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fisica-il pendolo
italiano-Leopardi e Montale(male di vivere)
Latino-Seneca (de tranquillitate animi)
Francese-Baudelaire(Spleen-Les Fleurs du mal)
Arte-E.Munch(l urlo)
tedesco-Goethe(die leiden des jungen Werthers)
inglese-S. Beckett(Waiting for Godot)
matematica-funzioni monotone
ARTHUR SCHOPENHAUER:
Schopenhauer diceva che: “la vita è un pendolo che oscilla incessantemente tra noia e dolore,
passando per intervalli fugaci e per di più illusori di piacere”
Secondo Schopenhauer la vita è caratterizzata dal dolore in quanto, il desiderare qualcosa
porta ad uno stato di tensione, per la mancanza di ciò che si vorrebbe avere.
Il desiderio risulta quindi per definizione,assenza, vuoto, ossia dolore.
La condizione umana è quindi secondo Schopenhauer un’ oscillazione tra due sentimenti:
-il dolore arrecato dal continuo desiderio di qualcosa;
-la noia che incombe quando il desiderio viene appagato e non si desidera nulla.
Questi due sentimenti sono l’ uno peggio dell’ altro in quanto arrecano sofferenza al’ uomo.
Il piacere è dato secondo Schopenhauer da una cessazione momentanea del dolore,ma è un
sentimento breve e illusorio nella vita umana.
La condizione di dolore esistenziale è vista in due noti poeti: Giacomo Leopardi e Eugenio
Montale.
GIACOMO LEOPARDI-MALE DI VIVERE:
Secondo Giacomo Leopardi, l’ uomo è per sua natura destinato all’ infelicità. Egli infatti aspira
ad un piacere duraturo e infinito e finisce ben presto con lo scoprire che ciò non è possibile; si
forma quindi un senso di insoddisfazione perpetuo che non fa altro che generare
continuamente dolore, ovvero un vuoto nell’ anima che porta a concepire il senso di nullità di
tutte le cose. L’ infelicità non è quindi altro che l’ assenza e il non raggiungimento del piacere.
In una prima fase del suo pensiero, egli concepisce l’ idea secondo cui la profonda infelicità
dell’ uomo moderno consisterebbe nel suo graduale arricchimento conoscitivo e nel progresso
della civiltà e della ragione.
L’ infelicità sarebbe quindi da imputare fondamentalmente alla storia: il pessimismo storico è
quindi il pensiero secondo cui l’ infelicità è sempre esistita, ma gli antichi non se ne rendevano
conto, perché distratti dalle illusioni, le quali producono nell’ uomo una felicità che non è reale,
perché mascherano la vera realtà che è fatta di sofferenza.
Terminata la fase del pessimismo storico, Leopardi perviene a quella del pessimismo cosmico,
giungendo alla famosa concezione della natura come matrigna cattiva, cioè di una natura che
non vuole più il bene e la felicità per i suoi “figli”.
La natura è infatti la sola colpevole dei mali dell’ uomo; essa è ora vista come un organismo
che prosegue incessantemente il suo compito di conservazione del mondo in quanto
meccanismo crudele che fa nascere l’ uomo per destinarlo alla sofferenza.
EUGENIO MONTALE-MALE DI VIVERE:
Per Eugenio Montale quella dell’ uomo è una condizione altrettanto difficile e che non lascia
spazio alle illusioni. Attraverso gli elementi descritti nelle sue poesie, l’ autore identifica la
situazione dell’ uomo nel mondo, risultando estraneo alla realtà.
L’ uomo moderno non riesce a capire la realtà:tutto ciò porta ad una paralisi conoscitiva, per la
quale l’ individuo rimane sbalordito di fronte ad una realtà che non riesce a conoscere a fondo.
La poetica di Montale è quindi definita del “correlativo oggettivo”: ogni oggetto è emblema di
una condizione esistenziale. Questo avviene anche nella famosa poesia:SPESSO IL MALE DI
VIVERE HO INCONTRATO.
Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
In questa lirica, concisa ed essenziale ma al tempo stesso efficace, il male di vivere si
configura come la condizione esistenziale per eccellenza dell’ uomo moderno, che Montale
non spiega ma incarna in alcuni elementi (quali, ad esempio, il rivo strozzato,l’ accartocciarsi
della foglia, e il cavallo stramazzato).Nella lirica risalta inoltre un forte contrasto fra il male che
affligge l’ uomo e la divina indifferenza, la quale è rappresentata come l’ unica vera soluzione
di fronte al male. Di fronte a questa dura realtà, l uomo deve ritirarsi e osservare il corso degli
eventi senza porsi problemi.
Montale tenta infine di instaurare, nelle sue poesie, un rapporto di solidarietà con il lettore,
consapevole del fatto che entrambi si trovano nella medesima situazione di sofferenza, e
stimola, in questo senso, un rapporto di compassione che aiuti a sopportare meglio il male di
vivere.
SENECA-“DE TRANQUILLITATE ANIMI” E CONCETTO DI
“TAEDIUM VITAE”:
Con il termine tedio si intende un particolare stato d’ animo di noia grave, profonda e molte
volte dolorosa. Si è soliti anche parlare di “taedium vitae”, usando un’ espressione latina
recente, che porta, per un eccesso di pessimismo, ad essere stanchi della propria, triste
esistenza. Addirittura il tedio esistenziale, per la profondità in cui viene sentito, è stato motivo
ispiratore di moltissimi poeti e artisti, la cui produzione è in genere colmata da un certo
pessimismo.
Ritroviamo questo tema nel “De tranquillitate animi “ di Seneca. Il “ de tranquillitate animi”
risale al periodo in cui Seneca era consigliere di Nerone. Quest’ opera appartiene ai “dialogi” ,
raccolta di opere di argomento filosofico.
Seneca dedica la sua opera all’ amico Anneo Sereno, che egli stesso introduce al dialogo
immaginando che Anneo gli chieda un consiglio trovandosi in una situazione di incertezza
spirituale.
Seneca procede nell’ argomentazione illustrando in modo dettagliato i sintomi e le
manifestazioni del suo stato.
Quindi indica dei rimedi pratici: lavorare attivamente per il bene comune, essere parsimoniosi,
accettare le avversità della vita, non temere la morte.
L’ insoddisfazione di sé, secondo Seneca, non è da attribuire al fato, ma a se stessi. Infatti
nasce nel momento in cui gli uomini, che pretendono troppo non riescono a conseguire ciò
che desiderano (stoicismo).
Egli tratta del taedium vitae che è la noia e il disgusto per la vita che affligge chi vive un’
esistenza che gli appare priva di significato.
Seneca sostiene che l’ unica soluzione alla noia e al disgusto per la vita è la filosofia.
Rispondere alla domande del suo amico Anneo, diventa per Seneca, un pretesto per
esaminare e analizzare le passioni che governano l’ uomo.
Ogni individuo è alla ricerca costante di felicità, crede di trovarla tuffandosi negli impegni
pratici, ma poi si ritrae nauseato e desidera la solitudine e la meditazione. Ma anche qui,dopo
poco, sente nostalgia dei suoi simili e delle comuni occupazioni, che prima lo avevano tanto
angosciato.
Quale può essere il rimedio dunque?
L’ unica soluzione sicura, per superare il “male di vivere”, sarebbe il raggiungimento del totale
distacco di fronte alle vicende della vita, anche se, nella realtà pratica, non è possibile arrivare
a tanto.
Perciò Seneca consiglia, di annullare ma,di controllare le passioni umane ed esorta soprattutto
a vivere in serena operosità, impegnando le proprie energie per il bene della comunità, pur
senza escludere momenti di meditazione introspettiva, durante i quali “osservare” con
distacco e serenità gli eventi.
Baudelaire esprime il concetto di noia e dolore con il termine “spleen”.
