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Hiroshima polverizzata

L’uomo, che Dio aveva creato a sua immagine e somiglianza,

ha compiuto, con l’aiuto della scienza che dicono dovrebbe civilizzare ,

il primo tentativo per annientare se stesso.

Gli studi sulla fissione nucleare da una parte fu una grande scoperta per gli

scienziati dell’epoca,ma dall’altra la loro applicazione pratica portò alla

realizzazione dell’arma più catastrofica del XX secolo:la bomba atomica.

Siamo di fronte a un altro esempio di mal utilizzo della scienza,mirata

all’autodistruzione.

6 agosto 1945,un giorno indimenticabile per l’umanità.

Si,perché dagli studi sulla fissione nucleare si passò rapidamente

all’applicazione pratica della potenza sviluppata dai neutroni. In questo giorno

gli Stati Uniti d’America lanciarono la prima bomba atomica su Hiroshima.

una nube di vapori rosso-giallognoli dalla caratteristica forma a fungo si elevò

in cielo per circa 10.000 metri;in un raggio di 1.6 km dal punto centrale dello

scoppio dove 2/3 degli edifici esistenti andarono distrutti:rimasero in piedi

solo le travature degli edifici costruiti in cemento armato.

Quando la nuvola a fungo della bomba si dissipò,70.000 dei 343000 abitanti

giacevano morti per gravi ustioni, una parte dei 80.000 feriti morì

successivamente a causa delle irradiazioni e fino ai giorni nostri molte

persone sono rimaste vittime delle conseguenze di dell’esplosione.

Per la statistica la bomba atomica di Hiroshima era lunga 7 metri e pesava 4

tonnellate; essa fu sganciata da un grosso bombardiere B29 appositamente

attrezzato Enola Gay.

Dal punto di vista militare la seconda guerra mondiale si svolse

rapidamente,soprattutto a causa dei nuovi mezzi di trasporto ,di

comunicazione e di nuove armi messe a disposizione dalla scienza e dalla

applicazione tecnica.

Nel Blitzkrieg (guerra lampo) tedesco la popolazione nemica veniva dapprima

fiaccata dalla propaganda e poi messa in fuga con i bombardamenti in modo

che ostacolasse i movimenti delle forze difensive mentre l’aviazione

mitragliava le strade.

Per conquistare la Polonia ci volle un mese. Nell’aprile del 1940 il Blitzkrieg

colpì la Norvegia e la Danimarca; in maggio le forze tedesche marciarono

verso l’Olanda e il Belgio sino alle coste della manica e invasero la Francia che

si arrese a Giungo.

Nel giugno del 1940 anche l’Italia entrò in guerra con Mussolini e le truppe

italiane si spinsero dalla Libia verso Suez e dall’Albania penetrarono in

Grecia,ma con poco successo. Allora intervenne Hitler occupando la 2

Grecia,aggredendo la Jugoslavia e occupando il Nord Africa.All’asse vittorioso

si unirono Ungheria,Romania e Bulgaria.

Dopo la caduta della Francia ci si aspettava che Hitler invadesse l’Inghilterra

ma le incursioni aeree non riuscirono a sconfiggere l’aviazione britannica poco

numerosa ma efficiente e con un primo ministro Wiston Churchill dotato di

flessibile energia e di grandi capacità organizzative. Allora Hitler nel giugno

del ‘41 rivolse la sua attenzione a oriente invadendo la Russia. Nel novembre

del 1942 Hitler toccava l’apice del suo successo: la Germania occupava e

controllava 16 paesi europei. Nei paesi conquistati l’industria e l’agricoltura

furono riorganizzate in modo da rispondere alle esigenze tedesche e centinaia

di migliaia di operai furono deportati in Germania, mentre 5-6 milioni di ebrei

venivano messi a morte organizzando il più grande sterminio della razza

ebraica. Gli Stati Uniti erano neutrali al conflitto e fornivano viveri e armi

all’Inghilterra senza dichiarare guerra. Ma nel dicembre 1941 con un

incursione aerea su Pearl Harbor (Hawaii ) il Giappone affondò metà della

flotta statunitense e gli Stati Uniti furono costretti ad entrare in guerra. Entro

