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Guerre di ieri e di oggi

La guerra è un evento sociale e politico generalmente di vaste

dimensioni che consiste nel confronto armato fra due o più soggetti

collettivi rilevanti. Il termine "guerra" deriva dalla parola gwarra

dell'antico alto tedesco, che significa "mischia". Nel diritto

internazionale, il termine è stato sostituito, subito dopo la seconda

guerra mondiale, dal più ampio e preciso di "conflitto armato".

Si giunge alla guerra quando il contrasto d’interessi economici,

ideologici, strategici o di altra natura non riesce a trovare una

soluzione negoziata, o quando almeno una delle parti percepisce

l'inesistenza di altri mezzi per il conseguimento dei propri obiettivi.

Il mondo sia in passato che tuttora è dilaniato da guerre che oltre a

provocare milioni di feriti e morti, sconvolgono il normale

svolgimento della vita. Un esempio evidente di guerra del passato è

la Prima guerra mondiale detta la “Grande guerra”, che scoppiò nel

1914 e provocò nove milioni di morti. Molti Stati del Sud del mondo

sono governati da dittature militari e dilaniate da guerre civili che

sfociano nel genocidio. La debolezza economica, le strutture sociali

carenti, la fame e le malattie, la scarsità dell’istruzione sono tutti

fattori che in questi Paesi rendono difficile l’affermarsi delle

democrazie; favoriscono piuttosto la costruzione e l’instaurarsi di

dittature militari, che fanno ricorso alla repressione e alla violenza

per mantenere il potere. Molti Stati dell’Africa sono dilaniati dalle

guerre civili e da continue guerriglie fra le tribù che sfociano in

sanguinosi massacri anche per la totale mancanza di un’autorità

statale efficace. In Ruanda e Burundi e in minor misura negli Stati

africani, sono scoppiate lotte furibonde fra il gruppo etnico degli

hutu e quello dei tutsi, a causa dei quali, negli anni Novanta, sono

morte un milione di persone , un vero e proprio genocidio. In

Somalia da anni la guerra civile tra fazioni rivali ha provocato

migliaia di morti. La popolazione è stata sottoposta a saccheggi,

ruberie, uccisioni. La mancanza di cibo, la diffusione di gravi

malattie, le pessime condizioni igieniche hanno ridotto la nazione

allo stremo. Da non dimenticare è la guerra civile in Afghanistan.

Guerra civile in Afghanistan

L’Afghanistan, che ricopre un territorio vasto e poco popolato,

nell’Ottocento è un protettorato inglese e conquista la propria

indipendenza soltanto nel 1919, dopo ottant’anni di lotta. Fino al

1973 è governato da una monarchia feudale che, abbattuta da un

colpo di stato dei militari, è sostituita da una repubblica

democratica filo-sovietica. Il tentativo dei governanti di

modernizzare il paese e di trasformarlo in uno stato laico e

socialista si scontra con le resistenze di gran parte della

popolazione. Nasce quindi una resistenza islamica armata formata

mujaheddin,

dai guerriglieri appoggiati dagli Stati Uniti, alla cui

azione risponde nel 1979 l’URSS con l’invasione armata del paese.

