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Estratto del documento

• Filosofia ..……………………………………………………………………………... 23

- Freud « Dostoevskij e il Parricidio »

- Kant (punto di vista)

• Matematica ..…………………….…………………………………………………... 26

- Concetto di Probabilità

- Metodo Montecarlo

• Letteratura Inglese ..…………………………………..……………………………. 28

- Romanticismo

- Coleridge: “Rime of the ancient mariner”

- Dickens: “The old curiosity shop”

• Letteratura Francese ..……………………………………………………………… 31

- Baudelaire : “Le jeu”

- Mallarmé : “Un coup de dès n’abolira jamais le hasard”

• Storia dell’arte ..……………………………………………………………………… 33

- Gaudenzo Ferrari: “La crocifissione”

- Caravaggio: “I bari”

- Valentin De Boulogne: “I bari”

- Jan Steen: “Rissa di giocatori di carte”

- Munch: “Al tavolo della roulette”

- Paul Cezanne: “I giocatori di carte”

- George Braque: “Natura morta con asso di fiori”

- Ottone Rosai: “Giocatori di carte”

• Fonti ..…………………………………………………………………………………. 38

- Bibliografia

- Linkografia 2

Introduzione

In gambling, the many must lose in order that the few may win. George Benard Shaw

L’obiettivo della mia tesina è quello di dimostrare che il gioco d’azzardo, sebbene sia

stato contrastato da numerosi fattori quali la Chiesa o le istituzioni e sebbene sia stato

spesso oggetto di censura, sia sopravvissuto attraverso i secoli, influenzando moltissimi

campi della vita dell’uomo e rivelandosi spunto per importanti studi quali quelli sulla

probabilità. Mi sono inoltre particolarmente concentrata sul gioco d’azzardo oggi: in quali

forme esso si manifesta e quale rapporto ha con lo Stato.

Nella mia tesina mi sono preoccupata di esaminare le influenze del gioco d’azzardo nelle

diverse letterature studiate durante quest’anno scolastico (Italiana, Latina, Francese e

Inglese) e di fare un rimando ulteriore alla letteratura Russa.

Mi sono inoltre impegnata a ricercare testimonianze del gioco d’azzardo nell’arte,

riscontrando la presenza di temi di gioco a scopo lucrativo sia nell’epoca medioevale,

che in quella moderna e contemporanea.

Mi sono dunque posta la questione di capire quale è la forza che spinge l’uomo a

giocare e mi sono appoggiata alle tesi di Freud nell’analisi del comportamento di un

celebre giocatore : Dostoevskij.

Ho scelto per la mia tesina l’argomento del gioco d’azzardo, in quanto esso è sempre

stato fonte di fascino nei miei confronti e in quanto volevo evitare di prendere in

considerazione argomenti già studiati in maniera approfondita durante il corso dell’anno,

per lasciare invece spazio ad un’analisi più attenta su un tema nuovo di cui sapevo poco

o niente.

Volevo inoltre dimostrare che, sebbene il tema della mia tesina non sia stato esaminato

durante il corso dell’anno e non faccia parte dei programmi svolti , esso trova riscontri in

moltissimi degli argomenti da noi studiati.

Ho voluto suddividere la mia tesina per materie, e trovare per ognuna di esse due o più

fonti alle quali ho anteposto una breve introduzione che tende a riassumere i concetti

chiave.

Gli strumenti dei quali mi sono servita sono principalmente Internet (grazie alla rapidità

con la quale consente di muoversi all’interno di molteplici fonti), i libri degli autori

analizzati nella tesina (dai quali ho ripreso diverse citazioni) e alcuni riviste nelle quali ho

ritrovato dei dossiers sul gioco d’azzardo. 3

Letteratura Latina

Gli astragali e i Saturnali.

Tacito, l’autore che ci testimonia come il gioco d’azzardo, presso i popoli

della Germania, non fosse un’attività ludica e volta al compenso.

Il gusto di giocare, di divertirsi è sempre stata, in ogni epoca della nostra storia, una

necessità primaria. Sotto questo aspetto gli antichi romani non erano certo gli ultimi

arrivati.

Durante gli scavi archeologici nelle varie parti d'Italia e nell'antico mondo romano ci sono

stati diversi ritrovamenti che hanno contribuito a ricostruire i vari tipi di divertimenti e

svaghi da loro praticati; dai giochi per i bambini per lo più caratterizzati da giocattoli di

vario materiale e da imitazioni delle azioni e comportamenti degli adulti, a quelli dei

grandi con giochi di abilità, d'azzardo e sportivi.

