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durante il regime fascista, viene rappresentato senza un intenzionale presupposto di critica (come

dirà Moravia anni dopo) ma evidentemente ciò era congeniale al suo spirito; di fatto però ci

troviamo di fronte al primo romanzo esistenzialista, che partecipa al nascente clima esistenzialista

europeo in una vicenda concreta e radicata in un contesto storico reale ed attuale. Il romanzo narra

la storia di una famiglia i cui componenti, legati da una vicenda di corruzione e di viltà, sono

fondamentalmente dei vinti, vinti dalla loro apatia, dalla assenza totale di orgoglio e dignità morale.

La collaborazione ai giornali e il regime fascista

Dal 1930 iniziò a collaborare con La Stampa, allora diretta da Curzio Malaparte e nel 1933 fondò,

insieme a Mario Pannunzio, la rivista "Caratteri", che vedrà la luce per soli quattro numeri e la

rivista Oggi.

Sempre nel 1933 iniziò a collaborare con la Gazzetta del Popolo, ma il regime fascista avversò la

sua opera vietandone le recensioni a Le ambizioni sbagliate, sequestrando La mascherata e vietando

la pubblicazione di Agostino.

Nel 1935 si recò in America dove, invitato da Prezzolini, allora direttore della Casa Italiana della

Columbia University di New York, tenne alcune conferenze sul romanzo italiano

Il ritorno in Italia e la censura del regime

Ritornato in Italia scrisse un libro di racconti lunghi intitolato L'imbroglio che verrà pubblicato da

Bompiani nel 1937.Per evitare la censura del regime Moravia scriverà negli anni del fascismo

racconti allegorici e surreali, tra i quali I sogni del pigro pubblicato nel 1940 e nel 1941 il romanzo

La mascherata che però verrà sequestrato in occasione della seconda edizione. Da questo momento

sarà costretto a pubblicare i suoi articoli sui giornali e sulle riviste sotto pseudonimo.

Nel 1941 si sposò in chiesa con la scrittrice Elsa Morante che aveva conosciuto nel 1936 e con lei

visse per un lungo periodo a Capri, dove scriverà il romanzo

Agostino. Si separarono poi nel 1962.

La ciociara

Dopo gli avvenimenti dell'8 settembre del 1943 si rifugiò con la

moglie a Sant'Agata (territorio di Fondi), un villaggio montano di

pastori provenienti da Vallecorsa (Ciociaria) presso la famiglia

Marrocco-Mirabella, da questa esperienza e dal rapporto con

questa famiglia nascerà il romanzo La ciociara. Il romanzo fu

scritto in due epoche diverse: le prime pagine le scrisse nel 1944

sospinto dal nuovo incontro con il popolo, liberato della

dominante retorica e dei falsi obiettivi del regime, mentre il corpo centrale dell'opera lo sviluppò

tredici anni dopo, in un momento di crisi della sua narrativa. La ciociara risulterà opera alta e

pietosa; attraverso la maturazione del personaggio di Cesira lo scrittore intese descrivere tutta la

confusa e disperata realtà italiana di quel periodo della seconda guerra mondiale.

La Liberazione e il ritorno all'attività letteraria

Con l'annuncio della Liberazione lo scrittore ritornò a Roma e riprese la sua attività letteraria e

giornalistica collaborando con Corrado Alvaro a "Il Popolo di Roma", a "Il Mondo", all'"Europeo" e

soprattutto al "Corriere della Sera" dove sarà presente fino alla morte con i suoi réportages, le sue

riflessioni critiche e i suoi racconti.

Gli anni che seguono il dopoguerra vedranno aumentare la fortuna letteraria e cinematografica dello

scrittore, che pubblicò La romana (1947), i racconti La disubbidienza (1948), L'amore coniugale e

altri racconti (1949) e il romanzo Il conformista (1951).

Nel 1952 gli venne assegnato il premio Strega per I racconti e iniziarono le traduzioni dei suoi

romanzi all'estero e i film tratti dai suoi racconti e romanzi

Nel 1953 fondò con Alberto Carocci la rivista Nuovi Argomenti della quale divenne il redattore e

come collaboratore l'amico Pier Paolo Pasolini.

Nel 1957, in seguito alla pubblicazione dell'opera I racconti romani, gli sarà assegnato il Premio

Marzotto. Scriverà intanto il romanzo Il disprezzo e sulla rivista "Nuovi Argomenti" il saggio

L'uomo come fine.

