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La SECONDA INTERDIZIONE del 1889, fu una specie di federazione tra i gruppi socialisti nazionali autonomi, che poi si unirono
con i veri partiti socialisti nazionali.
I movimenti socialisti, poi divennero partiti politici, presero diverse configurazioni a seconda delle caratteristiche politiche,
economiche e sociali di ogni singola Nazione Europea.
I partiti politici Socialisti si diffusero dietro la spinta del partito socialista più organizzato, e in ogni stato si diffuse un partito. Di fronte
alla realizzazione del crollo del Capitalismo, nacque il Movimento Socialista, detto Riformismo, consisteva nell’adozione di riforme a
carattere sociale, intese al miglioramento delle condizioni lavorative e di vita della classe proletaria Industriale degli operai, secondo
le peculiarità politiche, economiche e sociali di ogni nazione europea.
Non in tutti i paesi queste riforme vennero attuate anche coinvolgendo fasce più o meno piccole della società, grazie ad una
collaborazione tra forze progressiste, Sindacali e Governo, come in Inghilterra, dove si introdusse una legislazione sociale
riformistica e democratica, che serviva per una partecipazione più diretta della classe popolare anche nella vita politica del paese,
mirava alla riduzione di 8 ore lavorative, al limite del lavoro giovanile, e all’equiparazione del lavoro salariale tra gli uomini e le donne.
Questo riformismo s’ispirò alla fondazione della Fabian Society, sottolineava il bisogno di un gradualismo delle riforme.
In ogni paese del mondo si verificarono degli scontri tra le classi sociali e il governo, in modo un pò simile al riformismo, si sviluppò il
revisionismo di Bernstein, che propose come alternativa un disegno di graduale crescita di potere politico, economico e sociale della
classe operaia, che prevedeva modifiche e riforme delle sistemazioni vigenti della proprietà.
L’organizzazione della classe sociale del proletariato industriale, la nascita di partiti politici di massa, coinvolsero il popolo, e le
rivendicazioni, con le conquiste democratiche che si ottennero soprattutto il Suffragio Universale, terrorizzarono un pò in tutta
l’Europa Borghese, che vedeva la decadenza, cioè un futuro che Stato era nelle mani delle masse ignoranti o il pericolo della
Rivoluzione. Infatti all’interno del Socialismo, si formarono dei gruppi minoritari più estremi del Riformismo o Revisionismo, che
misero così in discussione alcuni fondamenti dello stesso Socialismo, che furono il Sindacalismo Rivoluzionario e l’Anarchismo.
Il sindacalismo rivoluzionario come teorico e ispiratore fu G.Sorel, che, nelle sue “riflessioni sulla violenza” del 1908 ribadì che gli
strumenti della Rivoluzione Proletaria furono quelli più estremi dei sindacati e degli scioperi o sabotaggi. Il manifesto programmatico
del sindacalismo rivoluzionario fu la Carta di Amiens, cioè la documentazione del congresso che si tenne ad Amiens nel 1906 della
Confederation General Du Travail.
L’anarchismo fu in piena aperta polemica con il Marxismo, dove sosteneva l’emancipazione totale dell’uomo da qualsiasi forma di
potere=oppressione politica, economica, sociale borghese capitalistico che proletario e religioso. Esso si diffuse soprattutto in
Russia, Francia, Spagna e Stati uniti, ma anche nel suo estremismo che prese la via del terrorismo, nei numerosi attentati fatti ad
uomini politici e sovrani come al re d’Italia Umberto I, ucciso da Gaetano Bresci nel 1900, o al Presidente degli Stati Uniti McKinley
che venne ferito mortalmente nel 1901.
Socialismo italiano
In Italia nacque nel 1882, il Partito Operaio Italiano, poi il Partito Socialista Italiano durante il Congresso di Genova nel 1892, che poi
conobbe un piccolo aumento dei consensi.
Giolitti fu ben d’accordo con il Re Vittorio Emanuele III, di mantenere una linea politica liberale come risposta dell’assassinio del Re.
