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LA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI
COS’È LA GLOBALIZZAZIONE
In senso economico, il termine globalizzazione è stato coniato per indicare il
processo d’integrazione delle economie delle diverse aree del mondo. Processo
inteso ad abbattere la dimensione nazionale, riducendo ed eventualmente
eliminando gli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione di beni, servizi,
capitali, persone e conoscenze.
TAPPE STORICHE DELLA GLOBALIZZAZIONE
L’evoluzione della globalizzazione è idealmente suddivisibile in tre fasi.
La prima iniziò a metà dell’’800, in coincidenza di una serie d’innovazioni
tecnologiche – fra cui la costruzione di navi più veloci, l’apertura nel 1869 del
canale di Suez, l’espansione del servizio telegrafico transatlantico – che
consentirono la riduzione dei tempi e dei costi di trasporto, la maggiore velocità
nelle comunicazioni, facilitando la riduzione delle barriere tariffarie a tutto
vantaggio di una forte accelerazione dei flussi internazionali.
Il fenomeno subì un drastico mutamento a causa della crisi economica degli
anni Venti, sfociata, il 1929, nel disastroso crollo della Borsa di New York, a
seguito del quale i vari stati avviarono una politica isolazionista e protezionista
(in Italia definita autarchia) che causò il crollo del mercato internazionale e che
si protrasse fino alla seconda guerra mondiale. A risentirne maggiormente
furono proprio gli Stati Uniti che, verso la fine dell’amministrazione Roosevelt,
vararono il New Deal che decretò l’eliminazione del protezionismo.
La seconda fase prese effettivamente il via nel 1945, quando la fine della
guerra rese possibile imprimere un nuovo slancio verso l’integrazione
economica internazionale. Il suo orientamento, però, fu delineato l’anno prima
nella conferenza di Bretton Woods, indetta dagli Stati Uniti, dove 44 paesi
nemici dell’Asse posero le basi del sistema economico e finanziario postbellico.
Fra gli esiti della conferenza, inerenti essenzialmente al libero scambio e alla
deregolamentazione, vi furono l’istituzione della Banca mondiale (World Bank),
mirata a combattere la povertà nel mondo, e del Fondo monetario
Internazionale, per promuovere la cooperazione monetaria fra i vari paesi).
Diretta conseguenza della conferenza, fu nel ’47 la sottoscrizione del GATT
(General Agreement on Tariffs and Trade, ossia Accordo generale sulle tariffe
doganali e il commercio) col quale si puntava a facilitare l’import-export facendo
ricorso alla clausola della “nazione più favorita”. Con questi provvedimenti il
commercio estero raddoppia. La liberalizzazione dei mercati però non è
completa sul piano della partecipazione dei Paesi, solo quelli economicamente
sviluppati aderiscono totalmente ai provvedimenti presi, mentre quelli in via di
sviluppo si aprono solo per i beni primari.
Le terza fase, avviata alla fine del’900, vide, e vede tutt’ora, le economie
nazionali aprirsi sempre di più verso l’estero sia tramite gli scambi sia con gli
investimenti diretti in altri paesi. Questo processo è favorito dal miglioramento
delle infrastrutture mondiali, dai servizi rivolti alle imprese e dalle tecnologie che
riducono i costi di coordinamento delle attività localizzate in paesi anche distanti.
È in questa fase che crescono a dismisura anche le “multinazionali” (65 mila
case-madri e 850 mila affiliate sparse in tutto il mondo), raggiungendo un terzo
dei flussi mondiali d’esportazione. È in questa fase che alcuni paesi in via di
sviluppo – quali Cina, Messico, Filippine, Malaysia, India, Brasile - diventano
protagonisti del mercato grazie soprattutto alla larga disponibilità di forza lavoro
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a basso costo; mentre altri, considerati “emergenti” – la maggior parte dei quali
in aree orientali, come Cina, India e Russia – stanno vivendo in questi ultimi
anni, grazie anche al loro processo di specializzazione nei prodotti d’alta
tecnologia, rapida espansione economica (fino al raddoppio della loro incidenza
sul mercato mondiale) e tale concorrenzialità mette in allarme le economie
occidentali.