Molti giochi erano diffusi sia fra i piccoli che fra i grandi, la diversità

stava nel fatto che i grandi, molto spesso, li utilizzavano come giochi

d'azzardo.

E' il caso del gioco dei dadi (che avevano regole simili a quelle

gioco degli astragali, fatto con ossicini della zampa di

nostre), il

animali come pecore o capre.

Prima testimonianza dell’esistenza degli astragali si ritrova nell’Iliade di Omero (XXIII

sgg. 85). E’ il momento più drammatico dell’Iliade: Achille ha appena ucciso Ettore in

duello ed è ancora sporco di sangue e di polvere: malgrado le sollecitazioni ritarda a

purificarsi e a compiere i riti funebri in onore di Patroclo. E’ proprio il fantasma di

quest’ultimo ad apparirgli in sogno e, nel chiedergli di accelerare le sue esequie funebri,

pronuncia, tra le altre, anche le seguenti parole:

Non mettere le mie ossa, Achille, lontane dalle tue, ma stiamo insieme, come insieme crescemmo nel tuo

palazzo. Ricordi? Mi condusse là da voi, ancora ragazzo, Menezio di Opunte, in seguito a un omicidio

disgraziato, quel giorno che uccisi da sciocco, senza volerlo, il figlio di Anfidamante, cedendo all’ira per il

gioco degli astragali.

Ad ogni faccia veniva assegnato un punteggio numerico (1,3,4,6), in modo tale che

le facce contrapposte dessero come risultato 7.

A differenza dei dadi, però, contavano non tanto il punteggio ottenuto, ma le combi-

nazioni che si ottenevano lanciando tre o quattro astragali, tra i vari segni incisi sulle

facce rivolte verso l’alto: il “colpo di Afrodite” (di Venere, per i Romani) era costituito da

quattro facce diverse, mentre il “colpo del Cane” (quattro facce uguali, tutte con il valore

più basso) costituiva il risultato peggiore.

Tra le tantissime testimonianze in questo senso ricordiamo un famoso epigramma di

Marziale (XIV,14 ) dal titolo “Tali eborei”, cioè “Astragali d’avorio”:

Cum steterit nullus vultu tibi talus eodem, Se nessun astragalo avrà la stessa faccia,

Munera me dices magna dedisse tibi. dirai che io ti ho dato grandi doni. 4

Cicerone, infine, nel “De Divinatione”, parlando della casualità e confutando la dottrina

di Carneade sulla casualità di tutti gli eventi, esprime la propria posizione prendendo

come esempio proprio le combinazioni degli astragali (XXI, 23 ):

Quid quaeris, Carneades, cur haec ita fiant aut qua arte perspici possint? Nescire me fateor,

evenire autem ipsum dico videre. ‘Casu’, inquis. Itane vero? Quicquam potest casu esse

factum, quod omnes habet in se numeros veritatis? Quattuor tali iacti casu Venerium efficiunt;

num etiam centum Venerios, si quadringentos talos ieceris, casu futuros putas?

Perché domandi, Carneade, per qual motivo queste cose avvengano o con quale arte possano essere

comprese? Confesso di non saperlo, ma affermo che tu stesso vedi che avvengono. Per caso, dici . Ma

che cosa mai può accadere per caso, che ha in sè tutti i caratteri della verità? Quattro astragali, lanciati a

caso, danno il ‘colpo di Venere’; forse che, se lancerai quattrocento astragali, e otterrai cento colpi di

Venere, crederai che ciò sarà dovuto al caso?

Altri giochi praticati erano: quello del "par impar" con cui un giocatore teneva chiuso

nelle mani un determinato numero di sassolini e l'altro doveva indovinare se erano di

numero pari o dispari; quello del “capita et navia”, il nostro testa o croce con cui si

doveva indovinare se la moneta cadeva dalla parte della testa o della nave.

Nell’opera “Le noci” Ovidio fa riferimento al “ludus

castellarum” un gioco che consisteva nel formare

un triangolo con tre noci ravvicinate e una in cima

che bisognava poi far cadere.

