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Sintesi
Introduzione Tesina su Sogno e Vita


La seguente tesina di maturità descrive il tema del sogno e quello relativo alla vita reale, effettuando dei collegamenti interdisciplinari con i seguenti argomenti: Schopenhauer, Kierkegaard, Frankl e la necessità di un senso e infine l'odierna mancanza di significato.

Collegamenti

Tesina su Sogno e vita

Filosofia: Kierkegaard, Schopenhauer.
Italiano: Il protagonista A. Nitti di La Coscienza di Zeno scritto da Italo Svevo; la poetica di Ungaretti.
Storia: Il dopoguerra.
Estratto del documento

Sognare e vivere

Indice

1. L’odierna mancanza di significato

1.1. Una vita passiva

1.2. L’esempio di Alfonso Nitti

2. Le radici culturali: Schopenhauer

2.1. Il pessimismo ottocentesco

2.2. Schopenhauer e le filosofie orientali

2.3. L’intrinseca dolorosità della vita

2.4. Voglie e desideri

3. Le radici culturali: Kierkegaard

3.1. L’angoscia della possibilità

3.2. Il profondo bisogno di significato

4. La volontà di significato nel dopoguerra

4.1. Il punto di discrimine

4.2. La voglia di vivere ungarettiana

4.3. La solidità delle motivazioni

5. La necessità di un senso: Viktor Frankl

5.1. La centralità della guerra

5.2. L’avvicinamento alla carriera medica

5.3. L’avvio della caccia antisemita

5.4. La conferma nei lager del suo pensiero

5.5. Il dolore come spunto esistenziale

5.6. La volontà di significato

5.7. Una vita pienamente vissuta

6. Considerazioni personali

7. Bibliografia – Sitografia – Videografia

L’ODIERNA MANCANZA DI SIGNIFICATO

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Sognare e vivere

L’analisi che propongo vorrebbe partire da un fatto di cui

Una vita sempre più al giorno d'oggi facciamo esperienza. Spesso chi

passiva

si dice inserito nella società attuale riconosce a se stesso di non vivere

pienamente, o in maniera “attiva” se vogliamo. La ragione va ricercata nella

pervasiva mancanza di un significato della propria vita presente oggi in molte

persone: questa infatti alimenta un senso di incapacità o di apparente inutilità

delle proprie azioni che spinge irrimediabilmente all’inattività, determinando un

parzialmente

quadro almeno negativo.

L’assenza di un sogno, tuttavia, trova riscontri anche in

L’esempio di ambito culturale; in particolare, uno dei protagonisti dei

Alfonso Nitti

romanzi sveviani, Alfonso Nitti, incarna quasi lucidamente il dramma di chi è

“incapace alla vita”, di chi non ha motivazioni sufficienti per definirsi “vivo”:

Non aveva pensato mai al suicidio che col giudizio alterato dalle idee

altrui. Ora lo accettava non rassegnato ma giocondo. […] Schierava

dinanzi alla mente tutti gli argomenti contro al suicidio, da quelli morali dei

predicatori a quelli dei filosofi più moderni; lo facevano sorridere! Non

erano argomenti ma desiderî, il desiderio di vivere. Egli invece si sentiva

incapace alla vita. Qualche cosa, che di spesso aveva inutilmente cercato

di comprendere, gliela rendeva dolorosa, insopportabile.” .

1

La domanda fondamentale, allora è questa: come tale prospettiva

tendenzialmente delusoria può essere “corretta”? Che cosa può ridare

speranza a chi oggi si limita a “sopravvivere”?

LE RADICI CULTURALI: SCHOPENHAUER

Non è certamente un problema da poco, date le sue profonde

Il pessimismo radici sociali e culturali. Radici che ci conducono alla prima

ottocentesco

metà dell’Ottocento, quando in opposizione all’ottimismo idealista (e in

particolare quello hegeliano) nascono delle alternative al pensiero dominante,

ovvero le filosofie di Schopenhauer e di Kierkegaard. Entrambi, pur nelle

diversità, propongono filosofie che concentrano il loro interesse sulla

condizione umana vista come dolore e sofferenza.

