabile e manifesta il grado di sfruttamento della forza lavoro.

Il saggio del profitto scaturisce invece dal rapporto (espresso sempre in percentuale)

fra il plus valore e la somma di capitale variabile e costante. Si intuisce ora perché

quest'ultimo risulta sempre inferiore a quello precedente.

L'aumento di produttività conseguito grazie all'uso delle macchine genera conflittualità

operaia, ma anche crisi cicliche di sovrapproduzione. Nel capitalismo si entra in crisi

perché, paradossalmente, vi è troppa merce in circolazione. Il motivo è l'anarchia della

produzione che domina il sistema capitalistico. Effetto della crisi è la distruzione dei

beni e l'aumento della disoccupazione.

La necessità capitalistica di un continuo rinnovamento tecnologico genera un altro

inconveniente: la caduta tendenziale del saggio di profitto, la legge secondo la quale

aumentando il capitale costante rispetto al capitale variabile diminuisce il saggio di

profitto.

La situazione finale del capitalismo viene espressa in termini dialettici: da un lato i

capitalisti, dall'altro i salariati, che tendono a denunciare il limite massimo cui è

10 | P a g i n a

arrivata la contraddizione massima del capitalismo ovvero il contrasto tra le forze

produttive e il carattere privatistico de rapporti di produzione.

"Suona l'ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono

espropriati".

1.8 La “Rivoluzione” e la “Dittatura del Proletariato”

Il proletariato è da Marx investito di una missione storico-universale: sarà proprio

questa classe a originare la rivoluzione comunista impadronendosi prima del potere

politico e quindi dei mezzi di produzione attraverso l'abolizione della proprietà privata.

La rivoluzione prevede anche la scomparsa della distinzione in classi e la realizzazione

di una società di liberi produttori né sfruttatori, né sfruttati.

La rivoluzione deve quindi mirare come primo traguardo, all'abbattimento dello Stato

borghese visto come sovrastruttura di una società dominata dagli interessi di classe

della borghesia.

La dittatura del proletariato si configura come misura politica fondamentale per la

transizione alla futura società comunista, è dunque la fase intermedia tra lo stato

borghese e quello comunista. E' il momento in cui il proletariato impone la propria

egemonia sulla classe borghese al fine di abbatterne lo stato e di attuare il progetto

comunista. 11 | P a g i n a

2. Storia: la Rivoluzione Russa

2.1 Russia: dal conflitto alla rivoluzione

Nel settembre 1915 e nell'aprile 1916 si tennero a Zimmerwald e Kienthal (Svizzera)

due conferenze socialiste internazionali, partecipate da esponenti dei partiti socialisti

sia di paesi neutrali alla guerra (svizzeri, olandesi e scandinavi) sia da quelli che

avevano manifestato sin dal principio la loro contrarietà al conflitto. I lavori si

conclusero con l'approvazione di una serie di documenti nei quali veniva rinnovata la

condanna della guerra e si chiedeva una pace "senza annessioni e senza indennità".

Intanto, a causa del protrarsi del conflitto, i gruppi contrari alla guerra vedevano

aumentare progressivamente iscritti. Ma all'interno di questi movimenti vi erano

profonde spaccature tra la sinistra "riformista" che proponeva una pace negoziata ed

un ritorno alla democrazia, e i "disfattisti rivoluzionari" che volevano approfittare della

situazione per stravolgere i sistemi democratici. Tra questi ultimi ricordiamo gli

"spartachisti" tedeschi e i "bolscevichi" russi costituitisi nel 1912 come partito

autonomo dalla socialdemocrazia.

Leader dei bolscevichi russi era Lenin, il quale già durante la conferenza di

Zimmerwald aveva sostenuto la tesi secondo la quale il movimento operaio avrebbe

dovuto profittare della guerra per affrettare il crollo dei regimi capitalistici.

Le tesi leniniste trovarono il consenso da parte dei gruppi più radicali ed estremisti, ed

ecco che si ripresentò la spaccatura tra riformisti e rivoluzionari.

Il 15 Marzo lo Zar abdicò a seguito di una serie di scioperi e manifestazioni contro il

regime zarista. In seguito al crollo del regime zarista molti reparti rifiutarono di

riconoscere l'autorità degli ufficiali e dei superiori ed elessero organi di autogestione.

Da quel momento in avanti l'aiuto che la Russia diede al conflitto fu minimo e

irrilevante per l'Intesa che si trovava, tra l'altro, a combattere anche contro gli

americani.

Nella notte fra il 6 e 7 novembre (24-25 ottobre secondo il calendario russo) 1917

un'insurrezione guidata dai bolscevichi rovesciava il governo provvisorio. Il potere fu

assunto da un "governo rivoluzionario" presieduto da Lenin, che decise

immediatamente di porre fine alla guerra, firmando una pace "senza annessioni e

senza indennità". Ma le condizioni imposte alla Russia dalla Pace di Brest Litovsk

furono durissime, in quanto la Russia perse circa un quarto dei propri territori europei.

Nonostante ciò, Lenin dimostrò al mondo intero che la trasformazione della guerra in

rivoluzione era attuabile, seppur ad un prezzo altissimo. 12 | P a g i n a

2.2 La Rivoluzione di Febbraio

Già prima dello scoppio del conflitto in molti pensavano che il governo zarista non

avrebbe retto ancora a lungo. Ma nessuno si sarebbe mai immaginato che agli zar

sarebbe seguito l’evento rivoluzionario della storia dopo la rivoluzione francese.

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