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Esiste un grande eppur quotidiano mistero.

Tutti gli uomini ne partecipano ma pochissimi si fermano a

rifletterci.

Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene

e non se ne meravigliano affatto.

Questo mistero è il tempo.

Esistono calendari ed orologi per misurarlo,

misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo

che talvolta un'unica ora ci può sembrare un'eternità,

ed un'altra invece passa in un attimo...

Dipende da quel che viviamo in quell'ora.

Perché il tempo è vita.

E la vita dimora nel cuore...

“Momo”)

(Michael Ende - da

INDICE GENERALE

Introduzione...............................................................................................Pag.4

• Monsieur Proust alla ricerca del tempo perduto...........................Pag.23

• Bergson, le perle e la valanga..............................................................Pag.26

• <<Vola il caro tempo giovanil...>>...........................................................Pag.31

• Carpe diem, sed memoriam retine:<<Vita, si uti scias,

• longa est>>....................................................................................................Pag.40

Virginia Woolf and the “time of mind”................................................Pag.46

• Ingeborg Bachmann:<<Die Zeit ist prekär>>.......................................Pag.50

• Salvador Felipe Jacinto Dalí y Domènech e gli

• orologi molli...............................................................................................Pag.53

Tempo VS Uomo: una sfida millenaria...............................................Pag.57

• Una corsa al giorno...Leva gli acciacchi di torno!.........................Pag.64

• Introduzione

La fuga dal tempo ha turbato e affascinato l'uomo fin dai tempi più antichi, ispirando artisti di ogni

epoca e divenendo protagonista di opere divenute immortali.

Ma cos'è, in fondo, il tempo? Forse un crudele nemico che si accanisce sugli uomini, sottraendo loro

la giovinezza, la felicità, le speranze? Oppure una semplice invenzione artificiale, creata nel tentativo

di dare ordine ad una vita altrimenti caotica e inafferrabile? O, ancora, un amico fedele che dimora

nel cuore di ciascun individuo, accompagnandolo nel cammino dell'esistenza?

Difficile stabilirlo. Ciò che è certo è che il tempo scorre inesorabilmente, portando via con sé ogni

cosa: ciascun attimo, unico ed irripetibile, fugge via rapidamente, niente rimane mai identico a sé

stesso e i singoli momenti, tristi o felici, si susseguono in una corsa frenetica sotto lo sguardo

attonito ma impotente dell'uomo.

Quest'ultimo, rapito dal vortice del tempo, non ha nessun potere nei suoi confronti ed è costretto a

chinare il capo di fronte alla sua potenza, ad osservare la propria vita scorrere senza poter fare

nulla per fermarla, mentre i segni degli anni ormai trascorsi si fanno sempre più evidenti sul suo

corpo.

L'uomo, dunque, nell'impossibilità di bloccare il tempo, è costretto a cedergli il passo, a lasciare che

la propria vita scorra e che il proprio corpo avvizzisca sotto la sua minacciosa scure.

Tuttavia, esiste ancora un'efficace arma di cui l'uomo può servirsi: la memoria.

Quest'ultima, compagna del tempo, stabilizza e focalizza ciò che avviene negli attimi in cui la vita

scorre, rendo eterno ogni singolo istante che, sottratto alla corsa frenetica del tempo, si deposita

nelle profondità del cuore di ciascun individuo.

Emozioni, avvenimenti e sentimenti vengono infatti incastonati nella nostra mente, accompagnandoci

per tutta la vita e riaffiorando ora per nostra volontà, ora spontaneamente e improvvisamente.

Talvolta, infatti, è sufficiente sfogliare le pagine di un diario, assaggiare un dolce ancora caldo,

sentire il suono di un vecchio carillon o il dolce profumo di un fiore appena colto perché il ricordo

di esperienze passate riemerga dalle profondità della mente, stagliandosi vivido di fronte ai nostri

occhi, accompagnato dalle stesse intense emozioni provate in passato.

