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motoscafi armati di mitragliatrici, i MAS. I confinati che vi arrivavano venivano
alloggiati gratuitamente dal governo in camerate allestite nel castello fortezza
a picco sul mare oppure, pur di vivere in una propria cameretta, era possibile
prendere in affitto una casa nell’abitato purché dentro la cerchia di vigilanza,
tenendo presente che la “mazzetta” (così era chiamata la piccola paga
giornaliera) passata dal governo ai confinati era di 10 lire al giorno, somma che
doveva mantenere anche i famigliari di chi aveva ottenuto la facoltà di far
avere con sé moglie e figli! Ovviamente, i confinanti non andavano di certo in
vacanza…cosa poteva offrire la Lipari degli anni ‘20? Una passeggiata sul corso
principale, quattro chiacchiere al bar dei “confinati”, i bagni nelle caldi estati di
luglio e agosto, una scorpacciata di fichi o ancora i festeggiamenti per il santo
patrono dell’isola S. Bartolomeo. Gli intrattenimenti più belli, più piacevoli
erano di certo le albe eoliane e i tramonti estivi descritti dal confinato Rosselli
mentre, per ingannare il tempo, faceva i conti con il marxismo scrivendo il suo
Socialismo Liberale dove riconosceva nella tradizione del pensiero liberale lo
strumento più adeguato per realizzare gli ideali socialisti di giustizia. Come ben
poi si sa, Giustizia e Libertà divenne un movimento politico non appena gli esuli
antifascisti misero piede in Francia. Inoltre ai confinati non era permesso
parlare di politica, almeno ché non si parlasse del Partito Nazionale Fascista, la
posta, le riviste e i libri passavano dalla Questura e veniva apposto un timbro
così concepito “Verificato per censura”; era sufficiente una frase, una parola
sospetta che la corrispondenza veniva sequestrata. E per questo, pensate, che
Rosselli, teneva il suo libro ben nascosto nelle corde armoniche di un pianoforte
a casa sua in via Contrada Diana! Gli orari, “feroci”, da rispettare, con tanto di
appello nelle case, erano le 19,00 circa in inverno e le 21,00 circa nel periodo
estivo. Come potersela filare da quest’isola? Come riuscire a vivere e a
sopportare il pensiero di passarci un altro paio di anni?
2) Segni particolari: ANTIFASCISTA!
“Il vate della fuga”: Carlo Rosselli.
Eppure da quando Carlo Rosselli sbarca sull’isola, a fine
dicembre 1927, la situazione cambia e il progetto di fuga nella quale saranno
coinvolti gli altri due amici diventa un’ossessione. Carlo Rosselli, come ho detto
prima, raggiunge la colonia di Lipari il 28 dicembre 1927. E un buon acquisto
per il clima pesantissimo di Lipari, fa respirare aria di libertà. Laureatosi
brillantemente in economia politica, giovanissimo, gigantesco di statura con
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sorridenti occhi celesti dietro le lenti, il Prof Rosselli arriva a Lipari preceduto da
una straordinaria fama di vivacità, intransigenza morale e capacità d’azione,
quella stessa azione che la notte dell’11 dicembre 1926 lo vide impegnato
insieme a Italo Oxilia, Lorenzo De Bove, Ferruccio Parri e Sandro Pertini a bordo
di un motoscafo per aver condotto clandestinamente all’estero, e precisamente
in Corsica, il leader socialista Filippo Turati. Rosselli ha esperienza sul campo,
crede alla fuga e non ha alcuna intenzione di “fossilizzarsi” alle Eolie, dopo 18
mesi trascorsi nel freddo e umido carcere di Savona. Dei tre personaggi,
Rosselli è colui la cui personalità mi ha rapita fortemente per la sua tenacia
mostrata nel senso proprio di resistenza nei confronti dell’isola, che malgrado
la sua monotonia e richiamo alla rassegnazione, “regalava” dei momenti di
riflessione (forse pure troppa!) ma che venivano ben catturati da questo
confinato per immaginare una fuga perfetta, la grande beffa al regime! Io l’ho
definito il “vate della fuga” proprio per questa sua capacità di dare
un’interpretazione per così dire poetica a un’impresa davvero rischiosa.
Emilio Lussu: “Il precursore di Rambo”
Eroe della Prima Guerra Mondiale, fiero partigiano
dell’autonomia della Sardegna, antifascista inflessibile, tutti elementi che
bastano per farvi comprendere di chi sto parlando, ovvero di Emilio Lussu.
