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Estratto del documento

Influenza delle

organizzazioni criminali

sul tessuto

socio-economico

italiano

 E' normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia

accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura,

altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.

(Paolo Borsellino)

 La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti

umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto

che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere

non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa

battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni. (Giovanni Falcone)

Introduzione

Affronto il colloquio dell’Esame di Stato trattando uno dei temi che ha stimolato la mia curiosità di

conoscere le vicissitudini che hanno modificato profondamente la storia della nazione italiana e la

sua economia negli ultimi cinquant’anni. Frequentando un Istituto Tecnico Commerciale, ho

dunque deciso di parlare dei gruppi a stampo mafioso presenti sul territorio italiano, valutandone

per quanto possibile il loro potere economico e la loro importante influenza sulla nostra società.

Occorre innanzitutto dare un significato concreto al termine organizzazione criminale, si tratta di un

sistema intricato e profondamente radicato nell’economia del Paese, un male difficilmente

estirpabile. Ho voluto definire tali organizzazioni con il termine “sistema”, più persone che si

uniscono in un solo gruppo e si riconoscono in un’unica denominazione. L’organizzazione

improntata quasi esclusivamente su scala gerarchica è tipica del sistema. Le economie criminali

compiono azioni, avverse alla legge, di varia natura con un unico scopo, il profitto. Spesso si

trovano intricate in molteplici attività illecite: traffico internazionale degli stupefacenti, degli

alimenti, dei rifiuti, delle armi, sfruttamento della prostituzione; sono questi solo alcuni degli

intangibili ma profondamente influenti reati riconducibili alle cosche. Esempi noti di organizzazioni

criminali presenti sul nostro territorio sono quelle a stampo mafioso, come Cosa Nostra, Camorra,

‘Ndrangheta, rispettivamente site nel territorio della Sicilia, Campania e Calabria ma non relegate al

solo territorio nazionale bensì estese a quello internazionale. Una delle caratteristiche principali

delle odierne mafie è quella di non avere più dei confini geografici ben definiti in cui muoversi. Da

tempo -sicuramente dal momento in cui sono iniziati i traffici legati agli stupefacenti- la mafia è

diventata un problema nazionale e internazionale. Non solo, ma essa oggi minaccia settori, attività e

persone che fino a qualche decennio fa si ritenevano fuori dal suo raggio d'azione (oggi persino un

insegnante o un pensionato rischia di pagare il "pizzo"). Come si è giunti a tutto questo? Per quanto

riguarda la mafia siciliana le cause storiche sono note più o meno a tutti: la mafia si è impadronita

con la forza e l'inganno del plurisecolare sentimento di ribellione del popolo nei confronti di ogni

forma di potere statale. Un sentimento alimentato dalla lunga catena di torti e soprusi compiuti dai

diversi dominatori dell'isola. All'inizio la mafia cercò di difendere questo sentimento, poi se ne è

servita. La mafia così è diventata il modo d'emanciparsi economicamente della borghesia

meridionale impedita nel suo sviluppo dall'Unità d'Italia, la quale avvenne all'insegna dell'alleanza

tra la borghesia industriale del Nord e i ceti agrari latifondisti del Sud. La mafia ha smesso di

funzionare come organizzazione meramente parassitaria e ha cominciato a influire sulla produzione

economica. Ciò è stato reso possibile dalla rapida accumulazione di capitali realizzata a partire dalla

seconda metà degli anni '70, con il commercio mondiale dell'eroina. I profitti qui sono enormi

poiché è molto grande il dislivello fra il prezzo d'acquisto della materia prima e il prezzo di vendita

del prodotto. La mafia siciliana controlla il commercio dell'eroina in tutta l'Europa occidentale e nel

mercato USA ne controlla almeno il 30%. Pur continuando con i soliti sistemi delle estorsioni,

dell'usura, dell'omertà, degli omicidi, ecc., essa dal dopoguerra ha cominciato a gestire nuovi settori

commerciali: l'edilizia, i lavori pubblici, gli appalti statali o degli enti locali, ecc. La grande

occasione tuttavia le è stata offerta dalla droga e ultimamente anche dal commercio delle armi.

