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EGAR: Business Plan

Legislazione: Il contratto

Italiano

Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855/1912. La sua infanzia e la sua

adolescenza fu segnata da una serie di lutti. Dopo gli studi medi e liceali compiuti ad Urbino,

Rimini e Firenze, frequentò l’Università di Bologna dove ebbe la possibilità di impegnarsi in

politica. Abbandonata l’attività politica si laureò ed insegnò per alcuni anni nei licei.

Nel 1906 venne chiamato a succedere Carducci nella cattedra di letteratura italiana presso

l’Università di Bologna.

Secondo Pascoli il poeta è colui che sa ascoltare quella voce infantile, quel fanciullo che

ciascun uomo continua a portare dentro di se diventando adulto.

La poesia, quindi, non s’inventa ma si scopre perché essa si trova nelle cose stesse: infatti

bisogna saper vedere il particolare poetico e questo lo può fare solo chi la guarda con occhi

ingenui come se le vedesse per la prima volta.

Come per esempio un modo di guardare è quello con gli occhi di fanciullo e quindi il poeta

deve liberarsi di ogni sovrastruttura culturale e riportare alla condizione di semplicità e di

immediatezza fanciullesca.

La poesia quindi abbandona la razionalità per essere spontanea ed intuitiva proprio come la

concezione del mondo che si ha nell’infanzia.

In tal modo la poesia conduce a sentirsi tutti fratelli.

La crisi culturale di fine Ottocento inizi Novecento, in particolare quello che apparve il

fallimento della scienza positivistica, nella sua pretesa di fornire una sicura spiegazione del

mondo, contribuì a dare una visione del mondo come una realtà avvolta nel mistero, piena di

orrore e di morte.

A Giovanni Pascoli la condizione umana appariva dominata dal terrore della morte , così da

rendere illusori anche i gesti eroici degli uomini. Da qui l’esigenza di Pascoli di rinchiudersi

nel “nido” protettivo da cui guardare e cantare il mistero della realtà e il destino umano,

in un rifugio che costituisce una regressione all’infanzia, al nucleo ristretto della famiglia,

alla natura, cioè alla campagna contrapposta alla città ed alla storia. Inoltre Pascoli ha la

sensazione che il mondo si trovi alla vigilia di una nuova bufera che rischia di travolgerlo e

quindi si riconduce al ricordo dell’infanzia come naturale rifugio a simili prospettive.

In tal modo Pascoli vuole cercare una situazione che si sottragga al caos ed alla

contraddizione della società contemporanea.

Vuole ricondursi ad un’oasi di originaria innocenza in cui non giungono gli echi delle

violenze e delle brutture della nostra vita, in cui si spengono i contrasti e le lotte, in cui si

vanificano i nostri problemi .

La scoperta dell’infanzia, per Pascoli, non nasce solo dal ricordo della tragedia familiare ma

anche dall’angoscia di eventi che avrebbero travolto l’umanità nel momento in cui venivano

meno le certezze del positivismo.

La sua infanzia è un sogno di innocenza e di pace a cui lo spinge la condizione moderna.

Questo mito è la prima scoperta decadente dell’infanzia nella nostra letteratura. Decadente

per il suo carattere di evasione dai problemi del mondo moderno, dall’incapacità di opporsi

alla realtà; basterebbe pensare a quanto peso hanno nel suo formarsi gli elementi ideologici

come la lotta di classe ed il suo rifiuto, la lotta tra le nazione e le prospettive di un nuovo

disastro, l’ideale umanitario e le sue radici psicologiche e storiche. Decadente per il suo

carattere di malattia che rende più acuta la sua sensibilità ma rende anche morbose le sue

impressioni.

La poetica del fanciullismo nasce da un passo del Fedone di Platone dove a Socrate, che ha

parlato dell’immortalità dell’anima, due discepoli pur convinti delle teorie del maestro,

dicono di aver paura della morte come se in essi ci fosse “un fanciullino” che ha di questi

sgomenti.

Le opere più importanti della produzione pascoliana sono:

 •Myricae 1891,

 I primi poemetti del 1897 affiancati alla sua prosa critica più famosa, quella del

fanciullino,

 I canti di Castelvecchio del 1903,

 I poemi conviviali del 1904.

