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L’illusionismo nella realtà
DANIELE GALLUZZO VB
Fin dall’antichità era noto che ingannare il nemico poteva essere determinante tanto quanto la qualità dei
combattenti e la capacità degli armamenti, e gli esempi non sono mancati. A Capua Annibale usci dalla città
assediata facendo muovere il suo esercito di notte, dopo aver acceso ingannevolmente il fuoco nel suo
accampamento; ad Austerlitz Napoleone finse di ritirarsi per fare uscire i
suoi nemici allo scoperto per poi attaccarli in contropiede. Ai grandi
strateghi del passato si aggiungono i meno conosciuti della guerra
moderna.
Durante la seconda guerra mondiale l’esercito britannico arruolò un
illusionista di professione. Mandato a combattere in Africa il mago ebbe
modo di mettere a frutto tutta la sua arte come un novello Ulisse che, con
la creazione di trucchi straordinari, fece ammattire il potente esercito
tedesco. Il suo nome era Jasper Maskelyne.
Durante la campagna africana, iniziata dal 1941, gli obbiettivi che il Feldmaresciallo Rommel voleva a tutti i
costi erano sostanzialmente tre: Alessandria, Il Cairo e il canale di Suez, ma Churchill, Primo Ministro del
Regno Unito, non era disposto a cedere nulla anzi aveva dato l’ordine di difendere gli obbiettivi a tutti i costi.
I tedeschi prendevano regolarmente di mira il canale di Suez, per renderlo impraticabile. Il canale, lungo
170 km, è un importante via di comunicazione, senza questo passaggio tra il Mediterraneo e il Mar Rosso le
navi inglesi avrebbero dovuto percorrere migliaia di chilometri e circumnavigare l’Africa per poter
raggiungere il medio oriente consegnando un grosso vantaggio all’esercito tedesco.
Nell’autunno del 1941, per difendere il canale di Suez l’esercito inglese si rivolse a Maskelyne. Il mago
avrebbe dovuto migliorare il funzionamento dei 90 riflettori posti vicino alle postazioni antiaeree in modo
che gli artiglieri inglesi potessero vedere meglio gli aerei nemici
Il piano del mago però era molto diverso: invece che usare i riflettori per inquadrare gli aerei li usò per
accecare i piloti nemici. Ma non si trattava solo di puntare un fascio di luce, il quale sarebbe potuto
facilmente essere evitato, contro gli aerei.
Maskelyne trasformò i proiettori in luci stroboscopiche. I riflettori proiettavano una specie di tempesta di
luce, l’espediente venne chiamato vortice accecante. Maskelyne riuscì nel suo intento di nascondere il canale
di Suez in un mare di luce. Alla base di questo trucco ci sono gli artifici luminosi che la famiglia Maskelyne
usava nei suoi spettacoli teatrali: un fascio di luce puntato sul pubblico può rendere invisibili oggetti posti
dietro di esso. 2
I dettagli dei vortici luminosi sono ancora “top secret”, ma dalle foto si vedono delle lastre di vetro a
specchio attaccate al riflettore che ruotando rendono stroboscopico il fascio di luce proiettato dal riflettore
Maskelyne collaudò i suoi specchi magici personalmente. Dopo essere salito ad alta quota a bordo di un
aereo fece accendere dalla sua squadra il riflettore. Questo ebbe un effetto talmente sconvolgente che accecò
il pilota dell’aereo su cui volava il mago, facendogli perdere il controllo, tanto che per poco non si schiantò.
Riuscì a ritrovare l’assetto dell’aereo a meno di 400 metri da terra.
La tragedia sfiorata servì a convincere l’esercito inglese che l’invenzione poteva funzionare. L’alto comando
dell’esercito inglese gli diede il “via libera” e 21 riflettori con luci stroboscopiche vennero posizionati lungo
il canale di Suez. Il test verrà fatto pochi giorni dopo: al successivo raid aereo della Luftwaffe vennero accesi
i riflettori che crearono un muro di luce tale da disorientare e anche fare schiantare gli aerei, salvando così
definitivamente il canale.
