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vittoria, era a conoscenza del suo sogno e quindi ne ha
permesso la realizzazione.
La repubblica di Weimar dopo aver vissuto un piccolo
periodo di splendore, perché risanata da aiuti economici
americani, a causa del crollo di Wall Street del ’29, sarà
soggetta ad un’altra inarrestabile crisi che vede alla fine
l’arrivo di Hitler al potere. Quest’ultimo infatti si presenta
come l’uomo forte che può salvare il paese dalla rovina,
grazie alle sue capacità di esortare e convincere il popolo
con i suoi discorsi. Diventa cancelliere il 30 gennaio del
1933 e nel febbraio dello stesso anno ordina un incendio
che devasta il parlamento tedesco, incolpando e
reprimendo comunisti, social-democratici e liberali. A
seguito dello scioglimento del parlamento il 5 marzo 1933
Hitler vince le elezioni assicurando la fine del’inflazione e
della disoccupazione. In soli 4 anni la Germania aveva
riconquistato il suo splendore, l’inflazione e la
disoccupazione erano sparite e Hitler accumulava sempre
più consensi, ma questo “miracolo economico” era frutto di
una totale autarchia economica dei reich, un incremento
della produzione militare e un indebitamento dello stato
quadruplicato. Tutti fattori questi porteranno
inevitabilmente alla 2° guerra mondiale nel 1939, prevista
da Hitler per la realizzazione del suo sogno, il quale però
trova l’ostacolo degli alleati, porta all’autodistruzione del
popolo tedesco e lo costringe al suicidio il 30 aprile 1945
nel suo bunker di Berlino. 13
I moti del 1848
Le rivolte del 1848 in Europa scoppiarono prima di tutto in
Francia, ma per comprenderne i motivi dobbiamo ritornare
alla situazione del 1831, anno in cui,dopo i moti carbonari,
salì al potere Luigi Filippo D’Orleans che operò una politica
protezionista e corrotta, alimentando la crisi economica.
Quando nel 1847 nelle campagne francesi scoppia una
grave carestia, nelle fabbriche ci fu una grande
sovrapproduzione che il monarca, con l’aiuto del ministro
Guizot, cercò di risolvere tramite le commesse statali. Ma
infine sull’orlo della banca rotta, fu costretto ad operare
tagli drastici nella spesa pubblica: così nel 1848 la metà
degli operai del paese rimaneva disoccupata. L’opposizione
al governo di Guizot la fece il Barrot che puntava
all’ampliamento del diritto di voto ai ceti medi. Il re vietò
tutti i comizi politici di opposizione, ma il Barrot organizzò
dei banchetti pubblici per promuovere la protesta ed
esortare il popolo alla lotta. Quando poi la situazione
diventa insostenibile il re prende in mano la situazione e
durante una protesta di studenti e operai, fece sparare
sulla folla provocando 23 morti e 30 feriti. Fu proprio
14
questa la scintilla della rivoluzione: i morti vennero
raggruppati in dei carretti sui quali vennero innalzati gli
abiti macchiati di sangue a mo di bandiera, e fatti girare
per la città destando scalpore tra la gente ed alimentando
la voglia di lottare. Il popolo in poche ore alzo le barricate,
costringendo il re alla fuga. Fu instaurata quindi la seconda
repubblica francese con a capo il Barrot che si ritrovò ad
affrontare problemi molto seri: per evitare la
disoccupazione creò ateliers nazionali assumendo molti
operai. Ma l’intervento dello Stato portò solo alla rovina di
quest’ultimo, portando alla chiusura degli ateliers e a
nuove rivolte operaie. Il Barrot chiese l’intervento della
Guardia nazionale per reprimere le proteste e indisse nuove
elezioni vinte dal nipote di Napoleone Bonaparte: Luigi
Bonaparte che diventa primo ministro della nuova
repubblica francese.
Parallelamente in Italia nel 1848 venne eletto Pontefice
Giovanni Maria Mastai Ferretti con il nome di Pio IX,
l’elezione fu molto acclamata in un Italia ancora in lotta per
ottenere la costituzione nei vari territori. Il Papa ordina
un’amnistia liberando tutti i prigionieri italiani, e istituisce
una guardia civica e una consulta di Stato, che consultava
prima di prendere qualsiasi decisione. L’elezione del Papa
fu apprezzata da una delle nuove tendenze politiche
italiane: il neoguelfismo guidato da Vincendo Gioberti, il
quale proponeva un’unificazione dell’Italia in una
confederazione presieduta dal Papa; contro il federalismo di
Carlo Cattaneo che proponeva una federazione senza la
figura papale.