Seguirono poi altre raccolte:

 Odi ed inni 1906,

 Nuovi poemetti, Le canzoni di re Enzio e I poemi italici 1909,

 La grande proletaria 1911.

Cominciò a comporre anche i Poemi del Risorgimento ma a seguito di una malattia al

fegato morì nel 1912. Piadina di Giovanni Pascoli

Pascoli, straordinario erudito, capace nella sua costante opera di rinnovamento di frantumare

il discorso letterario in fugaci impressioni, ci ha lasciato una golosa descrizione della

preparazione della piadina romagnola:

“E tu, Maria, con la tua mano blanda

domi la pasta, poi l’allarghi e spiani

ed ecco è liscia come un foglio, e grande

come la luna e sulle opache mani

tu me l’arrechi e me l’adagi molle

sul testo caldo, e quindi t’allontani.

Io la giro e le attizzo, con le molle,

il fuoco sotto, fin che stride invasa

dal calor mite, e si rigonfia in bolle

e l’odore del pane empie la casa”.

Il Decadentismo

La prima svolta della borghesia in Europa si ebbe dopo le rivoluzioni del 1848 e la grande

paura da essa suscitata per l’affacciarsi sulla scena politica di una nuova classe sociale:

il proletariato che aspira ad un diverso aspetto della società. E fu intorno al 1880 che si creò

in Francia il primo raggruppamento decadente che prese come bandiera proprio la

definizione che gli avversari usavano in senso dispregiativo.

La parola decadente deriva da un termine, appunto, uscito in Francia nella seconda metà

dell’Ottocento, contro i “poeti maledetti” che con la loro vita disordinata, dediti all’alcool,

droghe e donne apparivano alla gente comune come “decadenti” ovvero corrotti.

I poeti non si offesero per quest’appellativo ma se ne impadronirono e lo usarono come

termine di battaglia. Oggi questo termine non ha più un significato negativo poiché serve ad

indicare il periodo successivo alla crisi del positivismo.

Vi confluirono tutti i poeti francesi che si sentivano eredi del grande Baudelaire e da questo

movimento si enucleò la corrente simbolista cioè l’intento di voler interpretare per simboli il

mondo reale.

Nel simbolo, infatti, si può ritrovare, il modo intuitivo quella corrispondenza tra soggetto e

oggetto che ormai sembra sfuggire dall’analisi razionale.

Il simbolismo influenzò tutta la poesia europea fino alla prima guerra mondiale.

Da quanto detto si può dedurre che il decadentismo non rappresenta un periodo di

decadenza artistica, ma rappresenta soltanto l’arte di un periodo di profonda crisi della

società.

L’arte del Novecento rappresenta la crisi della società europea che sfocerà nel dramma della

Prima Guerra Mondiale. Decadentismo in Italia

Il sogno, l’ideale e la bellezza, l’esaltazione dell’individuo sono contrapposti alla scienza,

agli interessi materiali, e rappresentano i miti in nome dei quali anche in Italia si afferma il

Decadentismo. Tuttavia il Decadentismo italiano presenta alcuni aspetti che lo distinguono

rispetto a quello europeo e infatti troviamo il rifiuto dell’Italia ufficiale che si presentava

dopo la raggiunta unità con la sua arretratezza ed ordinaria amministrazione valorizzando in

contrapposizione un’Italia ideale.

Insomma la realtà concreta era apparsa molto lontana dagli ideali predicati nel periodo

eroico del Risorgimento. Soprattutto i giovani si sentivano defraudati di qualche cosa,

ebbero la sensazione che il Risorgimento fosse rimasto incompiuto e contrapposti all’Italia

reale ed ufficiale un’Italia diversa, quella della tradizione antica con la sua grandezza ed il

suo prestigio.

E’ un movimento ricco e strutturato che esprime l’alienazione dell’uomo contemporaneo alle

prese con la trasformazione della società. L’ uomo che cerca di sottrarsi ai meccanismi della

standardizzazione, meccanizzazione e che ricerca forme nuove per esprimere la propria

specificità . Storia

Prefazione alla Prima Guerra Mondiale

Nei primi anni del Novecento si scatenarono delle rivalità tra le grandi potenze europee a

causa dei seguenti motivi:

1. contrasto anglo-tedesco sul versante economico-commerciale;

2. contrasto franco-tedesco per la questione dell’Alsazia - Lorena, che la Germania si era

annessa nel 1871;

3. l’Italia aspirava a togliere il Trentino e la Venezia-Giulia all’Austria;

4. concorrenza austro-russa nei Balcani che, a sua volta, rifletteva il dissidio tra la

dominazione asburgica sulla penisola balcanica e le velleità nazionaliste della Serbia, la

quale, appoggiata dalla Russia contava di formare un unico grande stato che raggruppasse

tutti i popoli slavi del sud.

