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italiano. I popolari sostenevano una politica di riforme sociali, soprattutto

in difesa dei contadini (per i quali chiedevano la divisione dei latifondi), ma

si contrapponevano tanto ai socialisti, di cui criticavano l’atteggiamento

ostile alla religione e l’incitamento alla lotta di classe, quanto ai liberali,

ormai da anni al governo, che rappresentavano gli interessi della media e

alta borghesia e dei proprietari terrieri, rappresentando anche la vecchia

tradizione risorgimentale ostile alla Chiesa.

NASCITA DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO: Il malcontento popolare

esplose nel 1919 con scioperi, agitazioni, occupazioni di terre in tutta la

penisola, cui si accompagnarono violenze e saccheggi. La situazione si

aggravò l’anno seguente, quando gli industriali metallurgici si rifiutarono di

concedere agli operai quegli aumenti salariali che apparivano

indispensabili per fronteggiare il forte aumento dei prezzi. Gli operai del

serrata

settore entrarono in sciopero, gli industriali risposero con la “ ”

(cioè con la chiusura degli stabilimenti); gli operai, a loro volta, decisero

l’occupazione delle fabbriche, pronti a difenderle, se occorreva, anche

con l’uso delle armi. L’immagine di lavoratori che imbracciando fucili e

sventolando bandiere rosse occupavano le industrie e ne organizzavano la

produzione seminò il panico in tutta la borghesia. Molti temevano che la

faccenda finisse come in Russia, con i bolscevichi al potere, la dittatura del

proletariato, la fine del capitalismo. Ma le divisioni all’interno del partito

socialista provocarono il fallimento dell’occupazione delle fabbriche. Privi di

una guida efficace e disorientati, gli operai furono costretti ad

abbandonare la lotta e ad accontentarsi delle promesse di Giolitti (che non

furono mantenute). Questa esperienza aprì una grave crisi all’interno del

partito socialista. Il gruppo di estrema sinistra, capeggiato da Antonio

Gramsci e Amedeo Bordiga, uscì dal partito nel gennaio 1921 fondò a

Livorno il Partito comunista d’Italia, che si proponeva di guidare il

popolo alla rivoluzione. Nei mesi seguenti ritornò ossessivo, negli ambienti

15

borghesi e militari e sulla stampa moderata e di destra, il motivo del

terrore rosso bolscevichi

“ ”: l’assalto dei “ ” alla proprietà privata, la loro

lotta contro la religione e la Chiesa, la loro ostilità ai supremi ideali della

governo

patria e della nazione. Si cominciò a invocare insistentemente un

forte, che reprimesse con fermezza le agitazioni popolari e restituisse

dignità alla patria.

LE ORIGINI DEL FACISMO: In questa atmosfera intrisa di paura e di

disordine, di nazionalismo e di miseria dilagante si affermò un movimento

destinato a stravolgere il sistema politico italiano e a segnare più di

vent’anni della nostra storia: il fascismo. Nel marzo del 1919 Benito

Mussolini – un giornalista che aveva militato nel partito socialista fino a

L’Avanti!

diventare direttore del quotidiano del partito, , e che ne era stato

espulso per la sua posizione favorevole all’intervento in guerra – fondò a

Fasci italiani di combattimento

Milano i . Il fine comune dei Fasci fondati

antisocialismo patriottismo

da Mussolini era l’ e il . Mussolini era un

politico spregiudicato: per lui la politica era soprattutto un mezzo di

affermazione individuale. Estremamente abile nel cogliere le debolezze

degli avversari e nello scegliere il momento opportuno per l’azione,

paziente nell’attesa e rapido nelle decisioni. Il movimento dei Fasci

ex-ufficiali,

raccolse inizialmente consensi soprattutto tra gli che non

sapevano ritrovare nella vita quotidiana una collocazione adeguata al ruolo

piccola e media borghesia

acquisito durante la guerra, tra la impoverita

studenti,

dall’inflazione e ostile all’ascesa del proletariato, tra gli attratti

disoccupati,

dal culto della forza fisica e dell’azione, e anche tra i cui i

fascisti promettevano un lavoro e un pezzo di terra. Ma su questo

movimento non tardò a riversarsi anche l’appoggio, decisivo, della terrieri

grande industria e dei proprietari terrieri , che gli garantirono i

finanziamenti. 16

LA VIOLENZA FASCISTA: Piaceva, nel fascismo, il suo modo violento e

sbrigativo di mettere a tacere il proletariato e i suoi rappresentanti:

organizzati in “squadre” e vestiti in uniforme(“le camicie nere”), i

fascisti assalivano armati le sedi dei sindacati, del partito socialista, dei

giornali di sinistra, le distruggevano e le davano alle fiamme. I

“bolscevichi”- come erano chiamati i socialisti e in genere tutti gli

oppositori dei fascisti – venivano aggrediti, bastonati, umiliati in vario

modo. In molti casi si arrivò all’assassinio. Si calcola che nei primi due anni

di attività delle squadre fasciste i contadini e gli operai uccisi furono circa

1500. Le squadre fasciste intervenivano anche per impedire agli operai e

ai braccianti agricoli di scioperare, e ciò suscitava l’appoggio degli

industriali e dei proprietari terrieri. Le imprese delle squadre fasciste si

svolgevano sotto la protezione della polizia, dell’esercito, della

governo.

magistratura. Questa tolleranza era raccomandata dal La vecchia

classe dirigente liberale guidata da Giolitti fece un calcolo sbagliato: per

mettere a tacere l’opposizione socialista e frenare il “pericolo rosso” pensò

di utilizzare i fascisti, per poi farli rientrare nella legalità. La prima parte del

progetto ebbe successo, la seconda si rivelò un’illusione. I Fasci, che si

trasformarono in Partito nazionale fascista alla fine del 1921, nelle

elezioni di quello stesso anno erano entrati in Parlamento con 35 deputati:

un piccolo drappello rispetto ai 122 socialisti e ai 16 comunisti, ai 107

quello che entra alla

popolari e ai 240 deputati dei partiti moderati. “

Camera . non è un gruppo: è un plotone omogeneo,

– disse Mussolini

inquadrato, disciplinatissimo ”. I fatti avrebbero dimostrato la

drammatica verità di queste parole.

LA MARCIA SU ROMA: La crisi economica e le violenze continuavano a

imperversare, affrettando la crisi del vecchio regime. Al governo Giolitti

successero in rapida sequenza altri governi uno più debole dell’altro,

mentre i fascisti intensificavano le spedizioni punitive. Il movimento

17

socialista, confuso e impreparato a difendersi dalla violenza, incassava un

colpo dopo l’altro. Mussolini ritenne che i tempi fossero maturi per la presa

del potere. Alla fine dell’ottobre 1922 le camicie nere di tutta Italia

marciarono sulla capitale, dove entrarono indisturbate. Il re affidò a

Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo. I fascisti sostennero

sempre che la marcia su Roma era stata una rivoluzione. Ma non si trattò

di una rivoluzione. Se il re avesse voluto, sarebbe bastato un solo reparto

dell’esercito per disperdere quei fascisti male armati che giungevano alla

spicciolata, in un chiassoso disordine. Sarebbe bastato bloccare le ferrovie

e le vie principali. Il re non volle farlo perché sapeva che il fascismo aveva

ormai l’appoggio di tutti i più importanti gruppi di potere del paese: i

grandi industriali, i proprietari terrieri, l’esercito, gli ambienti di corte. La

marcia su Roma fu quindi il risultato di qualcosa che era già accaduto: la

decisione del grande potere economico e del potere militare di togliere

l’appoggio la vecchio regime liberale e di trasferirlo sul fascismo, forza

giovane e prorompente, in grado di bloccare l’avanzata del proletariato.

LE ELEZIONI DEL ’24: diventato capo di un governo di cui facevano parte

anche rappresentanti dei liberali e dei popolari, Mussolini fece subito

approvare una serie di leggi che favorivano il grande capitale e

diminuivano stipendi e salari; la giornata lavorativa di otto ore fu in pratica

abolita e nelle campagne si tornò a ritmi di lavoro di 10-12 e persino 14

ore. Le elezioni del 1924 si tennero all’insegna della paura e degli imbrogli.