il settembre 1943 le forze anglo-americane avevano allontanato gli eserciti

dell’Asse dall’Africa ed erano sbarcati in Italia, mentre a Oriente l’armata

rossa travolgeva il fronte tedesco. Nel giugno del 1944 gli anglo-americani

aprirono un secondo fronte in Normandia; nell’aprile del ‘45 si incontrarono

con i Russi sull’Elba e il 30 aprile, mentre già le armate sovietiche erano a

Berlino, Hitler si uccideva. Per mettere fine al conflitto mondiale gli Americani

decisero di utilizzare le armi atomiche di recente invenzione. Dopo lo sgancio

della bomba su Hiroshima, tre giorni dopo sganciarono un secondo ordigno

ancor più potente sulla città di Nagasaki. Il Giappone distrutto e annientato si

arrese. La seconda guerra mondiale era finita portandosi dietro tante vite

umane innocenti e una minaccia che incombe tuttora sulla popolazione

mondiale. I terrificanti effetti delle armi atomiche inducono a considerare se

non si sia raggiunto ormai quel limite di potenza oltre il quale la guerra si

risolverebbe nella distruzione totale. Sembra ormai che l’unica difesa

possibile dagli apocalittici effetti dell’offesa atomica debba ricercarsi in un

sicuro accordo internazionale il quale, col bandire dagli uso di guerra

l’impiego delle bombe atomiche, assicuri la distruzione di quelle già costruite.

Il che è stato tentato, ma sin ora senza concreti risultati.

Leopardi: “Il progresso alimenta la sofferenza”

Il pensiero del Leopardi trae origine dalla concezione meccanicistica del

mondo, che egli aveva appreso dall’illuminismo e fatta propria al tempo della

conversione filosofica. Meditando su di essa, egli giunse ad una forma di

materialismo assoluto. Il mondo dunque è governato da leggi meccaniche, da

una “forza operosa” immanente che trasforma continuamente la materia,

senza che di questo processo di trasformazione si possa comprendere il fine

ed il significato. Anche l’uomo è soggetto alle leggi di trasformazione della 3

materia. Non solo è una creatura debole ed indifesa , che dopo una vita di

inutili sofferenze senza senso si annulla totalmente con la morte , ma è anche

un essere insignificante nel contesto della vita universale;

è come una pagliuzza nel turbinio del vento o una goccia nel grembo

dell’oceano. A tale concezione materialistica del mondo e dell’uomo il

Leopardi resterà sempre fedele , polemizzando contro le correnti idealistiche

del suo tempo e ironizzando sulle pretese di grandezza e di superiorità del

genere umano. Tuttavia questa concezione, che per i pensatori del ‘700 era

motivo di orgoglio e di ottimismo, per il senso di liberazione che esso

comportava dalle superstizioni del passato e per la nuova fede nella scienza,

come strumento di progresso umano e sociale, per il Leopardi è motivo di

tristezza e di pessimismo, perché egli avverte dolorosamente i limiti della

natura umana, tutta chiusa nella prigione della materia, in contrasto con

l’innata aspirazione dell’uomo all’assoluto e all’infinito .

Il Leopardi si accorge che la felicità degli altri è solo apparente; che la vita

umana non ha uno scopo, un ideale degno per il quale valga la pena di lottare.

Indagando sulla causa dell’infelicità umana, il Leopardi afferma che gli uomini

furono felici soltanto nell’era primitiva, quando vivevano allo stato di natura;

ma poi essi vollero uscire da questa beata ignoranza e innocenza istintiva e,

servendosi della ragione, si misero alla ricerca del vero. Le scoperte della

ragione furono catastrofiche: essa rivelò la vanità delle illusioni che la natura,

come una madre benigna e pia, aveva ispirato agli uomini, scoprì le leggi

meccaniche che regolano la vita dell’universo, scoprì il male, il dolore,

l’infelicità, l’angoscia esistenziale. La storia della scienza non è progresso, ma

decadenza da uno stato di inconscia felicità naturale ad uno stato di

consapevole dolore, scoperto dalla ragione.

Ma l’opera più ricca di pensiero è La Ginestra.

E’ un documento d' umanità oltre che di poesia. La lirica fu scritta nel 1836,

meno di un anno prima della morte del poeta; egli si rivolge alla ginestra che

fiorisce alle falde del Vesuvio, ove un tempo sorgevano ville e si estendevano

campi e giardini: adesso tutto è arida lava, ecco il destino dell’uomo.

