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decide di porvi rimedio non riscrivendo il libro, ma lavorando ad una

Supplementi

serie di aggiunte, che saranno raccolte con il titolo di e

Mondo

pubblicate come secondo volume nella seconda edizione del

(1844). Nel 1831 Schopenhauer si trasferisce a Francoforte per

sfuggire all'epidemia di colera che travaglia Berlino (e che costerà la

vita ad Hegel). Un decennio dopo la morte di Hegel, quando

l'hegelismo accusa i primi scossoni, Schopenhauer comincia a

ottenere qualche consenso e a guadagnare qualche discepolo. Ma la

Parerga e

grande fama gli arriverà soltanto nel 1851 con i

paralipomena, in due volumi, che raccolgono vari saggi, tra cui i

Aforismi sulla saggezza della vita La filosofia delle università,

famosi e

aspra requisitoria contro gli ambienti filosofici accademici della

Mondo

Germania. Ora Schopenhauer riesce a vendere bene anche il e

ne ottiene una terza edizione (1859). Nel 1860 Schopenhauer muore

di polmonite.

Arthur Schopenhauer rientra a pieno titolo nel filone di quei

pensatori che si pongono in netta rottura con il sistema hegeliano e

tende a far prevalere l'irrazionalità della realtà: per Schopenhauer

Hegel è l'idolo polemico in antitesi col quale costruire la propria

filosofia. Tra i pensatori di questo periodo serpeggia l'aspirazione

alla concretezza e, per addurre un esempio significativo,

l'uomo non è un angelo

Schopenhauer insiste sul fatto che " ", cioè

non è puro spirito disincarnato, ma è essenzialmente un corpo e la

natura di tale corpo consiste, soprattutto, nella volontà, nei

desideri, negli istinti e nelle passioni; da notare che la

rivendicazione che Schopenhauer fa della concretezza (e che trova

l'uomo è

conferma anche nella celebre espressione di Feuerbach: "

ciò che mangia ") è in antitesi all'astrattezza hegeliana, come pure

alla ragione. Schopenhauer ha un periodo di produzione filosofica

piuttosto lungo, che nel complesso dura una quarantina d'anni: la

Il mondo come volontà e rappresentazione

sua opera principale, ,

risale al 1819 e negli anni a venire continuerà a comporre opere che

però non introdurranno notevoli modifiche al suo pensiero. La data

Mondo

di pubblicazione del è particolarmente significativa perchè si

colloca nell'era del dominio del pensiero hegeliano: ed è

sintomatico il fatto che le idee di Schopenhauer hanno fatto breccia

presso il pubblico solo dopo la morte di Hegel, tant'è che la prima

Il mondo

edizione de (composta quando Hegel era ancora in vita)

andò al macero e Schopenhauer potè fare un'amara constatazione:

Io non ho scritto per gli imbecilli. Per questo il mio pubblico è

"

ristretto. Si può, tra l'altro, ricordare come Schopenhauer

desiderasse tenere le sue lezioni universitarie in contemporanea ad

Hegel, ma tuttavia non potè farlo per il semplice motivo che non

aveva studenti: tutti, infatti, andavano ad ascoltare con entusiasmo

Hegel, non tenendo in alcuna considerazione Schopenhauer, che si

ritrovava così perentoriamente a tenere lezione a nessuno. Solo con

la morte di Hegel, avvenuta nel 1831, il pensiero di Schopenhauer

cominciò a dilagare e Nietzsche stesso, nelle sue prime opere, si

dichiarerà suo seguace.Lla filosofia di Schopenhauer altro non è se

non un tentativo di schierarsi contro Hegel e al fianco di Kant,

dando di quest'ultimo un'interpretazione opposta a quella data

dall'idealismo. Entrando nel senso del discorso schopenhaueriano,

egli si pone in contrapposizione all'interpretazione che di Kant ha

dato l'idealismo (i cui tre eroi sono Fichte, Schelling e Hegel, tutti e

tre cordialmente odiati da Schopenhauer): se l'interpretazione

idealista, infatti, si è limitata ad eliminare quella "cosa in sè"

