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Il fascino del teatro…dialettale

Introduzione:

Di primo acchito, la scelta di un argomento così specifico per un elaborato pluridisciplinare

potrebbe sembrare azzardata. Tuttavia è ben noto che non potrebbe esistere la scienza senza

l’ambito umanistico, né tantomeno la matematica senza il pensiero. Inoltre questo lavoro è il

risultato non tanto di una selezione di temi didattici svolti nel corso di questo anno e relativi

alle diverse discipline del corso, ma piuttosto del desiderio di raccontare la storia di un

progetto, di una viva esperienza collettiva, durata circa un anno e mezzo, maturata e

realizzata all’interno dell’ istituto in cui ho frequentato il liceo. Mi riferisco alla nascita di una

doggio senso”

vera e propria compagnia teatrale filodrammatica, quella “Do (“Del doppio

senso”), della quale sono stato denominato il “fondatore”. La compagnia, favorita dalle

San Giuseppe

strutture scolastiche a disposizione, ovvero il privilegio di un teatro, il

Calasanzio, uno storico edificio del Ponente genovese, è stata voluta e creata interamente dai

ragazzi del liceo e si è proposta un progetto ambizioso: riproporre con i propri mezzi, certo

amatoriali e non professionali, il teatro dialettale, quello di Genova, uno dei più particolari

grazie all’indimenticabile interpretazione di Gilberto Govi.

doggio senso”,

Il battesimo con questo nome bizzarro, “Do non deve far pensare a malizie. Il

nostro intento era quello di proporci e dichiararci subito in controtendenza, una sorta di

vintage teatrale, volto a recuperare un’identità linguistica in estinzione: il dialetto genovese.

Così il primo passo è stato quello di riscoprire il lessico dialettale che ancora sopravvive nelle

contrade, in piazza, nelle botteghe di quartiere, apprenderne la pronuncia, individuare le

varianti; il secondo è stato quello di proporre dal vivo uno spettacolo dialettale, con

l’interpretazione di attori che è stata comunque straordinaria se pensiamo che, in alcuni casi,

hanno dovuto studiare il genovese, apprendere parole e pronunce di una lingua, ormai, quasi

straniera.

Ci siamo quindi misurati con una duplice realtà linguistica, ancora oggi presente nelle

generazioni della malinconica terza età, ma rara nei giovani. Da qui la scelta, appunto un

“doppio senso”.

Col passare del tempo il progetto, permettetemi di chiamarlo così, ha preso forma sempre più

concreta: abbiamo deciso di selezionare e valutare diversi testi teatrali in lingua,

ritrovandoci a leggere copioni di autori quali Niccolò Bacigalupo, Luigi Orengo, Emerico

Valentinetti e Ugo Palmerini, risalenti agli anni compresi tra fine Ottocento e inizi Novecento.

Dopo un’accurata analisi della sceneggiatura e dei personaggi si è scelto di allestire, nel teatro

pe maja’ ‘na figgia”,

della scuola, la commedia in tre atti di N. Bacigalupo “Manezzi ovvero, “I

maneggi per maritare una figliola”.

Il debutto, avvenuto il 22 e 23 dicembre 2008 nel suddetto teatro, ha portato grandi

soddisfazioni per tutti, nonostante molti di noi recitassero in pubblico per la prima volta e

l’entusiasmo si è tradotto nell’intenzione di portare lo spettacolo anche in altri teatri della

provincia. Su consiglio dei professori mi sono poi proposto di trattare tutto ciò che ha

riguardato l’attività descritta in questo lavoro, in modo da attribuire un ulteriore significato a

ciò che è stato svolto finora con grandi sacrifici.

Nella mappa concettuale d’inizio si può vedere come ho articolato la tesina pluridisciplinare:

Letteratura italiana,

a carattere introduttivo sono i contribuiti di volti a ricostruire, sia pur

sobriamente, il contesto storico-culturale in cui hanno vissuto e lavorato l’autore e l’interprete

della nostra commedia, Niccolò Bacigalupo e Gilberto Govi, con l’aggiunta di alcune

informazioni biografiche e artistiche. Particolare rilievo è dato anche alla trattazione sul

saggio critico di Pirandello, “L’umorismo”, fondamentale riferimento del genere comico

novecentesco.

