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Elettricità animale: il dibattito Galvani-Volta e l’elettroricezione
Introduzione
In questo approfondimento ho deciso di affrontare particolari aspetti dell’elettricità applicata alla
natura. In particolare inizialmente viene descritta l’opera scientifica di Galvani e l’opposizione cui
andarono in contro i suoi lavori verso la fine del Settecento. In questo periodo c’era molto fermento
intorno alle ricerche sull’elettricità animale e si presentavano varie interpretazioni e spiegazioni: è
famosa soprattutto la disputa tra Galvani e Volta.
Successivamente ho voluto fornire un esempio di quella che può essere un’applicazione reale di
utilizzo dell’elettricità nel mondo animale: l’elettroricezione, cioè l’abilità di alcune specie animali
di rilevare campi elettrici per fini pratici.
Il motivo che mi ha spinto a trattare questi argomenti è la particolarità degli esperimenti di Galvani,
che gli hanno permesso di passare alla storia come il primo che ha aperto gli orizzonti sulle azioni
fisiologiche dell'elettricità. Inoltre ritengo interessante parlare di elettroricezione, una delle capacità
più straordinarie e curiose degli animali e può essere considerata la massima espressione di ciò che
intercorre tra mondo animale e elettrico.
A questo riguardo sono partito dall’opera di Galvani.
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Gli esperimenti di Galvani
Luigi Galvani nel 1791 pubblicò il De viribus electricitatis in motu musculari commentarius (Le
forze elettriche nel movimento muscolare), noto semplicemente anche come Commentario, nel
quale espone la teoria dell’elettricità animale, frutto di lunghe indagini sperimentali. La sua opera
scientifica scaturisce in modo quasi accidentale, infatti un suo assistente, mentre lavorava alla
dissezione di rane in prossimità di macchine elettrostatiche, toccò fortunosamente con un bisturi
carico il nervo sciatico dell’animale, provocando uno scatto della zampa come se questa fosse viva.
Questo fatto lo indusse a sviluppare lo studio delle relazioni tra elettricità e vita, basando i suoi
esperimenti e studi proprio su ciò che aveva creato in lui curiosità e stupore, le rane. In particolare,
Galvani operava sugli arti inferiori delle rane, isolati dal tronco, mantenendo però intatta la
connessione dei nervi col midollo spinale.
Figura 1: Luigi Galvani
Il primo esperimento
Galvani, con il primo esperimento, ottenne che il contatto tra il nervo scoperto di una zampa di rana
e un rudimentale apparecchio elettrico provocava la contrazione muscolare della zampa. In seguito,
sempre più interessato, egli modificò l’esperimento stimolando il nervo mediante il semplice
contatto di un arco bimetallico, osservando anche in questo caso la contrazione del muscolo ad esso
collegato. Galvani giustificò i fatti postulando l’esistenza di una ‘forza elettrica’ interna ai tessuti
muscolari, mentre l’arco bimetallico sarebbe servito a chiudere il circuito, permettendo così il fluire
dell’elettricità che avrebbe di conseguenza comportato la contrazione.
Il secondo esperimento
Successivamente, egli verificò sperimentalmente, con un secondo esperimento, che analoghe
contrazioni si manifestavano nel muscolo della rana anche se toccato da un conduttore scarico (un
bisturi), mentre si traeva una scintilla dal conduttore di una macchina elettrostatica accostandovi un
conduttore, senza che vi fosse contatto diretto tra macchina e rana. Da questo esperimento Galvani
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trasse delle informazioni: stabilì che per provocare convulsioni dell’animale tramite contatto diretto
occorreva toccare i nervi con un corpo conduttore, mentre i corpi isolanti non sortivano alcun
effetto.