Le lotte sociali che si verificarono in tutta Europa e in Italia, in conseguenza di questa Rivoluzione Industriale, mantenne un
atteggiamento di neutralità nel conflitto fra operai e padroni, tra i Socialismi e la Politica Statale, anzi pare che ci sarebbe stato
bisogno di adeguare il Decollo Economico Italiano secondo la condizione del Proletariato Industriale degli operai, che fu con il loro
lavoro, che contribuirono a questo decollo. Infatti accettò che questi organizzassero in Sindacati e Partiti, in Proteste o Scioperi, in
Associazioni e Riunioni, per poter difendere i propri interessi e ottenere tramite dei mezzi legali un miglioramento per le proprie
condizioni di vita quotidiana. Anzi Giolitti sostenne che si doveva accogliere questa protesta secondo una favorevole collaborazione
tra tutte le classi sociali in Italia, seno si sarebbe inasprita in senso rivoluzionario e avrebbe turbato l’ordine e la pace dell’Italia, le
repressioni vennero effettuate solo in caso di grande violazione della legge o dell’ordine pubblico. Inoltre Giolitti intervenne sulla
condotta degli industriali e dei precedenti governi per tenere bassi i salari degli operai, considerato:
Un errore umano, ingiusto era il mal retribuire chi contribuisce al decollo economico del paese;
Strategico, dato che infondo un operaio mal retribuito è più debole fisicamente e mentalmente, di conseguenza rende poco, dopo
tutto i paesi con i più alti salari operai furono quelli ai vertici dell’Economia Europea;
Politico perché esasperò la lotta di classe fra gli operai e i padroni, tra i socialismi e la politica statale, che rischiò di esasperarsi in
senso rivoluzionario, turbando così l’ordine e la pace italiana; 5
Economico, perché turbò il funzionamento della legge economica dell’offerta e della domanda, fu giusto che il costo del lavoro di
manodopera salisse fin quando ne si ebbe bisogno.
Nel 1901, dopo che cadde il governo saracco, Giolitti sostenne in un discorso “il mito delle classi popolari venne giustificato e fu
invincibile in modo che si appoggiasse sull’indiscusso principio dell’uguaglianza fra gli uomini”.
Non solo Giolitti non ostacolò la protesta del proletariato industriale degli operai, anzi le venne incontro con una politica riformista che
prevedeva l’approvazione delle norme sulla regolamentazione del lavoro festivo, di quello notturno o degli ambienti malsani e
dannosi, almeno finché la produzione assicurava ai grandi industriali buoni profitti, rendendoli più disponibili alla concessione degli
operai di aumento del salario e il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita.
Ma la maggiore riforma di Giolitti fu il suffragio Universale Maschile, cioè la concessione del diritto di voto a tutti i cittadini maschili
maggiorenni, diritto riservato ai soli uomini delle classi sociali medie ed alte, così il numero degli elettori aumentò.
Ne rimasero escluse le donne, secondo il comune e diffuso pregiudizio per cui queste non dovessero e non potessero interessarsi di
politica, anche se apparve come un grave limite, e allora che fu la convinzione comune e si diffuse in quasi tutta Europa.
L’atteggiamento che Giolitti ebbe portò le simpatie e gli appoggi dei movimenti socialisti più moderati, come quello di Filippo Turati,
che successivamente appoggiò la sua politica riformista. Al compromesso con il Governo si opposero i movimenti socialisti più
estremi, detti i Massimalisti, questo perché vollero il massimo, cioè la rivoluzione di sindacalisti rivoluzionari ed anarchici.
Nel comune terrore per i Socialisti più estremi (I ROSSI), anarchici o rivoluzionari, Chiesa e Governi Liberali come quello giolittiano,
si unirono nel Patto Gentiloni, che impegnò il Governo Liberale Giolittiano ad opporsi a leggi “Socialiste” anticattoliche, con
l’inserimento del divorzio, in cambio impegnò i Cattolici a votare per partiti liberali giolittiani anziché socialisti, considerando che molti
Paesi Europei, tipo l’Italia, che erano soprattutto cattolici, Si capisse quanto fosse importante il numero dei voti che i Governi Liberali
riuscirono a conquistarsi, e furono proprio queste polemiche e conflitti interni al socialismo italiano che decretarono l’indebolimento
del partito socialista, all’interno di questo Partito Socialista Italiano, emersero diversi gruppi:
I riformisti moderati, detti di destra di Turati, secondo le quali le riforme graduali e la collaborazione con la borghesia più
progressista fossero gli strumenti migliori per consolidare i risultati appena raggiunti a promuovere quelli voluti dal socialismo italiano.
