Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 11
Fisica e oltre - I limiti del sapere scientifico e la riapertura del campo della verità Pag. 1 Fisica e oltre - I limiti del sapere scientifico e la riapertura del campo della verità Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisica e oltre - I limiti del sapere scientifico e la riapertura del campo della verità Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisica e oltre - I limiti del sapere scientifico e la riapertura del campo della verità Pag. 11
1 su 11
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Fisica e oltre: schema espositivo

Antichità e medioevo

Scoperte scientifiche

e visione del mondo L’età moderna

Le geometrie non euclidee

La crisi del sapere La nuova fisica

scientifico La nuova definizione di scienza

Il contributo dell’intuizione

L’intuizione scientifica: Einstein

L’intuizione spirituale: Agostino

Che cosa “oltre la

fisica”? L’intuizione “epiphany”: Joyce

L’intuizione artistica: Munch

L’intuizione letteraria: Montale

Spiragli di un terzo orizzonte

Scoperte scientifiche e visione del mondo

A conclusione del mio percorso di studi liceali, in particolare nell’incontro con i temi

dell’ultimo anno, mi ha colpito l’impatto che alcune scoperte scientifiche hanno avuto sulla

visione complessiva del mondo e quindi sul sentimento della nostra stessa esistenza. Con la

ridefinizione che la scienza subisce fra Otto e Novecento, infatti, è caduta anche l’ultima

speranza per l’uomo di possedere una verità unica e definitiva sul mondo. Mi sono chiesto se

ciò implichi l’assenza di una qualsivoglia verità ed ho iniziato così la mia ricerca. Supportato

da alcune letture e dall’analisi delle discipline studiate durante l’anno, sono tuttavia giunto a

ritenere che la crisi della fisica classica, riducendo il sapere scientifico entro i propri limiti,

riapra il campo della verità all’intero orizzonte delle diverse esperienze personali, e che sia

compito del singolo costruire il mosaico indefinito della propria visione del mondo.

Antichità e medioevo (il primo orizzonte di certezze)

Ideale, in senso lato, dall’antichità al Medioevo, era stata la visione del mondo costruita sulla

perfetta (gerarchica) concordanza fra spiegazione religiosa, conoscenza scientifica e

percezione comune. La cosmologia tolemaica e la solida centralità della Terra, il regno

privilegiato dell’uomo, furono il contesto rassicurante sia della ricerca sulla natura che del

senso della vita personale.

L’età moderna (il secondo orizzonte di certezze)

All’inizio dell’età moderna cadde l’orizzonte di certezze perché furono messi in dubbio i

riferimenti fondamentali che ne garantivano la solidità. Lo shock di questa rottura, prodotto

dalla rivoluzione copernicana e da Galileo, fu superato solo dopo che la ricerca scientifica e

filosofica conquistò la propria autonomia rispetto a tradizione e religione. Tuttavia la scienza,

forte del suo metodo e dei suoi successi, nell’arco dei due secoli successivi, Sette e Ottocento,

pretese la “sovranità” assoluta della spiegazione del mondo. Nel filone prevalente della

cultura scientifica che dall’Illuminismo giunge al Positivismo la conoscenza scientifica relegò

le visioni del mondo ad essa non corrispondenti, comprese anche la filosofia e le grandi

dottrine religiose, a residui infantilistici, sogni metafisici, astuzie del potere.

Si costruì così un secondo presunto solido regno della verità, quello moderno, questa volta

“esclusivamente scientifico”, fondato sul presupposto che le scienze per eccellenza

(matematica e fisica) rispecchino la struttura del reale, e sulla convinzione che l’uomo possa

scoprire le “leggi di natura” attraverso la rigida applicazione del metodo scientifico.

La crisi del sapere scientifico all’inizio dell’età contemporanea

Tuttavia il nuovo shock arriva, al culmine del suo successo, nel primo Novecento, dal cuore

stesso della ricerca scientifica, mettendo in crisi la precedente visione del mondo e le sue

pretese di assolutezza. Il “mondo” non è come lo percepiamo e ce lo rappresentiamo e la

scienza è costretta a rinunciare non solo a giungere ad una “chiave risolutiva della

conoscenza”, ma anche a possedere una conoscenza “vera”.