1 I. Svevo, “Una vita”, 1892, Vram, Trieste, cap. 20, N... 23 Ottobre 18...

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Sognare e vivere

Prima di approfondire nello specifico le linee guida del

Schopenhauer pensiero dei due autori, è interessante analizzare da dove

e le filosofie

orientali trova origine questo pessimismo esistenziale, elemento

centrale della loro filosofia. Schopenhauer entra in contatto con questa

dimensione dolorosa della vita innanzitutto attraverso il confronto con le

filosofie orientali, di cui fece esperienza negli anni giovanili. Ne restò

completamente affascinato,

si dedicò con passione allo studio del pensiero indiano, intrecciando

indissolubilmente ad esso il proprio, e giungendo così a essere

probabilmente il primo filosofo europeo a considerare seriamente, senza

alcuna traccia di pregiudizio etnocentrico, ma anzi, con un entusiasmo e

con un’ammirazione senza pari, la filosofia e la religione indiana, con cui

instaurò un confronto costante e serrato, destinato a durare più di

quarant’anni” .

2

Schopenhauer quindi, pur non attingendo i temi centrali del suo pensiero

unicamente dalle filosofie orientali, trova in esse una potentissima conferma

alla propria filosofia, dalla metafisica all'etica. Non solo: il “viaggio” di

Schopenhauer in quello che per lui fu l’Oriente ha il merito, nonostante alcune

forzature nell'interpretazione da parte del filosofo, di aver notevolmente

contribuito all’apertura verso mondi diversi da parte del Vecchio Continente,

spesso prigioniero di pregiudizi eurocentrici, gettando così le basi per un

dialogo tra le diverse culture.

Alcune delle corrispondenze più evidenti tra il pensiero di

L’intrinseca Schopenhauer e le culture dell'Oriente riguardano appunto la

dolorosità

della vita visione della vita come dolorosa e priva di significato.

Secondo Schopenhauer il principio metafisico, la volontà di vita, è irrazionale e

mira, qualunque sia il destino dell'uomo, unicamente alla conservazione di sé.

Possiamo pure illuderci di trovare un senso alla nostra esistenza, ma la realtà in

noumeno,

sé, come è irrazionale, priva di scopi e significati: l’uomo crede di

agire sulla base di motivi e di intenzioni, ma è in realtà uno strumento della

volontà di vita, e perciò condannato ad essere infelice:

2 www.larottaperitaca.wordpress.com, “Schopenhauer e la filosofia orientale”, di Matteo Antonin, 24 gennaio

2011 Pagina

4

Sognare e vivere

Davanti a noi non resta invero che il nulla. Ma quel che si ribella contro

codesto dissolvimento nel nulla, la nostra natura, è anch'essa nient'altro

che la volontà di vivere” .

3

La condizione umana quindi, sia a livello individuale che sociale, è

caratterizzata dall’infelicità, dalla lacerazione e dal conflitto, dalla mancanza di

senso.

Voglie e In che modo la volontà di vita si manifesta nell’individuo? Si

desideri manifesta sotto forma di “voglia”, che va opportunamente

distinta dal desiderio. Il desiderio è la motivazione prima e fondante dell'agire

umano, che inquadra così la sua esistenza in un disegno complessivo. Esso

tuttavia secondo Schopenhauer non deriva dalle motivazioni, bensì da una

mancanza (se desideriamo qualcosa è perché ne sentiamo il bisogno o perché

non la possediamo); si scade così nella “voglia”, lenitivo apparente e

temporaneo della sofferenza umana. La prospettiva ultima quindi è sempre il

dolore: l’appagamento non genera felicità (eventualmente istantanea), ma

continua ad alimentare le nostre voglie, riducendo di fatto l'uomo a pura

volontà – chiaramente, intesa come tendenza alla conservazione di sé:

Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare

appagamento durevole, che più non muti: bensì rassomiglia soltanto

all’elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per

continuare domani il suo tormento” .

4

Ciò sembra provato, secondo Schopenhauer, dal fatto che quando viene

temporaneamente meno il desiderio non subentra uno stato di serenità, ma

una condizione di infelicità, caratterizzata dalla noia.

LE RADICI CULTURALI: KIERKEGAARD

In un'ottica diversa, ma comunque caratterizzata da una

L’angoscia condizione di sofferenza, si colloca l’angoscia di Kierkegaard

della

derivante dal senso della possibilità. Qualunque azione si compia, le possibilità

di fallire saranno sempre superiori rispetto alle possibilità di riuscire, ammesso

3 A. Schopenhauer, “Il mondo come volontà e rappresentazione”, 1979, Laterza, Roma - Bari, vol. IV, p. 412

4 A. Schopenhauer, “Il mondo come volontà e rappresentazione”, 1979, Laterza, Roma - Bari, vol. II, p. 270

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Sognare e vivere

di essere usciti dal gorgo inestricabile del reticolo del possibile. Ogni scelta

quindi rischia di condurre al nulla, che in una prospettiva più ampia (come può

essere la propria vita) si traduce in una logorante mancanza di significato:

l'inevitabile conclusione drammatica di ogni possibilità d'azione soffoca ogni

aspirazione ad inquadrare la nostra vita in un senso, in un sogno più grande.

