Anteprima
Vedrai una selezione di 12 pagine su 51
Sessantotto Pag. 1 Sessantotto Pag. 2
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 6
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 11
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 16
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 21
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 26
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 31
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 36
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 41
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 46
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sessantotto Pag. 51
1 su 51
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Estratto del documento

struttura stessa della classe operaia, verso la quale per tutto questo periodo fu

perseguito il disegno di un attacco diretto e frontale.

In Italia il movimento operaio nasce negli anni '50 e '60 del secolo XIX; l'Italia ha

visto svilupparsi su una base economico-sociale, che non era ancora quella del

proletariato di fabbrica, un movimento operaio dalle strutture moderne e analoghe a

quelle di altri paesi europei. Già prima dell'Unità d'Italia , forme di associazionismo

operaio si erano sviluppate, soprattutto in Piemonte, in Lombardia, in Toscana, per

opera prevalentemente di gruppi della borghesia liberale e manifatturiera che

vedevano nelle società operaie di mutuo soccorso un mezzo per assicurare forme

elementari di previdenza e di assistenza sociale e per avviare lo sviluppo di

quell'istruzione professionale resasi necessaria per gli operai che dovevano lavorare

con macchinari sempre più complessi. A favorire questo sviluppo contribuiscono due

elementi: da una parte la crescita del movimento operaio internazionale, che non

mancò di far sentire la propria influenza in Italia, e dall'altra parte le trasformazioni

sociali trasformatesi nelle città e nelle campagne nei primi decenni dell'Unità con la

penetrazione nel tessuto del paese, specie nel nord, di più consistenti elementi

capitalistici. Verso la fine degli anni '60, contestazione studentesca e movimento

operaio hanno lottato assieme per la costruzione di una società senza classi. La

contestazione studentesca suggeriva negli ambienti operai il sistematico controllo

delle decisioni sindacali, l'egualitarismo salariale, che rifletteva la semplificazione

delle mansioni produttive introdotte dalle grandi aziende e infine il superamento

delle retribuzioni differenziate da regione a regione ("GABBIE SALARIALI"), ottenuto

con le lotte indotte dalla CGIL nel 1968.

Un' altra novità consisteva nel ricorso a forme di mobilitazione periodicamente

incisive, tra cui il picchettaggio delle fabbriche durante gli scioperi per impedire

l'ingresso ai non scioperanti e per bloccare l'entrata e l'uscita delle merci, oppure la

resistenza all'intervento della polizia e la tendenza a protrarre le agitazioni oltre i

limiti fissati dalle dirigenze sindacali.

Dopo uno stillicidio di scioperi articolati dagli inizi di maggio a Torino soprattutto

nelle officine FIAT di Mirafiori diventa abituale la presenza degli studenti davanti ai

cancelli della fabbrica e il 27 dello stesso mese sfila il primo corteo interno - forte di

circa 5000 addetti alle presse - che attraversa gli altri reparti al grido di ''Potere

operaio!''; il 3 luglio, durante una manifestazione a Corso Traiano indetta dalla

''nuova sinistra'', scoppiano incidenti che si concludono con 29 arresti, un processo

per direttissima e l'immediato licenziamento da parte della FIAT dei 18 operai

condannati; il 2 settembre, dopo mesi di agitazione che hanno sconvolto soprattutto

le carrozzerie, l'azienda sospende i 25000 lavoratori e cinque giorni più tardi ritira il

provvedimento in seguito a un fallito tentativo di occupazione dell'intero complesso,

che per altro registra la partecipazione di numerosissimi ''esterni'' fatti entrare di

soppiatto dai dipendenti. Durante tutto ''l'autunno caldo'' e nei tre mesi successivi, le

lotte si diffondono fino al blocco totale della produzione, ai ripetuti assalti contro la

