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Occorre inoltre ricordare le regole societarie che consentono
l'emissione di azioni al portatore, un insieme ridottissimo di
formalità societarie e contabili e regole favorevoli per la creazione
di servizi finanziari (come per esempio regole minime per ottenere
licenze che consentano di operare fondi di investimento).
I paradisi fiscali corrispondono solitamente a piccoli stati, per i quali
i proventi delle attività correlate alla registrazione delle società e
all’intermediazione finanziaria costituiscono la gran parte delle
entrate.
I motivi per cui un privato cittadino decide di creare una società di
comodo in un paradiso fiscale possono essere molteplici: per
evadere il fisco, in primo luogo, ma anche, per esempio, per
sfuggire ai creditori o alle pretese del coniuge da cui si sta
separando.
Fanno largo uso dei paradisi fiscali le imprese multinazionali nello
svolgimento di attività perfettamente legali, sempre con lo scopo di
pagare la minor quantità possibile di imposte.
Le organizzazioni criminali, infine, utilizzano i paradisi fiscali per
“ripulire” i proventi delle loro attività illecite, per esempio il traffico
di armi o di droga.
Secondo uno studio effettuato dall’Ufficio Italiano Cambi relativo al
periodo 1996-1998, ogni mese sono usciti dall’Italia verso i paradisi
fiscali circa oltre 5 miliardi di euro, mentre un rapporto ONU del
1998 stimava l’ammontare globale dei fondi depositati nei paradisi
fiscali in 5000 miliardi di dollari (circa 5500 miliardi di euro), ossia
circa la metà di tutti capitali mondiali investiti all’estero.
L’enormità delle cifre in gioco aiuta a comprendere quanto sia
difficile un’efficace repressione del fenomeno: se i paradisi fiscali
venissero completamente aboliti non sarebbero solo le
organizzazioni criminali a trovarsi in difficoltà.
Numerose imprese multinazionali si troverebbero infatti a dover
pagare più tasse, mentre le maggiori borse mondiali dovrebbero
rinunciare a un consistente afflusso di capitali che, anche se di
dubbia provenienza, alimenta una buona parte delle speculazioni
finanziarie su cui le borse stesse costruiscono le loro fortune.
Al boulevard Prince Henry di Lussemburgo, capitale dell’omonimo
Granducato, al n. 13, tutte nello stesso palazzo si possono trovare le
sedi di Pirelli, Mondadori, Tosi, Merloni Ariston e, 50 metri più in là,
4
Meccanica Finanziaria, Lucchini, Autogrill, Franzoni, Gazzoni
Frascara e Valentino.
Il gruppo Mediaset è a Malta, l’Istituto Mobiliare Italiano è a Madeira
e il 50% (112 su 250) delle società quotate in borsa ed il 25% (22 su
88) dei gruppi bancari hanno partecipazioni, quasi sempre di
controllo, in società residenti nei paradisi fiscali.
Le autorità internazionali hanno adottato una serie di misure che
consentono di limitare l'attività di tali giurisdizioni. Si citano al
proposito le direttive dell'OECD, il Patriot Act e Sarbanes-Oaxley
statunitensi, le raccomandazioni dell'Egmont Group e del Wolfsberg
Group.
LA ‹‹BLACK LIST›› DELL’ OCSE
L’OCSE ha pubblicato nel 1998 il primo rapporto sulla
concorrenza fiscale dannosa “Harmful Tax Competition: An
Emerging Global Issue” in cui si distingue tra “paradisi fiscali” (tax
heavens) e “regimi fiscali preferenziali dannosi” (harmful
preferential tax regimes). 5
I regimi fiscali preferenziali sono numerosi e possono comportare
una competizione fiscale dannosa, tale da attrarre capitali
dall’estero a danno degli altri Stati.
I veri e propri paradisi fiscali non sono caratterizzati solo dal basso
livello di tassazione ma anche dall’assenza di un effettivo scambio
di informazioni con altre nazioni e la mancanza assoluta di
trasparenza, a cui si collega la mancata cooperazione nella lotta al
riciclaggio di denaro sporco.
