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Introduzione Mafia è Cosa Nostra - Tesina
Il tema che affronto oggi nella mia tesina di maturità è la Mafia. Ho deciso di portare quest'argomento nella mia tesina, perché ritengo che ci sia troppa disinformazione, non solo nei Paesi esteri, ma anche nel nostro Paese. Se si chiede alla maggior parte dei ragazzi che cos'è Cosa Nostra non sanno rispondere. Io posso ritenermi esclusa da questa categoria perché avendo parenti calabresi e siciliani ho sempre sentito parlare della mafia sin da piccola, però anche io fino a qualche tempo fa ero completamente all'oscuro di come funzionasse quest'organizzazione.
Questo ha portato inevitabilmente alla paura di andare a trovare i miei nonni e i miei zii perché ero assolutamente convinta che tutti fossero mafiosi e da per tutto ci potevano essere agguati e sparatorie un po’ come viene dipinta la realtà di quest’isola nei film. Il problema è che queste convinzioni non le ha solo un'adolescente, ma molto spesso
le hanno anche gli adulti che magari non abitano Sicilia, ma comunque in Italia o provengono dall'estero e tutto questo va a discapito degli abitanti Siciliani che vengono etichettati tutti come “mafiosi”, quando la maggior parte di essi prova
vergogna e disprezzo per Cosa Nostra. Ritengo che della mafia bisognerebbe parlarne più spesso, a partire dalla scuola così che si possa essere sempre informati. Da qui il bisogno di conoscere e di informarmi sul perché in Sicilia sia potuta nascere quella che, come la definisco io, è il cancro della nostra società meglio conosciuta come mafia.
Collegamenti
Mafia è Cosa Nostra - Tesina
Introduzione -
Breve introduzione sul perché è stato scelto questo tema e il significato del termine "mafia"
.Storia -
La storia di Cosa Nostra
.Italiano -
Leonardo Sciascia
.Inglese -
Al Capone
.Geografia -
Gli Stati Uniti
.Regole
Per diventare uomini d'onore bisogna dar prova di coraggio (sino a uccidere), non
essere imparentati con forze dell'ordine, non tradire il proprio coniuge né divorziare,
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ecc. Il candidato, prima di essere accettato, viene tenuto sotto controllo, frequentato
dai mafiosi, poi viene condotto in un luogo solitario, dove alla presenza di almeno tre
testimoni, presta il giuramento di fedeltà. Prende in mano un'immagine sacra, si
punge un dito e la bagna col suo sangue, poi le dà fuoco e la tiene tra le mani finché il
santino si riduce in cenere. Nel frattempo pronuncia la formula di rito, che si
conclude con le parole: "Le mie carni debbono bruciare come questa santina se non
manterrò fede al giuramento". Dopo questa cerimonia conoscerà tanti più segreti e
traffici della mafia quanto più elevato sarà il suo grado.
Ogni uomo d'onore è tenuto al silenzio, cioè a non fare troppe domande, a non
comunicare ad estranei la sua appartenenza alla mafia; né deve avere rapporti con
polizia o giudici. Quando parla di fatti riguardanti Cosa Nostra con altri mafiosi ha
sempre l'obbligo di dire la verità. Chi mente può essere espulso o ucciso.
Uomo d'onore si resta fino all'espulsione o alla morte. Quand'egli è in carcere, Cosa
Nostra si preoccupa di fornire assistenza ai familiari e di pagare gli avvocati. Se
l'arrestato è un capo-famiglia, viene sostituito dal suo vice, finché resta in carcere, ma
non per questo perde il potere.
Per realizzare i loro affari, gli uomini d'onore di Cosa Nostra ricorrono
sistematicamente alla sopraffazione, calpestando i diritti dei cittadini; alterano i
meccanismi del mercato, pretendendo il pizzo (ossia il pagamento periodico di una
determinata somma di denaro, per esercitare varie attività economiche) o imponendo
che i lavori pubblici vengano assegnati a loro imprese.
La lotta contro la mafia
Alla fine degli anni Settanta la mafia scatenò un'offensiva terroristica senza
precedenti contro le autorità dello Stato, una e vera e propria intimidazione che
culminò il 3 settembre 1982 con l'assassinio del generale Dalla Chiesa, da pochi mesi
prefetto di Palermo.
La reazione dello Stato fu incarnata dalla magistratura palermitana, in particolare dal
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pool antimafia guidato dal consigliere istruttore Antonino Caponnetto e costituito dai
giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnetta, Giuseppe Di Lello.
