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Il percorso che ho intenzione di intraprendere nella mia tesina di maturità prende spunto da un’esperienza vissuta attraverso il “Treno della Memoria” e quindi la visita ai campi di Auschwitz e Birkenau. L’argomento che ho scelto di trattare nella tesina sono i diritti umani come riaffermazione della dignità dell’individuo, in relazione a quanto avvenuto nei campi di sterminio. Con questa tesina non ho intenzione di parlare del nazismo come ne parlano i libri di storia raccontando ciò che accadde durante la Seconda guerra mondiale, ma del nazismo dal punto di vista umano, se così possiamo dire. Questo fenomeno ha infatti calpestato i diritti inviolabili dell’uomo a partire dal diritto alla vita fino ad arrivare alla libera manifestazione del pensiero. Il tema verrà affrontato in diritto con un’analisi dei motivi che hanno spinto a creare la Dichiarazione dei diritti umani del 1948 e i suoi contenuti, in storia con una descrizione dei campi di sterminio collegata alla mia esperienza del “treno della memoria” e per quanto riguarda italiano e letteratura con la testimonianza di un superstite del campo di Auschwitz: Primo Levi e il suo libro “ Se questo è un uomo”. In conclusione verrà analizzato il pensiero di Hannah Arendt, una dei pochi intellettuali che durante il nazismo non è rimasta indifferente.
Diritto:La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Storia: La Shoah e il mio treno della memoria.
Italiano: Primo Levi "Se questo è un uomo".
Filosofia: Hannah Arendt, "L'immagine dell'inferno".
DIRITTO
La Dichiarazione dei diritti umani
Alla fine della seconda Guerra Mondiale, dopo aver assistito alla sistematica
violazione dei diritti umani, che era stata attuata da diversi regimi e che aveva
avuto il suo culmine nell’assassinio di 6 milioni di ebrei attuata dai nazisti nei campi
di sterminio, la comunità internazionale ha sentito la necessità di rilanciare il tema
dei diritti umani.
Il mondo era sconvolto dagli eventi e c’era bisogno di un netto cambiamento. Così i
paesi della terra si riunirono e formarono le Nazioni Unite nel 1945. Con
l’approvazione della “Carta delle Nazioni Unite”, si stabilisce che lo scopo principale
“.riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella
dell’organizzazione è
dignità e nel valore della persona umana“ 1
, ( mantenere la pace e la sicurezza tra
gli stati)
E’ così che il 10 dicembre del 1948 nasce la dichiarazione universale dei diritti
umani, per fissare ,per la prima volta nella storia, un sistema di principi
fondamentali che devono regolare la vita degli uomini.
Altri tentativi erano stati fatti nella storia per affrontare questo tema: si ricorda il Bill
of Rights (1689), la Dichiarazione d'Indipendenza statunitense (4 luglio 1776), ma
soprattutto la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino stesa nel 1789
durante la Rivoluzione Francese, i cui elementi di fondo (i diritti civili e politici
dell'individuo) sono confluiti in larga misura in questa carta.
Ma con la Dichiarazione per la prima volta vengono riconosciuti i diritti fondamentali
a tutto il genere umano, come precisa l’articolo 2:
“Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente
Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di
lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o
sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione” 2
1 Uniti per i diritti umani : http://www.youtube.com/watch?v=_HDdSQTBG0E
Quali sono gli eventi storici che hanno portato a questa chiara definizione dei diritti
umani?
STORIA
L’alienazione dell’uomo nei campi di concentramento: Treno
della Memoria
L'espressione Shoah si riferisce al periodo che intercorre fra il 30 Gennaio 1933,
quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, e l'8 Maggio 1945, la fine della
guerra in Europa: in questo periodo furono milioni le persone soppresse dalla follia
razziale. Pur essendo impossibile accertare l'esatto numero di vittime ebree, le
statistiche indicano che il totale fu di oltre 5.860.000 persone, a cui si devono
sommare 5 milioni circa di civili non ebrei uccisi.
I lager nazisti non sono stati un incidente ma un progetto ben pensato per
annientare una parte di umanità. Auschwitz è nell’immaginario di tutti noi il tragico simbolo della
crudeltà umana. E ad Auschwitz ho deciso di andare partecipando al “Treno della Memoria”, per provare
a capire come sia stato possibile tutto ciò.
Il Treno della Memoria è un progetto nazionale che coinvolge ogni anno migliaia di
ragazzi da tante regioni italiane per vivere l’esperienza che ho vissuto anche io.
Un’esperienza che mi ha cambiato profondamente, che mi ha dato uno strumento in
più per capire la storia passata, le sue ripercussioni sul presente, e per essere più
responsabili verso il futuro.
