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Ero al computer a ritoccare il mio “profilo” su Facebook, e contemporaneamente squillava il telefono di casa e arrivava qualche sms sul mio cellulare. Intanto mio padre ascoltava le news dalla televisione, e mia madre era assorta nella lettura del giornale. Ho pensato a come sarebbe la nostra vita senza la possibilità di comunicare con i nostri simili e di ricevere informazioni, in mille modi ed in tempo reale, dall’uno all’altro capo del mondo. Tutti i meccanismi sociali, dai rapporti personali alla politica, sono ormai permeati dalla comunicazione globale. Affidiamo i nostri pensieri e le nostre emozioni ai social network, ed è la “rete” di Internet che ormai governa la nostra vita quotidiana. Per contro, la comunicazione verbale, quella “faccia a faccia”, si è fatta sempre più vaga e superficiale, infarcita di stereotipi e di luoghi comuni.
Mi è venuta allora la curiosità di sapere come avvenga la comunicazione nel mondo animale, ed in particolare nelle comunità di interesse zootecnico, quelle che riguardano direttamente la vita quotidiana dell’uomo. Ho scoperto molti aspetti interessanti, che costituiscono l’oggetto di questa mia tesina di maturità. La mia tesina inoltre permette anche di effettuare dei collegamenti interdisciplinari.
Tecniche di produzione animale: La comunicazione nel mondo delle api; la comunicazione nei bovini e nei suini .
Biologia applicata: Fitoiatria: uso dei feromoni nella lotta biotecnologica.
Agroecologia: Messaggi dall’ambiente: le api come bioindicatori.
Inglese: The human-cattle relationship.
Industrie Agrarie e tecnologie alimentari: La comunicazione e la convivialità: la spumantizzazione.
Italiano: L’incomunicabilità e la disgregazione dell’io in Luigi Pirandello.
Storia: Comunicazione e potere: cultura, stampa e propaganda nel regime fascista.
T.G.V.L.: Quando la comunicazione arriva dall’aldilà: le successioni in estimo legale.
Compiti dalla nascita
ape pulitrice da 0 a 3 3
ape nutrice da 3 a 10 7
ape ceraiola da 10 a 16 6
ape magazziniera da 16 a 20 4
ape guardiana da 20 a 21 1
ape bottinatrice di cui il 10% 21
è ape esploratrice da 21 a 42
Totale 42
Fonte: Contessi, A. (2010)
In particolare, dalla terza settimana fino alla fine della sua vita, l’ape operaia
lavora nei campi come bottinatrice.
Le api bottinano il nettare dai fiori e lo deglutiscono facendolo depositare in
un'apposita "sacca" atta al contenimento del miele chiamata ingluvie. Una volta
giunte all'alveare inizia la trofallassi. L'ape bottinatrice espelle il nettare
contenuto nell'ingluvie, sostanzialmente rigurgitandolo, e lo trasferisce così nella
bocca di un'altra ape posta all'interno dell'alveare e così via per decine di
"passaggi" del nettare da ape ad ape (fino a 50 trasferimenti). Giunti al termine di
questa catena l'ultima ape depositerà la goccia di nettare in una celletta del favo. Il
nettare originario, dopo aver subito la trofallassi, avrà perso gran parte della
propria umidità e nel contempo si sarà arricchito di particolari enzimi trasferitigli
dalle api e sarà divenuto a quel punto miele. La trofallassi è dunque un
procedimento posto in atto dalle api che, una volta di più, ci fa capire quale
profonda specializzazione del lavoro ed organizzazione dello stesso, caratterizzino
questi insetti sociali. La trofallassi
L’uovo è deposto esclusivamente dalla Regina, l’unica capace di deporre uova sia
maschili che femminili, garantendo in questa maniera la continuità della comunità. La
Regina, dopo una settimana di vita, fa il suo volo nuziale in cui viene fecondata in aria
da diversi maschi (fuchi); la fecondazione ha termine quando tutto il ricettacolo
seminale della Regina si è riempito. Tre giorni dopo la sua deposizione, l’uovo si
schiude e si possono avere due tipi di nascite.
Dall’uovo non fecondato nasce il maschio, la cui unica funzione è quella di fecondare
la Regina. Esso ha una vita breve in quanto poco dopo l’accoppiamento muore; in
autunno, se non si è accoppiato con la Regina, essendo incapace di procurarsi il cibo
(la sua lingua è troppo corta), viene lasciato morire di fame dalle altre api.
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Dall’uovo fecondato possono nascere sia l’operaia che la Regina: dipende
dall’alimentazione a cui sono sottoposte dal terzo giorno di vita. Difatti nei primi due
giorni tutte le larve sono nutrite con pappa reale. Se questo tipo di alimentazione
prosegue per tutto il suo sviluppo, la larva darà origine ad un’ape Regina: questa
superalimentazione la porta a crescere più della norma, tanto da raggiungere
dimensioni ragguardevoli rispetto alle operaie (circa 18-22 mm). Nel caso in cui
l’alimentazione delle larve dal terzo giorno venga sostituita da miele e polline, il loro
destino sarà quello di operaie.