Dopo i vari successi ottenuti nelle missioni precedenti, il mago ricevette un ordine direttamente dal generale
Montgomery. Il generale progettava di sconfiggere il generale Rommel (la volpe del deserto) nella pianura
sabbiosa di El Alamein. L’operazione Lightfoot doveva riuscire ad ogni costo: gli inglesi non potevano
perdere, dovevano attaccare e fermare l’avanzata dei tedeschi. Avevano disperatamente bisogno di una
vittoria, sia per risollevare il morale dei soldati che ormai credevano nell’imbattibilità di Rommel, sia perchè
rischiavano di perdere i giacimenti di petrolio. I tedeschi d’altro canto volevano impadronirsi del petrolio. La
battaglia di El Alamein fu decisiva. Entrambi gli eserciti si giocavano tutto. Montgomey decise di attaccare
dal lato nord per tagliare i rifornimenti, ma c’era un problema nella sua strategia: sapeva che per poter
vincere doveva far credere ai tedeschi che avrebbe attaccato dall’altra parte. La cosa più difficile a questo
punto era come far pensare ai tedeschi che avrebbero attaccato da sud.
Questo era il compito della squadra di mimetizzazione di Maskelyne. Maskelyne preparò la grande illusione
che sconfisse la “volpe del deserto”. A settembre, un mese prima che iniziasse l’operazione Lightfoot, la sua
squadra lavorò alacremente, i suoi uomini sapevano che la battaglia di El Alamein sarebbe stata decisiva per
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le sorti del Nord Africa. Una battaglia di quelle dimensioni avrebbe dato a Maskelyne il palcoscenico che
aveva sempre sognato. La squadra di Maskelyne creò l’illusione di un esercito schierato sul lato sud: vennero
impiegate sagome di varie forme: carri armati, cannoni, aerei, soldati ,elmetti d’acciaio, perfino un finto
oleodotto fatto con l’alluminio delle lattine. Le sagome erano così ben realizzate che l’esercito tedesco
schierò parte dell’esercito contro le sagome invece che contro il vero esercito di Montgomery.
Ma Maskelyne ha preparato un altro
trucco: l’illusione più importante di
tutte il cui nome in codice è “Bertram”.
Nella prima fase del trucco 150 mila
uomini e migliaia di carri armati
vengono spostati sotto gli occhi del
nemico il 6 ottobre. 3 settimane prima
della battaglia dei veri reparti
dell’esercito vengono spostati a sud
insieme alle sagome e ai pannelli solari.
I tedeschi erano abituati a vedere grandi
spostamenti di truppe sul campo di
battaglia e non si preoccuparono. Nella
notte fra il 18 e il 19 ottobre i soldati e i
carri inglesi si spostarono da sud a nord,
facendo muovere i carri armati
lentamente dopo averci montato i
pannelli mimetici e i tedeschi non si
accorsero dello spostamento delle
truppe. Intanto sul lato sud i soldati e i carri armati vennero sostituiti dalle sagome preparate dalla squadra
magica
La battaglia iniziò alle 21:00 del 23 ottobre 1943 con un sostenuto sbarramento di artiglieria.
Il 24 ottobre, il comandante dell'Asse, generale Georg Stumme (Rommel era in licenza per malattia in
Austria), morì per un attacco di cuore e il generale Ritter von Thoma prese il comando, mentre a Rommel fu
ordinato di tornare in Africa, dove arrivò il 25 ottobre.
Gli alleati furono costretti ad abbandonare l'attacco verso sud respinto dagli italiani. L'immediato
contrattacco di Rommel invece fallì.
Montgomery sentì che l'offensiva stava perdendo la sua spinta e decise di riorganizzarsi. Ci furono una serie
di piccole azioni ma, per il 29 ottobre, la linea dell'Asse era ancora intatta. Montgomery era ancora fiducioso
e preparò le sue forze per l'Operazione Supercharge. Le infinite operazioni di disturbo e il logorio causato
dalle forze aeree alleate avevano ridotto la forza effettiva dei carri di Rommel a 102 unità.
Lo stesso giorno il Feldmaresciallo ricevette da Adolf Hitler un ordine di "Vittoria o morte" che fermò la
ritirata;
Il 4 novembre le forze dell'Asse, non più in grado di opporre resistenza organizzata, iniziavano il
ripiegamento; per le divisioni di fanteria italiane, non motorizzate, era preclusa ogni via di fuga ed oltre
30 000 soldati si dovettero arrendere (tra cui anche mio nonno Vasco Lusetti). Molti di più riuscirono però a
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ripiegare, sia per le capacità tattiche di Montgomery, che per l'estrema prudenza di Rommel, che non voleva
cadere vittima di una delle brillanti invenzioni delle quali il suo avversario si era mostrato più volte capace.
