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INDICE .............................................................................................................................................................
Introduzione 1
.......................................................................................................................................................................
Filosofia 4
L’estetica ..................................................................................................................................................................... 4
La Critica del Giudizio di Kant ............................................................................................................................ 6
La Concezione Estetica di Hegel ..................................................................................................................... 17
La Concezione Estetica di Nietzsche ............................................................................................................. 24
...........................................................................................................................................................................
Storia 27
Il primo dopoguerra in Italia ........................................................................................................................... 27
.............................................................................................................................................
Letteratura Italiana 39
Gabriele D’Annunzio: La vita inimitabile di un mito di massa ............................................................ 39
.................................................................................................................................................
Letteratura Latina 71
Quintiliano: La bellezza formale nell’Istitutio Oratoria ......................................................................... 71
.......................................................................................................................................................
Storia dell’Arte 79
Il bello ideale nella concezione artistica neoclassica e l’opera di Antonio Canova ..................... 79
....................................................................................................................................................................
Francese 92
Le symbolisme et Charles Baudelaire .......................................................................................................... 92
Charles Baudelaire: Les fleurs du Mal .......................................................................................................... 96
.....................................................................................................................................................................
Inglese 100
Oscar Wilde and the Aesthetic Movement ............................................................................................... 100
Introduzione
Per secoli il lavoro s’è mosso sotto il crisma della maledizione di Adamo. Tanto che non
pochi teorici non sono sfuggiti alla tentazione di relegare il lavoro sotto questi segni
dell’alienazione distruttiva e della maledizione.
Di contro a una tale concezione l’arte veniva vista come l’antitesi del lavoro, la produzione
libera e in gioia contrapposta alla fatica abbruttente e bestiale, schiavistica e dolorosa, del
lavoro. Ma già l’antitesi, il porre a opposte polarità d’esperienza arte e lavoro, denuncia in
qualche modo non tanto una estraneità reciproca, quanto piuttosto un movimento in
solido, per legami profondi, dovuto all’interiorizzarsi del produrre opere in generale: opere
meccaniche, strumentali, e opere artistiche, finalizzate in liberi atti. Senonché anche tale
separazione delle opere, fondate, si è detto, sulla separazione di mezzo e fine, nelle
prime, o sull’unione di mezzo e fine, nelle seconde, con l’andar del tempo è apparsa
sempre più labile e infondata: labile nell’esperienza, che veniva cancellando ogni netto
confine divisorio tra le arti meccaniche e liberali, con uno slittamento progressivo delle
prime verso le seconde e viceversa e il pratico annullamento di ogni separazione ai nostri
giorni; infondata di principio, una volta venute meno le due nozioni correlate di lavoro
come puro fatto schiavistico disumano e di arte come fatto umanistico (di un umanesimo
astratto) delle pure gioie oziose e domenicali dello spirito. […]
Il lavoro non è solo un fatto o fattore economico. È qualcosa di molto più vasto e totale, di
più profondamente esistenziale: esso riguarda, come tale, ogni trasformazione della
natura in cultura, riguarda ogni trasformazione dell’animalità in umanità, ogni mediazione
dialettica che trasforma l’inerte del nuovo, il disumano nell’umano, e fa passare il desiderio
animale, il puro istinto di conservazione, in desiderio del desiderio, in “conatus intelligendi”;
e quindi in tutto il processo di riconoscimento gettato nella storia.
L’essenza liberativa del lavoro proposta da Hegel è considerata da Marx come veduta
lavoro spirituale astratto
parziale: “Il lavoro che Hegel soltanto conosce e riconosce è il ”.
Altrove Marx specifica la nozione di lavoro astratto in seno alla divisione capitalistica del
lavoro e definisce il lavoro astratto o “generalmente umano” come una “forma di società in
cui gli individui passano con facilità da un lavoro all’altro e in cui il genere determinano del
lavoro è per essi fortuito e quasi indifferente”. Questo è il punto di arrivo di un processo di
espropriazione e alienazione dell’uomo nel lavoro e del lavoro stesso, il quale cessa di
essere un’attività spontanea a ciclo completo, come avveniva nell’artigianato, e trapassa in
lavoro esterno, dove l’uomo lavoratore viene espropriato dell’interezza della sua umanità,
ed il lavoro diventa alienato, infelice, maledetto. Questo avviene nella misura in cui il
prodotto del lavoro si fa estraneo al lavoratore e va ad appartenere ad un altro, agli dei per
delega dei padroni in un primo tempo e poi alla gestione diretta del padrone capitalista.
Quel che prende rilievo intanto è il rapporto in cui l’uomo del lavoro viene a trovarsi di
fronte al proprio lavoro oggettivato: un rapporto di estraneità e di inimicizia, poi di
indifferenza, come di cosa che esce della sua vita e si aliena fuori di lui. La proprietà
privata nasce qui, come espropriazione dell’uomo e del lavoro ad un tempo. Su questi
notissimi schemi marxiani, che sviluppano ciò che l’economia classica non poteva
sviluppare perché, vivendo nella proprietà privata come un pesce nella propria acqua, non
poteva spiegarla, si innestano alcuni concetti di notevole rilievo categoriale non solo per il
lavoro come fenomeno sociale, ma per ogni forma sociale di elaborazione e
obiettivazione, ivi compresa quella che riguarda la produzione linguistica o artistica si
segni e simboli.
