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La poetica

Secondo Ungaretti la poesia è molto importante nella vita degli uomini perché esprime ciò

che è inesprimibile nel fondo dell’anima, ciò che è nell’inconscio. È compito del poeta

portarlo fuori. Egli inoltre ritiene che la conoscenza del nostro “io” non si raggiunge per via

razionale o scientifica, ma per via analogica; quest’ultima, appunto, consente di scoprire le

relazioni esistenti tra gli esseri umani, inducendo la coscienza al sentirsi in armonia con

l’universo e alla percezione dell’assoluto e alla fede di Dio. Poiché il rapporto tra letteratura

e vita è interiore la poesia è intesa come ricerca dell’interiorità. Quindi la sua poesia

contiene la storia dell’itinerario del poeta: dall’angoscia esistenziale, che deriva dal senso di

dolore, alla fede in Dio; dalla condizione di “uomo di pena” alla condizione di “uomo di

fede”. Questa sua ideologia spiega il titolo “Vita di un uomo” che egli assegnò alla raccolta

delle sue opere.

Lo stile

Sul piano stilistico l’autore ha apportato diverse innovazioni. Il suo stile linguistico è

dominato in gran parte da un linguaggio scarno, essenziale, frammentario. Nelle sue

poesie abolisce la rima e il verso inteso in senso tradizionale e, anche se solo per un periodo

di tempo, scompare anche la punteggiatura. Inoltre abbiamo il fenomeno della

“verticalizzazione” delle liriche, ovvero una nuova disposizione delle parole dovuta al

prevalere di versi brevissimi con un uso frequente di spazi bianchi, pause e silenzi che

portano il lettore ad una profonda riflessione, soprattutto del dramma del poeta e dalle

emozioni che gli ha procurato. Anche l’uso dell’analogia consente di superare i legami logici

in favore di associazioni basate sull’intuizione immediata.

Dalle parole dello stesso Ungaretti: “Il poeta d’oggi cercherà di mettere a contatto

immagini lontane, senza fili. Dalla memoria all’innocenza, quale lontananza da varcare; ma

in un baleno”. Secondo questa concezione si rifà dunque avanti la proposta di

rinnovamento del linguaggio poetico promossa dai Futuristi. Questi avevano teorizzato

infatti la tecnica delle “parole in libertà”. Ungaretti tuttavia, della concezione futurista,

rifiuta il carattere casuale e meccanico e carica piuttosto la parola di significati profondi.

Come già affermato in precedenza la parola diventa quindi il mezzo per cogliere l’essenza

delle cose.

Spiegazione e riflessione

della poesia “Soldati” Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie

Parafrasi

I soldati sono come le foglie in autunno

Spiegazione della poesia

La poesia, scritta in tempo di guerra, vuole esprimere l'incertezza e la precarietà della vita

dei soldati al fronte, che possono morire da un momento all'altro come le foglie, in

autunno, possono staccarsi improvvisamente dai rami.

Il poeta usa la forma impersonale (si sta) in quanto si riferisce a tutti i soldati. L'uso della

forma impersonale contribuisce a creare un'atmosfera di universalità, di indefinito e, nello

stesso tempo, di immobilità e di fatalità.

Il come introduce il paragone con le foglie. E ciò che unisce la vita dei soldati alle foglie è

proprio l'incertezza, l'instabilità, la precarietà.

Come d'autunno basta un soffio di vento per far cadere le foglie, così in guerra basta una

pallottola, che non si sa da dove arriva né quando per porre fine alla vita di un uomo. Con la

preposizione semplice di (d'autunno) si rimane sempre nell'atmosfera di indefinito. Sugli

alberi è, nella poesia, l'elemento meno importante.

Le foglie costituiscono l'elemento di paragone. Molto importante in questa poesia è il

titolo, perché ci dice di chi si sta parlando.

Infine l'ordine delle parole è diverso da quello tipico della prosa e non è casuale, ma voluto

dal poeta e ciò per evidenziare il messaggio e per creare il ritmo particolare della lirica.

Riflessione

La poesia è stata dedicata ai soldati che andavano in guerra e di cui il destino è già scritto.

Ma forse il poeta non si riferisce solo a loro, bensì a tutti. Siamo tutti come delle foglie, non

conosciamo il nostro futuro. Abbiamo una solo certezza: la morte.

