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LA CRESCITA DELLA FIAT
Con l’ex pilota Ludovico Scarfiotti presidente e Agnelli amministratore delegato, nel 1899
la Fiat inizia la sua attività.
Negli anni successivi, Torino cresce con l'automobile.
Nel 1901, con una popolazione di 335.000 unità, gli operai addetti al ramo
metalmeccanico sono circa 15.000, tra cui pochissime centinaia nell'industria dell'auto;
dieci anni dopo, su un totale di 427.000 abitanti, i metalmeccanici superano le 30.000
unità, per metà impiegati nel settore automobilistico.
A Torino il nuovo settore dell'industria meccanica non è quindi rappresentato dalla sola Fiat
che, tuttavia, conquista rapidamente fette sempre più ampie di mercato. Nel 1904 su 3.080
veicoli fabbricati tra tutte le case italiane, quelli prodotti dalla fabbrica torinese sono
appena 268, dieci anni dopo dai cancelli di corso Dante, ne escono 4.644, oltre la metà di
tutta la produzione nazionale. Due fattori permettono alla Fiat di raggiungere cosi
rapidamente il predominio sulle aziende concorrenti: la spregiudicatezza di Giovanni
Agnelli e la sua decisione di "fare come il Ford".
AGNELLI VUOLE ‘FARE COME IL FORD’
Negli anni 1905 e 1906 i titoli azionari automobilistici subiscono una crescita esponenziale
ma è nel 1907 che la FIAT si fa notare, quando la grande crisi del settore colpisce tutti i
suoi concorrenti mentre la casa torinese registra un incremento del fatturato che risulta
sospetto, al punto che la società viene indagata per quattro anni e poi prosciolta.
Al vantaggio che la Fiat acquisisce dalla crisi del 1907, si aggiunge un notevole aumento
della produzione dovuto alla razionalizzazione del lavoro e all'applicazione dei metodi
tayloristici.
Questa grande innovazione avviene nel 1912, quando Agnelli compie il suo primo viaggio
negli Stati Uniti: da esso trae le decisioni che più incideranno su questa nuova fase
produttiva della sua azienda. A Detroit, Agnelli, visitando le grandi officine della Ford,
apprende quanto la lavorazione in serie possa abbassare i costi e rivoluzionare la
produttività di un’industria. La produzione nelle officine della casa di Detroit cresce a ritmo
vertiginoso: da 34.550 Ford "Model T" fabbricate nel 1911 a 248.307 del 1913. È il risultato
dell'applicazione di un nuovo sistema industriale concepito da Henry Ford che consiste
nell'integrazione di quattro elementi:
"Time and Motion System": lo studio del modo più efficace per svolgere una certa
prestazione lavorativa;
"Jig System": l'intercambiabilità dei pezzi;
"American System": lo studio e la costruzione di apparecchiature ausiliarie necessarie per
razionalizzare le lavorazioni meccaniche;
"Standardized and Synchronized System”: Consiste nel collegare in sequenza tutte le
operazioni di lavorazione delle parti con quelle dell'assemblaggio attraverso sistemi di
movimentazione automatica. 2
La sinergia sviluppata tra questi 4 elementi dà vita alla CATENA DI MONTAGGIO
Dopo il ritorno di agnelli da Detroit, la parola d’ordine dentro la fabbrica della FIAT diventa
‘fare come Ford’.
L’AUTOMOBILE DIVENTA UN OGGETTO INDISPENSABILE
L'automobile diventa uno strumento indispensabile del nostro secolo sia con la
motorizzazione delle masse americane, che tramite un altro processo, cronologicamente
parallelo ma molto più tragico.
Dal 1914, con lo scoppio del primo conflitto mondiale, in Europa milioni di uomini nei vari
eserciti iniziano a familiarizzare col nuovo mezzo di trasporto.
Le case automobilistiche dei paesi coinvolti nella guerra devono ora far fronte a ingenti
richieste militari; vi è in particolare una forte richiesta di autocarri per il trasporto delle
truppe.
Fino a quel momento, in Italia e in Europa si ha dell'automobile un’ idea ancora
prettamente turistica e sportiva ma con l'impiego bellico, le sue potenzialità sono per la
prima volta sperimentate su vasta scala.
Al termine del conflitto il nuovo veicolo si è dimostrato essere un prezioso strumento di
comunicazione con il fronte, indispensabile per il trasporto di merci e uomini, nel nostro
paese come nel resto dell'Europa. 3
LA FIAT E LA GUERRA
Durante i quattro anni di guerra, in Italia, l'indotto legato all'automobile registra una forte
crescita: le aziende del settore quasi raddoppiano e il loro capitale cresce
esponenzialmente.
Torino e la Fiat sono le realtà del nostro paese più coinvolte in questa "industrializzazione
di guerra".
Nell'arco di soli tre anni la casa torinese quasi quintuplica la produzione di autoveicoli e la
sua manodopera passa da meno di 4000 a 15000 operai; il "fordismo", già adottato in
parte nel periodo pre-bellico, trova ora applicazione su scala maggiore, infatti solo una
produzione in grande serie, basata sulla divisione del lavoro può rispondere
adeguatamente alle pressanti commesse militari.
