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La famiglia Gucci. A sinistra il padre, al centro la ma-
dre e a sinistra Guccio.
Uno dei primi set da viaggio realizzati da
Gucci.
Guccio Gucci PREFAZIONE
Firenze, 26 Marzo 1881 – Milano, 2 Gennaio 1953.
Guccio Gucci è stato un imprenditore italiano, fondatore della casa di moda
fi orentina che porta il suo nome Gucci.
In gioventù lavorò alcuni anni a Londra. Tornato a Firenze, sua città natale,
nel 1921 fondò un’azienda specializzata in prodotti in pelle e aprì un piccolo
negozio di articoli da viaggio nella stessa città, portando in Italia la raffi natezza
della nobiltà inglese e traducendola in prodotti in pelle esclusivi creati dai
migliori artigiani toscani.
Nel giro di pochi anni, il marchio raggiunse un tale successo da attirare una
clientela internazionale che ne apprezzò le collezioni di scarpe, borse, guanti,
bauli e cinture ispirate al mondo equestre.
Negli anni ’40 di fronte alla carenza di materiali dovuta all’autarchia che era
stata imposta all’Italia nei diffi cili anni della dittatura fascista, Gucci si affermò
come sinonimo di creatività e intraprendenza eccezionali. Nel corso degli
anni ’50 le segnature web verde-rosso-verde, ispirate al sottopancia della
sella, incontrarono un grande successo e si confermarono come uno dei tratti
distintivi più famigliari del marchio, oltre alle doppie “G” incastonate.
Guccio Gucci morì nel 1953 a Milano; dopo la sua morte i fi gli Aldo, Vasco, Ugo
e Rodolfo proseguirono l’attività paterna fi no agli inizi degli anni ’90 quando
entrò in collaborazione lo stilista americano Tom Ford e infi ne la fi orentina Frida
Giannini. 9
Locandina della mostra dedicata all’Art Dèco, avvenuta nel-
la pinacoteca del Palazzo Roverella a Rovigo dal 31 Gennaio
al 28 Giugno 2009. Divertente scenetta in un disegno a matita del 1926 di Deutsch
Dryden: un’angelica signora alla moda controlla la lista delle com-
missioni davanti all’auto colma di pacchetti, attesa dal cane e
dallo chauffeur.
L’Art Dèco
STORIA DELL’ARTE
È uno stile che si afferma tra le due guerre mondiali, ed il suo nome deriva dalla
“Exposition des Arts Dècoratifi
s et Industriel” organizzata a Parigi nel 1925, è
tuttavia un termine particolarmente pertinente allo stile che seguì l’Art Noveau.
L’Art Noveau, nata a fi ne ‘800 era stata caratterizzata soprattutto dai motivi
fl oreali, che erano stati applicati a tutte le arti, decorando palazzi e oggetti di
ogni genere; l’Art Dèco si rivelò più moderna, eliminando tutte le linee morbide e
le ricercatezze dello stile che l’aveva preceduta e mirando piuttosto al disegno
astratto e al colore come mezzo d’espressione; ispirandosi alla natura, diede la
preferenza agli animali e alla bellezza delle forme femminili.
Sebbene l’Art Dèco non rinnegasse la superiorità della manifattura rispetto alla
produzione industriale, tuttavia di quest’ultima seppe tener conto: anche se gli
oggetti Dèco furono originalmente eseguiti a mano con materiali rari o costosi,
in seguito molte idee furono copiate e realizzate con materiali alternativi più
economici.
Lo stile Dèco infl uenzò ogni aspetto della vita quotidiana di quel periodo; ogni
espressione d’arte e la stessa produzione industriale si adeguarono al nuovo
senso estetico, Così come il cinema e il design degli oggetti più diversi, dalle
radio alla motociclette.
Là dove l’Art Noveau era stata complessa, macchinosa e pesante, l’Art Dèco fu
semplice e pulita, scegliendo linee defi nite, rette e decise.
La moda
Il mondo della moda è sempre il primo a registrare i cambiamenti del gusto,
anche quando è mutevole e instabile come il tempo. La ragione del rapido
successo dell’Art Dèco è anche nel fatto che fu uno stile applicabile alla moda.
L’industria della moda nel ‘900 imparò a cogliere con rapidità le esigenze del
mercato. C’è un sempre maggiore gusto per il cambiamento e per la bellezza
esteriore, l’industria propone al pubblico continuamente qualcosa di nuovo,
perché ciascuno vuole apparire diverso e all’avanguardia. La moda implica
sempre un certo snobismo e il desiderio di esibirsi e di affermarsi. L’Art Dèco fu
uno stile totale.
