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Sintesi

SI tratta di una rivisitazione storica della nascita e sviluppo dei sindacati in Italia.

Materie trattate: Storia e Diritto

Estratto del documento

1890 alla fine della repressione bismarckiana, associarono tutti i

sindacati dello stesso mestiere. Anche nei Paesi bassi e in Norvegia,

Svezia e Danimarca alla fine del secolo si affermarono organizzazioni

sindacali nazionali. Nel 1901 nacque la Federazione sindacale

internazionale, con sede ad Amsterdam. L'esperienza italiana ebbe le

caratteristiche di forte politicizzazione del sindacalismo continentale e

rifletté a lungo i contrasti interni al movimento operaio fino alla

nascita della Confederazione generale del lavoro (vedi Cgl) e delle

Federazioni di mestiere (Fiom e Federterra) che non ricevettero uno

specifico riconoscimento legale. Assolutamente illegale e clandestina

era frattanto ogni organizzazione operaia nell'impero zarista. Nella

Spagna e nei paesi dell'America latina l'organizzazione dei sindacati

fu sollecitata dagli anarchici: nel 1891 e 1892 sorsero le federazioni

sindacali in Argentina e in Messico e al 1897 risalgono le prime

associazioni tra i minatori cileni. Negli Stati uniti d'America emerse

Afl-Cio) che raggruppò

invece la American Federation of Labour (vedi

i sindacati di Usa e Canada e che puntò sui lavoratori qualificati, sulla

integrazione nei valori della società borghese e sulla pace sociale. Con

ciò si ponevano le basi della prassi tradizionale statunitense, che

delega allo stato la regolamentazione delle procedure contrattuali e

decentra tutte le attività sindacali a livello d'impresa. Altre forme di

associazionismo operaio negli Usa si ispirarono al sindacalismo

rivoluzionario, come gli Industrial Workers of the World (1905) che

reclutavano soprattutto minatori e braccianti. Verso la fine

dell'Ottocento cominciarono anche a delinearsi nei vari paesi europei

organizzazioni sindacali padronali. In Germania monsignor Wilhelm

Ketteler promosse (1864) Unioni cristiane sociali che rifiutarono la

conflittualità sociale e sostennero un indirizzo paternalistico (che

trovò espressione dottrinaria nell'enciclica Rerum novarum del 1891).

Anche in Italia e in Francia si organizzarono allora sindacati di

ispirazione cattolica. Nella crisi della prima guerra mondiale i

5

sindacati "rossi" si adeguarono alla linea dei riformisti

socialdemocratici, e talora conseguirono (come in Gran Bretagna)

buoni successi contrattuali e normativi.

2. Il sindacalismo in Italia

2.1 Le Società di Mutuo Soccorso

Per capire che cosa è il sindacato oggi è necessario conoscere la

storia, partendo dai primi tentativi associativi che nel 19° secolo

diedero vita alle prime esperienze sindacali che generarono la

costituzione delle Società di Mutuo Soccorso (SMS).

Queste ebbero sin dall'inizio una composizione interclassista

(composta da diverse classi sociali).

Cionostante si definissero come associazioni "apolitiche" era elevata

l'influenza esercitata dal pensiero borghese (appartenente cioè alla

classe formata dai proprietari terrieri, dai commercianti, dagli

artigiani, dai dirigenti industriali, dai liberi professionisti, dai gruppi,

che detenevano la ricchezza e i mezzi di produzione) in tutte le sue

varianti: moderato-costituzionale, democratico - radicale e

mazziniano repubblicano. Alcune società erano di carattere

confessionale, riferite cioè alla Chiesa.

Le prime SMS erano concentrate nel Regno di Sardegna, la loro

diffusione nazionale avvenne dalla seconda metà del XIX secolo.

Comunque il mutualismo (aiuto vicendevole fra più persone) attecchì

nel Centro Nord, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto,

Emilia e Toscana.

Gli scopi delle Società di Mutuo Soccorso erano:

assistenza sanitaria gratuita e sussidi in denaro in caso di

• disoccupazione, malattia, infortunio, vecchiaia o decesso; 6

versamenti volontari per formare una sorta di deposito da

• utilizzare per l’elargizione dei sussidi.

Tra le attività secondarie vi furono anche l’assistenza morale,

l’istruzione e l’educazione.

Dalle 113 SMS del 1862, si arrivò alle oltre 5000 di fine secolo.

