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Sintesi


La memoria storica
Estratto del documento

Presentazione

Il percorso tocca ambiti diversi tra loro, la filosofia, la sociologia, la storia, la letteratura latina,

greca e italiana; tutti gli argomenti trattati sono uniti da un filo che li lega indissolubilmente: il

concetto secondo cui la memoria storica è necessaria e corre il rischio di non esserlo più.

In quanto sapere essa ha subito gli influssi dei cambiamenti della società, in particolare, nell’età

postmoderna teorizzata da Lyotard, il sapere della memoria storica è diventato una conoscenza che

si identifica con il concetto di informazione: questo non fa che renderla alle dipendenze della

potenza insidiosa dei mass-media.

“L’antico principio secondo il quale l’acquisizione del sapere è inscindibile dalla formazione

(Bildung) dello spirito, e anche della personalità, cade e cadrà sempre in disuso” questa è la realtà

del mondo in cui viviamo: la società non richiede più all’individuo di “essere”, la giustificazione a

“il sapere viene e verrà prodotto per essere venduto, e viene e verrà

tutto ciò è data dal fatto che

consumato per essere valorizzato in un nuovo tipo di produzione: in entrambi i casi, per essere

scambiato.”

Dunque oggi si parla di sapere funzionale al guadagno, la memoria viene così spezzettata e usata a

proprio piacere.

Al termine del mio corso di studi mi sono accorta di essere prossima alla fine portando in me

un’eredità; mi sono resa conto del duplice volto della memoria, aedo ma contemporaneamente

storico, ho allora cercato di individuare chi, oggi, si è preso l’onere nella nostra società di

salvaguardare la memoria del passato.

Ho individuato un testimone in Primo Levi, cantore sofferto del nostro secolo che aveva lasciato

parte dell’anima ad Auschwitz, ma a questo punto, riflettendo su quell’eredità che ho acquisito, ho

concluso che io e altri che hanno percorso il mio stesso iter di studi siamo clandestini in questa

nuova società. Così riconoscendo quegli ideali che mi hanno paradossalmente ancorata alla

concretezza in questi anni, è nata l’intenzione di questo percorso: analizzare la memoria storica,

cercando di diventarne custode.

La memoria è una mappa criptata il cui codice d’accesso è la volontà di ricordare

Viviamo in tempi ove la memoria storica serpeggia tra l’evocazione del passato, la visualizzazione

del presente, il vaneggiamento del futuro.

Il nostro tempo, e in particolare la seconda metà del XX secolo in cui la memoria con la

dimenticanza è stato spesso strumento consapevole dei nuovi saperi, è stato caratterizzato da uno

sviluppo tecnologico e scientifico vertiginoso che ha avuto ricadute immediate sulla vita quotidiana

e sulla società in genere. Il filosofo francese Jean-François Lyotard individua la caratteristica

fondante della nostra epoca chiamata postmoderna nel venir meno delle “grandi narrazioni”

metafisiche – illuminismo, idealismo, marxismo- che avevano giustificato ideologicamente la

coesione sociale e ne avevano ispirato le utopie rivoluzionarie. Si è assistito dunque al progressivo

declino del pensiero totalizzante: sin dall’Umanesimo l’uomo aveva reperito una ragione d’essere,

una legittimazione dicendosi erede di un’antichità venerabile, l’uomo moderno a cavallo fra

l’Ottocento e il Novecento si sentiva votato alla fiducia nel progresso in quanto incarnava il punto

di arrivo della storia, mentre all’uomo postmoderno non rimane che lo scetticismo: gli si pone ora,

in un mondo in cui c’è la dissoluzione delle verità, il problema di reperire criteri di giudizio e di

legittimazione che abbiano valore locale e non universale.

La storia tramandata dalla tradizione si configura quindi come strumento di ricerca per una

continuità, un mezzo che attraverso la memoria storica definisce la coscienza di ciò che è accaduto

al fine di interpretare ciò che è.