Il non senso, il buio, il terrore, è dovuto a questa profonda e reale incertezza che l'uomo ha

da sempre. Solo un grande poeta come Ungaretti poteva racchiudere il pensiero di molti in

poco meno di un verso.

La prima Guerra Mondiale

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STORIA

La prima guerra mondiale rappresenta una frattura nella storia europea e mondiale, a tal

punto che alcuni autori fanno iniziare da questo evento la storia del xx secolo : un secolo

quindi “breve” perchè iniziato nel 1914, termina con un altro evento epocale nel 1991: la

caduta del muro di Berlino e la fine dell’impero sovietico. Dopo la guerra, nel 1918, l’Europa

non è più la stessa: crollano i grandi imperi e la geografia politica ne è sconvolta, infatti

nascono nuovi stati e quelli già esistenti si modificano. Ma, accanto ai cambiamenti

geografici, enormi sono gli sconvolgimenti politici: gli imperi vengono tutti sostituiti da

repubbliche e per la prima volta intervengono pesantemente, in vicende europee, gli Stati

Uniti determinanti sia nella conclusione della guerra sia nella stesura dei trattati di pace.

Viene fondata, come conseguenza della guerra, la Società della Nazioni (il predecessore

dell’ ONU) con la speranza di risolvere a un livello internazionale le vertenze tra gli stati (e

quindi evitare le guerre).

Le cause del conflitto

Il 28 giugno 1914, a seguito dell’assassinio dell’erede al trono d’Austria, Francesco

Ferdinando, avvenuto a Sarajevo ad opera di un nazionalista serbo, ebbe inizio un processo

che rapidamente portò allo scoppio del primo conflitto mondiale. Le particolarità che

fecero attribuire a tale conflitto il nome di “prima guerra mondiale” o “grande guerra”

furono: il numero dei paesi in guerra, il nuovo tipo di combattimenti e le nuove armi, la

complessità delle cause, il numero elevatissimo di perdite umane, i grandi mutamenti

prodotti sulla scena internazionale.

Per quanto riguarda le cause storico-politiche diversi storici hanno provato ad indagare

individuandone una fondamentale nella particolare situazione dell’impero austro-ungarico,

costituito da almeno 10 nazionalità diverse, che causavano una certa instabilità. Un’altra

causa importante fu l’espansionismo della Germania, che andava a creare un clima di

tensione in Europa: in Germania si rivendicava un maggiore spazio vitale e una più decisa

attività produttiva, senza contare che era diffuso il timore dell’ “accerchiamento” da parte

di Francia e Russia, alleate nella Triplice Intesa.

Dal punto di vista economico invece il forte sviluppo del capitalismo nell’Europa occidentale

e negli Stati Uniti aveva portato i paesi più industrializzati ad una politica imperialistica, con

la ricerca dell’espansione dei propri mercati e delle fonti di importazione. La Germania,

ultima arrivata sulla scena economica e coloniale, era la potenza con l’atteggiamento più

aggressivo, mentre Inghilterra e Francia miravano alla difesa dei propri commerci.

Lo scoppio della guerra

La reazione austriaca all’attentato di Sarajevo si concretizzò con un ultimatum alla Serbia. ll

tono duro di quest’ultimo, le cui richieste portavano la Serbia in una posizione di umiliante

subordinazione, e i tempi ristretti per fornire una risposta, solo 48 ore, non lasciavano

dubbi sulla volontà di aggressione dell’Austria, che, pur non volendo scatenare un conflitto

mondiale, voleva rilanciare la sua immagine a livello di potenza internazionale. Dopo il

rifiuto della Serbia, l’Austria, respinta ogni possibile mediazione, il 28 luglio dichiarò guerra

alla Serbia. Due giorni più tardi la Russia proclamava la mobilitazione generale, causando a

sua volta la mobilitazione generale della Germania. In seguito la Germania dichiarò guerra

prima alla Russia e poi alla Francia. A questo punto vi fu un susseguirsi di dichiarazioni di

guerra, dopo un fitto susseguirsi di azioni diplomatiche, che portò alla formazione di due

grandi blocchi: Germania, Austria, Turchia e Bulgaria contro Francia, Russia, Gran Bretagna,

Italia (maggio 1915), Romania e Stati Uniti (aprile 1917). Le strategie dell’epoca,

prevalentemente offensivistiche, predicavano la rapidità nel compiere le azioni militari; di

conseguenza il primo periodo del conflitto, durato circa sei mesi, fu caratterizzato dalla

guerra di movimento, mentre i restanti quattro anni furono caratterizzati dalla guerra di

posizione o guerra di trincea.