ammessa da Kant ma da lui stesso riconosciuta inconoscibile

(seppur ineliminabile), la posizione di Schopenhauer spinge in

direzione opposta, in quanto si risolve nel recupero della "cosa in

sè" , tanto odiata dagli idealisti. Essa per Schopenhauer non solo

esiste (come era in fondo anche per Kant), ma è addirittura

attingibile e, dunque, conoscibile; è però bene fare subito una

precisazione: una volta conosciuta, la "cosa in sè" non si rivelerà

essere il principio della realtà, ovvero come principio

essenzialmente razionale. Al contrario, la "cosa in sè" sarà sì il

principio che governa la realtà, ma esulerà da ogni forma di

razionalità e, anzi, sarà addirittura una sorta di principio maligno. Ed

è per questo che si può essere indotti a leggere il discorso

schopenhaueriano come un capovolgimento parodistico del

neoplatonismo: dall'Uno deriva la molteplicità delle cose, ma,

essendo l'Uno radicalmente negativo, anche ciò che da esso deriva

non potrà essere positivo. In maniera analoga, il pensiero di

Schopenhauer può essere inteso come stravolgimento speculare di

quello di Bruno e di Spinoza: tutto ciò che ci circonda è

manifestazione di un'unica realtà, ma quest'ultima è totalmente

negativa. Per questa marcata convinzione che la realtà sia

governata da un principio negativo, si può parlare di pandemonismo

schopenhaueriano. per capire a fondo il pensiero di Schopenhauer,

Mondo

analizzare un'opera precedente al e, più precisamente,

Quadruplice radice del principio di ragion

risalente al 1813:

sufficiente . Il principio di ragion sufficiente menzionato nel titolo è

quello di matrice leibniziana: principio fondamentale della

metafisica, esso prescrive, essenzialmente, che nulla avviene senza

un motivo, cosicchè è lecito dire a priori che ogni avvenimento ha

una sua motivazione. Schopenhauer riprende tale principio e coglie

quelli che, a suo avviso, sono i quattro diversi modi ("quadruplice

radice") in cui esso si manifesta: divenire

1. La prima "radice" spiega la dimensione del dei corpi

principium rationis sufficientis fiendi

naturali ( ) attraverso la

connessione tra la causa e l' effetto fisici (necessità fisica); in altri

termini, la prima manifestazione del principio di ragion sufficiente

è la causalità, per cui, dato un evento, so con certezza che esso

deve avere una causa e per questo è detto "del divenire".

principium

2. La seconda spiega il conoscere razionale dell' uomo (

rationis sufficientis cognoscendi ) per mezzo della relazione tra

antecedente e conseguente (necessità logica): se nella 1° radice

si trattava della causalità fisica, ora la causalità in gioco è quella

logica. Nel ragionamento concepiamo, cioè, il rapporto tra

premessa e conseguenza come nel mondo fisico concepiamo

quello tra causa ed effetto. principium rationis sufficientis

3. La terza giustifica l' essere (

essendi ) come definito dai rapporti dello spazio e del tempo,

determinando così la concatenazione degli enti aritmetici e

geometrici (necessità matematica). Con la terza radice,

Schopenhauer interpreta kantianamente lo stesso principio di

causa/effetto nella sfera matematica, poichè l'essere è ciò che si

definisce nello spazio e nel tempo, i quali, a loro volta, sono i

fondamenti della geometria. Tra l'espressione algebrica a sinistra

dell'uguale e quella a destra (oppure tra il triangolo e i teoremi

che da esso derivano), vige un rapporto analogo a quello

causa/effetto del mondo fisico. principium rationis

4. La quarta, infine, sta alla base dell' agire (

sufficientis agendi ), in quanto stabilisce la connessione causale

tra l' azione che si compie e i motivi per cui è compiuta

(necessità morale). Il rapporto che si instaura tra il motivo di

un'azione e la sua conseguenza è analogo a quello che intercorre

tra la causa e l'effetto nel mondo fisico, sicchè non esistono

azioni umane prive di motivi.