Lussu conobbe Lipari nel novembre del 1927, dopo aver ucciso con un colpo
secco un fascista durante l’assalto di una squadraccia alla sua abitazione.
Indomito ex combattente, si decise di condannarlo a cinque anni di
deportazione come “avversario incorreggibile del regime”. Lipari non si
dimostrerà il suo habitat ideale, non solo per l’avverso clima umido micidiale
per la sua pleurite, ma anche per la sua irrequietezza d’animo: insomma come
Rambo, Lussu ha voglia di avventura!
“Un ribelle tutto da scoprire”: Francesco Fausto Nitti.
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Infine vi è Nitti, da non confondere con quel Francesco Saverio
che era stato presidente del consiglio. Francesco Fausto Nitti era il nipote.
Iscritto al Partito Fascista e Capo Squadra delle M.V.S.N (milizia volontaria per la
sicurezza nazionale) ne fu espulso per indisciplina, ma ci volle il delitto
Matteotti per rendere cosciente il giovane Nitti delle responsabilità del
fascismo. Così uscito dal letargo di quegli anni, sentì sempre più la necessità di
agire facendo da intermediario nei rapporti tra Aldo Salerno, redattore del
giornale “Il Corriere degli Italiani”, e la vedova Matteotti. Il ribelle Nitti fu così
condannato al confino nel 1926 dapprima a Lampedusa, poi, su richiesta della
madre, fu destinato a Lipari nel marzo 1927, condannato per trame sovversive
contro il regime.
3) Chi trova un amico trova un tesoro.
Dalla mia descrizione dei personaggi si può evincere oltre che la loro indubbia
identificazione nell’antifascismo, il fatto che i tre, cospiratori di libertà, sono
puri sostenitori della fuga. L’idea di fuga ha un filo diretto con la Francia, cioè è
in Francia che trova i suoi importanti complici in grado di organizzare al meglio
la riuscita dell’impresa. Questi complici sono amici dei confinati e sentono
l’esigenza di fare qualcosa. Così Alberto Tarchiani, Ernesto Rossi e Gaetano
Salvemini iniziano a percorrere il Mediterraneo con la fantasia, a immaginare
rocamboleschi approdi sulle isole del confino e avventurose evasioni. Sono
giornalisti, storici, economisti capaci di compiere il salto dall’immaginazione
alla realtà; così i tre iniziano a disegnare il progetto di fuga e il tutto avviene in
gran segreto, è in segreto che giungono le notizie a Lipari ed è in segreto che il
“club dell’evasione” si serve di altri complici come Gioacchino Dolci, in codice
Caio, Marion Cave, moglie di Rosselli, Italo Oxilia che si sostituì a Raffaele
Rossetti nei tre precedenti tentativi di fuga, Paolo Fabbri e Ferruccio Parri.
Ognuno di loro ebbe un compito assegnato. I confinati sull’isola impararono a
diventare dei “confinati modello”: rispettando gli orari, concedendosi alle loro
letture, alle passeggiate, alle chiacchierate abituali ma soprattutto furono dei
bravi attori nel recitare la parte di chi si è rassegnato alla monotonia della
solita vita senza far trasparire dai loro volti o nei loro incontri la parola “fuga”,
mentre erano sotto la sorveglianza dei militi; fu così che i sentimenti e le
emozioni furono sorretti da una robusta tensione morale e resi sapidi dall’ironia
con cui gli stessi protagonisti usavano trattarsi. L’ironia è una buona medicina
per un cancro che non può mostrare i suoi sintomi! 5
4)Gli ingredienti della fuga: “ lettere profumate, scarafaggio blu ed attori da
Hollywood”sotto un unico condottiero “Capitan Uncino”
In un’isola attorniata dal mare, priva di base aerea e di autostrade che
colleghino alla terra ferma, l’unico modo per abbandonarla è filarsela via mare.