La causa occasionale dello scoppio della Prima Guerra fu l’attentato compiuto all’arciduca

Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico: il 28 Giugno 1914 venne assassinato da un

gruppo di studenti bosniaci mentre si trovava a Sarajevo.

L’Austria attribuì la responsabilità dell’eccidio di Sarajevo alla Serbia cui inviò prima un

ultimatum e poi il 28 Luglio le dichiarò guerra. Subito dopo scattò l’attivazione di sistemi di

alleanze contrapposte così che si formarono due grandi blocchi:

La Triplice Intesa (Inghilterra - Francia - Russia)

La Triplice Alleanza (Austria - Germania - Italia). L’Italia nonostante facesse parte

dell’Alleanza proclamò, almeno inizialmente, la propria neutralità.

Di fronte alla mobilitazione di Russia e Francia, la Germania dichiarò guerra a entrambe.

La Prima Guerra Mondiale

I tedeschi avevano elaborato negli anni precedenti un minuzioso piano militare. Il piano

evitava la guerra sui due fronti, prevedeva l’invasione del Belgio, attaccando alle spalle la

Francia, prima che la Russia si potesse organizzare militarmente.

L’invasione tedesca del Belgio spinse l’Inghilterra ad entrare in guerra contro Germania ed

Austria; anche il Giappone inizio una guerra parallela finalizzata alla conquista dei

possedimenti tedeschi in Cina e nel Pacifico.

Intanto travolta la debole resistenza del Belgio, i tedeschi dilagarono nella Francia

settentrionale giungendo a minacciare la stessa Parigi. Il primo scontro decisivo si ebbe

lungo il fiume Marna.

La proficua difesa del generale Joffrè costrinse i tedeschi a retrocedere.

Il 31 Ottobre del 1914 la Turchia entra in guerra a fianco all’Alleanza. Intanto era iniziata la

gigantesca battaglia delle Fiandre che per circa un mese fu combattuta sull’Yser,

concludendosi con la vittoria dell’Intesa.

Dopo tali avvenimenti la guerra delle grandi manovre si trasformò in una “guerra di

posizione”.

Con questa strategia avrebbe vinto colui che sarebbe stato capace di resistere al logoramento

e alla distruzione di uomini e di mezzi e di produrre ingenti quantità di materiale bellico.

Il fallimento della strategia tedesca fu pagato in prima persona da Moltke che dovette cedere

il comando supremo al generale Falkenbeyn. Gli inglesi istituirono un blocco navale creando

seri problemi per i rifornimenti agli imperi centrali.

I tedeschi ingaggiarono una guerra sottomarina diretta

anche contro le navi mercantili dei paesi neutrali.

Affondarono il transatlantico Lusitania con passeggeri

americani a bordo. Gli USA obbligarono poi la

Germania a ridurre l’attività sottomarina.

Intanto sul fronte orientale la Russia entrò nella

Prussia orientale e nella Galizia austriaca

occupando Leopoli.

La reazione degli austriaci procurò una grave sconfitta ai russi ai laghi Masauri e a

Tannenberg. L’Inghilterra promosse la “spedizione Gallipoli” contro la Turchia per

alleggerire gli attacchi alla Russia, ma senza alcun successo.

L’Italia che si era dichiarata neutrale, nei mesi successivi a questa dichiarazione fu

interessata da un vivacissimo dibattito che coinvolse l’opinione pubblica e si trovò divisa tra

neutralisti ed interventisti.

Del primo schieramento facevano parte i cattolici, contrari ad ogni forma di guerra,

i socialisti che consideravano la guerra un affare riguardante solamente i ceti borghesi ed

i capitalisti i liberali guidati da Giolitti, che pensavano

di mantenere la neutralità in compenso della concessione

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