Ciò significa che il tempo, nel suo rapido scorrere, non distrugge ogni cosa: il passato, infatti,

dimora da sempre e per sempre nel nostro cuore e ci accompagnerà in eterno, tornando, quando

meno ce lo aspettiamo, a tenerci compagnia... 4

Che cos'è dunque il tempo?

Se nessuno me lo chiede, lo so;

se voglio spiegarlo a chi me lo

chiede,

non lo so più...

(Sant'Agostino)

1

2

3

Quanti secondi sono

passati

nell’arco della nostra

vita?

Tanti.

Forse troppi.

Ma non ha alcuna

importanza.

Il tempo dimora

nel cuore di ognuno di noi.

Basta soltanto saperlo

cercare...

...rievocando il passato,

assaporando il presente

e sognando il futuro...

Come voi avete occhi per vedere la luce,

e orecchie per sentire i suoni,

così avete un cuore per percepire il tempo.

E tutto il tempo che il cuore non percepisce è

perduto,

come i colori dell'arcobaleno per un cieco

o il canto dell'usignolo per un sordo.

“Momo”)

(Michael Ende - da

Monsieur Proust

alla ricerca del tempo perduto

La vie

Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust naît à Paris en 1871. Son père est médecin et sa mère

appartient à la grande bourgeoisie israélite.

Le petit Marcel grandit dans une famille aisée et cultivée et dans un climat familier très chaleureux.

Touché par l’asthme à l’age de neuf ans, il connaît une enfance très protégée et développe une

sensibilité presque maladive. C’est tout naturellement que le jeune homme se tourne vers l’étude des

Lettres et découvre sa vocation littéraire. Le Banquet.

Il aime la littérature et avec ses amis il fonde une revue littéraire, Il écrit de nombreux

articles de littérature, d’art et de mœurs et il fréquente les bibliothèques, les musées et les salons.

Ces années seront la source inépuisable de son œuvre.

Les Plaisirs et les jours,

En 1896, il publie son premier livre, qui tombe dans la plus parfaite

indifférence. Jean Santeuil,

Puis, il commence un nouveau livre, qui mêle ses souvenirs d’enfance et des

Recherche.

observations sur la vie mondaine et qui est le prélude de la

Puis, la mort de son père (1903), suivie par celle de sa mère (1905), lui donnent l’impulsion nécessaire

pour commencer le grand œuvre qu’il sent germer en lui.

Recherche,

Donc, en 1908, il commence la mais puisque le premier volume est refusé par les éditeurs,

il décide de publier à compte d’auteur.

Du coté de chez Swann.

C’est ainsi que parait en 1913 Proust écrit toujours; la maladie, qui l’oblige à

se retrancher du monde, devient en quelque sorte sa «collaboratrice inspirée ». En 1919, c’est enfin la

A l’Ombre des jeunes filles en fleurs

reconnaissance: obtient le Prix Goncourt. Proust redouble ses

efforts. Au printemps 1922, il termine le seizième volume et appose le mot fin. Son projet est accompli

et il meurt en octobre 1922. À la recherche du temps perdu

Marcel Proust est un des écrivains les plus connus et significatifs en ce qui concerne la nouveauté

ème

introduite à propos de la conception du temps : en effet, à partir des premières années du XX

siècle, les romans racontaient une réalité qui n’était plus sûre et établie, mais irrationnelle. Donc les

événements racontés ne sont plus constitués par une trame ordonnée avec un début, un

développement et une conclusion, mais ils se succèdent l’un après l’autre selon un rythme casuel, lié

aux intuitions, aux souvenirs et aux émotions des personnages.

Le temps, comme toute la réalité qui nous entoure, perd sa certitude et détermination : en effet, il

n’est plus considéré une entité absolue, mais il commence à être vu à travers des points de référence

relatifs : ainsi, comme dans le champ de la physique le résultat sera la loi de la relativité de Einstein, 23

en littérature, surtout avec Proust, le temps sera intériorisé et il sera vécu par chaque individu en

relation à sa propre expérience et sensibilité.