GLOBALIZZAZIONE E CRESCITA ECONOMICA
Dato di fatto inequivocabilmente acquisito è che i paesi più aperti al mercato
mondiale sono cresciuti molto più rapidamente degli altri. In particolare i paesi in
via di sviluppo più attivi - Brasile, Cina, India, Messico - hanno registrato un
significativo miglioramento dei livelli di vita al contrario di quelli che hanno avuto
al riguardo un atteggiamento passivo – molti stati africani e mediorentali – nei
quali è invece la povertà ad aumentare. Nei paesi aperti agli scambi
internazionali, fattori fondamentali per la crescita sono lo sfruttamento delle
proprie risorse, la possibilità di usufruire delle opportunità del mercato (con
prezzi meno elevati e maggiore varietà di scelta, a tutto vantaggio dei cittadini),
e l’aumento della concorrenza che sprona le imprese al miglioramento.
Con l’odierna struttura della globalizzazione, però, gli effetti positivi sono spesso
affiancati da altri negativi: primi fra tutti, la povertà e la disuguaglianza.
Infatti molti economisti sostengono che sia la globalizzazione responsabile
dell’aumento dell’indice di povertà, cioè dello stato di disagio esistenziale di un
individuo al di sotto di determinate condizioni di vita ritenute accettabili, e dei
molti squilibri tra paesi ricchi e poveri: situazione cui è compito della comunità
porre rimedio con provvedimenti radicali. Nei paesi industrializzati risultano in
aumento anche la disuguaglianza, in altre parole la differenziata distribuzione
del benessere tra gli individui, la disoccupazione, dovuta soprattutto alle
strategie di delocalizzazione verso quegli stati con manodopera a basso costo.
FATTORI POLITICI E SOCIALI DELL’INTEGRAZIONE DEI MERCATI
Allo sviluppo della globalizzazione non hanno concorso solo fattori economici,
ma anche altri di natura politica e sociale.
Sviluppo e diffusione del sapere scientifico e della tecnologia.
Determinante risorsa produttiva sempre più importante per affrontare le
concorrenza.
Progressi nelle tecnologie informatiche e della comunicazione.
Lo sviluppo di queste nuove tecnologie ha portato molti rinnovamenti positivi,
principalmente grazie alla diffusione del computer. E soprattutto di internet, che
ha consentito l’aggregazione di numerose attività economiche: produttive,
commerciali, di servizi e pubblicitarie. Assunta ormai a simbolo del mercato
globale, la rete infatti consente a qualsiasi persona di acquistare direttamente
qualsiasi prodotto in qualsiasi parte del mondo. Sempre più diffusi gli acquisti di
beni immateriali e servizi, dove ai primi posti figurano il software - che può
essere provato prima dell’acquisto stesso – e il servizio di server (fornitura di
caselle di posta elettronica e di pagine web). I servizi più frequentati – o
“cliccati”, come si dice in gergo - sono le offerte di viaggio (prenotazione
d’alberghi, aerei, treni), di giochi, musica e video. La globalizzazione
dell’economia attraverso le reti telematiche viene comunemente chiamata “new
economy”, definizione di nuovo conio per un fenomeno nuovo che, snellendo di
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molto i tempi, accelera enormemente la crescita degli scambi. Il cambiamento
più evidente portato dalla new economy è l’eliminazione quasi totale della
barriera dei confini politici, non essendo i Paesi in grado di controllare un
fenomeno privo di localizzazione spaziale che rende pertanto agevole sfuggire
alle leggi e al controllo fiscale dei singoli stati. Altro effetto vistoso è la nascita e
il proliferare di negozi virtuali al posto dei punti vendita di merci e servizi.
Frammentazione politica del mondo dopo la seconda guerra mondiale.
