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Italiano: Luigi Pirandello
Filosofia: Soren Kierkegaard (gli stadi dell'esistenza)
Greco: Teocrito
Latino: Virgilio
Inglese: William Butler Yeats
Alessia Pellegrini – classe 5°B – Liceo Classico “Andrea da Pontedera” Pagina 1 di 12
«Ogni uomo mente,
ma dategli una maschera
e sarà sincero»
Oscar Wilde
~
R agione o finzione,
mania od ossessione?
C he entrino gli attori,
le dame e i signori,
con loro il falso gioco
il canto acuto e roco
il sogno, l’errore, la pazzia
lo stolto, l’emozione, l’armonia.
C he entrino gli attori
la breccia dentro ai cuori
l’occasione, il brio, la magia
il perdono, l’addio, l’allegria.
C he entrino gli attori,
le dame e i signori:
il gioco ormai è fatto
sul palco gaio e matto!
Alessia Pellegrini – classe 5°B – Liceo Classico “Andrea da Pontedera” Pagina 2 di 12
Indice:
Houdini: 3
l’uomo che evase la morte...........................................................................pag.
Harry lo spaesamento come evasione...............................................................................pag.4
Magritte: vita e forma, l’umorismo.....................................................................................pag.5
Pirandello: e gli stadi dell’esistenza: l’esteta.....................................................................pag.6
Kierkegaard
l’Arcadia come evasione dalla società....................................................................pag.8
Teocrito:
il locus amoenus dell’anima.....................................................................................pag.8
Virgilio: Butler Yeats: analisi della poesia “The Lake Isle of Innesfree”..............................pag.9
William
è oggi l’esteta?
Chi
Alessia Pellegrini – classe 5°B – Liceo Classico “Andrea da Pontedera” Pagina 3 di 12
Harry Houdini - Il mio cervello è la chiave che mi rende libero.
.
La vita e l’illusione
Ehrich Weisz (1874-1926), in arte Harry Houdini, nasce a Budapest
(Ungheria). All’età di quattro anni si trasferisce con la famiglia negli Stati
Uniti.
Houdini inizia la sua carriera di incantatore senza ottenere grandi
successi, almeno in ambito professionale. La sua attività infatti gli fa
Wilhelmina Beatrice "Bess" Rahner , che diverrà la
incontrare, nel 1893,
sua assistente, sostituendo il fratello di Harry, e sua moglie per il resto
della sua carriera. Houdini inizia a cimentarsi con i giochi di carte e si
autoproclama “il re delle carte”, ma la vera svolta della sua vita avviene
nel 1899, quando mostra un numero di evasione dalle manette allo
showman Martin Beck. Questi, entusiasmato, gli offre la possibilità di
esibirsi nel circuito di spettacoli di Vaudeville dell’Orpheum e lo esorta a
concentrarsi su questo tipo di esibizioni.
Da quel momento Harry Houdini si cimenta in ogni tipo di evasione
possibile (e non). Niente può fermare il muscoloso mago, corde,
manette, lucchetti e contenitori di ogni genere sono da lui vinti con
facilità, tanto da fornire degli spettacoli che il pubblico seguiva con estrema tensione e partecipazione,
nonché grandissimo entusiasmo.
1913 presentò quello che per molti è il suo numero più famoso, la cella della tortura cinese dell'acqua, in
Nel
cui rimaneva sospeso a testa in giù in una cassa di vetro e acciaio piena d'acqua e chiusa a chiave.
Il successo di Houdini fu tale che egli recitò anche in molti film e fece scrivere a suo nome numerosi libri, in
alcuni dei quali svelò alcuni dei suoi trucchi. Molti lucchetti o chiusure potevano essere aperte applicandovi
una grande forza in determinati punti, oppure con l’ausilio di lacci da scarpe, chiavi o bastoni
opportunamente nascosti dal mago. Nei numeri più difficili, invece, come per esempio quello di liberarsi da
una camicia di forza o da molte corde che lo imprigionavano, Houdini faceva uso di tutta la sua prestanza
fisica, dapprima creandosi uno spazio per muoversi, allargando spalle e torace. Poi allontanava le braccia dal
corpo e disarticolava le spalle. I suoi muscoli d’acciaio riuscivano a evadere da ogni materiale e da ogni
situazione, cosicché i suoi numeri, prima eseguiti a sipario chiuso, si svolsero direttamente di fronte al
pubblico. La lotta per liberarsi era uno spettacolo affascinante tanto quanto la liberazione in sè.
