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Sintesi
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ITALIANO

STORIA

ECONOMIA AZIENDALE

SCIENZE DELLE FINANZE

DIRITTO

INGLESE

MATEMATICA

INFORMATICA
Estratto del documento

Rispetto alla scoperta inettitudine dell’esteta, il superuomo, che è un essere

vitale, permette a D’Annunzio di realizzare e di creare, ed è proprio qui che sta

la sua efficacia. L’esteta, l’uomo rinunciatario e che si isola, è così stato in un

certo modo inglobato dal superuomo, colui che agisce distaccandosi dalla

massa per mettersi al di sopra e per realizzare così qualcosa di grande.

D’Annunzio si attesta su posizioni di tipo irrazionalistico. Le caratteristiche della

filosofia di Nietzsche che più lo colpiscono sono infatti:

- il rifiuto del conformismo, della morale e delle regole borghesi;

- l’esaltazione dello spirito dionisiaco, ovvero della violenza che si erge al di

sopra di tutte le norme.

D’Annunzio sogna la formazione di una nuova aristocrazia, che si liberi dal

rispetto delle regole borghesi e che cerchi di far rivivere l’antica potenza di

Roma. D’Annunzio si considera perciò come un vate di questa aristocrazia ma

anche dell’intero popolo romano, chiamato ad insorgere e a riscattarsi. Col la

sua vita, con le sue vicende personali e con le sue opere assume appunto il

ruolo di profeta della patria, atteggiandosi a guida del cambiamento, vivendo in

modo eccezionale ed entrando in politica.

D’Annunzio non si chiude come gli altri intellettuali, emarginati e schiacciati

dalla realtà industriale, a contemplare vittimisticamente la propria impotenza.

Egli reagisce:

- costruendo sogni di onnipotenza;

- esorcizzando la paura auto-investendosi del ruolo di vate.

PRIMA GUERRA MONDIALE

Tra il 1905 e il 1913 varie crisi e guerre locali portarono la situazione al limite

del conflitto generale. Due di queste (“crisi marocchine”) furono il risultato del

tentativo tedesco di sostenere l’indipendenza del Marocco nei confronti

dell’occupazione francese, questione poi risolta pacificamente dalla conferenza

di Algeciras.

Un’altra crisi si aprì nei Balcani nel 1908, in seguito all’annessione della Bosnia-

Erzegovina da parte dell’impero austroungarico; in questo caso la guerra fu

evitata solo perché la Serbia, che coltivava mire espansionistiche sulla regione,

non poteva agire senza il sostegno della Russia, all’epoca non ancora disposta

al conflitto.

Approfittando del fatto che l’attenzione delle grandi potenze era rivolta alla

questione marocchina, l’Italia dichiarò guerra alla Turchia nel 1911 per

annettersi la regione di Tripoli (guerra italo-turca), mentre le guerre balcaniche

del 1912-13 ebbero il risultato di rafforzare le tendenze aggressive del regno di

Serbia nella regione, peggiorando ulteriormente i suoi rapporti con Vienna, e di

suscitare desideri di vendetta e di riscatto nella Bulgaria e nella Turchia.

L’assassinio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando agì perciò da

detonatore in un’Europa già profondamente lacerata da rivalità nazionalistiche,

con effetti catastrofici.

Il governo di Vienna, ritenendo l’assassinio opera del movimento nazionalista

serbo, assicuratosi l’appoggio della Germania inviò un ultimatum alla Serbia,

ritenuta responsabile di un piano antiaustriaco. A quel punto la catena delle

alleanze fece precipitare la situazione e in rapida successione si ebbero la

dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia (28 luglio 1914), la mobilitazione

della Russia, le dichiarazioni di guerra della Germania alla Russia (1° agosto) e

alla Francia, con la conseguente invasione del Belgio (3 agosto), e l’entrata in

guerra della Gran Bretagna a sostegno dei belgi (5 agosto) che provocò la

reazione tedesca. Mentre l’Italia si dichiarava neutrale, anche il Giappone

(alleatosi con gli inglesi nel 1902) dichiarò guerra al Secondo Reich tedesco il

23 agosto, attaccandone subito dopo i possedimenti asiatici. La firma del

trattato di Londra, avvenuta il 5 settembre 1914, sanciva l’alleanza tra Francia,

Gran Bretagna e Russia.