Dal saggio di Pirandello ,“L’umorismo”, a quello di Henri Bergson, filosofo moderno, dedicato

a “Il riso”, “Saggio sul significato del comico”, risalente ai primi del ‘900, davvero

interessante rispetto allo sviluppo del genere teatrale deputato al divertimento.

Trattando di genovesi, è stato inevitabile riflettere su un antico luogo comune, vale a dire la

avaro,

comicità che può generare la figura dell’ il protagonista nella nostra commedia, ma

anche di tante altre che l’hanno preceduta, di cui alcune notissime e divenute veri e propri

Letteratura latina.

classici del genere. Da qui l’aggancio alla Infatti fu Plauto a tratteggiare

l’archetipo di questo tipo umano che così grande fortuna ha avuto nella produzione

successiva. Una serie di avari straordinariamente divertenti si è succeduta da Euclione fino ad

oggi, con caratteristiche che vanno a influenzare lo stesso personaggio goviano, risultato

quindi di una tradizione letteraria, oltre che della società e dell’ ambiente in cui si muove e di

cui è brillante stereotipo. Letteratura inglese: meta

Di carattere eminentemente strutturale il collegamento alla dal

teatro meta-teatro

del nostro spettacolo, a quello plautino, con un piccolo riferimento al di

sul teatro

Shakespeare; mi è sembrato quindi interessante e pertinente una riflessione

elisabettiano, la descrizione delle sue caratteristiche strutturali e il nuovo rapporto

instauratosi tra attore e spettatore, un passaggio significativo nella storia del genere.

Dalle antiche strutture teatrali si passa a una più attuale e moderna, ancora esistente, e

San Giuseppe Calasanzio,

luogo in cui si è svolto l’allestimento dello spettacolo, il Teatro

storico teatro di Cornigliano, risalente ai primi del Novecento. A fornire tutti gli accorgimenti

Storia dell’Arte e Disegno Tecnico.

sull’architettura è deputata la disciplina di

I preparativi della commedia non si sono limitati solamente a testi, costumi e scenografie;

alcuni di noi, infatti, con l’ausilio di persone competenti, si sono trovati coinvolti in un

sopralluogo tecnico della struttura teatrale per uno studio di luce e ottica. In considerazione

di questi studi, i responsabili del teatro hanno deciso l’acquisto di attrezzature all’avanguardia

per ottenere una migliore definizione del quadro scenico; si giustifica così il riferimento ad

Fisica.

alcuni argomenti inerenti appunto al programma di

Discutendo di luce ed ombra, il sole è stato sicuramente il primo soggetto sottoposto a

Geografia astronomica

questo tipo di studi. Con è fornito un quadro sulla sua stratigrafia ed

una sintesi dei fenomeni connessi alla sua attività. Lorenzo Bardi

Esperienze personali:

La compagnia teatrale amatoriale “DO DOGGIO SENSO”

UNA FILODRAMMATICA NATA PER SCHERZO…

T

utto cominciò nell’ Ottobre 2007, quando facendo una

visita ai miei nonni ritrovai per caso, nella loro videoteca,

una vecchia videocassetta contenente una commedia teatrale

in dialetto che amavo vedere da bambino, intitolata “I maneggi

per maritare una figliola” di cui l’autore era Niccolò

Bacigalupo. La commedia era interpretata dal grande Gilberto

Govi, uno dei primi attori che vidi e che mi fornirono un’idea

di ciò che poteva essere definito “teatro”, poiché quella sua piccola e grande personalità mi

affascinava per la sensazionale mimica e per il riuscir a far sorridere tutti con la messa in

scena di situazioni praticamente identiche alla vita domestica quotidiana, con trovate

esilaranti. Fu, per me, come tornare indietro nel tempo a quando avevo circa nove, dieci anni.

Da quel giorno cominciai a riflettere profondamente, a pensare

a quando da piccolo tentavo di scimmiottare le sue battute,

magari anche senza capirle, ma che avevano comunque per me

una morale comica e mi provocavano un gratificante senso di

piacere.