Scrisse inoltre alcune importanti prefazioni, come quella ai Cento sonetti del Belli, al Paolo il caldo

di Brancati e a Passeggiate romane di Stendhal.

Nel 1957 iniziò a collaborare all'Espresso tenendo un'accurata rubrica di critica cinematografica, le

cui recensioni verranno pubblicate nel 1975 in un volume intitolato Al cinema. Nel 1971 fu tra i

firmatari del documento pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi

Calabresi.

Nel 1960 con la pubblicazione La noia gli verrà assegnato il premio Viareggio e nel 1960

Vittorio De Sica realizzerà il film La ciociara, tratto dall'omonimo libro.

Separatosi da Elsa Morante nel 1962 andò a vivere con la giovane scrittrice Dacia Maraini.

Verrà intanto realizzato il film diretto da Mauro Bolognini Agostino e la perdita dell'innocenza nel

1962 e nel 1963 Il disprezzo dal regista Jean-Luc Godard, La noia con la regia di Damiano Damiani

a cui seguiranno nel 1964 Gli indifferenti di Francesco Maselli.

Nel 1967 si recò in Cina, in Giappone e in Corea, insieme alla compagna Maraini, come

corrispondente, ed i suoi articoli verranno raccolti nel 1968 in un volume intitolato La rivoluzione

culturale in Cina. Nello stesso anno, scoppiata la Contestazione, fu uno dei pochi intellettuali a

cercare di venire incontro ai giovani "ribelli"; proprio per questo motivo, tentò di tenere una

conferenza alla Sapienza di Roma, ma venne malamente respinto dagli studenti ("Mao sì, Moravia

no!").

Presso la sede di Mosca della "Pravda" dividerà la stanza con lo scrittore Nikolaj Sanvelian che

verso la metà degli anni '80, con l'avvio della glasnost e della perestroika gorbaceviane, lo

coinvolgerà nella creazione dell' Associazione internazionale degli intellettuali e creativi "Myr

Cultura", voluta a Mosca per riunire l' intellighenzia ufficiale a quella emarginata ed aprirsi

all'Europa ed al mondo. Oltre a Dmitry Likhachev e Sergej Averintsev, filologi, ed agli altri

maggiori esponenti della cultura sovietica, vi parteciperanno gli italiani Mario Rigoni Stern e

Giancarlo Pallavicini.

Il viaggio ad Hiroshima

Il viaggio compiuto nel 1982 in Giappone e la sosta a Hiroshima gli faranno scrivere tre inchieste,

che pubblicherà per l'"Espresso", sulla bomba atomica, tema che sarà poi al centro del romanzo

L'uomo che guarda del 1985, ma soprattutto del particolare saggio L'inverno Nucleare strutturato

lungo interviste che l'autore pone a studiosi scientifici e politici del tempo, dalle cui pagine

traspaiono anche la precarietà e l'aridità umana che il periodo successivo alla bomba atomica

inevitabilmente ha lasciato.

La nuova compagna della sua vita

La seguente raccolta di racconti dal titolo La cosa, sarà dedicata dallo scrittore alla sua nuova

compagna Carmen Llera, che sposerà in Campidoglio nel 1986 e che susciterà un certo scandalo per

il fatto di essere quarantacinque anni più giovane di Moravia.

Nel 1984 verrà eletto deputato europeo nelle liste del PCI, mandato che coprirà per cinque anni.

Gli ultimi anni di vita

Da Strasburgo dove si recò come inviato del "Corriere della Sera" lo scrittore inizierà nel 1984 la

corrispondenza Il Diario europeo e nel 1986 verrà pubblicato un volume dal titolo L'angelo

nucleare e altri scritti teatrali curato da Renzo Paris e il primo volume delle Opere (1927-1947)

curato da Geno Pampaloni. Nel 1989 uscirà, a cura di Enzo Siciliano, il secondo volume delle

Opere (1948-1968). Nel settembre 1990 Moravia venne trovato morto nel bagno del suo

appartamento in Lungotevere della Vittoria, sempre a Roma. Nello stesso anno uscirà la sua

autobiografia, scritta insieme ad Alain Elkann, ed edita da Bompiani: Vita di Moravia.

