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Gai Roberto 5a sc
Liceo Sc. “A.Monti” – Chieri
Tesina per il colloquio orale dell’Esame di Stato 2007
Il fallimento del superuomo
Nietzsche, Übermensch: superuomo / Oltreuomo influenze e fraintendimenti
Introduzione
“«Uomini superiori» così ammicca la plebe «non esistono uomini superiori, siamo tutti uguali, l’uomo
è uomo, davanti a Dio – siamo tutti uguali!» Davanti a Dio! – Ma ora questo Dio è morto. E davanti
alla plebe non vogliamo essere tutti uguali. […] La montagna del futuro umano ha già le doglie. Dio è
morto – ora noi vogliamo – che viva il superuomo!” (Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Dell’uomo
superiore)
Partendo dal reale significato del concetto di Übermensch nella filosofia di Friedrich Nietzsche,
prenderò in esame alcuni esempi di “tipi superiori, casi vincenti” simboli di movimenti culturali e storici
nati tra il XIX e il XX secolo, per dimostrare che nonostante le simili e a volte coincidenti ispirazioni
tratte dalla teoria nietzscheana, questi “casi fortunati” non sono dei veri e propri Übermensch così come
il filosofo tedesco intendeva, ma solo imitazioni, fraintendimenti o adattamenti ad hoc su altre idee.
Nietzsche è forse il miglior interprete della fine di un mondo e del bisogno di rinnovamento di tutta
un’epoca: profeta insieme della decadenza e della rinascita, dà origine alle interpretazioni più discordi,
che si tradurranno nelle influenze più diverse. Una nuova esigenza sembra nascere da questa crisi di fine
secolo: il bisogno di un tipo di uomo diverso, mai apparso prima d’ora, totalmente rinnovato, capace di
superare la crisi delle certezze, che di umano ha solo più l’aspetto fisico e che tra i suoi ideali ha metri di
giudizio così nuovi da farlo emergere per carisma, creatività, eccentricità ed unicità dall’uniformità della
nuova società industrializzata.
Übermensch: Superuomo o Oltreuomo?
Innanzitutto è utile e necessario definire il vero significato di Übermensch. Con questo termine Nietzsche
designa il suo messaggio circa l’uomo nuovo che deve venire, l’uomo che va oltre l’uomo e che spezza le
vecchie catene e crea un nuovo senso della terra. “L’uomo è una fune sospesa tra l’animale e il
superuomo, - una fune sospesa sopra l’abisso. […] Quel che è grande nell’uomo è che egli è un ponte e
non una meta: quel che si può amare nell’uomo è che egli è transizione e tramonto.” Questo nuovo tipo
di essere volta le spalle alle chimere del cielo, annuncia la morte di Dio e la trasvalutazione di tutti quei
valori fino ad allora ritenuti assoluti, accetta la vita con amor fati e recupera i valori di bellezza, salute,
orgoglio, volontà di potenza e spirito dionisiaco. Übermensch non significa quindi «l’uomo superiore», o
«superuomo». Il filosofo Gianni Vattimo ha suggerito con grande forza che l'Übermensch nietzscheano,
invece che con superuomo, sia meglio traducibile con Oltreuomo, in quanto non rappresenta una forma
di “umanità potenziata” ma qualche cosa che si colloca al di là di ogni esperienza umana precedente.
Questa traduzione risulta più appropriata perché esprime meglio il concetto di superamento dell’uomo
quale è stato pensato fino ad allora. In tal senso, gli esempi portati sono superuomini e non Oltreuomini,
perché essi sono ancora umani, troppo umani.
“Ci furono uomini più grandi e di più alta nascita di quelli che il popolo chiama redentori, questi venti
impetuosi che travolgono! […] Non ci fu mai finora un superuomo. Nudi vidi entrambi, il più grande e il
più piccolo: sono troppo simili tra loro. In verità anche il più grande lo trovai – troppo umano!”
(Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Parte Seconda, Dei preti)
Se allora un vero Übermensch non è ancora esistito, è possibile che esista in futuro? Oppure quella di
Nietzsche è una teoria irrealizzabile in questo mondo e con questa “materia prima”?