Nel 1982 il Parlamento italiano approvo' una legge che riconosceva l’esistenza di
un’associazione a delinquere di stampo mafioso e introdusse l'art. 41 bis che prevede
il carcere duro per i reati di mafia.
Grazie alle rivelazioni di Tommaso Buscetta (primo
pentito di Cosa Nostra) il Pool antimafia riuscì ad
attivare contro Cosa Nostra il maxiprocesso di
Palermo (1986-87), dove vennero processati 456
uomini per reati legati all'attività mafiosa e 344 di
loro furono condannati a varie pene detentive, tra cui 19 ergastoli. Per la prima volta
la mafia veniva colpita con estrema durezza, anche perché tra i condannati non vi
erano solo gregari, ma anche capi mafiosi.
La mafia cercò di mostrarsi ancora forte e capace di reagire e colpì con azioni
d'inaudita violenza alcuni dei magistrati del pool.
Il 23 maggio 1992 il giudice Giovanni Falcone rimase
vittima della strage di Capaci: i mafiosi fecero saltare con
una tremenda esplosione un tratto dell'autostrada
Palermo-Punta Raisi uccidendo, oltre al giudice, sua
moglie e tre agenti della scorta. A neanche due mesi di
distanza, il 19 luglio, toccò a Paolo Borsellino essere ucciso, insieme ad altri cinque
agenti della scorta, da un'autobomba esplosa in via d'Amelio a Palermo.
Queste stragi in Sicilia hanno portato ad una durissima presa di posizione nei
confronti della mafia di tutta la società civile. L'ultimo importante attacco sferrato
alla mafia è stato l'arresto nel 2006 di Bernardo Provenzano.
Come si è visto, la lotta a Cosa Nostra ha dunque ottenuto importanti risultati con
l'arresto di molti boss, ma le cosche sono tuttora una realtà ramificata in tutta l'Italia
e, dopo le sconfitte subite, hanno deciso negli ultimi anni di agire nell'ombra
abbandonando, per il momento, la sfida aperta alle istituzioni. 5
Nato nel 1921 a Racalmuto in provincia di Agrigento
da una famiglia piccolo borghese, Sciascia è stato il
primo a parlare di mafia e a mostrarne i delitti e le
connessioni con la politica. Siamo nel 1961, e ancora
nessuno ha il coraggio di pronunciare la parola
“mafia”. Per i politici non esiste un problema
mafioso in Sicilia, nei verbali dei tribunali e dei carabinieri solo raramente salta fuori
questa parola, senza mai che vi siano indagini approfondite sull’organizzazione.
Così Sciascia decise di affrontare il problema della mafia scrivendo Il giorno della
civetta del 1961, un romanzo di un fatto realmente avvenuto, ovvero l’omicidio del
sindacalista comunista Accursio Miraglia, assassinato dalla mafia a Sciacca nel
gennaio del 1947.
Negli anni Settanta e Ottanta la sua figura di intellettuale impegnato nella battaglia
civile assunse sempre maggior peso nella vita nazionale. Fu deputato dal 1979 al
1983 e in questi anni la sua attività intellettuale e civile si indirizzò soprattutto sul
pericolo della mafia, sull'oscura rete di collusioni che la legava al potere politico, e
con le sue posizioni suscitò aspre polemiche.
Fondamentalmente, lo scrittore siciliano sa quanto sia difficile, se non impossibile,
rimuovere il sistema mafioso. In effetti, nei suoi libri non manca una lotta coraggiosa
al crimine, ma non c’è mai autentica vittoria, neppure proiettata nel futuro: c’è
l’esempio morale di pochi contro l’immoralità di molti.
Sciascia insiste con la morale, non si arrende all’evidenza dei fatti, altrimenti non
denuncerebbe gli imbrogli politici e mafiosi ed esiste nello scrittore la speranza di un
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cambiamento. La scrittura di Sciascia è quindi in certo qual modo faticata per via
dell’enormità del tema trattato.
Il giorno della civetta
Protagonista del romanzo è il capitano Bellodi, un ex partigiano settentrionale che
conduce un’inchiesta in Sicilia per trovare i mandanti di un delitto di mafia, in cui
venne coinvolto Salvatore Colasberna, il presidente di una cooperativa. Viene
successivamente assassinato anche il testimone dell’accaduto, ma Bellodi riesce a
risalire al capomafia della zona, Mariano Arena e lo incrimina. Agli imputati vengono
però forniti alibi falsi e vengono tutti scarcerati, poiché appoggiati a politici corrotti.