Le geometrie non euclidee

Il primo colpo alla presunzione scientifica è inflitto dall’avvento delle geometrie non euclidee.

Il V postulato (“si ammette che se una retta, incontrandone altre due, forma angoli interni da

una stessa parte minori di due angoli retti, le due rette prolungate continuamente si

da sempre aveva suscitato

incontrano dalla parte in cui sono gli angoli minori di due retti”),

forti perplessità nei matematici, apparendo meno evidente degli altri. I tentativi di

dimostrarlo si sono protratti per secoli senza esito, finché Padre Gerolamo Saccheri tentò una

dimostrazione a contrariis, cioè partendo dalla sua negazione, rendendosi conto di non

giungere ad un assurdo e gettando le basi per le geometrie ellittica ed iperbolica, definite poi

rispettivamente da Riemann (1867) e Lobacevskij (1830). Nelle nuove geometrie, che

possono vantare la stessa coerenza interna di quella euclidea, lo spazio tridimensionale si

modifica e a partire da esse diviene possibile immaginare spazi con qualsivoglia numero di

dimensioni e qualsiasi tipo di curvatura.

La nuova fisica: Einstein, Heisenberg

Il secondo colpo viene inferto dalla fisica, che subisce una rivoluzione di cui Einstein e

Heisenberg sono gli esponenti più noti e significativi.

Con l’articolo Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento (1905) Albert Einstein, postulando

a. che le leggi e i principi fisici hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali, e

b. l’invarianza della velocità della luce in tutti i sistemi di riferimento, stravolge i concetti di

spazio e tempo, portando a definire il continuum spazio-temporale, in cui distanze e

intervalli temporali variano al mutare del sistema di riferimento, assieme a tutte le altre

grandezze connesse (velocità, accelerazione, massa). Successivamente anche l’universale

validità della geometria euclidea nello spazio fisico si rivela illusoria a causa della scoperta

della relatività generale, che prevede che la luce si muova nello spazio-tempo curvato dalle

masse.

Inoltre, Werner Karl Hesienberg, nel 1927, con la formulazione del celebre principio di

indeterminazione (riassunto dalla formula ) pone un limite invalicabile alla

precisione della conoscenza scientifica. Ad una maggiore precisione sulla velocità di un

elettrone, corrisponde una maggiore indeterminazione sulla posizione e viceversa. La

conoscenza della natura a livello microscopico non può prescindere da un elemento di

probabilità.

Le nuove teorie, che porteranno allo sviluppo di nuovi rami della fisica, oltre a dimostrare la

non universale applicabilità della fisica newtoniana, sanciscono anche la crisi del metodo

induttivo, le “sensate esperienze”, in quanto nascono da pure astrazioni matematiche e sono

inconciliabili con il nostro senso comune.

I limiti del metodo e la nuova definizione di teoria scientifica

Conseguenza di questi shock è la necessità di una ridefinizione della scienza. L’unica parte

che rimane intatta del metodo galileiano è il suo pilastro ipotetico-deduttivo, che dall’ipotesi

teorica discende ad indicarne le conseguenze empiriche, avanzando previsioni che

l’esperienza può confermare, le “necessarie dimostrazioni”. Il “metodo” scientifico risulta

sicuro esclusivamente dopo l’invenzione intuitiva, come verifica a posteriori.

Karl Popper, superando i limiti del verificazionismo, definisce “scientifica” una conoscenza

solo se falsificabile, se permette predizioni e/o impone divieti che possono essere falsificati

dall’esperienza. Per quanto numerose possano essere, le osservazioni sperimentali a favore di

una teoria non possono mai provarla definitivamente, basta anche solo una smentita

sperimentale per confutarla. Ultimo elemento della nuova scienza, è la capacità predittiva

della struttura teorica, che dà al sapere un carattere dinamico: possono sempre nascere

nuove teorie che si dimostrano più potenti delle precedenti, aumentandone le capacità

predittive senza contraddirle (le leggi di Keplero particolari della gravitazione universale,

particolare della relatività). Ciò giustifica l’inserimento all’interno delle conoscenze

scientifiche, fra l’altro, della fisica quantistica.