Procedo con una primissima breve analisi strettamente economica delle suddette organizzazione a

stampo mafioso:

1) Cosa Nostra:

Secondo recenti stime fornite dall’Eurispes (istituto privato di studi politici, economici e sociali)

sembra che il giro d'affari di Cosa nostra ammonti a quasi 13 miliardi di euro l'anno, così suddivisi:

 8,005 miliardi di euro l'anno dal traffico di droga;

 2,841 miliardi da crimini legati ad imprese (appalti truccati, aziende che lavorano per il

riciclaggio di denaro sporco, ecc...);

 1,549 miliardi dal traffico di armi;

 351 milioni dall'estorsione e dall'usura;

 176 milioni dalla prostituzione.

2) Camorra:

Sempre secondo i recenti dati forniti dall’Eurispes sembra che la Camorra guadagni:

 7,230 miliardi di euro dal traffico di droga;

 2,582 miliardi da crimini legati all’imprenditoria (appalti truccati, riciclaggio, ecc);

 258 milioni dalla prostituzione;

 2,066 miliardi dal traffico delle armi;

 362 milioni dall’estorsione e dall’usura.

Il giro d’affari complessivo è stimabile attorno ai 12 miliardi e mezzo di euro. A questo elenco

vanno aggiunti gli introiti derivanti dallo smaltimento illegale dei rifiuti, attività estremamente

lucrosa che alcuni esperti ritengono stia conducendo verso il progressivo degrado ambientale vaste

zone di campagna nelle province di Napoli e Caserta.

3) ‘Ndrangheta:

Nel 2008 l’ultimo rapporto dell’Eurispes rivela un giro di affari riconducibili alla ‘Ndrangheta di

circa 44 miliardi di euro. Pari al 2.9% del PIL italiano, una fetta di economia del nostro Paese, il

62% degli introiti deriva dal traffico internazionale degli stupefacenti.

 27,240 miliardi di euro dal traffico di droga;

 5,775 miliardi da imprese e appalti pubblici;

 5 miliardi di euro da estorsione e usura;

 3 miliardi di euro dal traffico delle armi;

 2,867 miliardi di euro dalla sfruttamento della prostituzione.

Questi guadagni rendono la ‘Ndrangheta una delle mafie più ricche del mondo.

Considerando il totale dei capitali riscossi annualmente da queste tre organizzazioni, stimato in 70

miliardi di euro credo sia facile immaginare la reale influenza esercitata sull’economia pubblica e

su quella privata. Storia

1. Le origini della mafia siciliana:

La mafia è una forma di criminalità organizzata che non solo è attiva in molteplici campi illegali,

ma tende anche ad esercitare funzioni di sovranità, normalmente riservate alle istituzioni statali, su

un determinato territorio. Si tratta quindi di una forma di criminalità che presuppone alcune

condizioni: l'esistenza di uno Stato di tipo moderno, la rivendicazione del monopolio legittimo della

violenza, un'economia libera da vincoli feudali, l'esistenza di individui in grado di poter operare “in

proprio”, imponendo anche alle classi dirigenti la propria mediazione violenta.

La definizione riportata descrive le condizioni nelle quali viene a trovarsi la Sicilia dopo

l'abolizione del sistema feudale, proclamata dal Parlamento siciliano nel 1812.

Il trasferimento di gran parte della proprietà terriera alla “borghesia”, e quindi il nascente

accentramento amministrativo, indusse i nuovi proprietari ad organizzare “bande” o “squadre”

indispensabili per la realizzazione del controllo territoriale. Compiti di queste ultime erano: l'offerta

di "mediazione" fra ladri e derubati e, più in generale, fra i braccianti, i contadini e i nuovi

proprietari, la protezione degli affiliati, e la corruzione dei funzionari pubblici. Inoltre le "cosche" si

affermarono progressivamente come "istituzioni di soccorso", capaci di superare con successo ogni

conflitto anche con gli organi statali.