I giochi d'azzardo veri e propri erano per lo più

rappresentati da combattimenti fra animali. La

legge romana era molto severa con i giochi

d'azzardo, infatti, questi erano proibiti, ma con una

e i debiti di

piccola deroga durante i Saturnalia,

gioco non erano riconosciuti: se il giocatore debitore

aveva già pagato poteva richiedere giudizialmente quanto aveva dato al giocatore

creditore.

E’ spiegabile il fatto che gli antichi romani permettevano il gioco durante i periodi di

Saturnalia (che erano periodi che cominciavano poco prima del solstizio invernale e in

epoca imperiale duravano fino al 23 dicembre) e che vi fosse una stretta relazione fra

Saturno e il Gioco d’azzardo, se si considera che la Fortuna romana è espressione di una

Saturno è dunque l'autore occulto del grande

volontà divina e non del capriccio del caso.

gioco nell'attuale ciclo cosmico e regola l'ordine universale tramite le mosse della sua

falce-bastone. Anche le candele e le statuette di argilla (“sigillaria”) che ci si scambiava

ai Saturnali, e che Macrobio interpretava come sostituti di sacrifici cruenti, erano in realtà

connessi al gioco, come ci rivelano le tradizioni arcaiche.

Sicché l'attuale gioco della tombola nei giorni natalizi è il ricordo sbiadito, come d'altronde

lo era quello dei dadi nella Roma imperiale, dell'arcaico gioco-oracolo con il quale

anticamente, e non solo all'ombra del Campidoglio, si cercava di capire la collocazione di

ogni persona nel cosmo all'inizio del nuovo anno.

Finita la festa sfrenata, Marziale in un suo epigramma (V, 84 ) immortala il senso di

rassegnata tristezza che allora prendeva i giovani e i meno giovani, che dovevano tor-

nare alla serietà e abbandonare i giochi. 5

Iam tristis nucibus puer relictis Già triste lo scolaro lasciate le noci

Clamoso revocatur a magistro, viene ripreso dalle grida del maestro;

Et blando male proditus fritillo, tradito dal suono attraente e maligno dal bossolo,

Arcana modo raptus e popina, e strappato dalla bisca clandestina

Aedilem rogat udus aleator. anche il giocatore di dadi implora l’edile

Saturnalia transiere tota. I Saturnali sono del tutto finiti.

Nec munuscula parva nec minora E tu Galla non mi hai dato nemmeno un piccolo dono

Misisti mihi, Galla, quam solebas. o anche un po’ più piccolo di quanto eri solita darmi.

Sane sic abeat meus December: Bene, vada così il mio Dicembre;

Scis certe, puto, vestra iam venire sai certamente, credo, che i vostri Saturnali

Saturnalia, Martias Kalendas; già sopraggiungono alle Kalende di Marzo:

Tunc reddam tibi, Galla, quod dedisti. allora ti ricambierò, Galla, ciò che mi hai donato.

Anche l’esplicita allusione a un dono “erotico”, non dato e per vendetta non ricambiato, ci

fa capire meglio la componente trasgressiva delle feste Saturnali. Addirittura per questo

periodo schiavi e padroni si invertivano i ruoli: in tale contesto si poteva giocare

liberamente anche d’azzardo. festa dei Larentalia che si celebrava il 23 dicembre,

Al “gioco”era connessa anche la

ultimo giorno dei Saturnali.

Narra Plutarco sotto il regno di Anco, il custode del tempio di Ercole, sfidò il Dio a dadi:

faceva da solo la parte di ambedue e pose come condizione che il vinto pagasse una

cena e una meretrice. Il vincitore fu Ercole, e allora il custode chiuse nel tempio Acca

Larentia, allora celebre cortigiana, affinché cenassero insieme. Il Dio venne davvero, e il

mattino dopo ordinò ad Acca, per riconoscenza, di recarsi al mercato e di abbracciare il

primo che le fosse venuto incontro: fu un certo Tarrutius, uomo già avanti negli anni, ma

scapolo e dal patrimonio considerevole. Costui le si affezionò tanto da nominarla erede

di tutti i suoi beni, che a sua volta Acca Larentia lasciò, morendo, al popolo romano.

(Plutarco, “Romolo”, 5).

Per questo motivo Anco le fece seppellire sul Velabro, il posto più rinomato di Roma,

scrive Macrobio, e istituì in suo onore una festività annuale sacra a Giove poiché gli

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