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GALASSI JESSICA
Esame di Stato 2009
Liceo M.Mazzarello
V Comunicazione opzione Beni culturali 1
INDICE
Motivazioni per la scelta dell’argomento pag.3
1. La vita pag.4
2. In Europa: i salotti bohémienne pag.6
3. Londra: Guggenheim Jeune pag.8
4. La fuga dalla guerra pag.15
5. Ritorno negli USA pag.17
6. Art of this century pag.20
7. Jackson Pollock pag.23
8. Peggy a Venezia pag.33
9. Peggy Guggenheim Collection pag.36
Conclusione pag.37
Bibliografia pag.38
Allegati
2 MOTIVAZIONI PER LA SCELTA
DELL’ARGOMENTO
“Che tenerezza ritrovare Peggy
Guggenheim, indimenticata amica,
immortale dea dell’arte moderna, musa
imprevedibile, responsabile della action
painting e dell’espressionismo astratto
dell’inafferrabile Jackson Pollock,
protagonista degli amori di Samuel
Beckett e di Marcel Duchamp, regina per
sempre dello charme senza confini di Max
Ernst, meta perlopiù irraggiungibile della
maggior parte degli artisti italiani,
veneziani o no.”
Fernanda Pivano
Questo approfondimento è la storia di una donna: ereditiera e
collezionista americana, mito assoluto dell’arte e del jet-set
internazionale, indiscussa “musa dei surrealisti” e chiacchierata
protagonista del mondo artistico, scopritrice di Jackson Pollock,
gallerista e mecenate delle arti d’avanguardia. Dalle ricerche e
dalle letture fatte mi sono resa conto di avere molti aspetti
caratteriali in comune, ho potuto capire l’importanza di esprimere
le proprie convinzioni, di lavorare per ciò in cui si crede, di voler a
tutti i costi raggiungere un obiettivo. Peggy era una donna molto
difficile, ribelle, passionale, pragmatica, forte dei suoi diritti,
conosceva le sue doti e su queste ha puntato per diventare
leggendaria nel mondo dell’arte, ma era anche estremamente
fragile, piena di ansie, angosce e complessi. L’arte era la sua
“medicina”, era la giustificazione a tutto ciò che non andava nella
sua vita, anche se apparentemente poteva sembrare una donna
felice. 3
1 LA VITA
‹‹ Sono nata a New York,
nella 69ª Strada Ovest.
Non me ne ricordo
affatto. La mamma mi ha
raccontato che mentre
l’infermiera riempiva la
borsa dell’acqua calda io
mi precipitai nel mondo
con la mia consueta
velocità, gemendo come
un gattino.››
Peggy Guggenheim, Una
vita per l’arte
Marguerite (Peggy) Guggenheim è nata il 26 agosto 1898, a New
York. Peggy proveniva da due famose famiglie ebree, i Guggenheim
e i Seligman. Il padre, Benjamin Guggenheim morì la sera del 14
aprile 1912 sul Titanic, dopo che nel 1911 aveva lasciato il grande
impero economico di famiglia, per fare fortuna da solo, ma la morte
purtroppo glielo impedì. La famiglia di Peggy perse l’eredità di una
fortuna colossale, circa 800milioni di dollari. Peggy non ebbe
un’infanzia felice, ma al contrario, fu per lei un’agonia. La morte del
padre a lei tanto caro, la portò ad avere un complesso di inferiorità
tanto da non sentirsi una vera Guggenheim, ma ritenendosi una
“parente povera”. Da ciò ne scaturì il suo desiderio di rivalsa con la
determinazione di diventare una grande donna, di essere qualcuno
4
ad ogni costo. Queste sono le caratteristiche fondamentali, che
hanno portato Peggy Guggenheim a essere la dea e la musa
dell’arte moderna nel Novecento. Nel 1916 fece il suo debutto in
società al Ritz e nel 1919 entrò in possesso della sua eredità.
Finalmente fu libera da sua madre e la prima cosa che fece fu un
lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Ora era davvero iniziata la
vita surreale di Peggy Guggenheim, tra Stati Uniti ed Europa.