Il mago a caccia di maghi.
Ma un’altra grande prigione da cui Houdini uscì vincitore fu quella
dello Spiritismo. A quell’epoca era una pratica assai diffusa e Houdini
vi fece ricorso in seguito alla morte della sua adorata madre. Alla
ricerca di un contatto con lei dall’aldilà, però, il grande illusionista si
rese conto che il mestiere di coloro che richiamavano gli spiriti non
distava molto dal suo, poiché questi erano per lo più prestigiatori e
imbroglioni, pronti ad arricchirsi a spese della sensibilità altrui.
Sdegnato e offeso, Houdini iniziò da quel momento una feroce caccia
ai falsi spiritisti. Usava presentarsi nelle città dove aveva da fare degli
spettacoli, due giorni prima dal momento previsto per il suo arrivo.
Sotto mentite spoglie si recava a delle sedute spiritiche e chiedeva di
richiamare persone inesistenti, per saggiare la validità della pratica.
Mai nessun medium riuscì però a soddisfarlo, smascherando il suo
trucco, ed era anzi lui a smascherare questi impostori, durante i suoi
spettacoli.
Ammonì il suo pubblico così a lungo e con fervore da contribuire in
modo decisivo al decadere delle pratiche spiritiche. Per una questione
di spiritismo ruppe anche l’amicizia con Conan Doyle, il padre di
Sherlock Holmes, poiché la moglie di questo avrebbe detto a Harry di
aver ricevuto un messaggio dalla madre morta di lui. C’erano però
molte incongruenze, per esempio nel messaggio della madre questa
parlava in inglese, mentre in realtà non aveva mai imparato questa
lingua e si esprimeva solo in ungherese. C’erano riferimenti al cristianesimo, mentre la madre era ebrea e
non c’era alcun segno particolare che solo Harry potesse riconoscere, in quanto suo figlio. Nonostante
Holmes fosse un razionalista che rifiutava il soprannaturale, il suo creatore Doyle era un fervente credente
nello spiritismo e si oppose
pubblicamente a Houdini, rifiutandosi di credere ai suoi resoconti.
Alessia Pellegrini – classe 5°B – Liceo Classico “Andrea da Pontedera” Pagina 4 di 12
L’ultima sfida.
Eppure il grande illusionista non riuscì a vincere la morte, che lo colse durante uno dei numeri più pericolosi,
“la pagoda della morte”, nel quale il mago si faceva rinchiudere a testa in giù in una scatola piena d’acqua.
A impedirgli di liberarsi fu un’appendicite grave che egli si era rifiutato di curare subito, per adempiere ai suoi
spettacoli, e che si era acuita ulteriormente a causa di un pugno ricevuto da uno studente universitario, poco
prima. Houdini era solito permettere quest’ulteriore
intrattenimento ai suoi fans, poiché sosteneva che i suoi
addominali avrebbero retto qualsiasi cosa. Ma lo studente,
probabilmente alticcio, non gli dette neanche il tempo di contrarli
e colpì con forza il mago, cogliendolo alla sprovvista. L’appendicite
sfociò in appendicite e uccise il grande mago. C’è chi dice che la
peritonite non fu l’unica causa del decesso di Harry e si parla di un
veleno somministratogli durante il pasto, dei cui maligni effetti,
almeno in parte, aveva sofferto anche la moglie Bess.
Anche nella morte, Harry Houdini volle essere leggenda: morì
infatti il giorno di Halloween, il 31 ottobre, giorno appunto dei
morti viventi, il tempo migliore perché gli spiriti tornino in vita. E
chi meglio di lui sarebbe potuto evadere da quest’ulteriore
prigione? Modulò con l’amata moglie un codice, attraverso il quale
questa avrebbe potuto riconoscere che era proprio suo marito a
parlarle. Per dieci anni Bess accese, ogni anno, una candela
davanti alla foto del mago, ma senza successo. Soltanto
nell’ultima seduta, si vocifera, un libro cadde e si aprì proprio sulla
pagina che narrava della vita di Houdini, ma questa vicenda, come
molte altre cose sul conto dell’illusionista, è avvolta nel mistero.
Si sa per certo che, dopo quella decima, ultima seduta, Bess si
congedò dal marito augurandogli una quanto mai dolce
“buonanotte, Harry”.