Poi, come un lampo a ciel sereno, mi colpì un’idea, la stessa per

cui ora sto continuando a scrivere e a portare avanti questa mia

tesi. Visti i tempi in cui viviamo, la globalizzazione che corre

giorno per giorno, il rischio di perdere l’originaria identità, un

po’ per la stessa paura che aveva Foscolo quando, nel carme

“Dei Sepolcri”, rivide il suo disinteresse nei confronti del funereo dibattito, preoccupato della

piatta uguaglianza delle tombe stabilita dall’editto napoleonico, mi sfidai nell’intento di

riportare, forse anche un minimo tra i giovani, a partire dagli amici e quelli che mi stavano più

vicino, qualche parola, qualche espressione genovese, una di quelle parlate ormai così rare,

che rischia di sparire a danno della nostra cultura, così come altri dialetti italiani.

Decisi perciò di dare inizio all’allestimento della suddetta commedia nel Novembre 2007,

all’età di diciassette anni: mi occupai personalmente di trovare gli attori, persone disposte ad

aiutarmi, tra amici e conoscenti, che potessero rispecchiare il più possibile i personaggi e i

loro modi di fare anche se nessuno, o meglio, pochi avevano già recitato in pubblico. Non fu

facile… Pazientemente scrissi i copioni, rivedendoli in parte, e chiesi alla direzione della

scuola, il permesso di utilizzare il teatro

dell’Istituto per provare e portare avanti quello che

definii un vero e proprio “progetto serio”, visto che

da un po’ di anni, il liceo non possedeva un suo

laboratorio teatrale. Ottenuta l’approvazione, la

strada era ancora in salita. Inevitabili inconve-

nieti, scoraggiamenti, discussioni con gli attori,

litigi (poiché non mancarono anche quelli, tanto da

arrivare al punto che qualcuno diede forfè) e

innumerevoli ore di prove, ritagliate dal tempo libero, la costruzione della scenografia, la

ricerca dei costumi… Il debutto ebbe luogo nel Teatro Calasanzio, poco più di

un anno dopo (22 e 23 Dicembre 2008). Sembrava

praticamente impossibile, ma le soddisfazioni per tutti

furono grandi, alla prima, come nelle repliche che

seguirono, poiché l’entusiasmo, dato in gran parte dai

complimenti che ricevemmo, ci portarono in altri teatri

della provincia che ci ospitarono: il teatro di Casella,

teatri parrocchiali e l’ultimo il Teatro Cargo di Voltri. Venni definito il “fondatore” di una vera

compagnia amatoriale e il nome, deciso insieme a tutti, fu “Del doppio senso” (“Do doggio

senso” appunto) che stava a significare da una parte il comune e amichevole modo di

scherzare dei ragazzi sulle battute, che potevano avere un doppio significato a scopo di

divertire, dall’altra l’impresa di porsi in una posizione contro corrente alla moda, alla

tendenza: se il mondo che va avanti porta all’universalità, noi come compagnia ci dedichiamo

al teatro dialettale, quello di Genova, uno

dei più significativi: il nostro logo diventò

perciò “la freccia a doppia direzione”.

Ricevemmo inoltre ispirazione sulle

interpretazioni, collaborammo ed ot-

tenemmo la possibilità di discutere del

progetto con la compagnia dialettale “In

sciou palcu” (“Sul Palco” diretta da

Maurizio Silvestri, di cui diventai ca-

rissimo amico) che proponeva e tutt’oggi

propone le sue rappresentazioni dialettali e rassegne dedicate al teatro di Govi al cinema-

teatro Verdi di Sestri Ponente, ma anche in Piemonte.

Il gruppo, arrivato ad allargarsi fino a

contare quattordici persone (dai 14 ai 20

Lorenzo

anni), si costituì di nove attori:

Bardi, Chiara Ferrari, Alice Filippelli, Andrea

Oliveri, Martina Ferrari, Cecilia Sola, Fabio

Vaccaro, Libero Proietto, Pietro Carli; un

David Lattarulo,

tecnico audio, un col-

Andrea Firpo,

laboratore di regia un tecnico

Serena Rebora,

luci un suggeritore Vittorio

Bignone e un cameraman per le registrazioni di

Andrea Gaggero.

spettacoli e prove generali

Si è pensato collettivamente di proseguire questa

esperienza in campo culturale, per cui la compagnia

si impegnerà in futuro ad allestire altri spettacoli,

probabilmente dialettali, per cercare di creare una

propria rassegna, anche con volti nuovi, per non

perdere quel particolare intento primario, impresso

dal “fondatore”: la sopravvivenza del teatro in

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