Bellodi, che era stato rimandato al Nord, decide a questo punto di continuare
l’inchiesta e quindi tornare in Sicilia per riprendere il proprio lavoro. “Mi ci romperò
la testa” dice il capitano.
Si tratta di una reale volontà di lottare contro il sistema ormai corrotto. Leonardo
Sciascia ha avuto molto coraggio nello scrivere, spiegare e illustrare in un libro di
dominio pubblico la mafia siciliana. Ha avuto coraggio nel prendere posizione e ha
scelto di prenderla contro la mafia scrivendo un breve, ma intenso e trasparente
romanzo.
Sciascia narra coraggiosamente del modus operandi della mafia e soprattutto delle
relazioni che intercorrono tra essa e la politica, ma non nel modo in cui avrebbe
voluto. Egli stesso nella nota scrive "Non ho scritto comunque con quella piena
libertà di cui uno scrittore dovrebbe sempre godere".
Il giorno della civetta ha comunque segnato una tappa importante nella letteratura,
ma ancora di più nell'ambito sociale/politico. 7
A ciascuno il suo
Nell’estate del 1964, il farmacista Manno riceve dal postino una lettera anonima che
lo minaccia di morte. Uomo tranquillo, esterno alla politica ed in grado di avere un
rapporto sereno con chiunque, egli si meraviglia molto dell’accaduto. Ha, come unico
divertimento, la caccia. Nascono dunque dei sospetti legati a questa passione, ma
nessuno mai potrebbe avercela con lui. E’ quindi convinto che si tratti di uno scherzo,
causato dall’invidia di alcuni suoi colleghi cacciatori. Una sera però, dopo una battuta
di caccia, viene ucciso insieme ad uno dei suoi cani ed all'amico, il dottor Roscio. Gli
inquirenti cercano quindi di risolvere la causa del misterioso omicidio di due persone
apparentemente tranquille e perbene. Essi pensano che tutto sia stato causato da una
relazione che Manno aveva con una frequentatrice della farmacia, ma questa ipotesi
si rivela errata. Si basano infine su dei resti di ceneri lasciate da un sigaro di marca
“Branca”.
Una diversa pista segue invece il professor Laurana, attratto dall'unicuique che nota
scritto (con lettere ritagliate da un giornale) sul retro della lettera anonima. Si tratta
senza ombra di dubbio di un ritaglio ricavato dall'Osservatore romano, che in paese
ricevono solo due persone: il parroco di Sant’Anna e l’arciprete. Il professor Laurana,
basandosi proprio sull’unicuique, che significa “a ciascuno il suo”, imbocca la strada
esatta: il farmacista non c'entra niente, in quanto la sua uccisione serviva soltanto per
portare fuori strada le indagini; era il dottor Roscio il vero bersaglio dell'agguato.
Aiutato da alcuni personaggi essenziali, quali appunto il parroco di Sant’Anna,
l’arciprete, il padre di Roscio ed alcuni suoi amici, riesce a trovare la risoluzione
corretta: il dottor Roscio aveva scoperto la relazione che sua moglie, Luisa, aveva con
suo cugino, l'avvocato Rosello, e che ormai continuava da anni. A causa
dell’ultimatum che il dottor Roscio aveva lanciato a Rosello, l’avvocato reagisce
facendolo uccidere da un sicario. L’ultimatum infatti prevedeva che, se non fosse
terminata la tresca con sua moglie, Roscio, avrebbe fatto scoppiare uno scandalo sulla
base di documenti compromettenti personalmente procuratisi. Laurana si propone di
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tenere per sé i risultati della sua indagine, continuando per la sua strada. Ma non ci
riesce in quando viene sedotto ed ingannato dalla bella Luisa, che, in accordo con il
cugino, vuole liberarsi della pericolosa testimonianza che avrebbe potuto costituire.
Mentre il professor Laurana giace in una solfatara, Rosello e la vedova Roscio si
sposano, giungendo dunque al loro obiettivo finale.
Anche in questo romanzo la tematica principale è la mafia. L’autore fa prevalere la
realtà siciliana sia di quel periodo, ma anche attuale, in cui una minaccia di morte non
verrebbe presa così seriamente come invece andrebbe fatto. Presente e costante sullo
sfondo, vi è l'analisi accurata dell'animo sicil