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Il tempo nella storia, tra
letteratura, filosofia e scienza
Prima parte
Il tempo come memoria
Seconda parte
Rewind Esci
tempo ciclico e tempo lineare:
tra era precristiana e modernità
parte prima il tempo nella filosofia dell’Ottocento:
la nascita dello Storicismo
il tempo Nietzsche e l’eterno ritorno:
nella storia, la fine dell’uomo metafisico
tra Seneca e il problema del tempo
letteratura, Leopardi e Ungaretti:
cantori della fragilità umana
filosofia e La rivoluzione scientifica:
scienza il tempo oggettivo e il concetto di limite
La misura del tempo
Tempo ciclico e tempo lineare
-Tra antichità ed era moderna-
"Quale la stirpe delle foglie, tale quella degli uomini.
Le foglie, alcune il vento sparge a terra, altre il bosco
rigoglioso produce, quando sopraggiunge la stagione di primavera.
Così le generazioni degli uomini: una nasce, l'altra scompare“
Iliade
Omero, VI, vv.146-149
"Nessun uomo può bagnarsi nello stesso fiume
per due volte, perché né l'uomo
né le acque del fiume sono gli stessi"
Eraclito/Cratilo
"Il tempo è immagine mobile dell'eternità"
Timeo
Platone,
"Omnia fert aetas" / "Il tempo porta via ogni cosa"
Bucoliche,
Virgilio, Eglogla IX
"Tutto, dall'eternità, è della medesima specie e ciclicamente ritorna, e non fa alcuna differenza se si vedranno le stesse cose nello spazio di cento o
di duecento anni o nell'infinità del tempo; [...] sia chi vive moltissimi anni sia chi dopo brevissimo tempo è già morto subiscono una perdita uguale. È
solo il presente, infatti, ciò di cui si può essere privati, poiché è anche l'unica cosa che si possiede,
e uno non perde quello che non ha.
[...]Tra non molto non sarai nessuno, in nessun luogo, né sarà alcuna delle cose che ora vedi, né alcuno di coloro che vivono ora. È nella natura di
tutte le cose, infatti, trasformarsi, mutare e perire, perché, senza soluzione di continuità, ne nascano altre."
A se stesso
Marco Aurelio,
"Non domandarti – non è giusto saperlo – a me, a te
quale sorte abbian dato gli dèi, e non chiederlo agli astri,
o Leuconoe; al meglio sopporta quel che sarà:
se molti inverni Giove ancor ti conceda
o ultimo questo che contro gli scogli fiacca le onde
del mare Tirreno. Sii saggia, mesci il vino
– breve è la vita – rinuncia a speranze lontane. Parliamo
cogli l'attimo
e fugge il tempo geloso: , non pensare a domani."
Carmina
Orazio,
La prima trattazione sistematica del 'tempo' risale a circa 2400 anni fa, quando un
greco poco loquace, dal parlare criptico e oracolare (tanto che di lui si parlerà come
"E anche nel caso che quella progenie di uomini futuri "l'oscuro") formula una teoria destinata a costituire uno dei capisaldi del pensiero
desideri tramandare, di generazione in generazione, gli occidentale: il panta rei eracliteo, la tesi dell'eterno fluire nasce come opposizione a
elogi di ciascuno di noi dopo averli appresi dai padri, una radicata visione filosofica che vuole l'Essere quale essenza stabile, immobile,
tuttavia [...] non siamo in grado di conseguire una gloria ingenerata. Negando una teoria alla quale si rifarà lo stesso Platone nella definizione
non dico eterna, ma neppure duratura. Cosa importa, del suo Iperuranio sovrasensibile (sebbene il pensatore ateniese si guarderà bene dal
dunque, che discuta sul tuo conto chi nascerà dopo di catalogare come 'non-essere', alla maniera parmenidea, gli enti mondani), Eraclito
te, se riguardo a te non parlava la gente nata prima?" riscontra il senso dell'Essere nel Divenire: la realtà, soggetta di per se stessa a continua
Somnium Scipionis
Cicerone, e necessaria trasformazione, E' in quanto mutazione incessante nel tempo.