Nel periodo seguente l'Unità d'Italia, cioè a partire dal 1860, si videro i primi esperimenti di

coordinamento fra cosche; la sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte del governo centrale,

restio ad avviare un'efficace azione repressiva, consentì la penetrazione della mafia nelle istituzioni

legali, contribuendo a legittimare ulteriormente il potere mafioso agli occhi dei siciliani.

2. Nel ventennio fascista e nel secondo dopoguerra:

La campagna repressiva contro la mafia, voluta da Benito Mussolini (1883-1945) dopo un viaggio

in Sicilia nel maggio del 1925 e affidata al prefetto Cesare Mori (1872-1942), si articolava su un

piano sia repressivo che sociale: sotto il primo profilo, si faceva ricorso a misure di polizia che si

proponevano di sradicare i mafiosi dai territori controllati e di attaccarne il prestigio presso le

comunità; dal punto di vista sociale, l'azione era rivolta a neutralizzare il peso del ceto intermedio,

abolendo le elezioni politiche e amministrative e riservando allo Stato le funzioni di protezione e di

regolamentazione economica. "Entro breve tempo - constatò il sociologo tedesco Henner Hesse -

con queste misure si riuscì a spezzare il potere dei mafiosi, da un lato perseguitandoli, dall'altro

rendendoli superflui". Con la caduta di Mussolini, alla fine della seconda guerra mondiale, la mafia

riapparve come per magia. Gli “uomini d'onore”, tutti antifascisti convinti, passarono direttamente

dal carcere alle cariche pubbliche: in realtà, gran parte dei mafiosi era sfuggita alla repressione

fascista rifugiandosi negli Stati Uniti d'America, dove dettero vita all'Unione siciliana, che più tardi

assumerà il nome di Cosa nostra. Ora alleandosi col fronte separatista, ora sostenendo la proprietà

agraria, ora schierandosi con il movimento contadino, essa si confermò compagine multifunzionale

e interclassista, legata ad un determinato ambito territoriale, pur se la parentesi americana l'aveva

munita di una preziosa rete di collegamenti internazionali.

.3 Dal controllo degli appalti al traffico degli stupefacenti:

Con l'espansione dell'intervento dello Stato nell'economia (1950), la mafia da "rurale" diventò

"urbana", attirata da nuove fonti di profitto: l'edilizia, i mercati generali e gli appalti. In questi

settori, essa si presentò dapprima nelle vesti tradizionali di protettrice, imponendo tangenti agli

imprenditori, finendo poi per gestire in proprio l'iniziativa imprenditoriale, che poteva contare su

efficaci metodi di "scoraggiamento" della concorrenza e sull'accaparramento dei finanziamenti

pubblici. Nel frattempo la mafia appoggiò il movimento indipendentista siciliano e per ribadire la

propria egemonia sull'isola intervenne nella repressione delle proteste contadine fino a

commissionare al bandito Salvatore Giuliano la strage di Portella della Ginestra (1947), quando

decine di braccianti riuniti per festeggiare il Primo maggio vennero sterminati da colpi di arma da

fuoco. Sono questi gli anni in cui divenne particolarmente intenso il rapporto fra cosche mafiose e

partiti politici, per i quali la mafia non mostrava alcun interesse "ideologico", limitandosi a

indirizzare il consenso verso lo schieramento in grado di fornire le maggiori garanzie di

conservazione del proprio potere, anche economico.

Dopo aver superato, senza subire danni strutturali, i primi processi (alla fine degli anni ’60), la

mafia durante tutto il decennio successivo, anche approfittando dell'impegno dello Stato sul fronte

del terrorismo, svolse un'opera d'imponente rafforzamento del proprio tessuto organizzativo allo

scopo di renderlo adeguato ai mutati scenari criminali. Infatti, in quegli anni, prima il contrabbando

di tabacchi lavorati esteri e poi il traffico degli stupefacenti, comportando un massiccio afflusso di

liquidità, imposero alle cosche mafiose la necessità di un raccordo operativo, indispensabile per

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