Il mezzo dunque si palesò essere un’imbarcazione, un motoscafo veloce capace
di competere con i MAS del regime e che richiedeva la bravura di essere
capitanato da un vero lupo di mare e di chi di motori se ne intendeva. Ci
pensano in Francia a trovare “l’uomo della salvezza” e dalle ricerche effettuate
spunta Raffaele Rossetti, un eroe di guerra nato a Genova e laureato in
ingegneria navale e meccanica. Bene, ci siamo: Rossetti è il capitano, Italo
Oxilia è il collaboratore, un marinaio che di mare è abbastanza pratico. Il
motoscafo c’è, è uno “scarafaggio blu” così viene chiamato in codice dagli
amici il Sigma IV. A questo punto entra in azione Marion, la moglie di Rosselli,
che svolge il delicatissimo compito di assicurare i contatti tra Parigi e Lipari
attraverso un continuo va e vieni fra Londra, la terra sicura da dove si può
spedire e ricevere senza problemi, e Parigi; una “mission” rischiosissima quella
della Signora Rosselli che doveva scrivere i vari appuntamenti stabiliti e le
decisioni prese dalla Francia, senza usare parole che potevano mettere nel
dubbio la milizia fascista a Lipari. È per questo che le lettere ricevevano
l’attributo di “profumate”, in quanto venivano scritte con inchiostro simpatico
il quale rendeva invisibile la scrittura al momento dell’applicazione e subito
dopo; oppure ci si scriveva camuffando le parole con discorsi quotidiani che in
realtà volevano rimandare a ben altri significati. Nel frattempo a Lipari il
“cliché” di confinato modello messo in atto da Rosselli e, fatto proprio dagli altri
due compagni, si insinua dolcemente nel cervello del direttore della colonia,
commissario Francesco Cannata, convinto che da “Lipari non pensano di
scappare neppure le mosche”. Cannata, infatti, non aveva mai avuto dubbi
sulla condotta dei tre confabulatori di fuga, e questo fu un traguardo raggiunto
più che positivo: aver “comprato” con la solita banalissima vita fatta di studio,
famiglia, bagni e letture la fiducia del rigoroso commissario, benché nell’isola i
controlli si erano intensificati a causa di altre fughe organizzate da altri soggetti
“consumati” dalla prigione di Lipari, ma con pessimi risultati. Bene, le
informazioni scivolano verso il Sud del Tirreno senza causare allarmi, ma il
rischio, l’ansia, la fobia di essere scoperti diventano ogni giorno che passa, ogni
stagione che lascia il posto alle altre, sintomi febbrili nelle anime dei tre
confinati, che, dopo aver perlustrato la zona grazie a quelle piccole ore di
libertà in più concesse per la disciplina mostrata, completano il progetto di
fuga. Il luogo stabilito per l’attesa del Sigma IV è uno scoglietto sotto la Chiesa
di S. Giuseppe. Qui, importante fu la collaborazione di Edoardo Bongiorno,
singolare ed esemplare figura di cittadino democratico che, alla sola età di 16
anni aveva fondato a Lipari il Movimento Operaio Socialista. Pazzo di musica
nonché, capobanda del corpo musicale locale, il Sig. Bongiorno affittò in
segreto a Paolo Fabbri una camera di sua proprietà dietro l’abside della chiesa
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che dava proprio a picco sul mare. Bingo! L’abitazione, da vecchia costruzione,
si trasformò in una camera con vista per i nostri turisti pronti alla partenza, e in
un faro o meglio un punto di riferimento per “les amis françaises”. Da quel
gennaio 1929 quante le attese in casa Fabbri di Rosselli & company ma vane!
quante le nuotate fino allo scoglio per aspettate il Sigma IV che fece buca per
ben tre volte! quanti i rischi corsi per entrare in quel dannato Vico Dogana
senza provocare allarmi e quante le corse, dopo che l’operazione falliva, per
rientrare nelle corrispettive abitazioni all’orario prestabilito per la ronda serale!
Tante furono quelle volte che i tre, ormai disperati, pensarono alla fuga come
un evento lontano e come una pena che pareva rodere l’animo. Ma perché il
Sigma IV non si presentò agli appuntamenti stabiliti? Cosa era successo? Il
“richiesto” Sigma IV riesce a salpare da Parigi nell’estate del 1928 con esso
partono, come abbiamo detto, Rossetti, Oxilia e Tarchiani ma, fin dall’inizio i
motori si ribellano e si rifiutano di funzionare a dovere inoltre, Rossetti, preso
dai i suoi calcoli, diventa intrattabile rendendo difficili gli equilibri a bordo del
motoscafo soprattutto con Oxilia. Fra i due c’è competizione! Il Sigma