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La ripetizione del soggetto permette all’artista una continua rielaborazione. Con la pittura in
serie gli effetti di luce cambiavano continuamente e Monet decise di registrare la
successione dei mutamenti in una serie di tele per ogni effetto specifico. Pitturando una tela
fino a che l’effetto di luce cambiava, ottenne l’istantaneità. Otteneva quindi l’impressione di
un aspetto della natura. Studiava attentamente l’impatto della luce ai vari orari del giorno
sulla pietra della cattedrale. Il monumento era un tessuto di colori creato dalla luce radente
al mattino. L’inquadratura ravvicinata riduce l’immagine a una visione parziale. Monet
utilizzò una tecnica rapida di pennellare rapprese, di tocchi, di virgole; le ombre tese tramite
toni neutri, e sovrapposizione di colori puri. La stratificazione dei colori invece restituisce le
vibrazioni date dalla pietra scolpita. Le forme sono quindi definite dall’incidenza della luce.
In Monet si nota un grande interesse per la luce e il colore, si nota una rinnovata attenzione
al soggetto e al contenuto, in questo caso la cattedrale conferisce al dipinto un’intensità
mistica, la veduta diventa quindi anche il simbolo di una realtà interiore.
La strada del tempo in letteratura
Svevo “La Coscienza di Zeno”, Verga ”La Roba”
Svevo
In Svevo confluiscono filoni di pensiero contraddittori e
difficilmente conciliabili: da un lato il positivismo,; dall'altro il
pensiero negativo e antipositivista. Ma questi spunti
contraddittori sono in realtà assimilati da Svevo in un modo
originalmente coerente: lo scrittore triestino assume dai diversi
pensatori gli elementi critici e gli strumenti analitici e conoscitivi
piuttosto che l'ideologia complessiva. Così dal positivismo e da
Darwin, ma anche da Freud, Svevo riprende la propensione a
valersi di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto di
qualunque ottica di tipo metafisico, spiritualistico o idealistico,
nonché la tendenza a considerare il destino dell'umanità nella sua evoluzione complessiva. Il
Coscienza di Zeno
rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo della una difesa
dei diritti dei cosiddetti "ammalati" rispetto ai "sani". La nevrosi, per Svevo, è anche un
segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della
civiltà. L'ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio. La terapia lo
renderebbe sì più "normale", ma a prezzo di spegnere in lui le pulsioni vitali. Per questo
l'ultimo Svevo difende la propria "inettitudine" e la propria nevrosi, viste come forme di
resistenza all'alienazione circostante. Rispetto all'uomo efficiente ma del tutto integrato nei
meccanismi inautentici della società borghese, egli preferisce essere un "dilettante", un
"inetto", un "abbozzo" aperto a possibilità diverse. L'opera riassume l'esperienza umana di
Zeno, il quale racconta la propria vita in modo così ironicamente disincantato e distaccato
che l'esistenza gli appare tragica e insieme comica. L’opera è caratterizzata da
un'architettura particolare: il romanzo, nel senso tradizionale non c'è più; subentra il diario,
in cui la narrazione si svolge in prima persona e non presenta una gerarchia nei fatti narrati,
a ulteriore conferma della frantumazione dell'identità del personaggio narrante. Il
protagonista, infatti, non è più una figura a tutto tondo, un carattere, ma è una coscienza
che si costruisce attraverso il ricordo, ovvero di Zeno esiste solo ciò che egli intende
ricostruire attraverso la sua coscienza. Zeno scardina le categorie temporali, in quanto il
fatto, l’accaduto o l’atteggiamento psicologico non si presentano univoci, ma sfaccettati, con
una contaminazione di passato e presente, con una molteplicità di prospettive e valutazioni
che si intersecano e sono dovute alle progressive modificazioni che quel ricordo ha assunto
alla luce dei ripensamenti e delle esperienze successive. Abbiamo come conseguenza il
dissolversi del personaggio: il narratore tradizionale ce lo presenta dall’esterno,
nell’avvicendarsi della storia ma con un carattere ben definito, ora invece viene presentato
nel suo divenire, non assumendo quindi una forma definitiva in quanto l’insieme dei ricordi e
delle riflessioni successive non ne permettono la cristallizzazione. Cambia quindi anche il
piano di rappresentazione: da quello oggettivo del narratore creatore ed organizzatore della
vicenda, si passa al piano soggettivo del protagonista; l’autore, quale narratore di fatti
obiettivi, passa quasi completamente in secondo piano, tutto ciò che è detto è riflesso dalla
coscienza dei personaggi.