Grazie alla favorevole risoluzione bellica, alla fine della guerra la Fiat è ormai un colosso
industriale e finanziario su scala nazionale, occupando il terzo posto tra le società con
maggior capitale ed è proprio in questo quadro di rapidissimo sviluppo che si inserisce la
necessità di una nuova fabbrica, più grande degli stabilimenti di corso Dante.
Tra il 1916 e il 1919 avviene quindi la costruzione dello stabilimento Lingotto: prima
fabbrica europea di automobili progettata e organizzata interamente per la produzione in
catena di montaggio la cui costruzione riflette quella delle grandi fabbriche americane,
delineando il nuovo progresso Torinese.
Il grande sviluppo industriale che la Fiat insegue in questi anni va di pari passo con la
ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, che portano nel dicembre 1918 alla creazione
della Fiat "Tipo 500", una economicissima vettura che però non supererà mai lo stadio di
prototipo. LINGOTTO
LA FIAT E IL DOPOGUERRA
La grande casa torinese, a partire dal 1919, può iniziare ad allestire negli stabilimenti del
Lingotto le linee di montaggio per la produzione dell'economica "501", prima automobile
italiana ad essere fabbricata in grande serie: se le 2.200 Fiat "Zero" prodotte nel 1912-15
rappresentano nell'anteguerra un traguardo significativo, in un arco di tempo solo di poco
superiore escono dal Lingotto 67.710 "501".
Nel frattempo però l'Italia, uscita vittoriosa dalla Grande Guerra, non riesce a seperare il
dopoguerra e Giovanni Agnelli, come tutti gli altri industriali, non può non vedere con
timore il disordine e il sindacalismo dilaganti, che finiranno peraltro con l’occupazione delle
fabbriche. 4
Per tentare di contrastare queste situazioni, come molti altri capitalisti, anche Agnelli
dunque finanzierà le squadre fasciste, ma senza particolare entusiasmo.
Questo disinteresse e poco entusiasmo sono giustificabili, perché lui viveva in funzione
della sua azienda: ogni minuto, ogni giornata, ogni sua azione era destinata solo al bene
della Fiat, tutto il resto era superfluo.
Secondo l’amministratore delegato del Lingotto, politica e economia sono due cose che
non possono convivere, in quanto finirebbero per autodistruggersi; e questo lo sa bene
anche Mussolini. Agnelli e mussolini
AGNELLI E IL FASCISMO
Quando Mussolini arriva al potere, si stabilisce dunque un clima che potremmo definire di
cordiale convivenza tra il capo del governo e Agnelli.
I primi provvedimenti del governo fascista non possono che essere graditi agli industriali.
Agnelli, in risposta agli aiuti del Duce, agisce in modo che il quotidiano La Stampa cessi le
sue polemiche col governo, soprattutto dopo il delitto Matteotti, estromettendo Frassati
(una delle ultime voci libere rimaste) dalla direzione del giornale.
Nel frattempo la politica fascista di riarmo e il grande impulso dato all'attività aviatoria
hanno consentito alla Fiat nuovi enormi guadagni.
5
CONTINUA LA CRESCITA DELL’AZIENDA VERSO IL BOOM ECONOMICO
Dal 1925 al 1929 la produzione della piccola "509" sfiora le centomila unità, mentre gli altri
costruttori torinesi, pur presentando modelli altrettanto validi, non dispongono di mezzi
adeguati per contrastare l'aggressività commerciale della Fiat, eccezion fatta per la Lancia
che, grazie all'offerta di modelli tecnologicamente all'avanguardia, riesce a conservare
fette di mercato relativamente ampie in Italia e all'estero.
Negli stessi anni la Fiat diversifica la produzione diventando così la realtà industriale più
potente del paese.
Oltre all'acquisto del quotidiano "La Stampa", l'azienda assume il controllo di buona parte
della produzione nazionale nel settore ferroviario, aeronautico e cantieristico,legando così
sempre più le proprie sorti a quelle della vita economica, politica e sociale del capoluogo
piemontese: dalla fine degli anni venti, Torino è ormai la "città della Fiat".
Benché la politica autarchica del regime ne rallenti in parte lo sviluppo, fin dall'immediato
dopoguerra la Fiat, sotto la nuova presidenza di Vittorio Valletta, è pronta a reinterpretare il
suo ruolo guida per la città e per lo sviluppo economico del paese.
Negli anni successivi sarà infatti la motorizzazione di massa (a partire dal 1955-57, con
l'arrivo sul mercato delle Fiat "600" e "500") il principale punto di lancio per il "miracolo
economico italiano".
Dagli anni sessanta ad oggi la storia della Fiat ha continuato ad evolversi , inglobando
nuove strutture, nuove tecnologie e sempre nuove personalità che hanno contribuito a
tenere alto l’orgoglio italiano che speriamo resterà tale anche con le nuove generazioni di
amministratori, oltre le difficoltà e con
NUOVE IDEE E NUOVI ASSI NELLA MANICA
Vittorio Valletta Gianni Agnelli Luca Cordero di Montezemolo
Sergio Marchionne 6