Dopo dieci anni di lotta si giunge all’accordo di Ginevra che

stabilisce il progressivo ritiro delle truppe sovietiche, la

mujaheddin

trasformazione dei in esercito regolare e l’instaurazione

di un governo di coalizione. Ma la componente religiosa

talebani, sharia,

fondamentalista, formata dai vuole imporre la ossia

la legge islamica, e si arma contro i mujaheddin. I moderati

vengono sconfitti e la capitale Kabul cade nelle mani dei talebani,

mentre i mujaheddin controllano le regioni settentrionali. Inizia cosi

un regime dittatoriale e oppressivo: le donne perdono ogni diritto,

anche quello all’istruzione, la televisione e ogni forma occidentale di

cultura vengono messe al bando, viene stroncata ogni forma di

dissenso e gli oppositori sono incarcerati e uccisi. Questa situazione

ha ripercussioni negative sull’economia del paese che s’impoverisce

ulteriormente. E’ inutile che nel 1997 una risoluzione delle Nazioni

Unite proibisca il rifornimento d’armi alle popolazioni afghane e

inviti a cessare il fuoco. Gli scontri s’inaspriscono e alcuni attentati

contro ambasciate degli Stati Uniti in Kenya e Tanzania vengono

attribuiti a Osama Bin Laden, un milionario originario dell’Arabia

Saudita che sostiene anche finanziariamente i talebani. Gli stati

uniti nel 1999 impongono sanzioni economiche durissime al

governo dei talebani che, invece, intensifica la lotta contro la

resistenza interna. La situazione precipita l’11 settembre 2001 con

un attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono,

che causa alcune migliaia di morti. Gli Stati Uniti, ritenendo Osama

Bin Laden e i suoi seguaci responsabili degli attentati, attaccano

l’Afghanistan con bombardamenti aerei e truppe di terra e la

resistenza dei mujaheddin riprende vigore, finché cade il governo

dei talebani e si instaura un governo moderato.

Un milione e mezzo di morti, un milione di mutilati, quattro milioni

di profughi, undici milioni di mine ancora attive: ecco il bilancio di

trent’anni di guerra.

L’Afghanistan

 Forma di governo: Rep. islamica

 Superficie:645 807 kmq

 Popolazione:30 190 000

 Densità: 47 ab./kmq

 Capitale: Kabul

 Lingue: Persiano, Pashtu

 Capo del governo: Hamid Karzai

CONFINI:

Confina ad ovest con l’Iran, a sud e a est con il Pakistan, a nord con

il Turkmenistan, l’Uzbekistan, il Tagikistan e con la Cina.

TERRITORIO E CLIMA:

L’Afghanistan è uno stato dell’Asia centrale. Privo di sbocchi al mare

e prevalentemente montuoso, il territorio è dominato

dall’Hindukush, che taglia in due il paese: verso nord-est il sistema

si salda con i massicci del Pamir e del Karakoam, mentre a sud-est

si congiunge con i monti Sulamain. La maggior parte dei fiumi ha

origine dalle catene centrali e defluisce nei bacini desertici

meridionali, con la sola eccezione del Kabul, tributario dell’Indo.

L'Afghanistan è caratterizzato da un inverno rigido e un'estate

torrida. Durante l'inverno la temperatura può scendere fino a -15°,

ed è questo anche il periodo più piovoso dell'anno. L'estate è

caratterizzata da un clima molto caldo e secco, meno in altitudine,

dove le sere sono fresche.

POPOLAZIONE E RELIGIONE:

La popolazione Afghana è di circa 29 863 000 abitanti. E’ composta

da Afghani, Pathani, Tagiki, Uzbeki e Hazari. E’ distribuita

soprattutto sugli altopiani e raggiunge una modesta densità. La

religione principale dell’Afghanistan è quella musulmana a

maggioranza sciita. Nel paese la libertà religiosa è limitata.

L’ordinamento islamico tradizionale prevede la libertà di culto solo

ai non musulmani di nascita. LINGUE E

PRINCIPALI CITTA’:

Le lingue ufficiali sono il Pashto e il Persiano. La capitale è Kabul,

altre città importanti sono Qandahar e Herat.

POLITICA E ECONOMIA:

L’Afghanistan è una repubblica e l’attuale presidente è Hamid

Karzai, eletto nel 2004. L’economia Afghana, una tra le più povere

del pianeta, risente del regime talebano, ed è stata profondamente

sconvolta dall’inizio dell’ultima guerra. L’economia è basata

principalmente sulla produzione di tessuti e dalla lana che viene

ricavata dagli allevamenti di pecore e montoni. La produzione di

materie prime quali i combustibili fossili costituiscono una delle

fonti di reddito principale per il paese.

La Prima guerra mondiale

All’inizio del ‘900 i contrasti coloniali, le crisi balcaniche, le

rivendicazioni nazionaliste, la corsa agli armamenti resero sempre

più acute le tensioni fra gli stati, determinando infine lo scoppio di

un conflitto di enormi proporzioni: la Prima guerra mondiale.

L’occasione del conflitto fu un’altra crisi balcanica che coinvolse

direttamente l’Impero asburgico. Il 28 giugno 1914 a Sarajevo un

nazionalista serbo uccise l’arciduca Francesco Ferdinando, principe

dell’Austria - Ungheria. Il governo di Vienna ritenendo la Serbia

responsabile dell’attentato, le inviò un durissimo ultimatum.