Adottando a simbolo del divenire eterno il fuoco, che nella propria caotica
"E intanto fugge metamorfosi conserva una caratterizzazione substantialis, il filosofo di Efeso individua
questo reo tempo, e van con lui le torme la chiave interpretativa del mondo nella teoria degli opposti, secondo la quale ogni cosa
delle cure onde meco egli si strugge" è se stessa in quanto costantemente in lotta con il suo opposto. La portata di tale
Alla sera
Ugo Foscolo, pensiero è evidente nella manifesta paternità eraclitea della base del pensiero
hegeliano: la dialettica.
Nell’idealismo del filosofo tedesco la temporalità diviene costituzione stessa del
reale, nonché garante del suo assetto razionale; facendo proprie, infatti, le teorie di
Eraclito (tanto da affermare "nessuna delle proposizioni di Eraclito non ha trovato
posto nella mia filosofia") Hegel definisce la struttura triadica della storia, della realtà
e del pensiero umano: tesi (momento intellettivo astratto), antitesi (razionale negativo
o dialettico) e sintesi (momento razionale positivo o speculativo ), nel loro succedersi
continuo, estrinsecazioni sequenziali della razionalità necessariamente insita nel reale,
con il quale essa, in ultima analisi, coincide, costituiscono l'essenza non soltanto
dell'iter storico umano, in quanto ogni epoca è negazione e superamento della
precedente, in un cammino di infinita perfettizzazione dello Spirito, ma dell'Essere
nella sua totalità: la sussistenza di un ente in quanto se stesso è possibile nella
negazione dialettica del suo opposto. Il pensiero stesso è soggetto a tale struttura
tripartita: l'intelletto genera concetti isolati, colti nella propria unilateralità (il Bene
distinto dal Male, la Vita dalla Morte e cosi via: è la TESI, l'in sè), mentre la ragione
provvede a relazionare ognuno di essi con la propria negazione (ANTITESI, il per sè),
fino a considerare il concetto nella sua totalità (SINTESI, in sè per sè).
"[...] Ricordati che il Tempo è un giocatore avido Nonostante l'indubbia grandezza del pensiero hegeliano, è necessario evidenziare
che vince senza barare, a ogni colpo. come esso raccolga e fondi, in un unicum certamente rivoluzionario, elementi
È la legge. filosofico-culturali già codificati da secoli: da una parte la concezione mitica di
Decresce il giorno, la notte avanza. rinascita, rinnovamento (evidente nel continuo rinnovarsi dello Spirito) che costituisce
Ricordati! un pilastro del pensiero orientale, tradizionalmente connubiato al mondo naturale,
L'abisso ha sempre sete, la clessidra si svuota." tanto che nelle società primitive indiane e cinesi l'osservazione del movimento ciclico
L'orologio I fiori del mare
C.Baudelaire, (da ) degli astri aveva favorito la definizione di un tempo circolare, idealmente
rappresentato, appunto, da una ruota in moto; dall'altra la codificazione razionale di
ciò nel pensiero occidentale: la civiltà greca, con Platone e Aristotele, sublima tale
visione in campo filosofico.
La circolarità del movimento temporale è dunque pienamente giustificabile
nell'ottica di un'osservazione naturalistica del mondo antico, ma ad un'analisi più
approfondita risulta evidente come una simile concezione sia l'unica a poter
sussistere in un mondo immanentista quale la civiltà precristiana: sebbene la
filosofia platonica costituisca una 'verticalizzazione' ante litteram della realtà,
rappresentando un campo fertile per l'attecchimento del pensiero cristiano, la
relegazione del senso dell'Essere alla dimensione mondana non consente la
proiezione ultra-terrena dell'esperienza umana; fino al Cristianesimo il tempo è
circolare in quanto la sua linearizzazione presupporrebbe un inizio, una
Creazione, concetto totalmente estraneo all'uomo antico, per il quale il mondo trae
origine da un Caos ingenerato, e un fine, uno scopo fuori-da-sè, la cui
individuazione risulta impossibile nell'ambito del pensiero immanente, privo
dell'idea di un Dio vivificatore e pòrto dell'esistenza.