Si impone nel mondo della moda una tendenza: negli anni 20-30 in momenti di
crisi (soprattutto negli Stati Uniti), la moda diventava ostentazione di benessere
e ricchezza, soprattutto nel campo dell’abbigliamento a Parigi, proprio nella
11
Gabrielle Bonheur Chanel (Saumur, 19 Agosto
1883 -Parigi, 10 Gennaio 1971), soprannominata
Coco, fu la celebre stilista francese a rivoluzionare
il concetto di femminilità nel XX secolo.
Cappotto e abito da giorno di Paul Poiret. Il disegno com-
parve nel 1920 sulla “Gazzette du Bon Ton”.
STORIA DELL’ARTE
capitale francese grandi stilisti come Gabrielle Bonheur Chanel, Maria Nina Ricci
ed Elsa Schiapparelli. In Italia iniziano la loro attività stilisti come Guccio Gucci e
Salvatore Ferragamo.
Il più famoso stilista del periodo Dèco fu Paul Poiret che espose i suoi modelli su
chiatte decorate e ancorate lungo la Senna e arredate in perfetto stile Dèco.
Egli fu il portavoce del nuovo gusto: abbandonò le tinte pastello di moda allora
per colori audaci come i rossi, i verdi, i viola e colori abbinati in modo contrastato
(dove vi sono infl uenze dei Fauves). Tra le infl uenze più importanti su questo
nuovo stile vi fu la coppia di pittori Robert e Sonia Delaunay che appartengono
al movimento del Cubismo Orfi co. Molto moderne e originali erano le loro opere
con forme astratte e dinamiche.
Nello stile Dèco confl uiscono infl uenze dal Cubismo, Futurismo e dall’uso
espressionista dei colori che portano a questo stile a superare l’ornamentalismo
dell’Art Noveau in senso più geometrico e astratto.
Manifesti e Grafi ca
Nella società del Novecento un cartellone per essere effi cace doveva
essere poco costoso per essere riprodotto in serie, essenziale nel design per
essere facilmente compreso, e doveva catturare l’attenzione del passante e
incuriosirlo in modo da indurlo a leggere il testo che accompagnava l’immagine
pubblicitaria. Anche se non sempre il testo era presente.
Nel cartellone pubblicitario si esprimevano allora per la prima volta i sofi sticati
meccanismi che regolano il mondo della pubblicità: un mondo che proprio
in quegli anni registrò una crescita sorprendente facendosi sensibile interprete
della nuova società industriale che si stava affermando dopo la Prima Guerra
Mondiale.
L’Art Dèco, lo stile della società dei consumi, fu applicata con enorme successo
proprio alla promozione dei nuovi beni di consumo: il grammofono, la radio,
l’automobile, l’aeroplano, il translatantico, i cosmetici, gli elettrodomestici e ,
naturalmente i fi lm di Hollywood.
Costantemente emerge dai posters Dèco e dalle illustrazioni del tempo
l’immagine della donna alla moda, una donna chic, energica e un po’ egoista
che rappresentava il modello da imitare per chi volesse segnalarsi in società.
Immagine suggestiva e mutevole, sembrava suggerire alla gente che, per lei, ci
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Manifesto di Paul Colin del 1930, per la messa in
scena di Les Criminels di Ferdinand Bruckner. Poster realizzato da Marcello Dudovic nel 1934
per la nuova Balilla.
STORIA DELL’ARTE
si poteva anche separare dal proprio denaro.
A differenza dei nudi idealizzati e dalle ninfe proposte dalla sculture Dèco, le
donne dei cartelloni pubblicitari furono moderne in ogni senso del termine:
donne vestite all’ultima moda appoggiate, in compagnia di amici, a una Bugatti,
pronte a partire sicuramente per fare shopping o per un fi ne settimana in una
tenuta di campagna.
Per quanto riguarda l’Italia, che in questi anni viveva un clima culturale più
provinciale e appartato, si allinea al gusto Dèco il manifesto di Marcello Dudovic
(1878-1962), grafi co e illustratore molto attivo dalla fi ne degli anni ’20. Il suo poster
per la nuova Balilla, del 1934, dove alla promozione della nuova auto si affi anca
la silhouette di una donna molto moderna e molto elegante, è in perfetta
sintonia, nei contenuti del messaggio e nei mezzi espressivi usati, con quelli dei
grandi cartellonisti dell’epoca come Cassandre e Colin. 15
Il grafi co mostra gli effetti dell’infl azione tra il 1913
e il 1938.