In questo modo, Galvani stesso, spiega l’esperimento che mostra l’eccitazione a distanza del nervo
crurale di una rana per effetto di una scintilla rilasciata dal conduttore di una macchina
elettrostatica:
“ Dissecai una rana, la preparai e la collocai sopra una tavola sulla quale c'era una macchina
elettrica, dal cui conduttore era completamente separata e collocata a non breve distanza; mentre
uno dei miei assistenti toccava per caso leggermente con la punta di uno scalpello gli interni
nervi crurali di questa rana, a un tratto furono visti contrarsi tutti i muscoli degli arti come se
fossero stati presi dalle più veementi convulsioni tossiche. A un altro dei miei assistenti che mi
era più vicino, mentre stavo tentando altre nuove esperienze elettriche, parve dì avvertire che il
fenomeno succedesse proprio quando si faceva scoccare una scintilla dal conduttore della
macchina. Ammirato dalle novità della cosa, subito avvertì me che ero completamente assorto e
meco stesso d'altre cose ragionavo. Mi accese subito un incredibile desiderio di ripetere
l'esperienza e di portare in luce ciò che di occulto c'era ancora nel fenomeno.”
Il terzo esperimento
Galvani, spinto appunto a provare nuove condizioni sperimentali per riuscire a spiegare la
misteriosa reazione alla scintilla avvenuta senza contatto diretto, creò un nuovo apparato
sperimentale per un terzo esperimento: tese attraverso la stanza un filo metallico, completamente
isolato dai muri (l'isolamento era attuato sospendendo il filo al soffitto mediante una serie di cappi
di seta); un'estremità del filo venne posta in comunicazione con i nervi crurali di una rana rinchiusa
in un recipiente isolato e messa in contatto con un conduttore che forniva il contatto "a terra".
Veniva poi messa in funzione una macchina elettrica dalla quale si ricavavano le solite scintille.
Questa macchina, pur posta in vicinanza del filo, era tuttavia del tutto isolata dal resto dell'apparato.
Anche in questo caso le zampe della rana presentavano vive contrazioni ogni volta che venivano
fatte scoccare delle scintille. Figura 2: Il terzo esperimento di Galvani
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Il quarto esperimento
A qual tempo, tuttavia, non si sapeva che l’elettricità ‘artificiale’ (prodotta e studiata nei laboratori)
e quella ‘atmosferica’ (manifestata nei fulmini) avessero la stessa natura e Galvani volle
sperimentare se le contrazioni muscolari potessero essere prodotte anche dallo scoccare dei fulmini
e eseguì alcuni esperimenti atti ad evidenziare tali effetti. Egli ottenne lo stesso risultato sostituendo
alla macchina elettrostatica qualsiasi altra sorgente di elettricità allora conosciuta, come, ad
esempio, l’elettricità temporalesca: in un quarto esperimento, che era sostanzialmente una variante
del precedente, preparata la rana nel solito modo, Galvani ne collegò i nervi crurali ad un filo teso
all'esterno, ed accuratamente isolato. Le zampe della rana venivano poi collegate ad un filo
metallico che portava il contatto dall'antenna alla terra. Si osservò come, ad ogni scarica del
temporale vicino, le zampe di rana si contraessero.
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Le spiegazioni di Galvani agli esperimenti
Galvani ipotizzò quindi l’esistenza di un’elettricità ‘intrinseca all’animale’ nel tentativo di spiegare
il verificarsi delle contrazioni muscolari osservate nei vari esperimenti, in particolare di quelle che
avvenivano per contatto diretto tra nervo e conduttore, poiché già precedentemente altri fisiologi
avevano mostrato per via sperimentale che uno stimolo applicato a un nervo tramite una scintilla
tratta in lontananza provoca contrazioni del muscolo ad esso collegato.
Inoltre, con altri esperimenti, Galvani scoprì che le contrazioni avevano luogo sia in una rana posta
su di una piastra di ferro contro la quale si spingeva un uncino di ottone sia mediante l’uso di archi
metallici a contatto con l’uncino che a sua volta era a contatto con il midollo spinale. Questa fu la
più importante scoperta di Galvani perché riuscì a osservare l’avvenimento di contrazioni
semplicemente connettendo il nervo al muscolo, mediante un arco elettroconduttore. Secondo
Galvani l’arco metallico metteva in circolo l’elettricità ‘animale’ producendo così la contrazione dei
muscoli e questi, quindi, non erano soltanto rivelatori ma soprattutto ‘serbatoi’ di elettricità.