Breve sintesi del romanzo
II romanzo si apre con la Prefazione, lo psicanalista "dottor S." induce
il paziente Zeno Cosini, vecchio commerciante triestino, a scrivere
un'autobiografia come contributo al lavoro psicanalitico. Poiché il
paziente si è sottratto alle cure prima del previsto, il dottore per
vendicarsi pubblica il manoscritto. Nel preambolo Zeno racconta il suo accostamento alla
psicanalisi e l'impegno di scrivere il suo memoriale, raccolto intorno ad alcuni temi ed
Il fumo
episodi. racconta dei vari tentativi attuati dal protagonista per guarire dal vizio del
Storia del mio matrimonio
fumo, che rappresenta la debolezza della sua volontà. In Zeno si
presenta alla ricerca di una moglie. Frequenta casa Malfenti e si innamora di una delle figlie
del padrone di casa, Ada la più bella delle quattro figlie; costei però lo respinge. Dopo essere
stato rifiutato da un'altra delle ragazze, viene accettato dalla materna e comprensiva
La moglie e l'amante,
Augusta.Nel capitolo Zeno rievoca la relazione con Carla; egli non sa
decidersi fra l'amore per la moglie e quello per l'amante, finché è quest'ultima a troncare il
Psico-analisi.
rapporto. Zeno, abbandonato lo psicanalista, scrive un altro capitolo, intitolato
Egli spiega i motivi dell'abbandono della cura e proclama la propria guarigione. Il
protagonista indica l'idea che lo ha liberato dalla malattia: "La vita attuale è inquinata alle
radici"; in definitiva la capacità di convivere con la propria malattia è come una persuasione
di salute. Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione di Zeno di essere "guarito"
conclusione a lieto fine).
perché è un uomo ricco e di successo ( Il secondo è contenuto nelle
due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio
"Zeno". Pertanto ci si affida a delle interpretazioni. Due sono quelle ricorrenti: Il mondo sarà
"deflagrazione universale":
distrutto da una un esplosivo collocato al centro della terra. Esso
verrà fatto esplodere. Sarebbe il simbolo dell'impossibilità di risolvere il problema
esistenziale dell'uomo. Una seconda interpretazione sarebbe di tipo socio-politico, di
borghese
impronta marxiana: quel mondo è la classe che cadrà su se stessa.
Verga
L'attività letteraria di Verga, dopo le prime opere giovanili e senza
rilievo, può essere divisa in due fasi: una prima dove egli studiò l'alta
società e gli ambienti artistici, unendo residui romantici e modi
scapigliati con la tendenza generica a una letteratura "vera" e
"sociale" e una seconda che può propriamente essere definita quella
verista. Durante il periodo verista Verga porta a termire il “Ciclo dei
Vinti” che diventerà il suo capolavoro e le “Novelle Rusticane” di cui fa
parte una novella che con i suoi connotati permette la conoscenza sul
campo del pensiero dello scrittore.
La roba Novelle rusticane.
è una novella di Giovanni Verga che fa parte della raccolta Rappresenta
una delle eccezioni al pensiero dello scrittore, il quale sosteneva che nessun uomo potesse
modificare la propria posizione sociale nell'arco di tutta la sua vita. In questa novella infatti,
l'umile contadino Mazzarò, che viene descritto come un uomo basso, grasso come un maiale
(metafora che rappresenta anche la sua ricchezza) e dalla testa che sembrava un diamante
(per rappresentare l'intelligenza) che finisce, piano piano, per appropriarsi di tutti i terreni
che prima appartenevano ad un potente barone, il quale viene costretto a vendere da prima
i suoi possedimenti e successivamente anche il suo castello (da cui toglierà però lo stemma
nobiliare, poiché non riterrà Mazzarò degno di quel simbolo). L'ossessione di Mazzarò è di
espandere sempre di più i suoi possedimenti, (avere sempre più "roba", cui è molto legato).