Da cosa fuggiva Harry?
Se la passione per l’escapologia nasce come fonte di guadagno per risanare le difficili situazioni economiche
in cui versa la sua famiglia, è certo che questa disciplina affascinò particolarmente l’animo del grande mago.
Ma da cosa fuggiva Houdini? Da una realtà troppo priva di emozioni? O, come dicono alcuni, dalla morte
stessa che per tanti anni cercò di ingannare?
Eppure egli non fu il solo a cercare un modo per estraniarsi dalla banale quotidianità dell’esistente, alla
ricerca di nuovi spazi dove tentare le capacità umane.
L’evasione dell’animo, se non quella corporale, è stato un pensiero fisso e ricorrente nelle sensibilità più
profonde di tutti i tempi. Soprattutto nelle attività artistiche, hanno dato vita a risultati molto originali.
Lo spaesamento, il diverso, ciò che è apparentemente opposto al naturale eppure è per l’uomo primaria
necessità, a causa di un istintivo e affascinante senso per il mistero e l’avventura. Del resto, chi può segnare
il confine, le colonne d’ercole, la gabbia ultima dalla quale non ci si possa liberare? Forse soltanto la morte,
l’ultima necessità cogente, per dirla alla Seneca, ma neanche di questo possiamo del tutto esser sicuri...
René Magritte
In ambito artistico, fin dai primi decenni del novecento, il senso di spaesamento
e disagio esistenziale iniziano a farsi sentire e a ispirare numerose personalità.
Variegate avanguardie artistiche troveranno ampio materiale su cui basarsi,
affascinate soprattutto dagli studi dell’inconscio condotti da Freud e dalla
nascente psicoanalisi. Ciò che accomuna le diverse avanguardie è il sentimento
della rottura con il passato, con le convenzioni, con tutti quelli che erano i
cardini portanti della realtà.
Evasione dunque, evasione dal raziocinio per sfociare nel sogno e nel surreale.
Bello come l’incontro casuale di una macchina per cucire e un ombrello su un
«
tavolo operatorio » diceva Marx Ernst, per descrivere la magia dello
spaesamento, elemento essenziale per un’opera d’arte.
René Magritte
Ed è proprio qui che (1898-1967) vuole approdare. Attraverso i suoi dipinti la realtà
raggiunge un livello di rappresentazione superiore, quasi onirico, ma non per questo meno vero. Difficile è
ora comprendere cosa sia la realtà e cosa l’illusione. Magritte accompagna l’inusuale ambientazione dei suoi
dipinti alla più sconcertante realisticità degli oggetti rappresentati.
Alessia Pellegrini – classe 5°B – Liceo Classico “Andrea da Pontedera” Pagina 5 di 12
della parola”
Possiamo ritrovare un esempio nel dipinto “L’uso
Qui troviamo rappresentata una pipa con la contraddittoria
scritta, subito sotto all’immagine, “Questa non è una pipa”. La
calligrafia è grande e chiara e ricorda le didascalie che si
trovano nei manuali scolastici per bambini, un corsivo scolastico
che sembra quasi voler dare un nuovo rudimentale
insegnamento, fondamentale per la vita “adulta”. Magritte
vuole qui sottolineare che la pipa rappresentata e una reale
pipa non sono la stessa cosa, che una pipa dipinta non
potrebbe mai essere fumata e ha perciò proprietà del tutto
diverse. L’errore convenzionale è quello di legare a ogni
oggetto un nome, errore che ci fa sentire spaesati di fronte
all’innovativa opera dell’autore.
Altra opera interessante è “Golconda”.
Qui ritroviamo in pieno lo spaesamento e la
difficoltà della percezione. Gli uomini stanno
cadendo o salendo verso il cielo? E come?
Una pioggia o un’ascesa umana del tutto
fuori dalla logica comune che ci pone
interrogativi circa l’effettiva importanza che
ricopre l’uomo nel contesto in cui vive. Gli
individui sono esattamente tutti uguali e in
rigoroso abito da lavoro, omologati nella loro
forma, per dirla con Pirandello. Ambigue
sono le sagome che si stagliano dietro di
loro, se queste siano ombre o ulteriori
uomini non possiamo dirlo, anche se la
seconda ipotesi sembra più probabile, tanto
che possiamo individuare sulle ombre, a