Pertanto il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Seguirono

reazioni a catena: la Triplice intesa (Francia, Inghilterra e Russia)

intervenne a fianco della Serbia, mentre la Germania si schierò con

l’Austria - Ungheria. In seguito il Giappone intervenne a sostegno

dell’intesa con la quale tra il 1915 e il 1917 si schierarono anche

Italia, Romania, Stati Uniti, Grecia e Portogallo.

Sul piano stategico-militare la Prima guerra mondiale, nelle

intenzioni di chi l’aveva scatenata, sarebbe dovuta essere una

guerra-lampo; guerra di

in realtà divenne una lunga estenuante

posizione, che vide gli eserciti logorarsi tra reticolati e trincee, in

attacchi che terminavano con veri e propri massacri. La coesione, la

disciplina, la straordinaria capacità di sacrificio degli eserciti e della

popolazione furono alimentati inizialmente da spirito patriottico ma,

con il protrarsi della guerra, furono ottenuti anche con il ricorso, da

parte dei governi, alla forza e alla repressione di ogni forma di

dissenso. In Italia dopo un periodo di neutralità nel nostro paese

trionfarono gli interventisti, coloro cioè che volevano l’intervento

militare dell’Italia contro l’Austria, soprattutto per annettere i

territori di Trento e Trieste che mancavano ancora all’unità

nazionale. E fu la guerra, lunga, dolorosa, terribile, che rese ancora

più evidenti alcune fratture sociali: erano, infatti, interventisti gli

studenti (tra cui Giuseppe Ungaretti) e la piccola e media borghesia,

mentre i contadini non capivano le ragioni per cui erano costretti a

patire e morire al fronte, lontani dalla terra e dalle famiglie. Ben

presto quindi le condizioni disumane della vita in trincea furono

acuite dalla durezza dei tribunali militari e degli ufficiali, mentre

frequenti, furono le fucilazioni sul campo dei disertori e le

decimazioni di soldati ritenuti “vili di fronte al nemico”.

La Prima guerra mondiale determinò in Europa una grave crisi

economica e sociale. Il malcontento e le tensioni inasprirono i

conflitti sociali e accelerarono la decadenza dei regimi liberali.

Inoltre fecero sì che, fra i grandi stati del nostro continente, i

governi democratici resistettero solo in Inghilterra e in Francia,

mentre gli altri paesi videro la nascita di regimi dittatoriali. Per

concludere, strascichi di rancori, delusioni per le promesse non

mantenute, miseria, lutti per le perdite di tante vite umane, resero

amara nell’animo di molti italiani la vittoria di quella che fu definita

la “Grande guerra”.

I diritti umani

Con l’espressione “diritti umani” s’intende l’insieme dei diritti

riconosciuti a ogni essere umano, indipendentemente dal sesso,

dal colore della pelle, dalla religione, dalla lingua, dalle opinioni

politiche e da ogni altra condizione. L’idea

che qualsiasi persona in qualunque parte del mondo debba avere

la possibilità di soddisfare esigenze sia spirituali sia materiali si è

definitivamente imposta dopo la seconda guerra mondiale. I

fondamentali diritti umani sono i diritti civili e politici, tra i quali

rientrano il diritto alla vita, all’integrità fisica, alla libertà personale,

di religione, di pensiero, di associazione e il diritto di voto. Esistono

anche diritti economici, sociali e culturali tra i quali rientrano il

diritto all’istruzione, al lavoro, l’assistenza sanitaria e sociale. Infine

abbiamo i cosiddetti diritti di solidarietà, di cui fanno parte

l’autodeterminazione dei popoli, la pace, lo sviluppo, la difesa

dell’ambiente e la qualità della vita.

Tutti i diritti umani derivano dal riconoscimento della dignità e del

valore di ogni persona e sono:

Fondamentali, perché corrispondono ai bisogni

 essenziali dell’individuo;

Universali, perché appartengono a ogni essere umano

 senza distinzioni di nessun tipo;

Inviolabili, perché nessuno può esserne privato;

 Indisponibili, perché non vi si può rinunciare anche

 volendo.

I diritti umani sono una conquista recente e, di conseguenza, non si

può ritenere compiuto il percorso della loro affermazione. In molte

parti del mondo sono quotidianamente calpestati, nonostante

l’insistenza dei Governi e l’esistenza di organismi internazionali

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