Durante quest’esperienza ho avuto modo di discutere, con i miei coetanei e con il
sostegno dei tutor, di quali secondo noi debbano essere i valori e i diritti
imprescindibili, per i quali lottare.
IL GHETTO DI CRACOVIA
La prima tappa del nostro viaggio è stata la visita al ghetto di Cracovia.
2 Articolo 2.1, Dichiarazione universale diritti umani, 1948
Prima che fosse definito e accolto il progetto della soluzione finale alla conferenza di
Wannsee del 1942, il Partito Nazista, pianificò l’emigrazione forzata degli ebrei
d’Europa verso il Madagascar, al tempo colonia francese. A partire dal 1939, Il
“programma Madagascar” prevedeva il concentramento degli ebrei in ghetti chiusi
prima di deportarli sull’isola.
Ognuno di questi costituiva un territorio isolato dal resto della città e del mondo:
esso era spesso chiuso da alte mura di cinta sorvegliate, il più delle volte costruite
dagli stessi prigionieri sotto gli occhi delle SS. I contatti con l’esterno erano ridotti o
addirittura vietati, e per poter uscire, gli imprigionati dovevano munirsi di uno
speciale lasciapassare. I beni da loro posseduti finivano nelle casse delle forze
naziste, anche le loro attività economiche e commerciali venivano liquidate o
vendute. I prigionieri erano costretti a lavorare gratis per il Reich, pertanto era
difficile garantire l’alimentazione a migliaia di persone senza un lavoro redditizio,
molti morivano di fame e di malattie.
La visita al ghetto ebraico di Cracovia è stata una tappa molto toccante e
significativa del viaggio. La persecuzione della popolazione ebraica di Cracovia
iniziò subito dopo l’occupazione della città nel settembre del 1939. Le sinagoghe
vennero chiuse e le reliquie e gli oggetti preziosi vennero confiscati dalle autorità
tedesche. La Polonia era una delle regioni dove risiedevano un ampio numero di
ebrei, prima della guerra Cracovia contava 60.000-80.000 abitanti ebrei. Le autorità
tedesche ordinarono una massiccia deportazione degli ebrei della città, (circa
50.000) essi vennero ricollocati nei vari ghetti della città: Varsavia, Lodz e Cracovia.
Il ghetto di Cracovia venne costruito il 3 Marzo 1941, in quest’area vennero inseriti
15.000 ai quali venne assegnato un appartamento ogni quattro famiglie, e molti
sfortunati furono costretti a vivere per strada. Il ghetto venne circondato da mura
( costruite con le lapidi demolite dal cimitero ebraico della città) che lo isolarono
dalla città circostante. Tutte le finestre e le porte che erano rivolte verso il lato
“ariano” della città vennero murate. Iniziò così il terrificante progetto di Hitler.
Alla fine del maggio 1942 i tedeschi cominciarono a pianificare la liquidazione del
ghetto: circa 2.000 considerati inabili, soprattutto bambini e anziani, vennero uccisi
nelle strade del ghetto; 8.000 ebrei reputati abili al lavoro vennero deportati al
campo di concentramento di Krakòw-Plaszòw; il resto invece al campo di sterminio
di Birkenau e Auschwitz.
I CAMPI DI STERMINIO
Il giorno seguente ci siamo recati al campo di Auschwitz, composto da tre parti
principali: la prima, Auschwitz I, era stata creata nel 1940 sul terreno e negli edifici
delle vecchie caserme polacche della guerra, ora ospita un museo che illustra la vita
nel campo. La seconda parte era il Campo di Auschwitz II-Birkenau, qui il tempo
sembra si sia fermato, la grandezza di questo luogo si può percepire dai camini
delle baracche disseminati a perdita d’occhio. Camminando in gruppo lungo le
strade del campo, con i piedi nella neve e la nebbia che offusca la vista il pensiero
va ai prigionieri e alle loro condizioni di vita estrema. La terza parte era il Campo è
Auschwitz III-Monowitz, campo in cui venne imprigionato Primo Levi.
L’ARRIVO AI CAMPI: LA SELEZIONE
Il lager è controllato dalle SS ( SchutzStaffeln, nascono nel 1923 come milizia
speciale alle dirette dipendenze del Fuhrer), che lo gestiscono sotto gli ordini diretti
del comandante. La dignità dei prigionieri viene calpestata sin dal loro arrivo al
campo. Ad alcuni prigionieri infatti viene affidato il controllo degli altri. Sono i kapò,
essi godono di un trattamento migliore degli altri, ma possono in qualunque
momento essere uccisi. Il Sonderkommando invece è un gruppo di prigionieri a cui
viene anche affidato il compito di cremare i cadaveri nei forni. I Sonderkommando
vengono regolarmente sterminati perché i più diretti testimoni dello sterminio. Sono
molti i membri di questo gruppo che svolgendo compiti crudeli e terribili, non
reggono e impazziscono o si suicidano: è per questo motivo che la gestione dello
sterminio non viene affidata direttamente alle SS.