DALLA GUERRA-LAMPO ALLA GUERRA DI TRINCEA

Le operazioni militari si svolsero su tre diversi fronti: occidentale, o franco-

belga; orientale, o russo; meridionale, o serbo. Nel novembre del 1914 la

Turchia entrò in guerra a fianco degli Imperi Centrali, estendendo così il quadro

delle operazioni al Medio Oriente. Nel 1915 si aprirono due ulteriori fronti:

quello austro-italiano, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, alleata dell’Intesa in

virtù del patto di Londra firmato il 26 aprile, e quello sulla frontiera greca a

nord di Salonicco, a seguito dell’intervento della Bulgaria a fianco degli Imperi

Centrali nell’ottobre successivo.

IL FRONTE OCCIDENTALE

Il piano strategico tedesco (noto come “piano Schlieffen”, dal nome del capo di

stato maggiore che lo aveva elaborato già nel 1905), affidato al generale

Helmuth von Moltke, prevedeva una rapida guerra di movimento contro la

Francia (la cui invasione doveva avvenire attraverso il Belgio) per poi volgersi

contro la Russia, ma fu bloccato dall’esercito francese al comando del generale

Joseph Joffre nella prima battaglia della Marna (6-9 settembre).

I tedeschi, costretti alla ritirata sino al fiume Aisne, estesero il fronte fino alla

Mosa, a nord di Verdun. Ne seguì una sorta di gara in velocità verso il Mare del

Nord, con l’obiettivo di acquisire il controllo dei porti sulla Manica

(strategicamente nevralgici poiché vi confluivano i rinforzi britannici), che vide i

tedeschi frenati nella loro avanzata dall’inondazione del fiume Yser, provocata

nella regione dai belgi, e da una serie di scontri con le forze inglesi, noti

collettivamente come battaglia delle Fiandre.

Ciò segnò la fine della guerra di movimento sul fronte occidentale e portò alla

guerra di logoramento, di cui furono protagonisti la trincea, l’assalto con la

baionetta, l’artiglieria, e che si ridusse a una sequenza di conquiste e di perdite

di pochi lembi di terreno con un costo elevatissimo di vite umane.

Nel marzo del 1915 gli inglesi tentarono, senza esito, di rompere il fronte

nemico; in aprile l’esercito tedesco attaccò Ypres, occupata dalle forze inglesi,

usando per la prima volta il gas di cloro, chiamato ufficialmente da allora

“iprite”: fu la prima volta che la guerra chimica venne praticata su vasta scala.

Successive offensive franco-inglesi portarono allo sfondamento della prima

linea delle trincee tedesche, ma in termini generali nel corso del 1915 non si

produssero sostanziali modifiche rispetto alle posizioni stabilite alla fine

dell’anno precedente. Il fallimento della guerra-lampo portò alla sostituzione di

Von Moltke con il generale Erich von Falkenhayn al comando supremo delle

forze tedesche.

LA GUERRA IN SERBIA

Da parte loro i serbi riuscirono a respingere tre tentativi di invasione senza

operarne alcuno ai danni dell’Austria-Ungheria, così che il fronte rimase inattivo

fino all’ottobre del 1915. All’inizio dello stesso mese, al fine di aiutare la Serbia

in caso di un attacco bulgaro, giudicato sempre più probabile, truppe anglo-

francesi sbarcarono a Salonicco: a quel punto gli austro-tedeschi attaccarono

nuovamente le postazioni serbe (6 ottobre), sconfiggendole insieme al corpo di

spedizione alleato sopraggiunto in soccorso dalla Grecia occidentale.

IL FRONTE TURCO

La Turchia entrò in guerra il 29 ottobre 1914, cooperando da subito con la

Germania con il bombardamento navale delle coste russe del Mar Nero e

l’invasione del Caucaso in dicembre; in risposta, forze navali inglesi

bombardarono le fortificazioni turche sullo stretto dei Dardanelli nel febbraio

del 1915, mentre tra aprile e agosto furono costituite due teste di ponte nella

penisola di Gallipoli. L’obiettivo alleato di acquisire il controllo degli Stretti fallì

miseramente, e fu seguito dal ritiro di tutte le truppe presenti nella regione

entro il gennaio del 1916.