Esaminate le 4 radici, si può notare come Schopenhauer dia

un'interpretazione di forte sapore kantiano al principio di ragion

sufficiente: tale principio, infatti, altro non è se non un nostro modo

di conoscere (quasi una categoria kantiana), ossia siamo noi che in

esso inquadriamo tutte le nostre conoscenze; il che comporta che, a

livello di conoscenza intellettuale, tale principio aprioristico valga

anche per la volontà umana (avendo ogni azione un suo motivo, ne

consegue che non c'è spazio per il libero arbitrio, poichè ogni azione

è rigidamente governata da cause deterministiche) e pertanto si è

costretti a giungere alla conclusione che conosciamo tutta quanta la

realtà (da quella fisica a quella matematica) in base ad un solo

principio. Kant stesso era pervenuto a una concezione simile, ma

per lui il livello noumenico delle cose in sè restava inconoscibile, o

meglio, se ne poteva avere una sorta di conoscenza pratica (con

l'esperienza morale, dove si sceglie liberamente seguendo

Mondo

l'imperativo categorico); ora, nel , Schopenhauer fa un

discorso simile: con la quadruplice radice del principio di ragion

sufficiente conosciamo il mondo così come esso ci appare (privo di

libertà), ma nulla ci vieta di pensare che al di sotto di questa realtà

ve ne sia un'altra in cui vige la libertà. Di questa realtà "nascosta" si

può avere conoscenza in parte, come aveva detto Kant, attraverso

l'esperienza morale, ma da sola essa non basta. La chiave per

Il mondo come

risolvere il problema è nel titolo stesso dell'opera:

volontà e rappresentazione , diviso in quattro parti, di cui nella

prima e nella terza si parla del mondo come rappresentazione,

mentre nella seconda e nella quarta del mondo come volontà. Il

titolo ci dice che il mondo, per un verso, è una nostra

rappresentazione attraverso il principio di ragion sufficiente e, per

un altro verso, è volontà; più precisamente, il mondo così come

esso ci appare (il mondo come rappresentazione), ce lo

rappresentiamo attraverso il principio di ragion sufficiente, mentre il

mondo come è in sè è volontà. Certo, anche per Kant si entrava in

un certo senso in contatto con il livello noumenico attraverso la

"volontà buona", ma la nozione di volontà di Schopenhauer è

nettamente diversa. E per comprenderla a fondo è opportuno

Mondo come volontà e rappresentazione

addentrarsi nel , il cui

titolo, come abbiamo già detto, evoca in senso lato Kant: infatti il

mondo fenomenico della rappresentazione viene contrapposto fin

dalle prime pagine a quello noumenico, il mondo come volontà, il

che vuol dire sia che esso viene attinto nell'atto di esprimere la

volontà (come era in Kant) sia che la volontà, oltre ad essere

strumento per attingere la "cosa in sè", è essa stessa la "cosa in

sè". La partizione dell'opera, dicevamo, è in quattro libri: nel primo,

viene delineato il mondo così come noi lo conosciamo attraverso le

forme a priori della conoscenza (ovvero il principio di ragion

sufficiente); nel secondo libro, invece, si vedrà come, al di sotto del

mondo così come esso ci appare in prima analisi, esiste un altro

mondo, cioè il mondo come effettivamente è e che, scoperto, si

rivelerà come volontà. Nel terzo libro, poi, si ritornerà a tratteggiare

il mondo come rappresentazione, ma non più come

rappresentazione fenomenica, bensì artistica: verrà cioè delineato il

mondo così come noi ce lo rappresentiamo esteticamente. Infine,

nel quarto libro si torna a parlare della volontà, ma non come

volontà affermativa (come era nel secondo libro): al contrario, se ne

parlerà in termini negativi, la volontà cioè può volere il proprio

annullamento o, in altre parole, può volere di non volere.

L'argomento centrale del quarto libro sarà pertanto quella che

Schopenhauer designa, con un neologismo, come "noluntas": così

come esiste una "voluntas" (di cui si occupa il secondo libro), allo

stesso modo c'è anche una "noluntas" (e ad essa è dedicato il

quarto ed ultimo libro). Esaminiamo ora, singolarmente, le quattro

Mondo

parti che costituiscono il : il primo libro è quello che meno si

allontana dal kantismo (di cui Schopenhauer si professò sempre

il mondo è una mia

seguace ortodosso); la frase che apre l'opera è "

rappresentazione ", che suona kantiana all'ennesima potenza.

Tuttavia si può notare come il significato profondo di tale frase

presenti delle notevoli differenze rispetto al pensiero kantiano:

infatti, Kant, dichiarando che percepiamo il mondo non come esso è

ma come ci appare, non sottolinea l'aspetto di illusorietà del mondo

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