I sindacalisti rivoluzionari, sulla scia dei francesi ispirati da Sorel, dove i conflitti sanguinosi tra la forza pubblica e i lavoratori
soprattutto nel mezzogiorno, che mostravano la loro vera natura della classe dominante borghese rendendo necessaria la via
estrema della rivoluzione. Questi misero in luce la vera componente interessata e cautelativa del compromesso giolittiano con il
socialismo moderato, imposto solo dalla volontà di tenerlo buono, e dalla paura che si lasciasse andare a pericolose rivoluzioni.
Nel congresso di Bologna del 1904 le correnti rivoluzionarie ottennero la guida del partito a scapito dei riformisti moderati.
Fu proprio a causa dall’ennesima repressione sanguinosa di una protesta, come quella dei minatori di Buggerru in Sardegna, che
venne organizzato il primo sciopero nazionale dei lavoratori, dove venne proclamato dapprima in certi centri del sud e poi si estese
fino a tutto il sud, anche senza degenerare la violenza, che rappresentò una grave minaccia per la classe borghese.
Tuttavia ci fu una certa incapacità organizzativa a livello nazionale, una distruzione territoriale squilibrata del movimento operaio e
sindacale o anche socialista, con l’assenza di un organo centrale di coordinamento nazionale come punto di riferimento.
Proprio questi limiti furono avvertiti anche dal riformista moderato che nel 1906 si riunì nella CGL, che venne organizzata e ne fu
efficiente a tal punto che ebbe la meglio sulla corrente estremista dei sindacalisti rivoluzionari.
Nel Congresso di Firenze del 1908, i riformisti moderati Turatiani ebbero la maggioranza, e ottennero così l’espulsione, sia dal Partito
Socialista che dallo stesso partito della corrente estremista dei sindacalisti rivoluzionari, con il pretesto di aver promosso uno
sciopero duraturo e fallimentare dei braccianti di Parma e Ferrara.
I riformisti della destra conobbero i primi indebolimenti della loro corrente, dovuta dalla divisione interna, con una corrente
revisionista che auspicò la trasformazione del Partito Socialista in un Partito del Lavoro, senza connotazioni ideologiche, e anzi era
propenso ad una collaborazione con la parte più democratico progressiva del governo.
Nel progresso di Reggio Emilia del 1912, ebbe per l’ennesima volta la maggioranza la corrente estremista di sindacalisti rivoluzionari
e dei socialisti massimalisti, perché volevano la rivoluzione, che venne capeggiata da Mussolini, direttore dell’“Avanti”. Questi furono
capaci ad ottenere l’espulsione di certi riformisti moderati di destra Bissolati, Bonomi e Cabrini, sotto l’accusa di aver approvato la
Giolittiana Impresa Colonialistica, della conquista della Libia, contro la tradizione pacifista e internazionalistica del Partito. 6
Dopo l’espulsione, i Riformisti Moderati di destra si formarono in un nuovo Partito, detto Partito Socialista Riformista, che ebbe
seguito, durante vasti consensi che trovò poi specie nell’assurda Impresa Libica di Giolitti, il Partito Socialista originario, quando fu
nelle mani di Mussolini; questi portarono nelle propaganda del Partito un nuovo stile, basato sull’appello diretto alle masse, ricorsero
così a formule agitatorie che venne preso in prestito dal sindacalismo rivoluzionario.
Ci fu uno scontro politico tra una destra conservatrice e una sinistra dove ormai prevalsero le correnti estremiste e rivoluzionarie sulle
riforme moderate, soprattutto dopo l’assurda impresa libica di Giolitti.