E tuttavia, se il pessimismo schopenhaueriano è tanto

Il profondo radicale da aver valso a Schopenhauer il titolo di anticipatore

bisogno di

significato dei “maestri del sospetto”, altrettanto non possiamo dire

complessivamente per Kierkegaard. Dobbiamo ricordare infatti come la filosofia

kierkegaardiana sia maturata anche in seguito ad un'esperienza biografica

esistenza al

soffocante e pervasa da un forte senso di colpa e del peccato: un’“

punto zero” avrebbe potuto difficilmente offrire al giovane Søren spunti di

5

redenzione quasi superomistici. Ma nonostante tutto fu proprio questa

esperienza che spinse Kierkegaard a non abbandonarsi ad una semplice e

drammatica sopravvivenza, ma a maturare in cuor suo un più profondo bisogno

di significato:

Ciò che in fondo mi manca è di vedere chiaro in me stesso, il sapere ciò

che devo fare e non ciò che devo conoscere, se non nella misura in cui la

conoscenza ha da precedere sempre l’azione. Si tratta di comprendere il

mio destino, di vedere ciò che in fondo Dio vuole che io faccia, di trovare

una verità che sia una verità per me, di trovare l’idea per la quale voglio

vivere e morire. Soltanto quando l’uomo ha compreso se stesso, in questo

modo intimo, e si vede ormai in cammino sulla propria strada, solo allora

la vita si placa e prende senso” .

6

LA VOLONT DI SIGNIFICATO NEL

À

DOPOGUERRA

Già in Kierkegaard quindi, malgrado le premesse

Il punto di pessimistiche, si intravede quella necessità di un sogno che

discrimine

l'umanità avvertirà in maniera particolarmente significativa soprattutto dopo

l'esperienza delle due guerre mondiali. Proprio la guerra può essere

5 S. Kierkegaard, “Aut-Aut”, 1843, Copenhagen

6 S. Kierkegaard, “Diario”, 1835, Copenhagen, vol. II

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Sognare e vivere

interpretata infatti come il punto di discrimine, come un'esperienza che nella

sua tragicità ha costretto l'uomo a guadagnare una visuale più ampia, una

visione allargata sulla propria esistenza per la riscoperta del valore del singolo

e del significato che la vita di ognuno ha.

Ne è un esempio Giuseppe Ungaretti, nel quale fin da

La voglia di subito si fa strada prepotentemente una rivolta istintiva

vivere

contro la tremenda disumanità della guerra, simbolo dell’ “antivitalità”, alla

quale contrapponeva una volontà di vita che costantemente si rigenerava:

Agonia

Morire come le allodole assetate

sul miraggio

O come la quaglia

passato il mare

nei primi cespugli

perché di volare

non ha più voglia

Ma non vivere di lamento

come un cardellino accecato” .

7

Il messaggio contenuto in questa poesia, inizialmente rivolto

La solidità agli italiani (che, in occasione dello scoppio della guerra,

delle vivere di lamento”

furono posti di fronte alla possibilità di “ o di realizzare le

proprie aspirazioni), ha assunto presto un significato svincolato dalla situazione

nella vita

vissuta in prima persona dall’autore. Ungaretti ci vuole dire che “

bisogna impegnarsi per realizzare degli ideali, delle imprese, anche se ciò

comporta dei rischi, piuttosto che vivere prigionieri della propria stessa

esistenza, privi di interessi e di entusiasmo ” . La piena realizzazione di ciò che

8

ci prefiggiamo nella vita, quindi, non deve precluderne il godimento che, anzi,

7 G. Ungaretti, “Il porto sepolto”, 1931, Udine, sezione “Ultime”

8 http://it.scribd.com/, “Giuseppe Ungaretti, Agonia”, 2010

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Sognare e vivere

viene ampliato dalla consapevolezza della propria meta, che sempre deve

accompagnarci durante il cammino per il suo raggiungimento.

LA NECESSIT DI UN SENSO: FRANKL

À

Già durante la guerra la posizione mostrata in Kierkegaard

La centralità viene sviluppata da Viktor Emil Frankl, uno dei massimi

della guerra

psicoterapeuti moderni, fautore di un nuovo orientamento della psichiatria,

chiamato “Logoterapia e analisi esistenziale”, e soprattutto di una speranza

pervasiva nell'agire umano che ha permesso a lui e a tanti altri deportati di

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