''palazzina'' degli impiegati, alla grande assemblea del Palazzo dello Sport che il 18

novembre ''processa'' pubblicamente i feudatari dell'automobile. Il 21 dicembre,

infine, anche a causa del clima di sbalordimento e di angoscia in cui è piombato

l'intero paese per la strage di Piazza Fontana a Milano, dove il 12 dicembre una

bomba ad alto potenziale collocata nella Banca dell'Agricoltura provocò 16 morti,

viene sottoscritto l'accordo sindacale che poneva fine alla vertenza dei

metalmeccanici con l'ottenimento di consistenti recuperi salariali; riduzioni

dell'orario lavorativo e altri miglioramenti. L'organizzazione operaia si strutturò

successivamente nelle federazioni di mestiere, organizzazioni a base professionale

che si proponevano di raggruppare i lavoratori di tutto un settore della produzione e

del lavoro (metallurgici, tipografi, ferrovieri, tessili, edili, ecc.) per dirigere le azioni

rivendicative e gli scioperi nell'ambito della contrattazione sindacale. Il movimento

operaio occupava le fabbriche, prendeva in ostaggio i padroni, organizzava scioperi

senza preavviso: queste forme di lotta sono state rese possibili dalle lunghe azioni

condotte nelle fabbriche con perseveranza grazie anche alla lotta degli studenti.

Queste lotte, al contrario delle nostre moderne rivendicazioni, che spesso non

rispecchiano gli ideali degli scioperanti, ma sono utilizzate solo come mezzo di

strumentalizzazione, non cercavano soltanto un miglioramento delle condizioni dei

lavoratori nella società capitalistica, ma la forma stessa della lotta offriva così agli

studenti un modello edificante di valori.

5. La situazione politica in Italia

Il bilancio degli anni precedenti il '60 non lascia spazio e tempo per i rinvii: un'azione

di governo stabile, continua ed efficace non esiste più da quando la formula centrista

si è esaurita e la DC oscilla tra stanche ripetizioni del centrismo. Un solo punto non è

mai in discussione: che la DC abbandoni il governo, il quale non deve cadere sotto

l'influenza dei comunisti. Dunque, la democrazia italiana consente un solo partito di

governo e tanti altri con i quali è possibile, e talvolta doveroso, spartire brandelli di

potere; come risultato l'attività parlamentare si va trasformando sempre più in una

contrattazione tra le segreterie.

All'aprirsi del decennio '60-'70 la DC è sotto il controllo dei due leader, per

l'occasione alleati, Moro e Fanfani, che fanno rotta verso il centrosinistra. A loro si

allinea prudentemente Andreotti, mentre Mario Scelba si oppone, convinto che

socialisti e comunisti siano una cosa sola: tutti marxisti e nemici di Dio. Questo turba

una parte della DC, mentre l'altra è scossa dal progetto fanfaniano di aprirsi a

sinistra. Fernando Tambroni, giovanissimo (1954), conquista la poltrona di segretario

provinciale del partito Popolare e in quegli anni viene arrestato con l'accusa di

antifascismo. Tambroni prepara una riforma elettorale che prevede l'abolizione del

voto di preferenza e vorrebbe essere il campione della chiusura a sinistra, il grande

avversario di Fanfani e di Moro. Il destino di Tambroni si gioca tutto nei primi giorni

del luglio del '60, dopo un semestre di grandi tensioni all'interno della vita pubblica.

La DC rovescia sul paese le conseguenze delle proprie lacerazioni, quando in diverse

città nascono gruppi di imbianchini con idee razziste e gruppi di incendiari che si

riallacciano agli ideali fascisti.

Tira un'aria di provocazione fascista e di irritazione antifascista, sicuramente il clima

da guerra civile è il meno adatto ad aggirare lo scoglio della stabilità di governo, che

si rivela insuperabile da anni. I missini si sentono abbastanza sicuri di sé, grazie

all'appoggio che il MSI fornisce a Tambroni, per dare inizio al 6° Congresso del

partito a Genova, una città piena di partigiani, di comunisti e di forzuti lavoratori

portuali pronti a lanciare un appello a tutti gli antifascisti d'Italia in difesa della

democrazia.

Con la tragica esperienza del luglio '60, il partito che sopporta il penoso "dovere di

governare" impara ad alleggerirsi l'onere, giocando l'uno contro l'altro gli "opposti

estremisti". Tutto ciò serve a dimostrare come solo la DC stia al centro, solo la DC

difende la democrazia e l'ordine. Insomma, "la DC è alternativa solo a se stessa";

altrimenti è il caos, comunista o fascista. Fu proprio in questa situazione che la DC, il

maggior partito italiano, confermò nel '62 la necessità di collaborare con i socialisti.

L'alleanza di centrosinistra, fu dapprima sperimentata a livello amministrativo in

alcune grandi città (Milano, Genova, Firenze, et.), poi con l'appoggio concesso dal

PSI ad alcune riforme varate dal governo democristiano Fanfani tra il '62 e il '63.

