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forza, questa figura dell’Oltreuomo. La sfiducia nell’uomo aveva dei riscontri storici, che molti non

colgono: era il periodo che portava queste idee e non solo nel senso culturale, ma anche nel senso

politico. Infatti le interpretazioni sono molte e molto diverse tra loro. Le influenze e le appropriazioni

sono ancora di più e ancora più varie.

Sulla scena artistica e sociale inglese di fine 1800 si impose la figura di Oscar Wilde, l’esponente più

rappresentativo dell’estetismo, che impersonò egli stesso la figura del dandy e ne descrisse i tratti

caratteristici nel suo unico romanzo The picture of Dorian Gray. Nello stesso periodo in Italia Gabriele

D’Annunzio riempiva le prime pagine dei giornali e pubblicava con successo i suoi romanzi in cui al

dandy unì progressivamente il superuomo di Nietzsche, le cui idee si stavano diffondendo sul continente.

Iniziato il nuovo secolo, il sentimento di crisi si ripercosse anche in campo scientifico. La rivoluzionaria

teoria relativistica di Albert Einstein demolì le concezioni di spazio e tempo di newtoniana origine e

permise al fisico di indagare lo spazio ragionando su formule e ipotesi scritte su fogli di carta. Tutto ciò

mentre una devastante guerra mondiale causò milioni di morti e Nazismo, Fascismo nascevano e si

imponevano sul continente preparando a loro volta il terreno per una nuova guerra mondiale, destinata a

segnare la storia del mondo intero per il resto del secolo e oltre.

Decadentismo e Estetismo

“L’esperimento è compiuto. La scienza è incapace di ripopolare il disertato cielo, di rendere la felicità

delle anime in cui ella ha distrutto l’ingenua pace. Non vogliamo più «la verità». Dateci il sogno.

Riposo non avremo se non nelle ombre dell’ignoto.” (G. D’Annunzio, Studio su Zola)

Il decadentismo rappresentò uno stato d’animo di perplessità, smarrimento, un sentimento di crisi

esistenziale, nato negli anni Ottanta dell’Ottocento e che si approfondì nella prima metà del Novecento;

il movimento espresse una reazione decisa agli aspetti ideologici del Positivismo e portò alla nascita di

correnti di pensiero irrazionaliste. Il termine “decadente” deriva dal primo verso della poesia Languore di

Paul Verlaine (“Sono l’impero alla fine della decadenza”) ed ebbe, in origine, un senso negativo; fu

infatti rivolto contro alcuni poeti che esprimevano lo smarrimento delle coscienze e la crisi di valori di

fine Ottocento, sconvolto dalla rivoluzione industriale, dai conflitti di classe, da un progressivo scatenarsi

degli imperialismi, dal decadere dei più nobili ideali romantici. Questi poeti avvertirono il fallimento del

sogno più ambizioso del Positivismo: la persuasione che la scienza, distruggendo le “superstizioni”

religiose, sarebbe riuscita a dare una spiegazione razionale ed esauriente del mistero della vita e avrebbe

posto i fondamenti di una migliore convivenza degli uomini.

L’estetismo, una tendenza del decadentismo sviluppatasi autonomamente, non si limita al culto della

bellezza artistica, ma vuole che ogni scelta di vita sia improntata all’eleganza, alla raffinatezza, alla

sensualità. L’esteta è l'artista che vuol trasformare la sua vita in opera d'arte, sostituendo alle leggi morali

le leggi del bello e andando continuamente alla ricerca di piaceri raffinati, impossibili per una persona

comune. Egli prova orrore per la vita monotona e vuota dei ceti inferiori, dei borghesi e si isola in una

Torre d'avorio, in una sdegnosa solitudine circondato solo da Arte e Bellezza.