L’indagine scientifica dunque non perde né di senso né di valore, tuttavia ne è cambiato,

oltre al metodo, lo scopo: per dirla con Ugo Amaldi “la scienza non scopre leggi di natura, ma

inventa modelli sempre incompleti, esposti alla falsificazione e in accordo con quasi tutti i

dati noti, che servono per fare previsioni e costruire tecnologie”. È la definitiva rinuncia a

scoprire principi ultimi e spiegazioni globali. La scienza riconosce i limiti di campo quanto alla

“verità” e punta piuttosto a conoscere la natura per dominarla secondo il proprio utile.

Che cosa “oltre la fisica” ?

Se dunque proprio la conoscenza approfondita della natura nei suoi aspetti estremi

(infinitamente piccolo ed infinitamente grande) ha rivelato insieme i limiti naturali

dell’indagine e la provvisorietà di ogni teoria scientifica, quale spazio per l’uomo all’interno di

un mondo la cui essenza è sempre più confusa? La conoscenza scientifica, infatti, ribaditi

definitivamente i suoi limiti, scoperta la sua essenziale storicità, può permettersi di

proseguire l’indagine abbandonando la ricerca del “vero” in favore del “modello del reale”.

Ma qual è l’impatto che questa ridefinizione ha sull’uomo, che tanto credeva nella scienza?

Di fronte al crollo dell’illusione positivistica si riapre la strada della “filosofia”, che non può

limitare il proprio campo d’indagine né sospendere ad un certo punto la ricerca della

spiegazione alle domande più radicali e totali dell’uomo. A queste domande c’è qualche

speranza di dare una risposta? Esiste un modo per rasserenare in ciascuno quel velo di

delusione che accompagna la consapevolezza dei limiti umani rispetto al possesso della

verità?

Non è facile accettare a viso aperto lo spaesamento (shock) della perdita di certezze e

riferimenti sicuri che sembra caratterizzare, e paralizzare, l’intera cultura contemporanea.

Il contributo dell’intuizione in tutti i campi

E’ in questo contesto critico che io ritengo di aver individuato, almeno sul piano personale, la

speranza in una nuova (terza) conciliabilità fra visione del mondo, ricerca scientifica e

sentimento dell’esistenza. Proprio dal parziale contributo di tutte le esperienze scorgo

emergere il primato creativo dell’intuizione in tutti i campi come momento peculiare sia

della ricerca che dell’esperienza personale.

Essa esprime, a mio parere, il massimo di tensione delle energie del singolo, concentrate

come i raggi del sole nel concavo di una lente: è il punto fisico cruciale (al limite) da cui può

scoccare la scintilla dell’oltre. Il limite, in quel contesto, fa da fionda per l’oltre e accende

appunto nell’animo l’intuizione illuminante, istantanea ma indelebile come una folgorazione.

Il limite-occasione è di volta in volta diverso, ma l’esito è la percezione della presenza

dell’oltre, non rappresentabile con i caratteri della percezione o dell’intelletto, ma con quelli

indefinibili dell’intuizione creativa. Essa si presenta dunque nei diversi campi attraverso

esperienze che concorrono a comporre, nel singolo, il mosaico indefinito della propria visione

del mondo.

Ritengo infatti di aver colto la presenza attiva dell’intuizione nelle più significative fra le

diverse esperienze umane affrontate nelle varie discipline. Diversi i campi, unico il soggetto:

la tensione ideale dell’uomo concreto nei suoi momenti cruciali.

L’intuizione scientifica: Einstein

Il primo caso di intuizione è quella che definisco scientifica, cioè la capacità di trovare il nesso

illuminante fra due proposizioni apparentemente scollegate senza però applicare un metodo

definito. E’ l’Eureka di Archimede, è il caso, ad esempio, di Einstein e della genesi della teoria

della relatività. Il fisico, non soddisfatto dell’incongruenza teorica fra l’elettromagnetismo

descritto dalle leggi di Maxwell e il relativismo galileiano, arrivò a formulare la teoria della

relatività, intuendola con il pensiero senza l’ausilio di alcun riferimento metodologico né di

dati provenienti dall’esperienza. Non a caso egli considerava l’intuizione come la massima

facoltà dell’intelletto umano.

Dettagli
Publisher
11 pagine
571 download