Si deve pertanto giungere ad una più ampia e non solo economicistica nozione del lavoro,
nelle sue antinomie di forza alienativa ed estraniante e di forza liberativa e umanizzante.
Così che, di recente, Karel Kosik (1963) ha potuto affermare: “Il lavoro è sia
trasformazione della natura, sia realizzazione dei disegni umani nella natura. Il lavoro è
procedimento o azione nel quale in certo modo si costituisce l’unità dell’uomo e della
natura sulla base della loro reciproca trasformazione: l’uomo si oggetti vizza nel lavoro, e
l’oggetto è strappato dal contesto naturale originario, viene modificato ed elaborato.
L’uomo raggiunge nel lavoro l’oggettivazione, e l’oggetto viene umanizzato.
Nell’umanizzazione della natura e nell’oggettivazione (realizzazione) dei significati l’uomo
costituisce il mondo umano”. L’oggettivazione dunque e, con questa fondamentale
categoria, tutti i processi di costituzione e di fondazione, sociale oltreché individuale, delle
unità temporali, con tutto quello che, come abbiamo visto in precedenza, esse significano
nella sfera estetica e intuitiva, nella prassi categoriale del corpo. È chiaro che qui il lavoro
viene assunto nella sua faccia positiva di un unico immenso processo dell’oggettivare,
processo che, solo per un certo sviluppo storico della prassi, si scinde nel lavoro
alienativo, da una parte, e nel lavoro libero e artistico dell’altra. “ L’arte e il Lavoro”, Dino Formaggio
In seguito alla lettura dell’estratto di Dino Formaggio, filosofo italiano, è nata in me l’idea di
approfondire il complicato problema della “scienza dell’arte”.
Dino Formaggio, riflettendo sul concetto del lavoro, individua gli aspetti originari che fanno
la base organica della stessa esperienza creativa dell’artista.
Prendendo le mosse dalla cultura greca, attraverso un excursus storico, sono giunta ad
approfondire gli aspetti filosofici della riflessione sull’arte, in particolare nella maniera in cui
viene affrontata nelle opere di Kant, Hegel e Nietzsche.
Il percorso, seguita nell’indagine in relazione alle problematiche fondamentali della
fruizione dell’opera d’arte, della responsabilità politico-morale dell’artista, del rapporto tra
arte e cultura di massa.
L’arte può essere vista come uno strumento di denuncia ed emancipazione e dare vita a
interpretazione estetiche della ricezione e del piacere.
Partendo da questo presupposto, ho analizzato l’opera di D’Annunzio e il contesto storico
in cui opera questo letterato, la concezione della bellezza formale nell’Institutio Oratoria di
Quintiliano, l’opera di Charles Baudelaire e di Oscar Wilde e, infine, ho fatto un passo
indietro riscontrando delle analogie con la tematica trattata nel mio percorso nelle opere
neoclassiche di Antonio Canova e nella concezione del bello propria di questo artista.
Vivien Mazzocchio
L’estetica
L’
estetica
L’estetica
estetica può essere definita come la scienza filosofica del bello, la scienza delle forme
con le quali il bello si esprime nelle arti e nella natura, e degli effetti che esso produce sui
fruitori.
In questa accezione e in quanto sapere autonomo è un settore relativamente recente della
filosofia, poiché nasce solo nel 1700. Ad essa è stato attribuito il compito di definire i criteri
in base ai quali viene formulato un giudizio di gusto, cioè una valutazione sulla “bellezza” o
gusto
áisthesis
meno di una cosa. Il termine deriva dal greco (sensazione), ma il suo significato
attuale è stato per la prima volta adottato solo verso la metà del XVIII secolo, ad opera del
teorico tedesco Alexander Gottlieb Baumgarten.
I concetti-chiave dell’estetica sono quelli di bello e di arte.
• Gli interrogativi intorno ai quali ha ruotato la riflessione filosofica nel campo
• dell’estetica si collegano – in varia misura – alle caratteristiche di fondo della
disciplina. Per molti secoli ci si è posti la domanda-chiave su che cosa sia il bello.
rappresentazione della realtà
Ci si è chiesti – si è detto – se esso sia una , una
raffigurazione da cui traspaia un modello oggettivo di perfezione (il platonico “bello
in sé”), oppure se esso esista ed abbia valore solo come sentimento soggettivo,
soggettivo
come processo spirituale in cui è il sentimento dell’individuo – e non una misura
esterna, oggettiva – che cerca di esprimersi, di realizzarsi in un’opera.
E ancora: se si ritiene “bella” un’opera d’arte, questa bellezza è espressione di
• qualcos’altro, cioè del fatto che essa sia e spressione di una Verità suprema,
suprema
espressione del Bene, di una realtà superiore che sia a suo fondamento? Oppure
l’arte ha in sé il metro della sua misura, non dipende da altro, cioè può esser “bella”
senza essere “vera” o “buona” (o magari è “falsa” e “cattiva”): in altri termini, è
autonoma, è “legge a se stessa”?
autonoma
E se l’arte fosse davvero autonoma (indipendente dalla verità o bontà della sua