La condizione degli eserciti era inizialmente a favore di quelli dell’Alleanza, soprattutto di

quello tedesco. Nello schieramento opposto, la Francia disponeva di un’ottima artiglieria

leggera, mentre l’esercito russo, basato soprattutto sul numero, si dimostrò meno efficace.

La Gran Bretagna poteva

disporre invece della

migliore flotta. Il conflitto

assunse subito i caratteri di

guerra totale: i vari Stati

erano costituiti da un fronte

interno, formato dall’intera

organizzazione economica,

tecnica, scientifica e

burocratica, e da un fronte

esterno, che riuniva milioni

di uomini impiegati nei nuovi

eserciti di massa e mandati a

combattere nelle linee

avanzate.

La prima fase del conflitto

Scoppiata la guerra, le truppe tedesche invasero prima il Lussemburgo poi, nonostante la

resistenza, il Belgio, per poi penetrare nel territorio francese. I francesi tuttavia riuscirono a

bloccare l’avanzata tedesca sul fiume Marna dando così inizio alla guerra di trincea, con il

formarsi di un fronte occidentale lungo 800km, dalle Fiandre ai confini della Svizzera.

Sul fronte orientale intanto iniziava l’azione della Russia che, nonostante le vittorie

tedesche in Prussia, ebbe la meglio sugli austriaci invadendo la Galizia. Successivamente,

l’ingresso in guerra della Turchia a fianco degli imperi centrali causò diversi problemi agli

Stati dell’Intesa, che furono costretti ad aprire nuovi fronti. Nella primavera del 1915 gli

austriaci e i tedeschi attuarono una forte offensiva contro la Russia, riuscendo ad

allontanarla sia dalla Polonia che dalla Galizia.

Nel frattempo anche l’Italia, nel maggio del 1915, decise di entrare in guerra a fianco

dell’Intesa, costringendo così gli austriaci ad aprire un nuovo fronte, che col tempo

contribuì a logorare le forze dell’esercito asburgico.

In Italia sia le forze politiche che l’opinione pubblica erano al loro interno divise tra

interventisti e neutralisti. Gli interventisti erano formati dai nazionalisti, da una parte degli

irredentisti e dalla destra conservatrice antigiolittiana e volevano una guerra contro

l’Austria sia per liberare Trento e Trieste a completamento delle guerre risorgimentali, sia

per vedere un’Italia affermata come potenza internazionale. Tra di essi spiccavano uomini

importanti come Benito Mussolini gli scrittori Gabriele d’Annunzio e Giuseppe Ungaretti.

Di opinione contraria erano i neutralisti, costituiti dalla maggioranza della popolazione. In

particolare Giolitti tendeva ad una neutralità’ mirata ad ottenere Trento e Trieste

dall’Austria in cambio del non intervento. L’Austria era comunque intenzionata ad

attendere la fine del conflitto per avviare le trattative per la cessione di tali territori.

Nella prima parte del conflitto venne proclamata dal governo la neutralità del Paese ma

poco dopo il governo Salandra, ignorando la maggioranza del Parlamento, sottoscrisse un

accordo segreto, il Patto di Londra, secondo il quale l’Italia garantiva agli alleati inglesi il

proprio intervento al loro fianco entro trenta giorni e in cambio veniva riconosciuta alla

penisola il diritto di estendere il proprio territorio all’Istria, alla Dalmazia, al Dodecaneso e

al Trento. A questo punto il governo fece in modo di volgere l’opinione pubblica in senso

interventista e di far approvare al Parlamento l’entrata in guerra dell’Italia a fianco

dell’Intesa. Violente manifestazioni nazionaliste scossero il paese fino a piegare la volontà

del Parlamento a quella degli interventisti. Il 20 maggio 1915 il Parlamento dava pieni voti

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