Ne consegue l'assenza di una concezione di immortalità in senso cristiano: se
per Dante l'esistenza umana ha valore sub specie eternitatis, ovvero in rapporto
all'eternità che attende l'uomo dopo la morte, risulta chiaro come, nella radicata
religiosità dell'immaginario medievale, l'immortalità coincida con la gloria
ultraterrena (o con la sua negazione). Per un poeta precristiano quale Orazio, al
contrario, cantore di una vita che ritrova in se stessa il proprio quia, l'intima
ragione d'essere, (come risulta per l'intera civiltà antica) l'unica speranza di
sopravvivenza è la memoria, che in ambito artistico si traduce nella funzione
eternatrice della poesia:
"Ho eretto un monumento più duraturo del bronzo [...]
Non morirò del tutto, la mia opera
sopravvivrà alla Morte: continuamente rinascerò
nella gloria dei posteri“
Il frammento, tratto dai Carmina, evidenzia la sublimazione artistica della
volontà di sfuggire alla morte, un desiderio irrazionale, atemporale, che
nell'antichità è allievato soltanto dal pensiero di una sopravvivenza "nella gloria
dei posteri".
E' Foscolo, l'artista neoclassico e passionale, il materialista che cerca conforto nell'illusione di una vita dopo la morte, ad accogliere nella
contraddittorietà della propria arte sempre in bilico tra la sicurezza dell'immanentismo di stampo illuminista e la disperazione "esistenzialista"
del pessimismo romantico, la lezione oraziana: "E me che i tempi ed il desio d'onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi dei sepolcri, e quando
il tempo con le sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplee fan lieti
di lor canto i deserti, e l'armonia
vince di mille secoli il silenzio"
dai Sepolcri
L'epicità dei toni, una costante dei Sepolcri foscoliani, non nasconde,
ma, anzi, accentua quel senso di tragicità dovuto alla provvisorietà
dell'esistenza ("qual fia ristoro a' dì perduti un sasso / che distingua le
mie dalle infinite / ossa che in terra e in mar semina morte?). Tuttavia, è
nella parola poetica, nell'"armonia" che "vince[...]il silenzio", che tale
angoscia si placa: la speranza di una gloria postuma è l'unico baluardo
da opporre alla fuga inesorabile del tempo.
Foscolo, d'altronde, tende costantemente a sottolineare la propria
grecità; in cerca di una legittimazione come erede della cultura antica,
trasferisce nella letteratura italiana il tema dell'immortalità donata dalla
poesia.
Nonostante la rivoluzione apportata dal Cristianesimo nell'antico modo di concepire il 'tempo', lo schema ciclico è destinato a
sopravvivere in diversi ambiti: nel XVI secolo Machiavelli asserisce che la fissità della natura umana, sempre uguale a sé,
comporta il ripetersi incessante di eventi e azioni, sottoponibili, dunque, ad uno studio scientifico, metodico e previsionista, al pari
di ogni fenomeno naturale.
E' dall'analisi disincantata e acuta del Principe che emerge la solida base naturalistica dell'ideologia dell'autore: lo Stato è
descritto similmente ad un organismo biologico, soggetto a cicli continui di nascita, sviluppo e morte.
Ad ogni modo, l'adozione del sistema 'circolare' si carica in Machiavelli di un tono marcatamente pessimista: nello sviluppo
storico non c'è possibilità di perfezionamento, il fieri ciclico non presuppone alcun progresso umano.
A modificare sostanzialmente tale posizione provvederà, un secolo dopo, il napoletano Vico, la cui teoria, nonostante la
medesima adozione del meccanismo 'ciclico', contrasta nettamente con la posizione di Machiavelli nei toni ottimistici e a tratti
provvidenzialistici che la caratterizzano. Per il filosofo e giurista, fiero sostenitore dell' "Historia se repetit", la storia umana è un
continuo avvicendarsi di corsi e ricorsi, nei quali, sebbene si succedano diverse condizioni e situazioni contingenti, la natura
dell'uomo, neutra, non è soggetta a mutazioni. Secondo Vico ciò che si presenta di nuovo nel cammino storico è solo paragonabile
per analogia a quanto già manifestatosi: ad epoche di civiltà, ed esempio, possono seguire epoche di "ritornata barbarie", e ad
epoche nelle quali è più forte il senso di una determinata categoria, succedono altre nelle quali si sviluppa maggiormente un altro
aspetto della vita. Stato
Pelizza da Volpedo, “Il Quarto ”
Il tempo nella filosofia dell'Ottocento
la nascita dello storicismo