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Orme uguali ma diverse, sullo stesso muro. Uomini uguali ma unici, sulla stessa

terra.

PERSONA E FILANTROPIA IN FILOSOFIA

IO, PERSONA TRA ALTRE PERSONE

Rifare il Rinascimento,

Nell’articolo di fondo del primo numero di «Esprit»

Emmanuel Mounier (Grenoble, 1905 – Parigi, 1950) scrive: «Il Personalismo è

uno sforzo integrale per comprendere e superare la crisi dell’uomo del secolo

XX nella sua totalità», proponendo come soluzione una filosofia che pone al

persona.

centro dell’attività teoretica e dell’azione pratica la

La persona di cui parla Mounier non deve essere confusa con l’individuo, parte

separata dalla massa e allo stesso tempo uniforme alle altre, né può essere

concepito come momento di una totalità socio-economica, pensiero

sintomatico del totalitarismo marxistico: il singolo diventa con il Personalismo

da un lato assolutamente unico e

specifico, dall’altro

costituzionalmente aperto agli altri.

Al mondo si offre così un nuovo

modo di guardare l’uomo: esso è

persona, «presenza dello spirito a se

stesso che si chiama attenzione e

riflessione, presenza dello spirito al

3

mondo che è dialogo e poesia, presenza dello spirito agli altri che è amicizia e

amore». Le parole di Lacroix presentano quelli che

Mounier definisce i tre esercizi essenziali che

permettono la formazione della persona:

meditazione, impegno, rinuncia a se stessi. Il

primo esercizio è necessario per la ricerca di una

vocazione; il secondo per aderire a un’opera la

quale è il riconoscimento della propria

incarnazione; infine l’ultimo è volto al dono di sé e

Vocazione, incarnazione

alla vita in altri. e

comunione costituiscono dunque le tre dimensioni

della persona e le tappe imprescindibili di un

processo attraverso cui quest’ultima giunge alla

propria realizzazione.

La terza dimensione della persona determina che essa è per sua natura

comunitaria, volta al mondo e alle altre persone. «Essa non esiste se non in

quanto diretta verso gli altri, non si conosce che attraverso gli altri, si ritrova

soltanto negli altri», scrive Mounier. Da questo punto di vista, l’incontrovertibile

cogito esistenziale è l’atto di amore: «Amo, dunque l’essere è, e la vita merita

di essere vissuta». Di conseguenza «essere significa amare».

TRA AMORE E SIMPATIA

Nel corso del Novecento si sviluppano, oltre a quello di Mounier, altre forme di

personalismo. Uno dei più particolari e innovativi fu elaborato dal filosofo

tedesco Max Scheler (Monaco, 1874 – Francoforte, 1928). Fortemente

influenzato da Husserl, la sua filosofia personalistica si basa complessivamente

sull’estensione dell’applicazione della fenomenologia trascendentale negli

ambiti della vita emotiva e dell’etica, esposta in una delle sue opere più

Il formalismo dell’etica e l’etica materiale dei valori

famose, (1913), che

apparve per la prima volta nello «Jahrbuch» dello stesso Husserl.

Anche Scheler descrive la sua concezione di persona contrapponendola a

quella di altre ideologie: il filosofo riconosce a Kant il torto di pensare alla

persona unicamente come «ragione», separata dalla concretezza

dell’individualità e delle esperienze di vita. Ciò che rimane è una pura

universalità astratta, che nulla ha a che fare con la persona. Essa non è

neppure l’«anima» della metafisica tradizionale d’impronta scolastica, la quale

va a costituire l’individualità «materializzandosi» per mezzo di una

«corporeità», poiché il suo senso d’essere ci è dato nell’unità psicofisica

indissolubile in cui essa avverte e coglie se stessa. 4

Come per Mounier, la persona non può realizzarsi che all’interno di una società:

Il

essa vive prima negli altri e nel mondo della comunità che in se stessa. Ne

formalismo dell’etica Scheler arriva ad affermare che, persino nel caso della più

grave alienazione, l’essere persona di un uomo non viene mai meno, cioè si è

in ogni caso predisposti a far parte di una società. Questa caratteristica della

persona e la natura dei rapporti interpersonali in generale nel pensiero

contemporaneo sono state condannate a un’incomprensione pressappoco

Essenza e forme

totale e tale questione è trattata in un’altra famosa opera:

della simpatia (1923).