L’epoca del Positivismo è attraversata non solo dalla radicale fiducia nella scienza e nella ragione, ma
anche da dubbi e contrasti sui limiti della conoscenza scientifica, come l’origine del pensiero e della vita:
la scienza, non risponde alle domande più radicali sull’essenza del mondo e sul destino dell’uomo. Il
pensatore che in questo periodo ha avuto l’influenza più estesa è duratura è Nietzsche. Il suo pensiero si è
rivelato fecondo come critica radicale e spregiudicata di tutti i valori tradizionali, e non può essere ridotto
a idee di sopraffazione sociale; ma sta di fatto che sul finire dell’ Ottocento furono queste le sue idee che
ebbero la maggiore diffusione e servirono di base a tendenze di nazionalismo o addirittura di nazismo
antisemita, al di là delle intenzioni dell’autore (che non era né nazionalista né antisemita).
L’Übermensch proviene dall’ispirazione poetica del filosofo, ma anche da una sua debolezza
caratteristica, cioè dal fatto che era un ipersensibile, incapace di sopportare l'uomo così com’è, nel suo
bene e nel suo male, nelle sue miserie, nella sua finitezza. Allora ha concepito per debolezza, non per
forza, questa figura dell’Oltreuomo. La sfiducia nell’uomo aveva dei riscontri storici, che molti non
colgono: era il periodo che portava queste idee e non solo nel senso culturale, ma anche nel senso
politico. Infatti le interpretazioni sono molte e molto diverse tra loro. Le influenze e le appropriazioni
sono ancora di più e ancora più varie.
Sulla scena artistica e sociale inglese di fine 1800 si impose la figura di Oscar Wilde, l’esponente più
rappresentativo dell’estetismo, che impersonò egli stesso la figura del dandy e ne descrisse i tratti
caratteristici nel suo unico romanzo The picture of Dorian Gray. Nello stesso periodo in Italia Gabriele
D’Annunzio riempiva le prime pagine dei giornali e pubblicava con successo i suoi romanzi in cui al
dandy unì progressivamente il superuomo di Nietzsche, le cui idee si stavano diffondendo sul continente.
Iniziato il nuovo secolo, il sentimento di crisi si ripercosse anche in campo scientifico. La rivoluzionaria
teoria relativistica di Albert Einstein demolì le concezioni di spazio e tempo di newtoniana origine e
permise al fisico di indagare lo spazio ragionando su formule e ipotesi scritte su fogli di carta. Tutto ciò
mentre una devastante guerra mondiale causò milioni di morti e Nazismo, Fascismo nascevano e si
imponevano sul continente preparando a loro volta il terreno per una nuova guerra mondiale, destinata a
segnare la storia del mondo intero per il resto del secolo e oltre.
Decadentismo e Estetismo
“L’esperimento è compiuto. La scienza è incapace di ripopolare il disertato cielo, di rendere la felicità
delle anime in cui ella ha distrutto l’ingenua pace. Non vogliamo più «la verità». Dateci il sogno.
Riposo non avremo se non nelle ombre dell’ignoto.” (G. D’Annunzio, Studio su Zola)
Il decadentismo rappresentò uno stato d’animo di perplessità, smarrimento, un sentimento di crisi
esistenziale, nato negli anni Ottanta dell’Ottocento e che si approfondì nella prima metà del Novecento;
il movimento espresse una reazione decisa agli aspetti ideologici del Positivismo e portò alla nascita di
correnti di pensiero irrazionaliste. Il termine “decadente” deriva dal primo verso della poesia Languore di
Paul Verlaine (“Sono l’impero alla fine della decadenza”) ed ebbe, in origine, un senso negativo; fu
infatti rivolto contro alcuni poeti che esprimevano lo smarrimento delle coscienze e la crisi di valori di
fine Ottocento, sconvolto dalla rivoluzione industriale, dai conflitti di classe, da un progressivo scatenarsi
degli imperialismi, dal decadere dei più nobili ideali romantici. Questi poeti avvertirono il fallimento del
sogno più ambizioso del Positivismo: la persuasione che la scienza, distruggendo le “superstizioni”
religiose, sarebbe riuscita a dare una spiegazione razionale ed esauriente del mistero della vita e avrebbe
posto i fondamenti di una migliore convivenza degli uomini.