Il “linguaggio” delle api.
La peculiare organizzazione sociale della famiglia, che è dal punto di vista biologico da
considerarsi come un superorganismo, ovvero come una sola entità composta da
migliaia di individui strettamente interdipendenti, necessita ovviamente di un potente
sistema di comunicazione. Un alveare, per sostenersi nel corso di un anno, ha bisogno
di consumare un gran quantitativo di miele, polline ed acqua, risorse energetiche
che non potrebbero essere prodotte se ciascuna dovesse cercarsi da sola la fonte
nettarifera per far bottino. Proprio per questo le api attivano speciali modi di
comunicare attraverso cui si suggeriscono dove andare a cercare il cibo.
Le modalità di comunicazione delle api sono a tutt'oggi sotto studio, ma molto è stato
chiarito. Le api hanno una comunicazione di tipo semiochimico, mediante i feromoni,
e una di tipo fisico: le cosiddette "danze", che le api attuano per comunicare un ben
determinato messaggio alle compagne.
Le danze
La scoperta delle danze si deve a Karl von Frisch, biologo ed etologo viennese che
per i suoi studi decennali sul fenomeno fu onorato del premio Nobel nel 1973.
Attraverso i suoi esperimenti, egli ha scoperto che le api possiedono, per comunicare,
anche un particolare linguaggio. Si tratta di un linguaggio simbolico con cui l’ape
non solo comunica alle compagne l’ubicazione della fonte di cibo, ma anche le
difficoltà che si possono incontrare per raggiungerla. Quando un’ape bottinatrice
scopre una nuova fonte di nettare, ritorna all’alveare per indicarne la posizione esatta
alle altre api, attraverso dei movimenti precisi. Ed il loro modo di esprimersi viene
opportunamente paragonato ad una danza, che von Frisch studiò servendosi di una
speciale arnia sperimentale di vetro. 6
La danza circolare
Quando individua una fonte di cibo vicina all’alveare (non oltre i 50-100 metri
circa), l'ape bottinatrice lo comunica alle compagne mediante la danza circolare, che
inizia ad eseguire sulla superficie del favo non appena ha scaricato gran parte del
raccolto. Si muove con passi piccoli ma rapidi, alternando un giro in senso orario e
uno in senso antiorario e accompagnandoli a forti ronzii per attirare l’attenzione.
Dopo un periodo di danza che può durare pochi secondi o anche un minuto, l'ape
rigurgita una gocciolina di nettare. L'ape ripete la danza diverse volte in vari punti
dell'alveare, dopodiché esce e riprende la sua attività esplorativa. Le altre api
annusano il nettare sul suo corpo unendosi alla danza e poi volano fuori dell'alveare
uscite e
finché trovano i fiori con lo stesso odore. Il messaggio che è stato loro dato è:
cercate, nei dintorni dell'arnia, un cibo come quello che vi ho portato .
La danza dell'addome
Ben più complessa della precedente, questa danza spiega alle compagne non solo che
c'è del nettare, ma anche l'esatta posizione dello stesso. Viene usata nel caso in cui la
fonte si trovi lontano dall'alveare (oltre i 50-100 m.). Poiché le api si spingono fino
ad un raggio di tre chilometri dall'alveare, ovviamente il contenuto informativo
dev'essere maggiore.
In questo caso l’ape esegue una danza diversa: si muove descrivendo un otto e
facendo ondeggiare l’addome a destra e sinistra. Le altre api annusano il nettare sul
suo corpo e si uniscono alla danza. Quindi prendono il volo per trovare i fiori con lo
stesso odore dell’ape messaggera. 7
Oltre a indicare la distanza della fonte di cibo, la danza ne segnala anche la posizione
rispetto al sole. Per le api la verticale sul favo rappresenta la direzione del sole.
Quindi, se la fonte è in direzione del sole, il movimento rettilineo va verso l’alto,
mentre se si trova nella direzione opposta, viene eseguito verso il basso. Se la fonte di
cibo non si trova nella direzione del sole, l’asse della danza è inclinato e l’angolo che
forma con la verticale indica esattamente l’angolo tra la direzione del nettare e quella
del sole. Ciò significa che l'asse Sole-alveare è tradotto in termini di “verso l'alto/verso
il basso”. Per esempio se l'alveare si trova 30° a destra rispetto alla direzione del sole,
la danza sarà eseguita con un angolo di + 30° rispetto alla verticale del favo. In questo
modo le compagne vengono informate della direzione in cui volare.