2 IN EUROPA: I SALOTTI BOHÈMIENNE 5
‹‹Subito dopo andai in Europa. Ancora non sapevo che ci sarei rimasta
ventuno anni, ma non sarebbe stato questo a fermarmi. A quel tempo il
desiderio di vedere tutto era in netto contrasto con la mia mancanza di
reazioni emotive verso qualunque cosa.››
Peggy Guggenheim, Una vita per l’arte
Adesso in Peggy stava nascendo il desiderio di conoscere meglio
quello che per lei era un mondo del tutto nuovo: la pittura. Peggy,
la mamma Florette e una cugina, Valerie Dreyfus, erano diventate
delle pioniere del turismo in Europa. Arrivata a Parigi, scopre un
mondo nuovo, affascinante ed entusiasmante. Qui si innamora di
Laurence Vail, artista squattrinato del movimento Dadaista, ma
considerato il re dei bohemien e che presto divenne il suo primo
marito. Da Vail, Peggy ebbe due figli: Sindbad e Pegeen. Negli anni
Venti Parigi era una vera e propria colonia culturale americana. Per
Peggy fu una fortuna trovarsi nel luogo e nel momento giusto e
accanto a Laurence Vail. Suo marito, pur avendo un carattere
violento, la fece entrare nel mondo dei famosi salotti bohmienne,
fatto di feste, cocktail potenti, incontri con artisti, intellettuali e
scrittori. Insomma, Peggy era diventata una figura intellettuale
d’elite. Ebbe una vita sentimentale molto passionale, ma anche
molto complicata. Ebbe moltissimi amanti ma pochi uomini di cui si
innamorò veramente, tra cui John Holms, uno scrittore per cui
Peggy lasciò Laurence Vail. Holms morì molto presto e per lei fu un
gravissimo lutto, seguito nel 1937 dalla morte della madre. Dopo la
morte di Holms, si legò all’editore Douglas Garman, la loro relazione
finì dopo pochi mesi. Peggy era in un periodo di profonda crisi..
Pensò di trovare un lavoro che le desse modo di riprendersi, di
svagarsi: decise di aprire una galleria d’arte a Londra, con l’aiuto
del giovane pittore surrealista Humphrey Jennings, iniziò a cercare
uno spazio adatto per la sua galleria.
6
3 ‹‹Bisogna farla finita
LONDRA: GUGGENHEIM con il vecchio ordine
fondato sul culto di
quella trinità abietta:
JEUNE la famiglia, la patria
e la religione.››
Andrè Breton, L’amour fou
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Il fiuto per gli affari, che caratterizzò Peggy in tutta la sua carriera
nel mondo del sistema dell’arte, non si fece sentire subito: lei,
infatti, in questo periodo, nel 1937, pensava che il movimento
surrealista stesse ormai tramontando, mai poteva immaginare che
invece ebbe immensa importanza nella sua vita e che lei divenne
da lì a breve proprio la musa dei surrealisti! Il surrealismo è un
movimento artistico d’avanguardia che nacque ufficialmente con la
Manifesto
pubblicazione a Parigi del nell’autunno del 1924, scritto
da Andrè Breton. In esso il medico, poeta e letterato francese diede
una definizione di Surrealismo:
<<Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di
esprimere ,con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale
funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di
qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni
preoccupazione estetica e morale.>>
Breton era un grande ammiratore delle teorie di Sigmund Feud.
Freud (Freiberg, 1856- Londra, 1939) è stato il padre fondatore della
psicoanalisi, ha elaborato una teoria, secondo la quale l’inconscio
esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero
umano, e sulle interazioni tra individui. Egli affermava che la psiche
è un’unità complessa e conflittuale, e delinea due topiche: la prima
distingueva tre sistemi (conscio, preconscio e inconscio); la
seconda distingueva tre istanze (Es, Io e Super-Io). L’Es è l’insieme
di tutte le pulsioni, obbedisce al principio del Piacere. L’Io è la parte
organizzata che deve equilibrare le istanze diverse e contrastanti di
Es, Super-Io e mondo esterno. Il Super-Io è la coscienza morale. Il
tipo di rapporto tra Io e Es/Super-Io costituisce il criterio di
discriminazione tra normalità e nevrosi.
Le manifestazioni privilegiate dell’inconscio sono secondo Feud i
sogni, gli atti mancati e i sintomi nevrotici. I sogni li distingueva in
contenuto manifesto (la scena onirica come viene vissuta dal
soggetto) e in contenuto latente (le tendenze, i desideri che
originano la scena onirica).
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Breton già agli inizi degli anni Venti teorizzò che <<l’esistenza è
altrove>> e che il ruolo dell’arte doveva essere quello di esprimere
questo “altrove”, situato nelle sfere dell’inconscio e del sogno.