L’estetismo, una tendenza del decadentismo sviluppatasi autonomamente, non si limita al culto della
bellezza artistica, ma vuole che ogni scelta di vita sia improntata all’eleganza, alla raffinatezza, alla
sensualità. L’esteta è l'artista che vuol trasformare la sua vita in opera d'arte, sostituendo alle leggi morali
le leggi del bello e andando continuamente alla ricerca di piaceri raffinati, impossibili per una persona
comune. Egli prova orrore per la vita monotona e vuota dei ceti inferiori, dei borghesi e si isola in una
Torre d'avorio, in una sdegnosa solitudine circondato solo da Arte e Bellezza.
Il decadentismo, mira ad esaltare la figura dell’intellettuale, rispetto alla società di massa nascente,
recuperando i valori classici e tradizionali, rivalutando il privilegio del ruolo dell’artista, e dando origine
alla figura del dandy, del profeta - vate e del superuomo. Tutti questi atteggiamenti si identificano
perfettamente nella nuova società, dove l’artista, esaltando la sua figura, facendo della propria vita
un’opera d’arte che tende all’inimitabilità, plagia la massa, diventando un vero e proprio mito, con lo
scopo di pubblicizzare il proprio lavoro, soddisfacendo perfettamente le esigenze delle nuove tipologie di
pubblico e società volte alla mercificazione dell’arte.
Oscar Wilde Aestheticism: Art for Art’s sake and the dandy
Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde was born in Dublin on October 16, 1856. At Oxford he fell under
the influence of the Aesthetic philosophy of Walter Pater, accepting the theory of “Art for Art’s sake”. In
1881 he met the young and good-looking Lord Alfred Douglas, whose nickname was “Bosie”, and with
whom dared to have an homosexual affair. The boy’s father forced a public trial and Wilde was sent to
prison for “homosexual offences”. When he was released he was a broken man; he died penniless of
cerebral meningitis in Paris on November 30, 1900.
Wilde totally accepted the aesthetic ideal: the concept of Art for Art’s sake was to him a moral
imperative. Only Art as the cult of Beauty could prevent the murder of the soul. He lived the double role
of rebel and dandy and perceived the artist as an alien in a materialistic world. His pursuit of Beauty and
its fulfilment was the tragic act of a superior being inevitably turned into an outcast.
The Wildean dandy is an aristocrat whose elegance is a symbol of the superiority of his spirit; he uses his
wit to shock, and is an individualist who demands absolute freedom. Life was meant for pleasure, so
Wilde’s main interests were beautiful clothes, good conversations, delicious food and handsome boys. He
affirmed: “My life is like a work of Art”.
The Picture of Dorian Gray, his only novel published in 1891, is considered to be Wilde’s most personal
work. Scrutinized by critics who questioned its morality, the novel portrays the author’s internal battles
and arrives at the disturbing possibility that “ugliness is the only reality”.
“I shall grow old, and horrible, and dreadful. But this picture will remain always young. It will never be
older than this particular day of June… If it were only the other way! If it were I who was to be always
young, and the picture that was to grow old! For that I would give everything […] I would give my soul
for that!”. (O. Wilde, The Picture of Dorian Gray, chapter II)
The novel is a dream-like story of a young man who sells his soul for eternal youth and beauty. As a
result of this seedy exchange, Dorian remains unchanged – ageless, vain, and amoral – and, under the
bad influence of Lord Henry, mutates into a wicked hedonist, while his portrait grows increasingly
hideous with the years.
“The aim of life is self-development. To realize one’s nature perfectly – that is what each of us is here
for. […] Live! Live the wonderful life that is in you! Be always searching for new sensations. Be afraid