Altrettanto importante è la velocità dell’esecuzione della danza: maggiore è la
distanza dal cibo, più la danza è eseguita con lentezza e più marcati sono i movimenti
dell’addome. Se ad esempio la fonte è a 100 m, in 15 secondi l'ape fa 10-15 volte
l'evoluzione sopra descritta, a 300 m nello stesso periodo di tempo ne fa 9-10, e via
decrescendo.
Ma la danza non è l’unico modo di comunicare delle api. È stato accertato, per
esempio, che il ronzio dell’alveare può variare in intensità e frequenza a scopo di
comunicazione, ed è stata individuata una frequenza tipica in ogni situazione
dell’alveare. 8
La comunicazione chimica: i feromoni.
Oltre alle danze e alle diverse intensità di ronzio nell’alveare, esistono anche altri
aspetti funzionali nella comunicazione delle api.
Come fanno ad esempio le larve a " dire " alle nutrici di che cosa hanno bisogno e,
viceversa, come fanno queste a capire le differenze di età della stessa o quale tipo di
cibo deve essere loro somministrato? La scoperta di sostanze odorose che funzionano
da mediatori di informazioni ha contribuito notevolmente a spiegare la complessità dei
fenomeni dell'alveare. Queste sostanze odorose sono state definite feromoni. Un
feromone è dunque una sostanza odorosa che se prodotta da un soggetto, produce
una reazione comportamentale in uno o più dei suoi simili.
Le api, essendo in pratica una entità sociale di molti elementi che svolgono svariate
attività, hanno bisogno di un numero piuttosto alto di queste sostanze: almeno 36,
che nell'insieme costituiscono un linguaggio intricato.
I Feromoni sono sostanze chimiche, prodotte da specifiche ghiandole esocrine degli
insetti (ghiandole a feromoni). Essi sono considerati messaggeri chimici tra insetti
della stessa specie nell’ambiente, cioè sono in grado di suscitare delle reazioni
specifiche di tipo fisiologico e/o comportamentale negli individui della stessa specie
che vengono a contatto con esse.
Un esempio sono i feromoni sessuali che vengono scambiati per contatto o per stimolo
olfattivo e che provocano interesse sessuale in un altro individuo.
I feromoni possono anche diventare involontari messaggeri interspecifici, come
avviene per alcuni entomofagi che possono captare il feromone della loro vittima e
servirsene per localizzarla ( in questo caso i feromoni sono chiamati cairomoni). Sono
inoltre utilizzati nelle tecniche biotecnologiche nella lotta guidata contro i fitofagi delle
piante agrarie e forestali.
I feromoni della regina
I feromoni dell’ape regina sono definiti “feromoni primari” ed esercitano un livello
di controllo profondo sulle attività della colonia. Essi possono essere stimolatori o
inibitori a seconda della situazione.
- Feromone mandibolare: è un feromone stimolatore, prodotto dalla ghiandola
mandibolare dell’apparato boccale. Il messaggio che questo feromone porta e
precisamente: " la regina è presente ". Perchè il messaggio sia considerato valido il
feromone deve raggiungere ogni ape in una certa quantità.
Questo ferormone, a determinata concentrazione, fa sì che le api operaie permangano
nell'arnia ed adempiano ai loro compiti; inoltre impedisce che le api costruiscano
celle reali, per cui fino a che il tasso ormonale si mantiene elevato non compaiono
neo-regine e quindi non avviene la sciamatura. E' anche lo stimolo principale
all'aggregazione della famiglia e alla sua attività. La famiglia resiste ad esempio
meglio ai saccheggi se la regina ha molto feromone e anche il volo di raccolta è
stimolato in modo maggiore da quelle regine che ne possiedono una quantità
maggiore, o da un apporto dall'esterno di feromone sintetico.
La mancanza di questo feromone indica alle api la scomparsa della regina e la
condizione di orfanità, e le induce quindi ad iniziare la costruzione di nuove celle reali.
L'insufficienza di questo feromone rispetto al numero di api presenti nella famiglia,
causato ad esempio dalla gran popolazione presente e dalla difficoltà di circolazione
che ne deriva, è anche una delle cause che porta le api a decidere di sciamare.
La regina può produrre da 20 a 500 microgrammi di feromone mandibolare al giorno.
Una parte di questa quantità è reinternalizzata dalla regina, un'altra parte è depositata
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dalla regina sulla cera e disponibile per circa 12 minuti per le operaie. La maggioranza
della quantità che la regina secerne è prelevata dalle operaie che formano la corte
reale.
Sono poche le api che arrivano ad avere un contatto fisico con la regina e ad
asportare quantità significative di feromone: si tratta delle api messaggere ( circa il
10% delle api dell'alveare), che prelevano consistenti quantitativi di feromone dalla
regina leccandola. Anche le messaggere lasciano una parte del feromone sulla cera e
passano altro feromone alle altre api mediante contatti delle antenne. In questo
modo il messaggio chimico del feromone mandibolare circola nell’alveare. Il feromone