Winston Churchill riassunse la battaglia, il 10 novembre 1942, con la famosa frase: «Ora, questa non è la
fine, non è nemmeno l'inizio della fine. Ma è forse la fine dell'inizio».
Jasper Maskelyne morì in Kenia nel 1973, senza rivelare i segreti del suo incarico per l’esercito.
I suoi trucchi sono ancora un mistero, sono classificati come materiale “top secret” e saranno resi pubblici
solo nel 2047.
I trucchi utilizzati da Jasper Maskelyne durante la guerra si basano su due principi fondamentali:
- La prospettiva
- l’utilizzo della riflessione degli specchi 5
Prospettiva
In arte, sistema di convenzioni rappresentative che mirano a ricreare sulla superficie bidimensionale della
tela o del rilievo la profondità dello spazio reale. La prospettiva si fonda sulle leggi elementari dell’ ottica, e
in particolare sul fatto che gli oggetti distanti sembrano più piccoli e meno definiti rispetto a quelli vicini.
La prospettiva “lineare” traduce graficamente l’effetto di riduzione scalare degli oggetti determinato dalla
distanza; la prospettiva “aerea” riproduce gli effetti dell’atmosfera e della luce sempre in relazione alla
crescente distanza, come ad esempio la variazione di colore apparente nelle montagne viste da lontano. La
prospettiva “a volo d’uccello”, utilizzata nelle vedute aeree di città fino alla fine dell’Ottocento, offre una
visione dall’alto con angolo visuale di circa 45° rispetto alla verticale.
CARATTERISTICHE DELLA PROSPETTIVA LINEARE
L’esempio intuitivo più semplice del principio della prospettiva lineare è offerto dalla percezione visiva
illusoria per cui i binari della ferrovia sembrano avvicinarsi fino a convergere all’orizzonte. In un disegno
prospettico, la superficie del foglio o della tela è chiamata “piano di proiezione”; l’“orizzonte” è la linea
orizzontale che divide il piano di proiezione individuando l’altezza del punto di vista dell’osservatore ideale;
il “punto di fuga”, collocato sull’orizzonte, è quello in cui convergono tutte le linee di profondità. I punti di
fuga possono essere più d’uno, secondo l’allineamento degli oggetti presenti nella scena raffigurata.
CENNI STORICI Gli antichi egizi, greci e romani
indicavano la profondità dello
spazio nei dipinti mediante una
serie di accorgimenti più o meno
rudimentali, come la
sovrapposizione parziale delle
figure. A Roma il termine
perspectiva (dal verbo perspícere,
“vedere chiaramente”) indicava la
“scienza della visione” e
corrispondeva alla parola greca optiké (da cui deriva “ottica”). Perciò, nonostante fossero arrivati a utilizzare
talvolta la convergenza apparente delle linee parallele di profondità, i pittori e gli scenografi greci e romani,
legati all’esperienza della visione reale, non giunsero mai a determinare un “punto di vista” fisso, capace di
coordinare tutti gli aspetti della visione.
La comprensione scientifica delle leggi della prospettiva è quindi un’acquisizione relativamente recente nella
storia: esse furono per la prima volta descritte con precisione in Italia, nel 1400. Tra la fine del XIV e l’inizio
del XV secolo gli artisti erano arrivati a sviluppare una coscienza intuitiva della prospettiva; ma fu
l’architetto fiorentino Filippo Brunelleschi che, con una serie di esperimenti attuati tra il 1417 e il 1420, mise
a punto con esattezza le leggi della prospettiva lineare centrica. I pittori fiorentini Masaccio e Paolo Uccello
furono tra i primi ad assimilare e ad applicare le regole prospettiche di Brunelleschi, vero punto di svolta
nello sviluppo della cultura artistica del Rinascimento.
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Nel 1435 l’architetto Leon Battista Alberti scrisse in latino il trattato Della pittura, pubblicandolo poi in
italiano nel 1436. Il trattato accoglieva e spiegava il metodo di Brunelleschi e fissava le basi teoriche per tutti