Nel 1848 Carlo Alberto in Piemonte emanò lo Statuto
Albertino e furono abolite le dogane tra il Piemonte, la
Toscana e lo Stato Pontificio; ma nel meridione scoppiarono
delle rivolte in nome del Papa per la conquista della
costituzione. Ferdinando II chiese l’aiuto dell’esercito
austriaco, il quale però non riuscì a transitare per i territori
pontifici, data la forte resistenza, così fu costretto ad
emanare la costituzione. Di conseguenza ciò accadde
anche in Toscana, ed a ribellarsi saranno anche il Veneto e
la Lombardia ancora sotto il dominio austriaco. 15
Caratterizzarono questo periodo le 5 giornate di Milano: la
città dal 18 al 21 marzo 1848, per costringere l’Austria ad
emanare la costituzione, decise di fare resistenza passiva
all’acquisto dei sigari che erano genere di monopolio di
Stato. L’esercito austriaco con a capo il generale Radetzky,
cercando di reprimere la rivolta, fu costretto a ritirarsi fra le
4 città del quadrilatero: Legnago, Mantova, Peschiera del
Garda e Verona. I milanesi instaurarono un governo
provvisorio guidato da Gabrio Casati che propose di votare
l’annessione al Piemonte, così Carlo Alberto decise di
dichiarare guerra all’Austria per ottenere l’indipendenza
della Lombardia. Nella prima delle tre guerre di
indipendenza al fianco del Piemonte si schierarono
l’esercito pontificio, quello toscano, quello napoletano e il
milanese; ma l’Austria minacciò il Papa di provocare una
scissione cattolica e lo costrinse a ritirare le truppe, lo
seguirono anche il regno di Napoli e la Toscana, così Carlo
Albero si trovò da solo ad affrontare Radetzky. Quest’ultimo
uscì dal quadrilatero, sconfisse il Piemonte a Custoza e
venne stipulato l’armistizio di Salasco. Fu così che Carlo
Alberto l’anno dopo si scontrò di nuovo con l’Austria alla
Bicocca, ma sconfitto per la seconda volta, decise di andare
in esilio ad Oporto, abdicando in favore del figlio Vittorio
Emanuele II che inaugurò il decennio di preparazione al
risorgimento che va dal 1949 al 1959.
Questi però sono soltanto i primi moti rivoluzionari con
ideali comunisti, in quanto sappiamo che successivamente
nell’Unione Sovietica il sogno del totalitarismo comunista
diventerà realtà.
Gli ideali di patria e libertà fin dai tempi della rivoluzione
francese hanno imperversato negli animi degli uomini più
virtuosi e di intellettuali ma, molti di questi sogni si sono
infranti sullo scoglio della realtà e sono rimasti…illusioni!
Ugo Foscolo (1778-1827) 16
Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zante, un’isola dello Ionio
appartenente alla repubblica di Venezia, da madre greca e
padre medico veneziano. A Spalato compierà gli studi
presso il seminario, ma la precoce scomparsa del padre nel
1788 trasformò il ragazzo in un infermo malinconico.
Successivamente Foscolo si trasferisce con la famiglia a
Venezia dove l’accolgono gli ideali francesi rivoluzionari che
lo appassioneranno molto. Studiò all’Università di Padova
con lo scrittore Cesare Melchiorre e inizierà a frequentare i
salotti di Ippolito Pindemonte e Aurelio Bertola. Ormai
fautore della rivoluzione e ammiratore di Napoleone nel
1797 Foscolo tornerà a Venezia per appoggiare
l’insurrezione e la repubblica democratica giacobina
instauratasi, con il sogno di aggiungere Venezia alle altre
repubbliche italiane e alzare il tricolore rivoluzionario.
