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Non solo nella Filosofia, ma anche nella Letteratura Italiana incontriamo personaggi che hanno
espresso la loro concezione sul mondo e su Dio, e a questo proposito come non citare Dante, con la
sua Divina Commedia ci ha fornito la sua visione di perfetto credente e cristiano, di un uomo che è
addirittura giunto all’incontro con Dio. Secondo la sua idea, l’uomo vive sulla terra, posto tra Dio e
Lucifero, fra la perfezione celeste, e l’abezione infernale; la stessa natura dell’uomo, insieme
materiale e spirituale sottolinea la sua posizione intermedia tra male e bene. Ma nonostante ciò
l’uomo è la sola creatura della terra a partecipare della natura divina. Dante ritiene che l’uomo sia
per natura rivolto al bene, alla somiglianza con Dio, il bene supremo, dato che esiste un principio
unificante che forma l’universo e lo rende simile a Dio, ma solo le creature superiore, uomini e
angeli, lo riescono a riconoscere quale atto della volontà divina. Dante definisce “amore” la
tendenza innata instintiva mediante la quale la natura intesa come Dio guida ogni essere, animato o
inanimato, verso la perfetta attuazione della propria essenza. E solo l’uomo, che a differnza degli
altri esseri terreni è dotato dell’intelletto e della ragione può scegliere di non assecondare la sua
naturale inclinazione al bene, ma di contrastarla, rinunciando di fatto alla sua somiglianza con Dio.
L’uomo può quindi peccare, perche la sua istintiva inclinazione ad amare può rivolgersi ad oggetti
diversi da quelli a lui preposti dalla natura, cioè Dio.
Il peccato è da Dante inteso come la rinuncia all’unità all’ordine, all’armonia divina, in favore del
disordine, della molteplicità, del caos. L’uomo è dunque ancora in una posizione intermedia nella
gerarchia del Creato: egli solo può rinunciare con il peccato alla sua natura, ma in virtù dell’anima
intellettiva è anche l’unica creatura terrena che può, con una scelta razionale e consapevole del
Bene, aspirare alla visione di Dio nell’aldilà. E ciò che determina questo è la condotta terrena di
ogni individuo, che può promuoverne la salvezza o la dannazione.
Di vedute completamente opposte è Giacomo Leopardi che con il suo “Pessimismo Cosmico”
capovolge la visione Dantesca della possibilità di salvezza dell’uomo, in base alla sua scelta,
sostituendola con la visione di un mondo creato dalla Natura, intesa come Dio, un mondo infelice,
che per ragioni assurde e incomprensibili è creato per la sofferenza di chi è stato chiamato a vivere,
e per il quale Leopardi stesso prevede solo al vecchia e la morte. Dopo questo periodo di
Pessimismo il suo pensiero di evolve in una sorta di “Titanismo”, quindi verso una lotta, già persa
in partenza e votata alla sconfitta, contro il destino e gli dei, una lotta a cui Leopardi invita tutti gli
uomini ad unirsi contro la Natura, e quindi Dio, come se fosse un unico nemico comune, anziche
combattersi l’un l’altro. Quindi il pensiero dell’ultimo Leopardi si configura come un invito alla
solidarietà e al reciproco aiuto contro il nemico comune attraverso l’uso della ragione e il coraggio,
che permettono all’uomo di riconoscere la dura realtà dell’umana sorte anzichè incolpare i propri
simili.
Altro grande pensatore/scrittore è Manzoni, che sia nei Promessi Sposi, che in altri testi, come gli
Inni Sacri, esprime la propria concezione di Dio, ricondotta al messaggio dei Vangeli. Concezione
che però non è statica, bensì dinamica, e che si evolve continuamente, sia all’interno delle opere sia
nel corso della vita dell’autore. Negli Inni Sacri ad esempio c’è un interpretazione del Cristianesimo
in cui la fede è sia attiva e collettiva, sia rasserenatrice e fonte di pace e speranza per il singolo
individuo. Poi tale religiosità manzoniana si và drammatizzando, dato che lo scrittore si rende conto
che il mondo è dominato dai violenti, e da quì nasce il desiderio di morte di alcuni personaggi
manzoniani, come l’Adelchi, che sperano finalmente di trovare la pace nel puro amore divino. Ma
la concezione definitiva della religiosità manzoniana è contenuta nel “sugo di tutta la storia” delle
ultime pagine dei Promessi Sposi, dove secondo l’autore nel mondo predominano violenze e mali,
sofferenze e peccati, sopraffazioni e dolori, e ciò deve essere affrontato con fiducia in Dio, nella
provvidenza divina, in tal modo il dolore diventa più sopportabile perchè ha senso: diviene uno
strumento di perfezionamento morale, nella prospettiva dopo la morte.