Col secondo dopoguerra iniziò il disfacimento dei grandi imperi coloniali che
avevano dato origine alla formazione di molti stati africani e dell’Asia
meridionale. E cominciò anche l’egemonia degli Stati Uniti e l’URSS che si
erano divisi il mondo in due sfere d’influenza: divisione ufficiosamente sancita
già nella conferenza di Yalta, tenutasi nella fase finale del conflitto, nella quale fu
decisa la divisione della Germania in quattro zone d’occupazione e il ripristino
dei confini dei paesi occupati dai tedeschi. Con l’inizio delle zone d’influenza, fra
le due superpotenze iniziò anche la Guerra fredda, che terminò nell’89 con la
caduta del comunismo e il conseguente scioglimento dell’URSS, dalla quale
nacquero 15 stati sovrani. La costituzione di molti stati indipendenti avvenuta
nella seconda metà del XX secolo diede impulso ad un ormai irreversibile
processo di globalizzazione economica in ciascuno stato.
Riguardo alla globalizzazione nel mondo orientale, oggi è la Cina a proporsi
come modello di sviluppo per molti paesi del sud del mondo, seguita dall’India,
sempre più influente nel mondo industriale asiatico grazie al livello tecnologico
raggiunto in breve tempo.
Riduzione delle barriere artificiali.
Il libero commercio tra diverse nazioni è garantito da accordi internazionali
sottoscritto da vari Paesi dopo il secondo conflitto mondiale. Il primo accordo, il
GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), venne stipulato da 23 Paesi a
Ginevra nel 1948, e ha lo scopo di ridurre barriere doganali e di rendere
convenienti gli scambi valutari, per incrementare il commercio internazionale.
Nei vari incontri per discutere di nuovi provvedimenti ci fu un aumento
sostanziale dell’adesione d’altri Paesi (nel 1985 si arrivo ad un totale di 92 Stati
aderenti). Dal 1995 il GATT viene sostituito con il WTO (World Trade
Organization) che ha sede a Ginevra e possiede maggiori poteri di controllo ed
è dotato di potere di regolazione delle controversie tra Paesi in materia di
commercio internazionale. Ha inoltre il compito di migliorare le condizioni
d’accesso ai mercati, eliminando barriere visibili (dazi e contingentamento) e
quelle invisibili (burocrazia complessa, problemi tecnico-normativi ed eccessivo
controllo fiscale interno). Deve anche promuovere la concorrenza leale ed
eliminare il dumping, ovvero la vendita all’estero a prezzi più bassi rispetto
all’interno. Inoltre si propone di sostenere le riforme economiche che prevedono
forme d’intervento intraprese da stati industrializzati e finalizzate a promuovere
lo sviluppo economico e sociale nei Paesi in via di sviluppo.
Anche l’Unione Europea ha portato progressi positivi alla globalizzazione dei
mercati e non solo. Infatti ha come scopo primario quello della costituzione di
una cittadinanza europea fondata su basi condivise: libertà, diritti umani,
solidarietà, rispetto delle tradizioni e culture, federalismo e sussidiarietà. La
strada che porta a relazioni concrete e durature, iniziata con la moneta unica,
passa, oltre che per l’integrazione economica, per politiche comuni di sostegno
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al lavoro, politiche di trasporti in grado di garantire al massimo la circolazione di
persone, merci e servizi; investimenti nella ricerca di nuove tecnologie e il potere
di consentire l’allargamento dal diritto comunitario (in modo da rappresentare un
sistema aperto per gli stati non facenti parte). È da precisare il fatto che l’UE non
rappresenta il superamento dell’elemento nazione, ma assume le diverse
comunità come elemento strutturale e ne conserva il consistente patrimonio
normativo. Sul piano politico quindi l’UE non impone le proprie decisioni a tutti
gli stati aderenti ma propone semplicemente delle direttive che ciascuno stato
può accettare, discutendone nei propri governi, o meno; basti pensare
all’adesione alla moneta unica: il Regno Unito lo ha rifiutata.
Può essere definita come comunità soprannazionale nata con il trattato di
Maasticht del 1992 e prese avvio l’anno successivo. Nella stessa Unione
Europea sono nate altre associazioni, con obiettivi diversi, quali: CECA
(Comunita europea per il carbone e l’acciaio) per favorire la libera circolazione
nella comunità del carbone e dell’acciaio; CEE (Comunità economica europea)