Donc, Proust ne peut pas utiliser un ordre précis e chronologique des évènements, mais il doit

changer les plans temporaux et spatiaux et il doit raconter ses histoires en passant souvent du

passé au présent, d'un lieu à un autre, d'un épisode à un autre, selon leur ordre d'apparition à la

mémoire du narrateur. À la recherche

Cette révolution est très évidente dans l’œuvre la plus importante de Marcel Proust,

du temps perdu, ème

qui représente le modèle des techniques narratives du XX siècle utilisées aussi

par Virginia Woolf, James Joyce et Italo Svevo.

En effet, dans les œuvre de Proust, le temps de l’histoire n’est pas seulement chronologique mais

c’est un temps psychologique qui permet de reconstruire un monde intérieur. Ce temps est dilaté au

fil des pages et disséqué dans des moindres aspects, de façon que le narrateur arrive à nous faire

percevoir toutes les émotions qu’il a ressenti.

Selon Proust, le Temps abolit tout et change tout, en particulier le « moi » qui évolue sans cesse : les

plus grandes douleurs comme les plus grands bonheurs qui semblent inoubliables au moment où on

les vit se diluent dès que la cause qui les a provoqués disparaît (c’est ce que Proust appelle les

intermittences du cœur).

Toutefois, le passé ne meurt pas pour toujours : il reste caché dans les profondeurs de notre esprit

et une sensation actuelle (une vision, un odeur, un goût…) peut faire remonter à la surface de la

conscience les émotions d’autrefois.

Donc la mémoire involontaire, et pas la mémoire volontaire, qui est très limitée et peut évoquer

seulement des morceaux de passé (elle ne nous redonne pas les sensations et les sentiments qui

caractérisent un certain moment et le rendent unique), est le seul instrument de connaissance que

l’homme possède: seulement elle, stimulée par les objets extérieures, peut conduire à la lumière de la

conscience les expériences, les sensations et les émotions passées dont l’Ego de chaque individu

est constitué.

Pour retrouver dans leur vérité les émotions d’autrefois, il faut donc le secours de la mémoire

involontaire qui est déclenchée par les sensations contenues dans des objets qu’on rencontre par

hasard et qui permettent de revivre le passé. La petite

Proust explique cette théorie de la mémoire affective dans le célèbre passage de

madeleine Recherche,

: un jour, le protagoniste de la Marcel, rentre à la maison et sa mère lui offre

une tasse de thé avec des gâteaux courts et dodus appelés « petites madeleines ». En goûtant un

morceau de madeleine trempé dans le thé, Marcel est envahi par un sensation de bonheur extrême. Il

cherche donc à découvrir l’origine de ce plaisir délicieux à travers un travail d’analyse intérieure et

tout d’un coup il parvient à revoir le journées de son enfance passées à Combray, chez sa tante

Léonie qui lui offrait des petits morceaux de madeleine après les avoir trempés dans son infusion de

thé ou de tilleul.

L’expérience de la madeleine va être confirmée par d’autres, notamment par celle des pavés, qui sera

décisive: un matin Marcel se rend chez le prince de Guermantes et pour ne pas être écrasé par une

voiture, il bute contre des pavés mal équarris. En trébuchant sur ces pavés irréguliers, le narrateur

éprouve la même sensation de bonheur qu’il avait éprouvé en goûtant la madeleine. <<Un azur

profond>> enivre ses yeux, <<des impressions de fraîcheur, d’éblouissante lumière>> tournoient près

de lui et il sent de nouveau une vision <<éblouissante et indistincte>>. Puis, tout d’un coup, le souvenir

du moment de son passé où il se trouvait en équilibre sur des pavés irréguliers du baptistère de

Saint-Marc à Venise, remonte à la surface de sa conscience.

Grâce à cette expérience, Marcel comprend comment les sensations sont un moyen d’accès à la

mémoire: puisqu’il éprouve une sensation dans le moment actuel et dans un moment éloigné, il n’est

plus capable de distinguer entre le passé et le présent. Ces derniers deviennent la même chose et

forment une nouvelle dimension intérieure et extratemporelle, dans laquelle on peut vivre le sens des

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