L'impostazione dei primi dirigenti era filantropica (caritatevole

altruista e solidale verso gli altri senza interesse personale) e

paternalistica (cioè il vedere tutte le azioni come elargizioni dovute ad

illuminata bontà).

Nel 1886 si costituì a Milano la Federazione Nazionale delle

Cooperative.

Questo fu un passaggio che segnò una maturazione del movimento

operaio.

L'evoluzione del sistema industriale, il diffondersi delle idee socialiste

e anarchiche, misero in crisi le società di Mutuo Soccorso, ormai non

più in grado di soddisfare i nuovi bisogni e le esigenze nascenti del

nuovo proletariato industriale.

2.2 Le Leghe di Resistenza

Queste rappresentarono un salto di qualità notevole , perché si

sganciarono dalla vecchia tutela borghese (benestante) per diventare

strumenti di tutela di classe autonoma , gestita dal basso.

L'atto costitutivo prevedeva una sorta di manifesto politico con

obiettivi sociali ben precisi.

Ma una delle novità principali stava nella possibilità di organizzare

agitazioni (scioperi) contro i padroni per denunciare lo sfruttamento

operaio e per avere riconosciuti i diritti della persona.

Negli ultimi decenni del XIX secolo il rapporto di lavoro era

individuale, le paghe basse, gli orari di lavoro lunghi, la fatica

immensa. 7

La produzione irregolare generava una disoccupazione alta che

strideva con il largo impiego di lavoro femminile e minorile.

La cronica mancanza di lavoro e la miseria diedero luogo al fenomeno

dell'emigrazione che, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del

Novecento, coinvolse milioni di italiani.

Questo fiume umano venne indirizzato verso gli Stati Uniti, Francia e

Belgio, ma l'emigrazione non allentò le strozzature del mercato del

lavoro italiano. La crisi delle campagne colpì migliaia di braccianti.

Fu in questa fase che si ebbe una diffusione capillare delle idee

socialiste ed anarchiche.

Alle Società di Mutuo soccorso si affiancarono le prime Leghe di

Resistenza caratterizzate da una forte impronta classista che

escludeva quasi sempre i piccoli proprietari terrieri.

Nella Bassa Padana, in Veneto, Romagna, Emilia e nel Mantovano, si

intensificarono le lotte. Mantova fu il fulcro di queste agitazioni.

Nel campo industriale, nel settore tessile, dove maggiore era lo

sfruttamento minorile e femminile, tra il 1861 e il 1877, vi furono A

Biella una serie di scioperi che originarono anche una Commissione

parlamentare di inchiesta. Le lotte di quel periodo erano

frammentarie e disorganizzate.

Andrea Costa, socialista, fu uno dei maggiori uomini di spicco di

quegli anni. I primi partiti politici in Italia (Partito Socialista

Rivoluzionario e Partito Operaio Italiano) ebbero una vita limitata ed

una scarsa influenza sulle agitazioni operaie. Il movimento mantenne

un carattere spontaneo ed estraneo a qualsiasi centro istituzionale.

Infatti le più significative Leghe nacquero sulla spinta di importanti

scioperi come quello dei metallurgici di Genova e di Milano del 1890 e

del 1891, dei muratori di Milano nel 1893.

Seguirono quello dei tipografi, dei panettieri, dei setaioli, dei cappellai

ed infine dei ferrovieri. 8

Si trattava comunque di una aristocrazia (élite) operaia, perché la

gran parte erano operai di mestiere che svolgevano mansioni

praticamente artigiane e che avevano uno spirito fortemente

corporativo.

2.3 Le Camere del Lavoro

All'inizio degli anni Novanta fecero la loro comparsa le CAMERE DEL

LAVORO, destinate a rappresentare organismi centrali e specifici del

movimento sindacale.

Le prime Camere del Lavoro nacquero nel 1891 a Milano, Torino e

Piacenza.

Nel capoluogo lombardo lo Statuto costitutivo redatto da Osvaldo

Gnocchi-Viani, fine conoscitore dell'esperienza sindacale francese,

divenne ben presto il modello di riferimento delle nascenti

organizzazioni camerali.

Queste assunsero all'inizio un carattere moderato.

Gli scopi principali delle Cdl erano:

• Il collocamento

• L’istruzione

• L’assistenza

Il fine ultimo restava il miglioramento delle condizioni di vita e di

lavoro della classe operaia, da raggiungersi senza il ricorso alla

resistenza anticapitalistica.