Il decadentismo, mira ad esaltare la figura dell’intellettuale, rispetto alla società di massa nascente,

recuperando i valori classici e tradizionali, rivalutando il privilegio del ruolo dell’artista, e dando origine

alla figura del dandy, del profeta - vate e del superuomo. Tutti questi atteggiamenti si identificano

perfettamente nella nuova società, dove l’artista, esaltando la sua figura, facendo della propria vita

un’opera d’arte che tende all’inimitabilità, plagia la massa, diventando un vero e proprio mito, con lo

scopo di pubblicizzare il proprio lavoro, soddisfacendo perfettamente le esigenze delle nuove tipologie di

pubblico e società volte alla mercificazione dell’arte.

Oscar Wilde Aestheticism: Art for Art’s sake and the dandy

Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde was born in Dublin on October 16, 1856. At Oxford he fell under

the influence of the Aesthetic philosophy of Walter Pater, accepting the theory of “Art for Art’s sake”. In

1881 he met the young and good-looking Lord Alfred Douglas, whose nickname was “Bosie”, and with

whom dared to have an homosexual affair. The boy’s father forced a public trial and Wilde was sent to

prison for “homosexual offences”. When he was released he was a broken man; he died penniless of

cerebral meningitis in Paris on November 30, 1900.

Wilde totally accepted the aesthetic ideal: the concept of Art for Art’s sake was to him a moral

imperative. Only Art as the cult of Beauty could prevent the murder of the soul. He lived the double role

of rebel and dandy and perceived the artist as an alien in a materialistic world. His pursuit of Beauty and

its fulfilment was the tragic act of a superior being inevitably turned into an outcast.

The Wildean dandy is an aristocrat whose elegance is a symbol of the superiority of his spirit; he uses his

wit to shock, and is an individualist who demands absolute freedom. Life was meant for pleasure, so

Wilde’s main interests were beautiful clothes, good conversations, delicious food and handsome boys. He

affirmed: “My life is like a work of Art”.

The Picture of Dorian Gray, his only novel published in 1891, is considered to be Wilde’s most personal

work. Scrutinized by critics who questioned its morality, the novel portrays the author’s internal battles

and arrives at the disturbing possibility that “ugliness is the only reality”.

“I shall grow old, and horrible, and dreadful. But this picture will remain always young. It will never be

older than this particular day of June… If it were only the other way! If it were I who was to be always

young, and the picture that was to grow old! For that I would give everything […] I would give my soul

for that!”. (O. Wilde, The Picture of Dorian Gray, chapter II)

The novel is a dream-like story of a young man who sells his soul for eternal youth and beauty. As a

result of this seedy exchange, Dorian remains unchanged – ageless, vain, and amoral – and, under the

bad influence of Lord Henry, mutates into a wicked hedonist, while his portrait grows increasingly

hideous with the years.

“The aim of life is self-development. To realize one’s nature perfectly – that is what each of us is here

for. […] Live! Live the wonderful life that is in you! Be always searching for new sensations. Be afraid

of nothing… A new Hedonism – that is what our century wants. We degenerate into hideous puppets,

haunted by the memory of the passions of which we were too much afraid, and the exquisite temptations

that we had not the courage to yield to.”.

The picture records the signs of experience, corruption, horror and sins committed by Dorian under the

mask of his timeless beauty, It stands for the dark side of his personality, his double, which he tries to

forget by locking the picture in a room. Dorian lives only for pleasure, making use of everybody and

letting people die because of his insensibility. When the painter Basil sees the corrupted image of the

portrait, Dorian kills him. Later he tries to free himself of the witness to his spiritual corruption, but when

he stabs it, he mysteriously kills himself. In the very moment of death the picture returns to his original

purity, and Dorian’s face becomes “withered, wrinkled, and loathsome”. The moral is that every excess

must be punished and reality cannot be escaped: Dorian cannot avoid the punishment for all his sins.

Finally the picture, restored to its original beauty, illustrates Wilde’s theories of art: art is eternal, art

survives people.