Le esclusive proprietà di tale elettricità fanno sì che essa agisca solo per conduzione diretta e mai a
distanza, potendosi solo trasferire da un punto all’altro dell’animale medesimo. Essa verrebbe
prodotta dal cervello e trasferita dai nervi alla parte interna dei muscoli, dove si accumula, mentre la
parte esterna del muscolo, separata dai nervi per opera di una sostanza che avvolge questi ultimi,
non può venire caricata di elettricità: si crea quindi una differenza di potenziale tra parte esterna e
interna del muscolo, che viene a formare una sorta di bottiglia di Leida. La connessione tra nervo e
parte esterna del muscolo, il ‘disquilibrio elettrico’ fra le due parti, investe il muscolo stesso
determinando la sua contrazione.
Questa teoria, che oggi sappiamo non essere vera, ha comunque una base di verità, infatti i tessuti
viventi sono costituiti da cellule, ciascuna delle quali possiede una differenza di potenziale tra
interno ed esterno della membrana che è alla base della trasmissione dei segnali nervosi.
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Interpretazione fisica degli esperimenti di Galvani
Alla luce delle conoscenze contemporanee è noto che l’interpretazione degli esperimenti da parte di
Galvani non è esatta per vari motivi, tra cui la professione svolta da Galvani e il carattere che in
quel tempo aveva lo studio dell’elettricità. Oggi, con le conoscenze acquisite dalla fisica nel passare
degli anni, si può fornire una spiegazione scientifica agli esperimenti svolti da Galvani e ai loro
risultati.
Per quanto riguarda il primo esperimento, nel quale Galvani fece uso dell’arco bimetallico, la
spiegazione è la seguente: quella che egli identificò come corrente ‘animale’ era prodotta dall’arco
stesso, il quale produceva una piccola corrente elettrica generata dalla differenza di potenziale tra i
due metalli.
Il secondo esperimento trova spiegazione nelle onde elettromagnetiche generate dalla scintilla, le
quali creano correnti indotte nel corpo conduttore che a sua volta trasmette tale corrente alla rana.
Riguardo il terzo e il quarto esperimento, il filo teso attraverso la stanza costituiva in effetti
un'antenna che captava le onde elettromagnetiche generate dall'apparecchio elettrico; queste onde
venivano trasmesse alla rana: si trattava di un rudimentale apparecchio radiotelegrafico.
In sostanza, quando attraverso un conduttore passa una corrente elettrica, si genera un campo
elettromagnetico che può essere percepito da conduttori che ne vengono investiti, e in cui si
generano correnti indotte. L'apparato sperimentale usato da Galvani corrisponde in modo puntuale
ad un complesso trasmittente-ricevente di radiotelegrafia: le scariche ricavate dalla macchina,
genericamente oscillanti, generavano della onde elettromagnetiche, che, propagandosi, producevano
correnti d'alta frequenza in un filo che costituiva di fatto l'antenna del complesso ricevente. I nervi
crurali della rana fungevano da rivelatore, mentre la graniglia di piombo fungeva da terra.
L'interpretazione degli esperimenti in questi termini è però recente ed è legata alla teoria
dell’elettromagnetismo sintetizzata nelle equazioni di Maxwell.
In particolare le scariche generate tramite la macchina elettrica creano un campo elettrico E
variabile mediante la corrente che oscilla nel circuito. Poiché la corrente è variabile nel tempo,
anche il campo E sarà variabile e produrrà un campo magnetico variabile B, poiché il campo
magnetico B è variabile, creerà un campo elettrico variabile E e così via. Le equazioni matematiche
che descrivono questo processo prevedono che questo fenomeno si propaghi nello spazio come
un'onda, chiamata onda elettromagnetica, oppure radiazione elettromagnetica. L'importanza delle
equazioni di Maxwell nell'elettromagnetismo è appunto quella di fornire le relazioni tra il campo
elettrico e quello magnetico, sottolineando l'importanza delle induzioni generate dai campi stessi.
Per giustificare il fatto che Galvani non seppe cogliere le implicazioni delle sue scoperte bisogna