Poetica

Il realismo

La passione civile e la curiosità culturale, che hanno

accompagnato Moravia per tutta la sua attività

letteraria, lo rende scrittore impegnato sempre teso

verso la razionalità. L'opera di Moravia è legata al

realismo ed egli indaga le patologie delle classi sociali,

specialmente dell'alta e della media borghesia.

Moravia riesce a distaccarsi dalla sua materia in modo

lucido e a descrivere in modo minuziosamente

oggettivo le varie realtà, come nella migliore tradizione della narrativa verista, senza lasciarsi

tentare da alcuna compiacenza narrativa sempre tesa a ricreare i caratteri e soprattutto gli stati

d'animo.

Lo stile

Lo stile della sua prosa è spoglio e disadorno, le parole volutamente povere e comuni per

concentrarsi sulla costruzione del periodo con una sintassi elaborata. Ogni proposizione della sua

prosa corrisponde a singole osservazioni psicologiche che si incastrano in un montaggio perfetto

fino ad affermare uno stato d'animo particolare. Il suo è uno stile esclusivamente da narratore che

non si compiace di effetti lirici ma si affida esclusivamente allo svolgersi del periodo.

Nelle opere più tarde la sua prosa diventa sempre più scarna legata ad una struttura dialogica che

rende più evidente il monologo interiore come è tipico della grande narrativa del novecento.

L'ideologia della trasgressione

I rapporti tra l'individuo e la società, tra l'es e il super-io vengono analizzati attraverso il tema del

sesso secondo una tematica freudiana e marxista che segue le ideologie della trasgressione sia nella

sfera politica, sia in quella privata.

La noia (romanzo)

«Per molti la noia è il contrario del divertimento; e divertimento è distrazione,

dimenticanza. Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire,

anzi, addirittura, che per certi aspetti essa rassomiglia al divertimento in quanto,

appunto, provoca distrazione e dimenticanza, sia pure di un genere molto particolare.

La noia, per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità

della realtà»

ueste sono le parole usate da Dino, protagonista de La noia, per dare sfogo ad una visione

esistenziale propria, sottomessa alle sfaccettature della particolarità di un carattere strano,

il suo. Si viene, così, facilmente catapultati nel mondo fatto prosa, in un'opera assai

incisiva all’interno del mare magnum della produzione moraviana. Pubblicato nel 1960,

La noia ottenne lo stesso successo de Gli indifferenti e de La romana, vincendo, nel 1961, il

meritato Premio Viareggio.

Non è difficile decifrare la personalità di Dino, il quale, narrando di sé nelle pagine del prologo,

conduce senza deviazioni ai personaggi di Svevo, alienati dalla società e incapaci di vivere

serenamente. I termini scelti per ritrarre con parole lineamenti e fattezze proprie, nel protagonista

rivelano una certa, inequivocabile frustrazione: «Io non sono bello essendo precocemente calvo, con

un volto per lo più fosco e grigio». E grigia e fosca, evidentemente, appare dall’inizio anche la sua

vita.

Dino, così come egli stesso racconta, inizia a patire la noia già da bambino, risultando, per questo

motivo, insulso e lento anche negli studi. Per la stessa, insostenibile causa, complesso è per lui

anche divertirsi, leggere un libro. Ormai adulto, divenuto pittore, dichiara di sentirsi soffocare ancor

più che in passato. Respira a fatica, vinto da un'oppressione infinitamente rotante: «Avevo sperato,

come ho già detto, che la pittura avesse debellato la noia; ma mi accorsi quasi subito che non era

così. Ripresi, dunque, a soffrire di noia nonostante la pittura; anzi, poiché la noia interrompeva

automaticamente la pittura, mi resi conto della intensità e frequenza del mio vecchio male con

maggiore precisione di quando non dipingevo».

Dino è invaso da un’originaria ossessione che gli mostra la noia come logica conseguenza dell'

essere ricco. Ed è proprio della ricchezza che egli prova a liberarsi con spasimante fremito, quasi in

un atteggiamento di convulsa nevrosi. Si rende poi conto dell' impotenza ad attuare il mutamento:

«non si poteva rinunciare alla propria ricchezza; essere ricchi era come avere gli occhi azzurri o il

naso aquilino». Ogni pretesto e molte occasioni per Dino sono utili mezzi lungo la scia della

premeditata fuga da una sgradita inclinatura sociale. Riesce a concepire un'idea che gli appare

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