Oltre a Feud influenzarono il Surrealismo le letture di Nietzsche,
Rimbaud e Baudelaire; il punto di riferimento divenne invece la
rivoluzione socialista teorizzata da Karl Marx. Il pensiero surrealista
si manifestò spesso come ribellione alle convenzioni culturali e
sociali, concepita come una trasformazione totale della vita,
attraverso la libertà di costumi, la poesia e l'amore. Si è detto che
non esiste un’arte surrealista, e questo è vero. Peggy adottò questo
stile di vita e si ispirò soprattutto ad Andrè Breton. Per lei tutto era
concentrato appunto sull’amore. Scelse di abitare a Venezia, la
città surreale per eccellenza. Nel surrealismo scoprì il mondo ideale
per vivere la sua vita, la spiegazione del suo strano modo di essere.
Dal surrealismo imparò ad accettare le sue ansie e le sue angosce,
prese la forza necessaria per continuare la ricerca dell’impossibile,
trovò la ricetta giusta per combattere la noia. Insomma, per Peggy
Guggenheim il surrealismo fu la giustificazione necessaria alla sua
vita: fatta di uomini e di bere. A lei, in quanto “musa dei
surrealisti”, tutto era concesso!
Quando Peggy decise di aprire una galleria all’avanguardia a
Londra era inesperta e Marcel Duchamp, amico di vecchia data,
divenne il suo consigliere. Fu Peggy a voler decidere di chiamare la
galleria Guggenheim Jeune, per distinguerla dalla collezione dello
zio Solomon a New York.
La mostra di apertura fu dedicata a Jean Cocteau, artista francese
dotato di una grande versatilità e originalità.
‹‹Era così bello, con il volto affusolato da orientale e le mani dalle lunghe
dita, che non lo potevo rimproverare per il piacere che provava a
contemplarsi.››
Peggy Guggenheim, Con Peggy Guggenheim tra storia e memoria
Il giorno di Natale del 1937 entrò nella vita di Peggy, Samuel
Beckett, e lei subito se ne innamorò. La loro fu una storia
tormentata, Beckett non fu mai veramente innamorato e la tradì
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molte volte. Nel gennaio del 1938 finì la loro relazione e Samuel
una notte fu aggredito, restò molti giorni in ospedale, dove scrisse
una breve poesia in cui rifletteva sulla sua vita amorosa:
vengono
uguali e diverse
con ciascuna è uguale ed è diverso
con ciascuna la mancanza d’amore è uguale
con ciascuna la mancanza d’amore è diversa
Peggy partì per Londra, la attendevano grandi preparativi per
l’inaugurazione della galleria. In questo periodo iniziò la sua vera
collezione.
Il 24 gennaio 1938 ci fu l’inaugurazione della galleria Guggenheim
Jeune. Intanto, a Parigi Marcel Duchamp presentò a Peggy l’artista
di origini russe Vasilij Kandinskij, al quale decisero insieme di
dedicare una sua mostra a Londra. La cosa non fu però affatto
semplice, perché in passato tra lo zio di Peggy, Solomon
Guggenheim e lo stesso Kandinsij c’erano stati dei malintesi che
non si erano ancora risolti. Peggy il 15 febbraio scrisse allo zio
Solomon e alla zia Irene:
“Cari zia Irene e zio Solomon
dopodomani apro una mostra dell’opera completa di Kandinskij.
Sono 34 dipinti a olio e 9 gouaches. E’ la prima volta che ha una
mostra così importante a Londra e spero di collocare qualche pezzo
nei musei inglesi. Vi accludo il catalogo e anche una fotografia di
Kandinskij con la “Tache rouge” del 1921. Sembra che questo
quadro vi interessi moltissimo e non voglio che lo compri nessun
altro senza avvisarvi.
Ho anche un bianco e nero intitolato “Trente”. E’ l’unico rimasto dei
suoi quattro lavori in bianco e nero...
Se voleste comprare qualcosa dalla mia galleria naturalmente ne
sarei felice. Mi incoraggerebbe moltissimo e mi darebbe un ottimo
10 viatico per questa importante mostra. Perciò vi accludo nel catalogo
un listino dei prezzi.
In ogni caso spero che quando sarete a Londra in estate verrete a
vedere la galleria.
Vi abbraccio, Peggy”
A Peggy lo zio non rispose, invece la risposta arrivò dalla baronessa
Rebay, direttrice del museo, nonché amante dello zio. La lettera era
offensiva e Peggy da allora considerò la baronessa sua nemica e il
museo Guggenheim di New York come un grande rivale. Nacque da
qui il desiderio di dimostrare che lei non era da meno dello zio