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Infanzia nella cultura tra Ottocento e Novecento Pag. 1
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Estratto del documento

Federica Di Paolo III°A

L’interesse per l’infanzia nella cultura tra Ottocento

e Novecento

A partire dalla seconda metà dell’ Ottocento, il clima culturale europeo cambia

bruscamente. Si vive, dunque, una profonda crisi su più livelli: con la fine del

Positivismo si perde fiducia nella scienza e nelle capacità conoscitive della

ragione e si sviluppano filosofie irrazionalistiche (Bergson, Nietzsche). Sul piano

scientifico, Einstein, nel 1906, rende nota la teoria della relatività, che esprime,

appunto, il cambiamento nel rapporto concetti-cose, portando alla crisi del

concetto di verità. Proprio in questo contesto, nasce un interesse per l’infanzia,

vista come “malattia”, cioè momento originario del disagio psichico, oppure

vista come mito ingenuo e momento felice.

Per capire in che modo si arriva ad affermare che l’infanzia è all’origine del

disagio mentale, bisogna ripercorrere i cambiamenti che attraversano questo

periodo storico. Tra il 1895 ed il 1913, infatti, assistiamo ad un processo di

trasformazione economico-sociale: la cosiddetta Seconda Rivoluzione

Industriale. Questa rivoluzione, scardina il vecchio sistema economico

(caratterizzato da un’assoluta preminenza dell’agricoltura) e il conseguente

assetto sociale, provocando la nascita di una nuova classe: il proletariato. La

Rivoluzione, nata in Inghilterra, si diffonde in tutta Europa e si basa su alcuni

elementi fondamentali: l‘introduzione di metodi scientifici nell‘organizzazione e

nella gestione delle imprese, il processo di concentrazione economica ed il

taylorismo,

protezionismo. L’introduzione di metodi scientifici fu ispirata al che

teorizzava la divisione del lavoro; le mansioni lavorative dovevano, infatti,

essere assegnate ognuna ad un operaio che, secondo il ritmo della macchina,

avrebbe svolto pochi movimenti ripetitivi e meccanici, al fine di razionalizzare i

tempi e l’organizzazione del sistema di fabbrica. Nel 1913 saranno avviate

anche le catene di montaggio, sperimentate per la prima volta da Henry Ford,

volte ad ottimizzare il lavoro degli operai e ridurre i tempi di produzione

(fordismo), aumentando la produttività e la quantità totale del prodotto, ma

alienazione

generando anche fenomeni di e spersonalizzazione nei lavoratori.

Un altro elemento fondamentale della Seconda Rivoluzione Industriale fu la

trasformazione del sistema economico, il quale passò da una fase di libera

concorrenza ad una monopolistica, caratterizzata da un processo di

concentrazione capitalistica, che portò alla formazione di grandi monopoli o

oligopoli, che controllavano l’aumento della concorrenza. Sorse dunque la

tendenza alla concentrazione dell’ attività produttiva, alle coalizzazioni e

trust)

fusioni tra diverse società o fabbriche ( o a gli accordi di mercato tra

(cartelli);

autonome imprese dello stesso ramo L’esigenza di proteggere i

mercati interni portò ad una crescente pressione nei confronti dei poteri

pubblici, così da spingere gli Stati a cercare nuovi mercati e nuove fonti di

materie prime e a sostenere le imprese nazionali mediante l’abbandono delle

tradizionali politiche liberistiche a favore del protezionismo, con l’inasprimento

delle tariffe doganali. Rispetto alla prima, la Seconda Rivoluzione Industriale

diffuse i suoi effetti su un’area più vasta, modificando profondamente i

comportamenti di milioni di persone: nei Paesi che ne furono interessati, il

tenore di vita conobbe un generale miglioramento grazie ai progressi nella

medicina e nell’ igiene; si diffusero i beni di consumo durevoli di massa. Inizia,

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