IL FRONTE ITALIANO

L’Italia stipulò un trattato segreto, il cosiddetto patto di Londra (26 aprile

1915), con Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale si impegnava a

entrare in guerra in cambio di compensi territoriali in Trentino, Alto Adige, Istria,

Dalmazia, Albania e nel Dodecaneso. Il 24 maggio dichiarò guerra all’Austria -

Ungheria, impegnando quest’ultima su un secondo fronte. Le prime quattro

battaglie dell’Isonzo (29 giugno-7 luglio, 18 luglio-10 agosto, 18 ottobre-3

novembre, 10 novembre-10 dicembre) ebbero un esito incerto per le forze

italiane, che fallirono l’obiettivo di spezzare le linee austriache e conquistare

Trieste.

Come per tutte le potenze belligeranti, anche per l’Italia la guerra si tradusse in

un logorante conflitto di posizione, per di più affrontato in condizioni sfavorevoli

in quanto gli austriaci controllavano le postazioni più elevate in Veneto, in

Trentino, in Friuli e in Carnia. Gli austriaci allentarono la pressione italiana con

Strafexpedition,

una violenta controffensiva in Trentino (la “spedizione

punitiva”) i cui effetti risultarono più dirompenti sul piano psicologico e politico

che non su quello militare: si spense allora la speranza ancora diffusa in Italia

di un’imminente vittoria.

LA GUERRA DI POSIZIONE

Nel 1916, dopo aver trasferito 500.000 uomini dal fronte orientale a quello

occidentale, l’esercito tedesco al comando del generale Erich von Falkenhayn

sferrò un massiccio attacco alla Francia: primo obiettivo fu la cittadina

fortificata di Verdun (21 febbraio), ma l’avanzata tedesca fu contenuta e le

forze alleate poterono rispondere con una controffensiva sulla Somme, iniziata

il 1° luglio e protrattasi fino al mese di novembre.

Né l’una né l’altra operazione furono tuttavia decisive: la spaventosa

carneficina (1.600.000 morti) risultò inutile ai fini della guerra. Von Falkenhayn

fu sostituito dal generale Erich Ludendorff; sul fronte alleato, al posto del

generale Joseph Joffre, alla testa degli eserciti francesi impegnati a nord e a

nord-est fu posto, nel dicembre 1916, il generale Robert Nivelle.

L’ITALIA E I BALCANI

Sul fronte italiano il 1916 fu segnato dalla quinta inconcludente battaglia

dell’Isonzo e dall’offensiva austriaca in Trentino, i cui risultati furono comunque

annullati dalla reazione italiana nella campagna estiva. Tra agosto e novembre

altre quattro battaglie ebbero luogo sull’Isonzo, ancora senza risultati a parte la

conquista italiana di Gorizia (9 agosto).

Nei Balcani gli Alleati posero sotto controllo politico la Grecia, sostenendo che il

re Costantino I favoriva gli Imperi Centrali a dispetto della sua dichiarata

neutralità; l’intervento alleato provocò la costituzione di un governo provvisorio

a Salonicco (29 settembre) guidato da Eleutherios Venizelos, che fu

riconosciuto ufficialmente dalla Gran Bretagna e che il 3 novembre dichiarò

guerra a Germania e Bulgaria. Nel frattempo, l’esercito serbo si univa alle

truppe russe e italiane per lanciare un’offensiva congiunta contro le forze

bulgare e tedesche, che fu seguita all’inizio di ottobre da un massiccio attacco

alleato in Macedonia che si spinse fino ai confini con l’Albania.

IL FRONTE MEDIORIENTALE

Le operazioni militari in Medio Oriente ebbero come teatri di scontro la

Mesopotamia, la Palestina e l’Arabia, dove, nel giugno del 1916, scoppiò

un’insurrezione nella regione dell’Higiaz contro il dominio ottomano,

appoggiata dagli inglesi. Al fine di un allargamento della rivolta araba le forze

britanniche dislocate in Egitto cominciarono ad avanzare fino alla penisola del

Sinai e in Palestina, conquistando varie postazioni all’inizio del gennaio 1917.

TENTATIVI DI NEGOZIATO

Nel corso del 1916 il presidente degli Stati Uniti (a quel tempo ancora neutrali)

Woodrow Wilson cercò di spingere al negoziato le potenze belligeranti sulla

base di una “pace senza vittoria”. Alla fine dell’anno il governo tedesco rese

nota la disponibilità in tal senso degli Imperi Centrali, alla quale tuttavia la Gran

Bretagna non diede credito.

L’ENTRATA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI

La posizione di Wilson riguardo alla guerra mutò decisamente nel gennaio del

1917, quando la Germania annunciò che, a partire dal successivo 1° febbraio,

sarebbe ricorsa alla guerra sottomarina indiscriminata contro le imbarcazioni in

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