Purtroppo però con il trattato di Campoformio con il quale
Napoleone cede Venezia agli austriaci, nasce una grande
delusione del poeta nei confronti dello stato che lo
caratterizzerà per il resto della vita. Nell’occasione scrisse
l’ode “A Bonaparte liberatore”, compresa di lettera critica
all’imperatore; ma nonostante tutto continuerà ad
inseguire il suo ideale di libertà. Il poeta vive quindi a
cavallo tra due secoli ricchi di storia, ideali e sogni. Del suo
pensiero di base illuminista, quindi ateo e materialista,
faranno parte anche temi neoclassici e preromantici.
Il Neoclassicismo era un movimento culturale che si
sviluppo in quel periodo, nato da teorici quali Winckelmann
e Milizia. Quest’ultimi descrivono il periodo come un ritorno
all’arte classica, soprattutto quella greca e romana, in
modo da opporsi alla complessa e sfarzosa arte Barocca
per dedicarsi ad un arte più semplice ed elegante che
evidenzia la concezione di bellezza data dall’unione di
natura, intelligenza ed equilibrio razionale.
Il Preromanticismo invece, in contrasto con la corrente
illuminista, sviluppatosi parallelamente al Neoclassicismo
propone temi essenzialmente del prossimo periodo
romantico quali il culto del sentimento, l’esaltazione della
natura considerata madre, il senso drammatico della morte
e del dolore. Il poeta preromantico avrà gli ideali di libertà,
17
patria e nazione e il contrasto con il contesto sociale lo
porterà a soffrire di un dissidio interiore tra reale e ideale.
In Foscolo sono tutti temi presenti nella sua vita e nelle sue
opere, egli cerca di conciliare ragione e sentimento, sogno
e realtà, in un’epoca in cui l’eroe romantico vedeva i suoi
sogni frantumati dalla realtà. Ma con coraggio e dedizione
Foscolo fu capace di non abbandonare mai quelle illusioni,
quei sogni che riescono a far ritrovare all’uomo lo scopo
della vita. Egli partendo da premesse materialistiche, che
portano al nichilismo del nulla eterno, concepisce il
sentimento e l’arte come forze potenti dell’animo umano in
grado di superare i limiti della razionalità attraverso la fede
nelle illusioni e nei sogni: quali l’amore, la libertà, la
bellezza, gli affetti.
Infatti il poeta, inizialmente, in seguito alle grandi delusioni
politiche e amorose subite, considererà la vita come un’
eterna sofferenza, una visione pessimista espressa
soprattutto nell’Ortis, che lo induce a narrare il suicidio del
protagonista del romanzo. Il romanzo “Le ultime lettere di
Jacopo Ortis” è epistolare, in quanto costituito da una serie
di lettere che l’autore finge siano state scritte dal
protagonista Jacopo Ortis all’amico Lorenzo Alderani, che
talvolta le commenta nel corso del romanzo. Jacopo è un
giovane patriota deluso dagli avvenimenti politici del
tempo, che si innamora di una fanciulla, Teresa, già
promessa sposa. Il protagonista per il bene della donna, è
costretto però a rinunciare all’amore profondo e passionale,
tragico e intenso che condividono e, con il cuore straziato,
comincia un viaggio senza meta per l’Italia in cerca di
consolazione. Durante il viaggio però riuscirà soltanto a
disilludersi e a deprimersi più di quanto già non lo fosse in
precedenza, comprende la debolezza morale degli italiani,
l’invano impegno politico che brucia ancora nei cuori è
sottomesso all’insindacabile e dolorosa divisione dell’Italia.
La definitiva disillusione politica e sentimentale, giunta alla
notizia del matrimonio di Teresa, spingono Jacopo al
suicidio. Durante il suo peregrinare scrive lettere al suo
amico Lorenzo Alderani ed in una in particolare egli, coglie
a pieno il senso della vita nella visione foscoliana: 18
“Illusioni!" grida il filosofo. "Or non è tutto illusione?
Tutto!... Illusioni! Ma intanto senza di esse io non sentirei la
vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancora di più) nella
rigida e noiosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più
sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo
caccerò come un servo infedele.
È questa la pura e semplice volontà di Foscolo in una vita
colma di delusioni: cullarsi e sognare con illusioni che ti
rendono almeno in parte felice.
La più grande illusione per Foscolo riguarda la
sopravvivenza alla morte: anche se la fine dell’esistenza
individuale rappresenta il nulla eterno, l’uomo in qualche
modo, avendo operato bene, continua a vivere dopo la
propria fine, venendo ricordato da persone care o, come è