I criteri e i parametri utilizzati per individuare l'esistenza di un
regime fiscale privilegiato sono stati sostanzialmente i seguenti:
- livello d’imposizione effettivo inferiore a quello generalmente
applicato;
- mancanza di trasparenza e di scambio di informazioni con le
autorità degli altri Paesi;
- agevolazioni concesse solamente ai non residenti;
- agevolazioni attribuite anche senza un’effettiva attività
economica;
- norme di determinazione dei redditi che si discostano da quelle
riconosciute a livello internazionale.
Sulla base di questi criteri, l'Ocse ha individuato le "giurisdizioni"
definibili come veri e propri paradisi fiscali.
Nel 2000 la list›› comprendeva pressappoco quaranta nazioni
‹‹black
tra qui Andorra, Bahamas, Cipro, Ecuador, Filippine, Isole Cayman,
Isole Marshall, Libano, Liberia, Liechtenstein, Maldive, Panama,
Principato di Monaco, Seychelles.
La maggior parte dei Paesi originariamente iscritti nella list››
‹‹black
dell’OCSE hanno inviato “Lettere di impegno anticipato” (“Advance
commitment letters”), cioè lettere di intenti per superare le pratiche
fiscali dannose con cui si sono formalmente impegnati a garantire la
trasparenza e lo scambio d’informazioni, pertanto sono stati
cancellati dalla lista nera OCSE.
Nell’ultimo aggiornamento del 2007 l’elenco dei "Uncooperative Tax
Havens" conteneva solamente tre Stati: Liechtenstein, Andorra e
Monaco. 6
TRA EVASIONE ED ELUSIONE
FISCALE
La linea che separa il non pagare le imposte violando le leggi e
il non pagarle costruendo particolari architetture perfettamente
legali è quasi impercettibile. Entrambe le vie permettono di
raggiungere lo stesso obiettivo.
evasione fiscale
L’ consiste nell’ occultamento totale o
parziale del proprio reddito al fine di sottrarsi al pagamento
dell’imposta fiscale. È una pratica che comporta la violazione di
specifiche norme fiscali.
L’evasione fiscale si attua attraverso l’omissione della dichiarazione
dei redditi oppure la presentazione di una dichiarazione dei redditi
incompleta o non veritiera; la tenuta irregolare della contabilità; la
denuncia di passività fittizie ecc.
dolosa, colposa
L’evasione fiscale è in genere ma può essere anche
quando è dovuta a errori o a ignoranza di norme di legge da parte
del contribuente.
I danni causati possono essere di diversa natura:
a) Danni finanziari: l’evasione riduce il gettito tributario e
compromette il raggiungimento degli obiettivi della spesa
pubblica;
b) Danni economici: essa sottrae ricchezza all’economia
nazionale con una diminuzione degli investimenti e
dell’occupazione;
c) Danni sociali: essa ostacola la promozione dello sviluppo e
l’equa distribuzione del reddito tra i cittadini, provoca inoltre
conflitti sociali, sfiducia nelle istituzioni.
L'evasione fiscale può essere considerata come un illecito
amministrativo ed essere punita con sanzioni amministrative, ma
oltre certi limiti può costituire reato, in questo caso è punita con
sanzioni penali. 7
Nonostante i tentativi di controllo e di recupero compiuti negli ultimi
anni, l’evasione fiscale risulta ancora elevata in Italia: secondo le
più recenti stime dell’Ufficio Studi dell’Agenzia delle Entrate, infatti,
la ricchezza prodotta e nascosta al fisco raggiungerebbe i 266
miliardi di euro (con una quota sul Pil compresa tra il 17% e il
18,1%), con una conseguente diminuzione del gettito per circa 115
miliardi di euro. elusione fiscale
Si ha invece l’ quando il contribuente evita di
pagare l’imposta in parte o totalmente aggirando norme fiscali
imprecise e di dubbia interpretazione, o approfittando di lacune in
leggi tributarie imperfette.
A differenza dell’evasione, l’elusione non si presenta come illegale;
essa infatti formalmente rispetta le leggi vigenti, ma le aggira nel
loro aspetto sostanziale rendendo inutile il motivo per il quale sono
state approvate.
L’elusione è considerata tale dalla legge se si verificano
determinate condizioni:
l'assenza di valide ragioni economiche;
l'aggiramento di obblighi e divieti previsti dall'ordinamento;
il conseguimento di un risparmio fiscale altrimenti indebito.
L'elusione è divenuta in Italia un fenomeno rilevante e
preoccupante, a causa dei suoi effetti negativi sulle casse dello
Stato.