Il XX secolo è caratterizzato dall’atto di confondere le emozioni le une con le

altre, accrescendo l’impossibilità di comprendere l’altro. Per questo Scheler si

propone di studiare le loro essenze, secondo il metodo fenomenologico, con lo

scopo di distinguerle e così porre fine alla confusione vigente nel suo tempo.

Il filosofo analizza la simpatia e l’amore, considerandole le forme originarie più

alte della comprensione dell’alterità. La simpatia, sentimento di unità con gli

altri «io», consiste nella comprensione vivente dell’altro e dei suoi moti

emozionali, in cui si dà una vera partecipazione consapevole ad essi. Essa

tuttavia non è tutto, in quanto moto re-attivo. Il sentimento effettivamente

attivo in cui si manifesta il principio personale è l’amore, nel quale la persona è

data come qualcosa di ultimo, nella sua unicità e irripetibilità. Scheler afferma,

infatti, che l’amore è «per i valori della persona, cioè per la persona come

realtà nel suo valore di persona»: questo si definisce «l’amore morale in senso

pregnante». Movimento emozionale attivo e creativo, si rafforza nel desiderio

sempre crescente del bene dell’altro e nell’aumento delle manifestazioni del

suo valore.

Concepito come tale, l’amore secondo il filosofo ha raggiunto il suo culmine e la

sua perfezione solo nel cristianesimo: per questa ragione può essere

identificato nella carità cristiana, come la simpatia può essere accostata alla

filantropia.

I caratteri di queste comparazioni sono senza dubbio soggettivi, in quanto la

concezione delle due varia da persona a persona. Tuttavia occorre riconoscere

l’importanza di entrambi all’interno di una comunità e individuare la loro

presenza nella storia, che la crisi dell’uomo del primo Novecento sembra aver

omesso dalla vita umana.

DIE TERMINOLOGIE SCHELERS:

DER SCHLÜSSEL UM SEINE PHILOSOPHIE ZU VERSTEHEN 5

Die philosophische Sprache ist unbestritten wesentlich, um eine Theorie

verständlich zu machen. Im Besonderen verwendeten die deutschen

Philosophen eine bestimmte Terminologie, da ein Terminus das genaue Wesen

des Wortes ausdrücken muss.

Aus diesem Grund muss man die Etymologie und die Bedeutung der

Wesen und Formen der Sympathie

Hauptbegriffe von analysieren, d.h.

Sympathie Liebe.

und

Sympathie sympátheia

Das Wort stammt vom griechischen Terminus ab.

Mitfühlen

Scheler benutzt das Synonym auch: in der Tat zeigt es das Teilen

(mit) (fühlen)

eines Gefühls an.

Liebe

Die Analyse des Terminus ist noch interessanter. Er entstand als

lieb liub

Abstraktbildung zum Adjektiv aus den althochdeutschen Begriffen (9.

ī

lioba liebe

Jahrhundert) und (11. Jahrhundert), die im Mittelhochdeutschen zu

wurden. Allgemein stand und steht dies für Wohlgefallen, Gunst oder

Freundlichkeit, aber in seinem Studium der Wesen lehnt Scheler diese

Bedeutungen ab und betrachtet die Liebe als ein ursprüngliches Gefühl, das

für das soziale Leben wesentlich ist.

Esempi di filantropia NELLA letteratura …

“DE BENEFICIIS”:

UNA GUIDA PER FILANTROPI 6

Possiamo riscontrare una sorta di interesse per la filantropia e i suoi

“meccanismi” in uno degli autori più importanti e conosciuti di tutta la

De Beneficiis.

letteratura latina, cioè Seneca, che affronta questa tematica nel

Lucio Anneo Seneca nacque nella città

spagnola di Cordova nel 4 a.C. Compì gli studi

di filosofia stoica e retorica a Roma. Dopo una

breve carriera come oratore, fu mandato in

esilio dall’imperatore Claudio perché creduto

coinvolto in uno scandalo di corte. Fu

richiamato da Agrippina per diventare

precettore del figlio Nerone. Quando

quest’ultimo assunse però una condotta

dissennata e malvagia, Seneca se ne allontanò,

ritirandosi dalla vita politica e sociale per

dedicarsi alla meditazione e alla composizione.