Avere una memoria storica ha costituito in passato un alto obiettivo per una società di uomini

imprigionati e attanagliati da un paradosso: il desiderio di poter dimenticare ciò che è stato,

l’ambizione di ricordare e trovare una continuità con ciò che è avvenuto, cercando così di trasporre

nella prassi la definizione degli antichi di “storia maestra di vita”.

Troviamo come rappresentanti dei due poli opposti del paradosso due filosofi: Nietzsche e Hegel.

Il primo ritiene che l’infelicità dell’uomo sia causata dal pesante fardello del passato: egli vive in

“l’esistenza è solo un

“modo storico” ed è portato inevitabilmente a rendersi conto del fatto che

ininterrotto essere stato”. “ciò che non è storico e ciò che è storico

Così, Nietzsche afferma che

sono ugualmente necessari per la salute di un individuo, di un popolo e di una civiltà”.

Dunque l’oblio è necessario alla vita, la possibilità di dimenticare il passato è funzionale al

presente. La storia basata sulla memoria storica deve “servire” la vita, mentre rischia di paralizzarla

“istruzione senza vivificazione”.

e incatenare l’uomo al passato offrendogli niente più che un’arida

“solo per la forza di usare il passato per la vita e di trasformare la storia passata in

Nietzsche scrive:

storia presente, l’uomo diventa uomo”; la visione di questo filosofo non è certo ottimista: egli,

infatti, intende proporre queste considerazioni (chiamate da lui stesso “inattuali”) per smascherare e

criticare la società in cui vive, una società malata della malattia storica il cui promotore è stato

Hegel. Quest’ultimo ha portato l’uomo a considerarsi passivo epigono del passato, lo ha portato

all’“idolatria del fatto”. “generazione di eunuchi”

I contemporanei di Nietzsche rappresentano un caratterizzati da una

personalità debole destinata ad essere cancellata dalla storia e dalla memoria.

Essi sono criticati in quanto credono di essere i vincitori al culmine del processo storico ma essi non

sanno che riconoscere ciò che nel passato è grande e va preservato e tramandato è possibile solo

“con la massima forza del presente”, “solo nella più forte tensione delle qualità più nobili”:

Nietzsche non crede certo al progresso di cui si vantano gli uomini del suo tempo.

Dunque l’uomo deve saper limitare la memoria del passato fin dove essa non limita la vita e deve

dell’“antistorico”, “la forza e l’arte di poter dimenticare”, “sovrastorico”,

saper far uso cioè e del

“le potenze che distolgono lo sguardo dal divenire, volgendolo a ciò

ossia l’arte e la religione, cioè

che dà all’esistenza il carattere dell’eterno e dell’immutabile”.

Simmetricamente opposta è la concezione della storia e del passato di Hegel.

Egli rappresenta il versante storicistico per cui la realtà stessa è la storia. La filosofia è strettamente

legata alla storia che rappresenta l’orizzonte e la dimensione fondamentale della realtà stessa.

La filosofia dunque deve volgersi al passato, poiché solo con lo sguardo rivolto al passato si può

comprendere il presente: c’è infatti uno stretto legame tra le due dimensioni temporali, esse sono

connesse dalla necessità che determina il divenire storico.

La concezione hegeliana di storia è essenzialmente ottimista: la realtà è divenire, è processo; tale

processo è governato dalla razionalità che progredisce verso una meta che intende raggiungere, essa

è progresso verso la libertà.

Ma tutto ciò che avviene nella storia è opera di Dio. Analizzare il passato significa comprendere che

“la

esso è la realizzazione del piano di Dio, anzi la storia è ben più di questo, essa è

rappresentazione del processo divino, assoluto, dello Spirito nelle sue forme più alte, del graduale

processo attraverso il quale raggiunge la sua verità, l’autocoscienza”.

La storia come luogo del divino non può che essere positiva e orientata al progresso. Il contenuto

stesso della storia è razionale. Il processo storico è l’attuarsi della libertà dello Spirito attraverso

l’umanità. (Weltgeist),

Innanzitutto, nella storia lo spirito divino vive come Spirito del mondo che si incarna di

volta in volta nello spirito di un popolo. “individuo determinato di natura universale”,

Lo spirito nella storia non è infatti un singolo, ma un Volkgeist),

cioè lo Spirito che vive nella coscienza di un popolo ( costituito da tutti quei caratteri

unitari e specifici che formano un’identità storica.