Giolitti con alle spalle Palazzo Chigi, sede della presi-
denza del Consiglio.
Il I dopoguerra italiano e l’ascesa
STORIA
del fascismo
Economia debole e tensioni sociali
La situazione dell’Italia nel primo dopoguerra era molto precaria e critica.
La guerra aveva fatto emergere la debolezza dell’economia: tra il 1918-19 le
uscite dello Stato furono tre volte superiori alle entrate e l’ammontare delle im-
portazioni, che durante il confl itto erano quasi quintuplicate, fu tre volte supe-
riore a quello delle esportazioni. Di conseguenza l’Italia si trovò ad affrontare un
forte debito pubblico con un’infl azione galoppante che tagliò drasticamente il
valore dei salari.
Tra il ’14 e il ’18 i prezzi erano saliti del 250% e di nuovo quasi raddoppiarono tra
il ’18 e il ’22; quindi la disoccupazione si diffuse tanto nelle aziende quanto nel-
le campagne. Il risultato fu un biennio rosso costituito da un’ondata di scioperi
degli operai dell’industria tra il 1919 e il ’20, che raggiunse il culmine nel settem-
bre del secondo anno, quando, esaltati dai successi della rivoluzione sovietica,
500.000 operai del nord si organizzarono in consigli di fabbrica eletti direttamente
dai lavoratori (sul modello dei Soviet).
Nelle zone più a rischio le avanguardie operaie occuparono le fabbriche armati
di fucile. La stessa cosa avvenne nelle campagne: le leghe rosse organizzarono
scioperi e occupazioni delle terre che fecero fallire un intero anno di raccolti.
Dopo le diffi coltà della guerra, questo clima era praticamente insostenibile.
La debolezza del sistema politico
Anche il panorama politico italiano, successivamente alla guerra, si presentava
molto insostenibile.
Giolitti fu chiamato due volte a salvare governi precari; continuò a ragionare in
termini di “rimpasti” e “coalizioni” che avevano funzionato fi nché essendo il dirit-
to al voto limitato agli strati borghesi più elevati, tra opposizione e maggioranza
non vi erano radicali divisioni di principio.
La legge del suffragio universale, che proprio Giolitti approvò, fece emergere i
partiti di massa, molto meno disposti a farsi coinvolgere in trattative personali.
Tali partiti erano:
- il Partito Socialista, che nel 1920 aveva oltre 200.000 iscritti, ed era particolar-
magna.
mente forte nelle città industriali del nord e in Emilia Ro Nel ’21 la fazione
dei socialisti rivoluzionari fonda un partito indipendente, cioè il Partito Comunista,
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Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito popolare italiano. Camicie nere in partenza dalla sta-
zione di Napoli, dirette a Roma.
STORIA
durante il Congresso di Livorno.
- Il Partito Popolare, fondato nel 1919 da Don Luigi Sturzo. Questo partito rappre-
sentava i cattolici, e si divideva in tre fazioni: la fazione di destra, conservatori
vicini ai fascisti, quella di centro, moderati con Don Luigi Sturzo e l’ala sinistra di
provenienza sindacale.
- Il Partito Liberale di Giolitti.
- I Fasci di combattimento fondati da Mussolini nel 1919.
Benito Mussolini era romagnolo e fi glio di un fabbro socialista; poco prima della
guerra aveva fondato un suo giornale “il Popolo d’Italia”. Era un uomo intelligen-
te, abile a cogliere le debolezze degli avversari. Il gruppo dei fasci di combatti-
mento era un gruppo costituito prevalentemente da ex combattenti e da redu-
ci dell’avventura fi umana. Chi ne faceva parte prendeva il nome di “camicia
nera”. Il suo scopo era il potere in quanto tale e proprio l’indefi nitezza dei fasci fu
probabilmente la chiave del loro successo.
Attraverso i fasci, Mussolini aveva riportato l’ordine tra gli operai e i contadini
rivoltosi nelle fabbriche e nelle campagne ponendo fi ne con la violenza al bien-
nio rosso e acquisendo molti consenti per essere riuscito a ristabilire l’ordine pub-
blico. Nel 1921 nasce dai Fasci il vero e proprio Partito Nazionale Fascista e chi ne