Solo a partire dagli anni ’70, a seguito dell'aumento della pressione
fiscale, si è fatta sempre più forte la tentazione negli operatori di
utilizzare strumenti contrattuali atipici per approfittare degli
inevitabili vuoti dell'ordinamento fiscale allo scopo di eludere,
aggirandole, norme comportanti i più gravosi oneri tributari.
L'elusione è diventata cioè un'utile alternativa all'evasione. 8
OFFSHORE
Il termine “Offshore” significa letteralmente fuori dalle acque
territoriali o, in caso di un’operazione finanziaria realizzata fuori dal
operazione extraterritoriale.
Paese di residenza,
Le società offshore offrono l’anonimato dei soci. Operando da un
territorio offshore si riesce a limitare la responsabilità degli azionisti
riducendo, in molti casi, il carico fiscale.
Il biglietto di andata per i paradisi fiscali costa 2 mila euro. È questo
il prezzo medio per dare il via libera alla costituzione di una società
in paesi offshore.
In molti stati con giurisdizioni fiscali di favore poi è possibile aprire
delle società con 2 euro di capitale, non tenere le scritture contabili
e addirittura, se uno dei problemi principali è la tutela della privacy
dei servizi bancari, con meno di 30 mila euro, è possibile fondare un
proprio istituto di credito.
i tempi sono estremamente rapidi.
Inoltre
Un giorno per aprire una società alle Bahamas, tre giorni alle
Cayman, per arrivare alle due settimane del Lussemburgo o una di
9
Madeira. Il fenomeno dei paradisi fiscali, ovvero zone geografiche il
cui regime di tassazione è molto basso o addirittura nullo e dove
vige una serie di barriere (a volte invalicabili) per le richieste di
informazioni che giungono da amministrazioni straniere, dunque
non riguarda più spostamenti di grossi capitali ma è scelto anche da
gruppi medio- piccoli.
Si ricorre a questa possibilità semplicemente per proteggere i propri
capitali e ridurre il carico fiscale. Ogni paese considerato paradiso
fiscale offre alcuni limitati vantaggi ai residenti o alle società ivi
domiciliate. L’ANSTALT
Anstalt
L' è un istituto giuridico tipico dell'ordinamento
del Liechtenstein, che consiste nell’ attribuire personalità
giuridica ad un patrimonio.
Il soggetto di diritto così creato può svolgere qualsiasi tipo
di attività, anche con scopo di lucro.
L’ordinamento del principato prevede inoltre una forma di
fondazione, lo Stiftung, senza scopo di lucro.
La costituzione avviene attraverso il deposito dello Statuto
presso il Pubblico Registro. Questo conterrà le norme per il
funzionamento dell'Anstalt, tranne che l'indicazione del
benefi ciario e le norme riguardanti la distribuzione degli
10
utili, che dovranno essere inserite in uno Statuto
complementare non disponibile a terzi e non soggetto ad
alcuna forma di pubblicità.
Il capitale minimo è di 30.000 franchi svizzeri.
I fondatori possono essere una o più persone fi siche o
giuridiche di qualunque nazionalità, possono rimanere
nell'anonimato.
La fl essibilità della disciplina, la ridotta onerosità della
costituzione, il trattamento fi scale molto favorevole e la
possibilità di assicurare l'anonimato a fondatori e
benefi ciari hanno fatto dell'Anstalt un istituto molto
utilizzato da cittadini e società di altri paesi, compresa
l'Italia, non solo per limitare la loro responsabilità
patrimoniale, ma anche per occultare propri beni o sottrarsi
agli obblighi fi scali.
Per quel che riguarda l'ordinamento italiano, la Corte di
Cassazione ritiene che l'Anstalt sia assoggettabile alla
disciplina delle società per azioni con unico socio,
contenuta nell'art. 2362 del codice civile.
CASO ENRON
La Enron era una delle più grandi multinazionali americane che
operava nel settore dell’energia. 11
Era considerata un colosso
dell’energia, un modello da imitare,
aveva raggiunto il settimo posto per
fatturato nella classifica delle
industrie americane, con un giro
d’affari superiore ai 100 miliardi di
dollari all’anno.
Il gruppo Enron operava in 40 paesi.
Era diventato il più importante
intermediario mondiale nelle
forniture di petrolio, gas, elettricità e