Durante le prime esperienze" sindacali" i dirigenti camerali ricorsero

spesso all'arbitrato, soprattutto su materie quali il salario e l'orario di

lavoro.

Proprio nel 1891, anno di nascita delle prime Camere del Lavoro,

Papa Leone XIII scrisse l'enciclica (lettera papale) intitolata Rerum

Novarum, che è stata poi alla base di tutta la successiva dottrina

sociale della chiesa. 9

Nel documento tutti i punti salienti ruotavano attorno al principio

cristiano della difesa e della dignità del lavoro umano.

Da questo ne discendeva anche il riconoscimento della proprietà

privata, la condanna del marxismo ateo, ma anche del liberalismo

(concezione politica che sosteneva le libertà personali del cittadino ed

affidava allo Stato il compito di garantirle) che produceva, secondo la

Chiesa, sfruttamento e generava un dissidio stridente fra ricchi e

poveri.

Negli anni Novanta, sotto la spinta dell'interessamento papale, i

cattolici iniziarono un cammino di rinnovamento delle proprie

strutture sindacali e costituirono, accanto alle società di Mutuo

Soccorso, le Unioni professionali, costituite da datori di lavoro e

operai.

Tuttavia tali strutture, alla luce della radicalizzazione dello scontro di

classe, non andarono avanti.

Nel 1893 si riunì a Parma il 1° Congresso Nazionale delle Camere del

Lavoro.

Accanto alle già citate : Milano, Torino e Piacenza, parteciparono

all'assise le strutture di altre nove città italiane: Bologna, Brescia,

Cremona, Firenze, Parma, Pavia, Padova, Roma e Venezia.

Da questo incontro nacque l'idea di dotarsi di un coordinamento

permanente da realizzarsi attraverso la costituzione della Federazione

Italiana delle Camere del Lavoro, che non ebbe vita facile fino al

1901, (IV Congresso camerale di Reggio Emilia), quando la

Federazione incominciò a svolgere un efficace ruolo di coordinamento

e unificazione delle strutture.

Tra il 1893 e il 1901, si sviluppò un processo di graduale

trasformazione dei compiti delle Camere del Lavoro.

A poco a poco, la loro specificità di strutture organizzate su base

territoriale e interprofessionale, fece sì che le funzioni originali del

collocamento e dell'assistenza passassero ad una tutela più ampia e

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generale degli interessi del proletariato. Questo comportò un rapporto

ambiguo col Partito Socialista.

A Genova nel 1892, al Congresso costitutivo del Partito dei Lavoratori

Italiani, (dal 1893 Partito Socialista dei Lavoratori e dal 1895 Partito

Socialista Italiano), le Camere del Lavoro vennero riconosciute come

strumenti di lotta sindacale.

La crisi economica del 1887, culminata nel 1894 con il crollo del

sistema bancario italiano, causò un evidente peggioramento delle

condizioni di vita della classe lavoratrice , a cui fece seguito una

radicalizzazione dello scontro sociale. I primi a muoversi furono gli

edili a Roma nel 1887 e a Milano nel 1889.

Ma il primo sciopero di una certa efficacia fu quello di Milano del

1891, promosso dai metallurgici contro gli arbitri padronali legati

all’utilizzo indiscriminato del cottimo.

Uno dei movimenti più intensi si verificò in Sicilia.

I cosiddetti Fasci siciliani nacquero ufficialmente nel maggio 1891.

Questi erano un'organizzazione unitaria che legava le grandi masse

dei braccianti proletarizzati, con i pastori e i lavoratori delle miniere,

ridotti alla fame da una violenta crisi economica.

La causa principale delle difficoltà risiedeva nella guerra commerciale

con la Francia.

Era una guerra che paralizzava i tre prodotti principali dell'isola e

cioè: zolfo, vino e agrumi. Una ulteriore mutazione dei Fasci fu

rappresentata dal diffondersi delle idee socialiste.

Questa connotazione politica e l'asprezza delle lotte scatenarono una

violentissima reazione statale.

Il 20 gennaio del 1893 i militari spararono su centinaia di contadini

che stavano occupando le terre di Caltavuturo. Fu una vera strage;

11 morti e decine di feriti. L'eccidio si ripeté qualche mese dopo a

Serradifalco. Il Governo Giolitti, proibì manifestazioni e comizi.

Il successore di Giolitti, Crispi colpì ancora più duramente ordinando

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