Quando la Camera si riunì per convalidare i risultati delle elezioni, il

deputato socialista Giacomo Matteotti denunciò tutte le illegalità, le

intimidazioni e gli abusi che si erano verificati durante le elezioni. Pagò a

caro prezzo la sua dura requisitoria. Matteotti fu rapito da una banda di

fascisti e ucciso. Il ritrovamento del cadavere, due mesi più tardi, suscitò

un’ondata di indignazione in tutto il paese anche negli ambienti che fino a

quel momento avevano sostenuto Mussolini. Due elementi giocarono però

18

politica maldestra delle opposizioni debolezza del re.

a suo favore: la e la

Tutti i deputati dell’opposizione, guidati dal liberale Giovanni Amendola,

parteciparono all’episodio che prese il nome di “secessione

dell’Aventino”. Abbandonarono per protesta le aule parlamentari ma

questa decisione si rivelò un errore gravissimo: tirandosi fuori dai luoghi

della politica ufficiale ridiedero fiato al governo, dando quasi l’impressione

di escludersi dalla lotta e di auto emarginarsi. Essi avevano inoltre sperato

in un intervento del re, che avrebbe dovuto costringere Mussolini alle

dimissioni; ma Vittorio Emanuele III, debole e timoroso, si schierò ancora

una volta dalla parte del fascismo. Mussolini era un politico troppo abile

per non cogliere al volo l’occasione: fece innescare dei processi-burla nei

confronti degli squadristi implicati nel delitto Matteotti, dimostrando così di

difendere la legalità e si assunse pubblicamente tutte le responsabilità

morali e politiche in un discorso quale le aule parlamentari italiane non

se il

avevano mai sentito che si concludeva con la famosa frase: “…

fascismo è un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa

associazione a delinquere ”.

IL REGIME FASCISTA: Il discorso di Mussolini segnò una svolta. A partire

dal 1925, grazie all’introduzione delle famose leggi fascistissime, i

giornali di opposizione furono chiusi, tutti i partiti tranne quello fascista

disciolti, centinaia di oppositori arrestati, i deputati dell’Aventino espulsi

Tribunale speciale per la difesa dello

dal Parlamento; furono istituiti un

Stato polizia politica Ovra

, una ( ,Organizzazione per la vigilanza e la

pena di morte per i reati politici

repressione dell’antifascismo), la . I

podestà

sindaci, di nomina elettiva, furono sostituiti dai , di nomina

governativa. Al capo del governo furono attribuiti poteri straordinari:

poteva nominare i ministri a suo piacimento e decidere di che cosa

dovesse discutere il Parlamento, comandava le forze armate e rispondeva

del suo operato soltanto al re. I rapporti tra il partito e il governo erano

19

regolati dal Gran Consiglio del Fascismo, che raccoglieva i maggiori

esponenti del movimento fascista. L’Italia era ormai diventata una

dittatura. REAZIONARIO regime

REGIME DI MASSA: Il fascismo è stato definito

reazionario di massa: “reazionario” perché esso mirò sempre a favorire il

potere economico e sociale della grande borghesia terriera e industriale a

svantaggio delle classi lavoratrici. Il fascismo abolì, infatti, il diritto di

sciopero, e le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori furono

Corporazioni

subordinate a organismi superiori, le , che dirigevano i

rapporti di lavoro. Grazie alla soppressione della libertà sindacale e allo

scioglimento dei sindacati liberi, il regime poté imporre una fortissima

riduzione dei salari. Ai grandi capitali furono invece concessi esenzioni

fiscali, crediti, agevolazioni. La politica economica del regime fascista fu

“statalismo”,

caratterizzata da un crescente inteso come intervento dello

Stato nella vita economica del paese. Per contrastare le gravi ripercussioni

crisi del ‘29

che ebbe anche in Italia la che colpì l’economia statunitense,

il governo fascista avviò un vasto programma di lavori pubblici: fu ampliata

la rete stradale e ferroviaria, fu portato a termine l’acquedotto pugliese,

furono costruiti nuovi edifici pubblici. Ma l’impresa più impegnativa fu la

bonifica delle Paludi pontine, che trasformò in terreno agricolo circa 60.000

ettari di zone malsane, infestate dalla malaria, e portò alla fondazione di

nuove cittadine come Littoria (chiamata poi Latina) e Sabaudia. Le

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