De Beneficiis

Il fu composto da Seneca tra il 58 e

il 64 d.C. Esso è un trattato filosofico in sette

libri, dedicato ad Ebuzio Liberale, nel quale

l’autore fa uno studio approfondito del beneficio,

quel vincolo sociale fondato sulla reciprocità del

donare e del ricevere. Seneca esamina come,

dal semplice gesto in sé, scaturisca tutta una

serie di doveri morali e codici comportamentali,

e come il beneficio sia in grado di creare

equilibri e armonie fondamentali. Quindi l’autore

ne dà la definizione e ne delinea le

caratteristiche, come e in quali casi va concesso, in che modo accettarlo.

Anche il tema dell’ingratitudine ha molta importanza all’interno dell’opera, in

quanto l’autore ne fa uso per spiegare il carattere disinteressato che un atto

benefico deve avere: anche se il beneficio non sarà gradito, è il gesto in sé che

ha valore umano e sociale, non la gratitudine che si riceve.

La filosofia stoica, d’importanza fondamentale nella formazione senecana, è

De Beneficiis.

essenziale per comprendere i principi alla base del L’istinto

sociale è conforme alla natura umana, quindi lo stoico si sente membro della

società. Inoltre la comune partecipazione alla ragione universale rende gli

uomini tutti fondamentalmente uguali, il che conferisce pari dignità a ognuno.

Seneca approfondisce questo aspetto di parità e fratellanza fra le componenti

di una comunità, avvicinandosi per molti aspetti ai principi del cristianesimo.

Il contenuto dell’opera sembra intriso di quel senso del dovere tipicamente

stoico che quasi esclude la spontaneità e la volontà insite nell’atto di amore.

Ciò nonostante l’opera senecana ci dà un esempio di disponibilità verso l’altro,

7

sebbene in qualche modo meccanica, volta al rafforzamento e al benessere

della società. ROSSO MALPELO E RANOCCHIO:

CARITÀ CRISTIANA NELLE CAVE DELL’OTTOCENTO

Nella letteratura italiana abbiamo più di un esempio della filantropia come

legame di solidarietà e fratellanza fra gli uomini: basti ricordare la «social

catena» leopardiana o il socialismo umanitario di Pascoli. Tuttavia una delle sue

Rosso Malpelo

più interessanti e inaspettate manifestazioni si ha nella novella

di Verga. Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840 da una

famiglia di agiati proprietari terrieri. Dopo i primi

studi presso maestri privati, frequentò la facoltà di

Legge a Catania, che abbandonò presto per

dedicarsi al lavoro letterario e al giornalismo

politico. A Firenze entrò in contatto con la vera

società letteraria italiana, ma è a Milano che

avvenne la svolta verso il Verismo, con la

Rosso Malpelo.

pubblicazione del racconto Nel

1893 tornò a vivere a Catania, dove si chiuse in un

silenzio pressoché totale, oppresso dalle

Questa novella è conosciuta come primo esperimento verista dell’autore e come

testimonianza delle condizioni di vita nelle cave meridionali e della “legge del più

forte” vigente nella società dell’epoca. Pochi però si soffermano su un altro aspetto, la

cui positività dal punto di vista umano si contrappone al pessimismo che sembra

pervadere l’intero racconto.

Ranocchio

volta che a toccava un lavoro troppo pesante, e il ragazzo

«Ogni Malpelo

piagnucolava a guisa di una femminuccia, lo picchiava sul dorso, e lo

Ranocchio

sgridava: - Taci, pulcino! - e se non la finiva più, ei gli dava una

mano, dicendo con un certo orgoglio: - Lasciami fare; io sono più forte di te -.

Oppure gli dava la sua mezza cipolla, e si contentava di mangiarsi il pane

asciutto, e si stringeva nelle spalle, aggiungendo: - Io ci sono avvezzo -»

Il rapporto tra Malpelo e Ranocchio rivela un lato del protagonista che va oltre

le sue sofferte esperienze di vita e il conseguente pessimismo sadico: c’è, a

suo modo, «un animo magnanimo in un miscuglio di crudeltà e di carità

cristiana, di eroismo sprezzante e di melanconico affetto». Rosso nella sua vita

ha conosciuto solo violenza e disprezzo: di conseguenza essi sono i soli mezzi

di cui dispone per insegnare a Ranocchio come sopravvivere in un mondo

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spietato, nel quale la persona sembra non esistere più. Tuttavia il suo

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