CHARLES BAUDELAIRE-SPLEEN:
Spleen” est un terme anglais qu’ au depart signifiait “rate”, donc “bile”; ensuite, la signification
de ce mot est arrivée à coïncider avec “mélancolie”, “ennui existentiel”, sur la base des
antiques théories médicales qui situaient dans la rate la cause du syndrome dépressif, causé
par un excès de production de “bile noire” ou “atrabile”.
À la base des antiques théories medicales, il y a la théorie des humeurs, selon laquelle la
santé repose sur l’ equilibre des “humeurs”. Ces humeurs son les fluides du corps.Il s’ agit du
sang, du flegme, de la bile et de l’atrabile ou bile noire. La prédominance des humeurs dans le
corps détermine des tempéraments qui se caractérisent par des prédispositions différentes
pour la santé.
À partir du titre de ce poème, tiré par le recueil “Les fleurs du mal”, on peut en dégager le
thème principal: le malaise existentiel et l’ une incapacité de réagir à l’ ennui paralysant.
Dans le texte poétique est présent un fort sens d’ oppression, dû au désespoir et à l’
incapacité de s'en libérer. Le poète exprime le drame de son ennui, du “spleen” qui lui
empêche de vivre.
Spleen, est un poème dramatique qui dépeint la montée de la crise, puis son paroxisme et la
défaite finale.
Ici, le “spleen” s’ esprime à trois niveaux:
-le mauvais temps;
-moral et psycologique;
-métaphisique.
L’ anaphore, avec le mot “quand” répeté trois fois, donne du rythme à la progression.
Il y a l’ impression d’ un mouvement lent et enchaîné.
Les impressions que ressent la victime du spleen sont pesantes, douloureuses, malsane et
inquiétantes.
Dans le quatrième vers il y a l’ oximore “jour noir”, très inquietant (l’ oxymore est une figure de
style qui reunit deux mots en apparence contradictores).
Le poète est hanté par des presences menaçantes.
“infâmes araignées” est une métaphore qui représente les pensées, les peurs et les angoisses
du poète.
Dans la deuxième strophe, le mot “Espérance”, avec une E majuscule, est une allegorie, c’
est-à-dire une personnification, et on la compare à une “chauve souris”, qui ne peut pas sortir
de la chambre, tout comme l’ espérance, qui n’ arrive pas à dominer l’ angoisse intérieure.
Le ciel est un couvercle qui enferme l’ esprit à l’ intérieur.
Dans la cinquième strophe il y a encore une fois la personnification de l’ Espoir et de l’
angoisse, qui representent la résignation à une vie douleureuse.
Le paroxisme de la crise se manifeste per des hallucinations sonores, en effet il y a des
sonorités violentes en “que” et en “ te” (vers 13-14).
Après les hallucinations sonores, il y a les hallucination visuelles. Il y a la vison d’ un convoi
funéraire interminable marquee par un rythme règulier et solennel.
On re joint dans cette lyrique le sommet de l’ expression de l ‘ angoisse existentielle de
Baudelaire.
Pour le poète, le “spleen” est le sentiment d’ inquietude qui attire souvent le gens en créant
leurs craintes.
Spleen LXXVIII:
Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
II nous verse un jour noir plus triste que les nuits;
Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;
Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D'une vaste prison imite les barreaux,
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,
Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniâtrement.
- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.
TRADUZIONE:
Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio
Sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni,
E versa abbracciando l'intero giro dell'orizzonte
Una luce diurna più triste della notte;
Quando la terra è trasformata in umida prigione,
Dove come un pipistrello la Speranza
Batte contro i muri con la sua timida ala
Picchiando la testa sui soffitti marcescenti;
Quando la pioggia distendendo le sue immense strisce
Imita le sbarre di un grande carcere
Ed un popolo muto di infami ragni
Tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,
Improvvisamente delle campane sbattono con furia
E lanciano verso il cielo un urlo orrendo
Simili a spiriti vaganti senza patria
Che si mettono a gemere ostinati