I deportati venivano rinchiusi in vagoni merce, stretti e ammassati soffrivano per la
fame, la sete, l’insonnia, la fatica e il freddo. I deportati di ogni vagone dovevano
fare a turno per sedersi, lo spazio era poco e il viaggio era molto lungo poteva
durare anche una settimana prima che arrivasse a destinazione.
All’arrivo al campo i vagoni venivano aperti e liberati, i bagagli venivano fatti
lasciare lungo i binari, i quali dopo una breve selezione dei beni venivano inviati in
Germania, successivamente gli uomini venivano separati dalle donne e dai bambini,
formando due file distinte. A questo punto il personale medico delle SS decideva chi
era abile al lavoro. I malati, gli anziani, le donne incinte e i bambini non venivano
inserite nell’elenco del Campo, ossia non venivano registrate e marchiate con un
numero, ma subito eliminate nelle camere a gas. Esse si trovavano dall’altra parte
del campo rispetto alle banchine di arrivo, lontano dagli sguardi degli altri
prigionieri. I gruppi di persone destinati alle camere a gas venivano introdotti in un
locale camuffato da spogliatoio con tanto di descrizioni multilingue delle procedure
per il successivo recupero dei vestiti. Fino all’ultimo i deportati dovevano credere
che quella era una semplice doccia, le SS sottolineavano il fatto che dovevano
ricordarsi il numero scritto sull’ appendi abiti per poi ritrovare i vestiti in seguito alla
doccia. Le camere a gas erano anche queste mascherate da docce situate sul
soffitto, i deportati venivano ammassati in queste stanze e sigillata la porta veniva
rilasciato il gas, dopo 15-20 minuti da un piccolo spiraglio le SS controllavano che
tutti i cadaveri giacessero per terra, in seguito i corpi delle vittime venivano
"trattati" dai membri del “Sonderkommando”; prima di tutto venivano irrorati con
acqua (per pulirli dalle feci che il gas faceva uscire alle vittime, involontariamente),
poi ripassavano per asportare i denti d'oro dei cadaveri o qualsiasi altro oggetto
prezioso come anelli, orecchini, braccialetti ecc. (le SS riuscivano a ricavare fino a
10 kg di oro al giorno). In seguito i capelli delle donne venivano tagliati e messi da
parte. I cadaveri venivano poi caricati su dei carri e portati ai forni crematori.
I prigionieri dichiarati abili al lavoro, come uomini, ragazzi e donne in forze venivano
condotti negli edifici dei bagni, dove dovevano consegnare la biancheria, venivano
poi privati dei documenti d’identità. Successivamente, i prigionieri venivano spinti
nel locale in cui erano consegnati ai barbieri che dovevano in modo sbrigativo
rasarli a zero fin nelle parti intime con rasoi senza filo. Il passaggio successivo era la
doccia dove venivano disinfettati con prodotti urticanti e lavati nel peggiore dei
modi con acqua bollente alternata alla gelata, seguiva poi la distribuzione del
vestiario da campo: una casacca, un paio di pantaloni che sembravano una specie
di pigiama a righe grigie scure e chiare e un paio di pesanti zoccoli di legno. I
detenuti ricevevano un numero che veniva tatuato sull’avambraccio sinistro, da
quel momento venivano registrati compilando una scheda con i dati personali e con
l’indirizzo dei familiari più prossimi, venivano poi avvisati che d’ora in avanti non
sarebbero più stati chiamati per nome ma diventavano solo dei “ pezzi” (Stücke)
numerati, essi dovevano impararlo a memoria in tedesco per riconoscere quando
venivano chiamati, se no puniti severamente. Al numero che veniva cucito anche
sul lato sinistro della casacca, veniva associato un contrassegno colorato che
identificava le diverse categorie di detenuto: la stella a sei punte di colore giallo è
ancora oggi il triste simbolo della persecuzione degli ebrei.
La registrazione proseguiva con tre foto, che ritraevano il detenuto di fronte, di
profilo destro e sinistro.
Dopo averne registrate le generalità, si mandavano i prigionieri in quarantena e vi
restavano 6-8 settimane. La quarantena era un tormento senza tregua. I prigionieri
erano sottoposti ad esercitazioni, dovevano imparare i canti di marcia tedeschi e