La storia, in quanto mutamento implica anche il tramonto di ciò che è stato bello, la rovina di ciò

che è stato potente, ma dalla morte rinasce la vita, lo Spirito che agisce nella storia ringiovanisce.

Così, quando lo Spirito di un popolo giunge al suo compimento, lascia spazio all’affermarsi dello

Spirito di un altro popolo: da questa tensione di forze, il morire e il rinascere, scaturiscono la

crescita e il progresso della civiltà umana.

Per Hegel perciò, volgere lo sguardo al passato non è altro che guardare la storia della libertà.

La memoria storica costituisce quindi “un” sapere, oggetto di analisi rispetto alle trasformazioni

sociali, culturali, economiche e politiche.

Dunque si pone la questione: in quale misura la memoria storica è oggettivamente utile all’uomo?

storiche“invece di

Secondo Lyotard e quindi in un’ottica sociologica postmoderna, le conoscenze

essere diffuse in virtù del loro valore formativo o della loro importanza politica (amministrativa,

diplomatica, militare), vengano fatte circolare negli stessi circuiti della moneta, e l’opposizione che

le definisce cessi di essere sapere/ignoranza per divenire la stessa della moneta, conoscenza dei

mezzi di pagamento/conoscenza dei mezzi di investimento”: dato ciò quanto il sapere storico è

“utile” al sistema sociale, oppure quanto esso è “disfunzionale” al sistema stesso?

In questa analisi ritagliata nella contemporaneità informatica e “globalizzata” scompare l’uomo

etico lasciando campo libero alla desertificazione della memoria storica che può e deve riapparire in

brandelli funzionali al sapere economico: nel mio percorso recupero al contrario l’idea di uomo che

ambisce a ripercorre il suo passato, cerca di prevedere ciò che sarà ma, alla fine, desidera più di

ogni altra cosa di non essere ciò che è stato. virtus

A questo punto è fondamentale rintracciare la ovvero il vero valore dell’atto del ricordare.

Si può infatti facilmente dimostrare quanto e come la memoria storica come fonte di conoscenza

non sia stata tuttavia produttrice di sapienza: l’uomo stolto, impegnato nelle sue guerre politiche,

religiose, territoriali ha dimostrato di non aver imparato ad evitare ciò che nel passato lo ha

penalizzato.

Il problema è la motivazione alla memoria.

Non è importante solo ciò che si ricorda o l’atto di ricordare in sé: il nodo fondamentale è il motivo

consapevole che porta un uomo a porsi davanti al suo passato e alla storia, cercando di trarre da essa

una strategia di comportamento per la vita nel futuro.

I MEZZI DI TRASMISSIONE

• L’EPICA: LA COSCIENZA DEI VALORI DI UNA CIVILTA’

La memoria di un popolo nasce e acquista consistenza laddove esso abbia maturato una coscienza

dei valori che lo contraddistinguono.

La consapevolezza del possesso di un patrimonio culturale da salvaguardare e tramandare ai posteri,

offre il punto di partenza da cui sviluppare una riflessione e un’interpretazione della propria realtà

passata e presente. Così, ogni popolo, ogni cultura in differenti modi crea dei mezzi che

attraversano il tempo e superano la mortalità dell’uomo rendendo immortali ed eterni i valori e le

azioni degli uomini.

La memoria storica dunque non è tramandata unicamente dalla storiografia, anzi, nella storia ha

avuto un ruolo assolutamente fondamentale la trasmissione orale, “di padre in figlio”.

La poesia epica della Grecia arcaica ne offre un esempio.

Grazie agli studi di Milman Parry, si è giunti alla conclusione che Iliade ed Odissea non siano altro

che il punto di arrivo e cristallizzazione di una lunga tradizione orale.

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