“Qui mira e qui ti specchia, Secol superbo e sciocco”: con un passo

decisamente polemico, il Leopardi deride l’ingenua vanteria umana, l’uomo

egli dice, pur essendo una creatura altrettanto fragile, debole ed insignificante

in mezzo ad una natura ostile, invece di credere alla ragione e alla scienza, la

verità del suo stato, ritorna alle credenze religiose tradizionali e si proclama

signore e padrone dell’universo, crede nel magnifico progresso umano e s'

illude di sicure conquiste; unica vera conquista è il pensiero che sa scorgere la

verità e non deve aver paura di guardarla se non vuole essere un servo vile

ipocrita dei propri terrori. La verità è che con terribile indifferenza si erge

dinanzi all’uomo un destino che ha suoi propri fini, sconosciuti a noi, e che di

fronte ad esso, non resta agli uomini che rendersi coraggiosamente

consapevoli della loro condizione e stringersi in fervida solidarietà perché solo

il loro reciproco amore potrà costituire una realtà umana. Dagli antichi ai

moderni, secondo Leopardi, non c’è evoluzione ma decadenza. Il progresso

che porta dallo stato di natura alla civiltà, dalle illusioni al vero, è una

degradazione. I lumi della ragione non sono fattori di progresso e di

trasformazione sociale, ma inducono l’uomo alla coscienza del suo stato reale

d' infelicità. 4

Qui mira e qui ti specchia,

secol superbo e sciocco,

che il calle insino allora

dal risorto pensier segnato innanzi

abbandonasti, e volti addietro i passi,

del ritornar ti vanti,

e procedere il chiami.

Al tuo pargoleggiar gl’ingegni tutti

di cui lor sorte rea padre ti fece,

vanno adulando ancora

ch’a ludibrio talora

t’abbian fra se. Non io

Con tal vergogna scenderò sotterra;

Ma il disprezzo piuttosto che si serra

Di te nel petto mio

Mostrato avrò quanto si possa aperto:

Ben ch’io sappia che oblio

Prema che troppo all’età propria increbbe

Di questo mal , che teco

Mi fia comune , assai finor mi rido

Libertà vai sognando , e servo a un tempo

Vuoi di nuovo il pensiero,

Sol con cui risorgemmo

Della barbarie in parte, e per cui solo

Si cresce in civiltà , che sola in meglio

Guida i pubblici fati.

Così ti spiacque il vero

Dell’aspra sorte e del depresso il tergo

Vigliaccamente rivolgesti al lume

Che il fé’ palese: e , fuggitivo , appelli

Vil chi lui segue , e solo

Magnanimo colui

Che se schernendo o gli altri , astuto o folle,

Fin sopra gli altri il mortal grado estolle.

Qui (nelle rovine provocate dal Vesuvio, simbolo della potenza malefica della

natura matrigna) guarda e qui rifletti su te stesso, o secolo presuntuoso e

stolto (cioè uomini di questo secolo), ma piuttosto prima di morire avrò

mostrato, quanto possibile apertamente, il disprezzo verso di te che si

racchiude nel mio cuore, sebbene io sappia che l’oblio ricopre chi fu troppo

avverso alle credenze dei suoi contemporanei. Di questo male (di essere

dimenticato) che a me sarà comune con te (perché anche tu sarai dimenticato)

fin da ora assai rido (cioè non faccio alcun conto , mi burlo ).

Tu o secolo superbo e sciocco sogni la libertà nel campo politico e sociale,

mentre invece nello stesso tempo rispolverando le vecchie dottrine medioevali

metafisiche e dogmatiche rendi di nuovo schiavo il pensiero, quel pensiero

razionalistico e scientifico mediante il quale soltanto, noi uscimmo

parzialmente dalla barbarie dell’oscurantismo medioevale, e mediante il quale

soltanto si progredisce nella civiltà, la sola civiltà che può migliorare i destini

dei popoli.

Tu hai asservito di nuovo il pensiero, perché ti dispiacque la verità scoperta 5

dalla ragione circa la dura condizione degli uomini e il grado assai basso che

la natura assegnò ad essi nella struttura dell’universo. Per questo vilmente

volgesti le spalle alla luce della filosofia sensistica che aveva rivelato ciò, e

mentre fuggi la verità da quella luce, chiami codardo chi invece la segue

(crede in essa) , e chiami magnanimo solamente colui che, illudendo se stesso

e gli altri, o con astuzia per ottenere facile popolarità, se in mala fede , o con

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