It’s not difficult to find an identification between Wilde and his hero Dorian, he put much of himself in

his character. They are both a kind of dandy-superman created to emerge from the grey and monotony

society, but Wilde decided to punish Dorian because he his guilty of murder. But also Wilde would be

punished for his excesses some years later: it seems as if he foresaw his sad end.

Petronio: un dandy ante litteram alla corte di Nerone

Di Petronio Arbitro non si hanno notizie certe, la tradizione tramandata lo indica come l’autore del

Satyricon, ma su quest’opera regna incertezza quasi assoluta riguardo a titolo, data di composizione,

genere di appartenenza, effettiva estensione. Un ritratto che calzerebbe a pennello per l’autore del

Satyricon è quello fatto da Tacito: un Petronius, arbiter elegantiae alla corte di Nerone, celebre per la sua

condotta di vita disinvolta e anticonformista. Fu console dotato di inaspettate qualità di governo, ma

anche fine conoscitore e amante delle arte delle lettere. L’antipatia crescente per un tale disinibito e

ascoltato consigliere imperiale da parte degli altri cortigiani, in modo particolare del potente Ofonio

Tigellino, finì per decretarne la morte. A Cuma nel 66 a. C., accusato di aver partecipato alla congiura

pisoniana, Petronio ricevette l’ordine di non unirsi al seguito dell’imperatore: un inequivocabile invito al

suicidio a cui Petronio non si sottrasse. Un tale exitus rientra fra quelli degli illustres viris, ma ne

costituisce una specie di antitetico contraltare ideologico, laico e anticonvenzionale.

Petronio era colui che nella corte imperiale dettava la moda con il suo gusto, con i suoi modi da esteta e

da uomo di mondo, quindi un vero e proprio precursore del dandy decadente di fine Ottocento. Il

racconto della sua morte è riportato da Tacito nei suoi Annales. Il coraggio del condannato emerge

nell’atteggiamento anticonvenzionale, dimostrato nel ritardare a suo piacimento il distacco dalla vita –

Petronio trova addirittura tempo e calma sufficienti per addormentarsi: “[…] e non volle nemmeno

liberarsi con troppa fretta della vita, ma, recise le vene, se le legò ancora a suo piacere, poi di nuovo se

le fece aprire, mentre si intratteneva con gli amici, …”. Infine rifiuta di affidare a un ultimo scritto

formule ipocrite di servilismo nei confronti dell’imperatore e dei suoi favoriti. Dopo aver ascoltato versi

leggeri insieme agli amici, senza tante chiacchiere filosofiche sull’aldilà o aver premiato o punito la

servitù, egli detta di getto un feroce pamphlet, nel quale rivela i vizi privati di una corte corrotta, per poi

spezzare il suo sigillo affinché nessuno possa firmarsi con il suo nome.

Gabriele D’Annunzio: la fusione tra esteta e superuomo

D’Annunzio volle essere eccezionale come uomo prima ancora che come scrittore, e mise nel costruire la

propria immagine un impegno mai visto prima. Per lui l’uomo superiore deve “fare la propria vita,

come si fa un’opera d’arte”. Lungo il corso della sua opera egli incarna questo ideale in se stesso e,

proiettandolo nei suoi personaggi, lo arricchisce di nuovi motivi ma mantiene una sostanziale continuità.

E’ dapprima l’ideale dell’esteta raffinato, avido di sensazioni e padrone di sé, ma dopo l’incontro con

l’opera di Nietzsche, l’esteta si trasfonde nel superuomo dominatore.

L’estetismo giovanile

“Il padre gli aveva dato, tra le altre, questa massima fondamentale: «Bisogna fare la propria vita, come

si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è

tutta qui. […] Bisogna evitare il rimpianto occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con

nuove immaginazioni»”. (G. D’Annunzio, Il Piacere, libro I, cap. II)

Il Piacere è il primo romanzo di D’Annunzio, scritto nell’estate del 1888 e pubblicato l’anno dopo; esso

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