Il suo attaccamento ai beni materiali è così forte che quando verrà il momento di
separarsene per pensare all'anima impazzisce, camminando nei suoi possedimenti,
uccidendo il bestiame al grido di "Roba mia, vieni con me!".
La strada del tempo in Storia
Crisi meccanicistica di fine 800
Meccanicismo è un termine filosofico e scientifico usato per indicare una concezione del
mondo che evidenzia la natura esclusivamente corporea, e quindi meccanica, di tutti gli
enti, unita al loro comportamento motorio esclusivamente di tipo meccanico. Le formulazioni
più celebri del meccanicismo sono quelle di Cartesio, il vero padre di esso, in quanto la sua
res extensa, res cogitans,
distinta dalla spirituale è caratterizzata da un meccanicismo
deterministico assoluto, che riguarda non solo la materia inanimata, ma anche gli animali
diversi dall'uomo, visti da Descartes come pure "macchine". Nel Seicento non c’erano dubbi:
‘l’orologiaio dell’universo’ è Dio; nei secoli successivi il potere della matematica è
enormemente cresciuto; l’ambizione del meccanicismo moderno è fare della scienza stessa
un ‘orologiaio’ se non divino senz’altro abbastanza potente da controllare e sottomettere la
natura prossima, quella che entra nel campo diretto dei suoi interessi. Le scienze umane
(psicologia, demografia, antropologia etc.) approfondiscono questo disegno. Il
meccanicismo, nato nella fisica, si volge all’indietro per includere anche il soggetto che lo
sta utilizzando, ovvero l’uomo. Stante il rapporto soggetto-oggetto, l’inclusione dell’uomo
nell’ambito del '‘calcolabile’' allarga il meccanicismo all'intero Universo; più potente lo
strumento, più ampio il campo della sua applicazione. Riassumiamo in breve il
meccanicismo come modello esplicativo:
il soggetto ha di fronte un dato oggetto le cui proprietà sono osservabili (fenomeno,
fatto); , che sussiste indipendentemente
la materia è qualcosa di oggettivo: o è una “cosa”
dal soggetto (realismo), oppure si presenta nel soggetto come cosa indipendente
(fenomenismo); sotto l’aspetto fisico la cosa non cambia;
la Natura è deterministica: ad una data causa segue un dato effetto, e sempre e solo
quello;
la Natura è economica, fornendo per ogni fenomeno la spiegazione più semplice
possibile;
lo spazio-tempo è euclideo, come vuole la fisica tradizionale;
la esperienza, per diventare scienza, va sottratta alla particolarità dell'individuo
esperienza media
concreto e va ricondotta ad una astratta ed oggettiva; il
meccanicismo seicentesco distingue le qualità oggettive o primarie da quelle
soggettive o secondarie; nell'Ottocento tale distinzione perde peso; resta comunque
oggettivizzare
l'esigenza di l'esperienza;
l'infinitamente piccolo (atomo), l'immenso (Cosmo) e la Natura su scala umana
rispondono a questi identici principi.
Il meccanicismo esprime, astraendolo dal vissuto individuale, il punto di vista quotidiano
sulla realtà ('common sense', 'atteggiamento naturale'); da ciò deriva la difficoltà ad imporsi
di una visione antimeccanicistica nel primo Novecento: negare il meccanicismo sotto molti
aspetti significa rivedere il nostro più radicato ed ‘istintivo’ atteggiamento di fronte al mondo
ed alle cose in esso presenti. Tale concezione filosofica ha trovato applicazione nella fisica
meccanica, ovvero quella parte della fisica che studia le relazioni più elementari tra i corpi
come quelle di massa, peso, velocità e accelerazione. Riassumendo, il meccanicismo si
presenta con alcune caratteristiche ricorrenti che si possono rassumere nella regola delle '4