Queste erano la riforma della scuola media inferiore con l'innalzamento dell'obbligo

scolastico a 14 anni, l'autonomia amministrativa delle regioni, la nazionalizzazione

dell'industria elettrica e l'introduzione di un'imposizione fiscale nominativa sui titoli

azionari.

Nel dicembre del '63 si costituì una compagine ministeriale tra DC, PRI, PSDI e PSI,

presieduta dal democristiano Aldo Moro con vice-presidente del Consiglio il socialista

Pietro Nenni (centrosinistra).Tuttavia l'operazione di inserimento nella maggioranza

al potere costava al PSI la separazione dalla sua ala di sinistra che dava vita al PSIUP,

schieratosi all'opposizione col PCI mentre l'aggravamento della recessione induceva

il governo ad accantonare l'impegno della programmazione economica concordata in

precedenza coi socialisti. La crisi viene affrontata con la riduzione della spesa

pubblica e dei salari reali dei lavoratori, da cui derivò una raffica di agitazioni

sindacali che divise la maggioranza tra fautori delle riforme di struttura destinati a

controllare i grandi gruppi privati (PSI) e i partiti moderati, ostili a tale disegno e

appoggiati dal potere economico. Né mancò la minaccia di un colpo di stato

organizzato dal comandante dei carabinieri De Lorenzo, d'intesa col presidente della

repubblica Segni (Piano Solo).La minaccia di involuzione anti-democratica indusse il

PCI ad attenuare l'opposizione politica. Così il centrosinistra riuscì a compiere dei

passi in avanti: veniva abolita la mezzadria, superando una struttura produttiva ormai

obsoleta e rafforzando la piccola proprietà contadina; il socialdemocratico Giuseppe

Saragat passava alla presidenza della repubblica ('64) e i due partiti socialisti al

governo tentarono di riunire le loro forze allo scopo di comporre un Polo alternativo

alla gestione democristiana al potere, dando vita al PSI, che però fu travolto

dall'insuccesso del '68 determinando il ripristino delle due precedenti formazioni

politiche (PSI, PSDI).

Nel '64 la situazione si è fatta seria: sono in deficit i bilanci di 3000 comuni su 8046:

il sistema va cambiato. Però nulla cambia, se non in peggio; con una legge speciale lo

stato si accolla un ammortamento dei mutui contratti dal comune di Napoli durante la

gestione di Lauro. Bologna, che i comunisti esibiscono come modello di corretta

gestione, nel '63 aveva registrato sedici miliardi di disavanzo e Messina, con 5000

dipendenti aveva accumulati ottantatré miliardi. Giorgio La Pira lascia a Firenze conti

in rosso per 12 miliardi (e per giunta di voti democristiani dal 39% nel '56 al 27% nel

'64). A Roma nel '65 l'ECA (Ente Commerciale di Assistenza) spende metà del suo

bilancio per il personale e meno di un terzo per l'assistenza vera e propria. Durante

questo anno è ministro della riforma il socialdemocratico Luigi Preti; le ragionerie dei

ministri sono state meccanizzate ma i ragionieri ministeriali resistono ad oltranza ai

calcolatori e si continua a registrare la contabilità a mano per occupare l'orario di

lavoro e non perdere il posto. L'orario dei ministeri non supera le sei ore al giorno, in

modo che lo stato sborsa un'enorme quantità di denaro per retribuire gli straordinari

per i quali non esistono controlli. L' anno successivo si constata che metà dei comuni

è carica di debiti . Nel '66 il ministro del bilancio Giovanni Pieraccini effettua un

ricognizione sugli enti inutili e scopre che solo due di questi sono stati sciolti , mentre

sul destino degli altri il ministro afferma che esiste solo un problema di occupazione.

Nel gennaio dell'anno seguente la D.C. si batte per rinviare la discussione

parlamentare su questa ricognizione e a ottobre , agli sgoccioli della legislatura , il

governo decide di rimandarla alla prossima. Nel '68 si riuniscono e si intrecciano i fili

del cambiamento: riforma della scuola , antifascismo e antipenalismo di senso

cattolico , rottura del costume tradizionale , la protesta studentesca monta in un

Dettagli
Publisher
51 pagine
3070 download